Difendiamo Zelensky
di Marco Travaglio
“Comico scadente e dittatore senza elezioni”, “Ha fatto sparire metà dei fondi”. “Leviamogli la paghetta”. “La guerra è colpa sua”. “Ai negoziati non serve perché non sa trattare”. “Si nutre dei cadaveri dei suoi soldati”. “Esiliamolo in Francia”. L’avevamo previsto dal primo giorno: il sostegno a Zelensky sarebbe finito allo scadere degli sporchi interessi Usa, poi sarebbe toccato a noi “pacifinti putiniani” difendere il presidente ucraino scaricato da tutti. Ora – basta leggere quel che dicono Trump, Musk&C. e non dicono più i nani europei – il momento è arrivato. Quindi lo diciamo papale papale: Zelensky non è il primo, ma l’ultimo colpevole di questa guerra insensata che non doveva iniziare e poteva finire due mesi dopo l’invasione russa a condizioni molto più vantaggiose per Kiev di quelle che subirà ora. Certo, non è un presidente democratico: è il leader di una delle democrature dell’Est Europa, dalla Russia all’Ungheria, che salvano l’apparenza con le elezioni, ma nella sostanza perpetuano oligarchie corrotte difficilmente scalabili e scalzabili. Ha messo fuorilegge gli 11 partiti di opposizione, ha imposto un solo canale tv governativo, s’è tenuto milizie nazionaliste e neonaziste, ha lasciato che i suoi Servizi praticassero il terrorismo anche contro gli alleati. S’è lasciato ricattare dagli squadroni della morte finanziati e armati dalla Nato, gli stessi che avevano trasformato Maidan 2014 in un golpe sanguinoso per piazzare l’oligarca corrotto Poroshenko al posto del presidente neutralista Yanukovic; e sotto le loro minacce e la spinta Usa-Uk ha tradito gli accordi di Minsk, negando al Donbass la tregua e l’autonomia. Fino a gennaio ’22, quando Macron e Scholz tentarono invano di strappargli il sì a Minsk e il no alla Nato per scongiurare l’invasione.
Ma fece tutto ciò perché Biden, in linea con Clinton, Bush e Obama, aveva scelto Kiev come testa d’ariete per provocare la Russia, attirarla in guerra, batterla, smembrarla e stravincere la Guerra fredda. Biden lo illuse sulla Nato e sulla vittoria militare (senza le truppe) contro la prima potenza nucleare. E l’Ue, prima ostile a quel folle piano, iniziò a pendere dalle labbra di Rimbambiden grazie al quartetto Ursula-Macron-Scholz-Draghi (e poi Meloni). Che non mosse un dito quando Johnson sabotò i negoziati di Istanbul a un passo dalla firma, convincendo Zelensky che la scelta migliore fosse “combattere fino alla vittoria”. E quando lui vietò per decreto i negoziati. Ora che la guerra è persa e la Nato è sparita dall’orizzonte, prendersela con l’anello più debole è troppo comodo e vile. La vergogna di questa tragedia annunciata ricade su chi ha illuso e ingannato Kiev a suon di menzogne. Non sul poveretto che se le è bevute tutte.
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