Sacrifici umani. La miliardariocrazia fa il suo lavoro: licenzio dunque sono
di Alessandro Robecchi
Èuna specie di dipendenza, un vortice, una cosa di cui non si può fare a meno, una voluttà, una passione e un vizio. Licenziare la gente (con una mail, con un tweet, con un video, con un annuncio in tivù) è il nuovo sport individuale americano, così individuale che è praticato da una persona sola, Elon Musk, ai danni di moltitudini di impiegati, funzionari, lavoratori, che ricevono una letterina, sgombrano la scrivania e addio. Addio lavoro, addio stipendio, addio assistenza sanitaria, addio rate della macchina, addio mutuo della casa, addio agli studi dei figli: Make America Senza Stipendio Again.
Un vero bollettino di guerra, non passa giorno che qualche agenzia federale non venga colpita da un editto di sfoltimento massiccio. 9.500 dipendenti federali (sarebbero i nostri “statali”) cacciati a metà febbraio nei dipartimenti di energia, agricoltura, risorse umane e altri. Pochi, rispetto ai 75.000 che hanno accettato (prendere o lasciare) l’incentivo di otto stipendi proposto dell’amministrazione Trump per abbandonare il posto di lavoro. Più 2.000 funzionari della cooperazione internazionale (UsAid), più la letterina ricevuta da tutti quanti negli uffici: spiega cosa hai fatto nell’ultima settimana o sei fuori (Afuera, come dice quell’altro matto con la motosega, l’argentino). Divertenti alcuni contraccolpi e retroscena: l’Fbi, per esempio, ha fatto marameo, ordinando ai propri dipendenti di non rispondere alla letterina minatoria. Ancor più divertente il caso della National Nuclear Security Administration (Nnsa) che si occupa di sicurezza nucleare, di monitorare l’efficienza degli impianti, delle scorie, delle armi atomiche. Cacciati su due piedi, sono stati richiamati in fretta e furia, perché con le radiazioni non si scherza.
Del resto, che Elon Musk avesse questa passione per le lettere di licenziamento era cosa nota. Quando prese Twitter, due anni fa, la piattaforma aveva più o meno 8.000 dipendenti, e in pochi giorni ne restarono 1.500, gli altri a casa con una mail di benservito. Poi è toccato a Tesla, con circa 14.000 licenziamenti. Al di là della fregola padronale e della sindrome da onnipotenza, non è difficile individuare una tendenza molto contagiosa, che già conosciamo bene: lo Stato è un peso che intralcia, il bene pubblico fa male agli affari, è seccante, costa. I lavoratori frenano il profitto, maledetti. E qui da noi già si vedono (non da oggi) turbo-liberisti eccitati che sognano tagli, riduzioni, meno soldi alla scuola pubblica, meno soldi alla sanità pubblica, la cultura non ne parliamo, gli enti dedicati ai controlli men che meno. La sagoma nel mirino non è nemmeno più lo “Stato sociale”, ma lo Stato e basta, un intralcio costoso e burocratico per le oligarchie mondiali, per la miliardariocrazia montante, che non esita un secondo davanti a sacrifici umani di massa. Insomma, il vento che viene da Ovest fa sempre parecchi danni, da queste parti. Del resto, quando si trattava di abolire l’articolo 18, la narrazione era che gli operai, quei privilegiati, non esistevano quasi più (ridicolo, detto nella seconda manifattura europea), mentre la vulgata sugli statali ripete da decenni che “non fanno niente” e “rubano lo stipendio”, nonostante l’Italia abbia meno impiegati pubblici di tutti in Europa. Ma sapete, al cuor non si comanda, il capitalismo ama molto i sacrifici, soprattutto quelli degli altri, ingrassa se voi dimagrite, si aggrappa a tutto, gioca con la retorica del “tornare grandi”. A spese dei sudditi-lavoratori, ovvio.
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