domenica 31 dicembre 2017

Ovvio no?


Come da me anticipato:
“È proprio questo "il compito della politica, il dovere di proposte adeguate, concrete, come richiesto dal Paese. Non è mio compito formulare indicazioni ma il lavoro è la prima questione, soprattutto per i giovani".
Ovvio no?

SSSST!



Messaggio di fine anno



Come ogni anno che si rispetti, la sua fine corsa verrà accompagnata dal messaggio alla nazione del Capo dello Stato. Essendo l'inquilino attuale del Quirinale meglio conosciuto come il Silente o, meglio ancora, l'Ovvietario per antonomasia, immagino che questa sera nelle dorate stanze del colle romano più alto avverrà una specie di estrazione dei temi caldi e sensibili all'opinione pubblica, costituente la traccia del discorso. 
Un incaricato, rigorosamente in alta uniforme, estrarrà tematiche a cui verranno abbinate, sull'esempio della Lotteria Italia, delle frasi fatte e pronte all'uso prelevate dal "Grande Dizionario delle Ovvietà"- ediz. Quirinale.
Facciamo degli esempi:
L'addetto estrae la parola Giovani.
Il Segretario Generale visualizzerà quanto riportato nel dizionario: 
"Occorre che le forze politiche s'impegnino maggiormente nell'offrire posti di lavoro stabili ai giovani, che attualmente soffrono per la mancanza di occupazione che ne blocca progettualità e futuro."

Altra estrazione: Povertà
Alla voce relativa il Dizionario riporta il seguente testo: 
"Occorre una corale e vibrante azione di tutte le istituzioni per ridurre drasticamente l'increscioso aumento della povertà in Italia. Le forze politiche sono chiamate a combatterla con azioni dirette immediate, limando le spese eccessive della politica, combattendo gli sprechi e agendo nell'interesse dei cittadini in difficoltà."

Altra parola estratta: Elezioni 
A pagina 143 del Grande Dizionario delle Ovvietà si legge: 
"La campagna elettorale in vista delle elezioni politiche si dovrà svolgere nell'ambito dei dettami costituzionali, in un clima di concordia e reciproco rispetto tra le forze politiche impegnate sul campo. Auspico un sereno clima mai travalicante decoro ed educazione civica, che porti la nazione alle urne in un ambito costruttivo."

Tutto questo accadrà tra non molto, mentre attorno al Silente, come corvi malefici, gli untori della nazione proseguiranno indisturbati nella preparazione dell'oramai prossimo tour elettorale, scegliendo, al posto del popolo sovrano, gli infingardi proni da far sedere sugli scranni dorati, infischiandosene di giovani, povertà e quant'altro, e soprattuto, sghignazzando selvaggiamente alla faccia di Alloccalia, povero paese alla mercé di cotanti ed immarcescibili stolti. 

Buon anno!

Auguri Fedeli



Fine anno con Daniela!


Il politicamente corretto, nuovo manganello del potere
Sono tutti Charlie, ma solo se gli sparano. Nato per non umiliare deboli e discriminati, oggi è strumento di controllo dei forti
Il politicamente corretto, nuovo manganello del potere

di Daniela Ranieri

Non vorremmo rompere l’incanto festivo di una Nazione finalmente pacificata, in cui il conflitto è stato miracolosamente sopito e l’armonia riportata tra le genti grazie alla “forza tranquilla” dei potenti che l’hanno governata negli ultimi 3-4 anni. Ma ci sia concesso il piccolo lusso di suonare una nota stonata nel coro di angeliche voci.

Matteo Renzi che mette mano all’iPhone e cavalca vibratamente l’indignazione di Lucia Annibali per l’uso della parola “acido” da parte di chiunque non sia stato sfregiato dall’acido, segnatamente del direttore di questo giornale, non è che l’ultima scena del teatro dell’assurdo di questo anno dominato da un frainteso senso del politicamente corretto che pare tanto, piuttosto, un tentativo politico di correzione del dissenso.

È ormai ovvio che la lotta contro la fake news (degli altri) intentata perigliosamente dal Pd renziano, con l’invenzione di un comicissimo “algoritmo-verità” in mano ad agenti speciali in forza all’amico cyber-smanettone Marco Carrai, non è che una fake news al quadrato, un modo per abituarci al silenzio bovino a cui si vorrebbe ridurre ogni voce discorde, specie sul web (che al contrario dei giornali e della tv non è ancora controllabile manu militari); e che in generale i decaloghi contro il “linguaggio d’odio” (come quello fatto stilare dalla presidente della Camera Laura Boldrini) e la “guerra alle bufale” (come da risoluzione approvata dal Parlamento europeo per “contrastare la propaganda nei confronti dell’Ue” e dei “partenariati transatlantici”) non sono che lo strumento con cui le élite, sentendosi franare il terreno sotto i piedi, tentano disperatamente di salvare sé stesse.

Perché a voler sottilizzare è Renzi, non noi, a incontrare i padroni del silicio nelle sue vacanze vanziniane in California, in specie il Re di Facebook Mark Zuckerberg, al quale Boldrini ha pure scritto una lettera via Repubblica perché chiudesse immantinente le pagine che inneggiano al fascismo (semmai servisse la prova che la legge Fiano era all’uopo del tutto inutile). Ed è sempre l’ex e aspirante ri-premier, nonostante le scuffie che prende ininterrottamente da tre anni, a rivendicare il diritto di esibirsi nella sua nota e discutibile virtuosità sfottitoria e nella diffusione di smaccate fole via web (“un milione di posti di lavoro in più” col Jobs Act), che però, siccome provengono da uno che decide le liste del Rosatellum, si chiamano “campagna elettorale” e non post-verità.

Hanno tentato di far passare il messaggio che il male della società sono i toni con cui racconta il potere chi non ne fa parte, se persino la satira è costretta ogni volta a subire un lavaggio dentro la centrifuga sterilizzante di ciò che è gradito al potere. È successo in Turchia, dove Erdogan, col consenso della Merkel, ha trascinato in tribunale un comico tedesco che in uno sketch lo aveva sospettato di fare sesso con le capre; ed è successo al nostro giornale, che dopo essere stato sbeffeggiato alla Leopolda davanti a un pubblico di gregari fantozziani e poi ancora offeso in tv dal capetto con l’ironia sottile che lo contraddistingue (“il Falso Quotidiano”), ha subìto l’estate di un anno fa la lavata di testa della comitiva delle larghe intese per una vignetta più vera del vero di Riccardo Mannelli, che si permetteva di ritrarre la vestale del renzismo seduta mezza scosciata come lei stessa, pari pari, appariva in una foto pubblicatissima scattata a una festa dell’Unità. E succede alle vignette di Natangelo sul “cosciometro”, giusto perché sia chiaro che siamo tutti Charlie, sì, ma solo se si tocca Maometto, mica la Boschi (una che disse di voler essere giudicata per le riforme e non per le forme, furbescamente includendo il proprio corpo nel discorso politico fingendo di volerlo escludere), e comunque solo se qualcuno ci entra in redazione e ci buca le budella, perché fino ad allora abbiamo il guinzaglio corto.

E pensare che il politicamente corretto è nato con l’intento nobile di non umiliare categorie di persone sfruttate o emarginate e si è poi trasformato, specie da noi dove tutto è farsa, in uno strumento con cui i forti possono far valere la loro autorità mantenendo l’illusione della propria superiorità morale. Tra il politicamente scorretto di Trump e il finto politicamente corretto dei nostri governanti, tra l’epilettico e l’imbecille, insomma tra il nefando e il furfantesco, non si sa chi disprezzare di più. Sappiamo solo che certe cose, noi, non le possiamo dire né scrivere, anche prima che entri in funzione il temibile algoritmo-verità (l’ultima, dopo le video-scuse degli automobilisti ai vigili insultati, riguarda una casalinga di Trento denunciata per vilipendio alle Forze Armate per aver postato su Facebook una barzelletta sui carabinieri), perché persino una metafora, una battuta o un’iperbole (quale è chiaramente quella sulla legislatura da sciogliersi nell’acido) possono trasformarsi in un capo d’accusa.

Bizzarro, ma neanche tanto, che le categorie più suscettibili siano anche le più fondamentaliste: i credenti, musulmani e cristiani su tutti, gli antiabortisti e i familydayisti di vario ordine e grado, i multiculturalisti a ogni costo. O le più paracule, come quelle donne che si fanno usare da un maschio come majorettes del potere e usano poi l’argomento del sessismo contro chiunque osi criticarle per il loro operato.


Senza contare che una sinistra (o presunta tale) che si concentra ossessivamente sul politicamente corretto trascura e anzi annulla l’opportunità della sovversione anche estetica insita in qualsiasi politica progressista, ma vabbè.

Cretinismo



Siamo d'accordo: costui è un cretino, forse uno dei migliori esponenti del cretinismo italico.
Di mestiere faceva il vigile a Biassono in Brianza. Si chiama Giorgio Piacentini ed è stato giustamente sospeso dal servizio per questa foto postata in divisa nazista. 
Ma qui ad Alloccalia succedono cose impensabili da altre parti: il cretino è stato reintegrato al servizio comunale. Ci potrebbe anche stare, se il reo con-fesso dopo un mea culpa serio e circostanziato si sia mostrato addolorato per la cretinata omerica evidenziata in foto. 
Ma c'è dell'altro, purtroppo: il sindaco di Biassono ha deciso di far partecipare il vigile Piacentini alla commemorazione dell'eccidio di Valaperta di Casatenovo, avvenuta il 3 gennaio del 1945, ove furono fucilati quattro partigiani senza nessun processo per rappresaglia, dopo l'omicidio del repubblichino Gaetano Chiarelli. 
Ora, tralasciando altri pensieri tra cui quello confermante che il cretinismo sia contagioso, mi sorge spontanea una domanda da porgere a Luciano Casiraghi, sindaco leghista di Biassono: era proprio necessario portare un cretino di tali dimensioni ad una commemorazione antifascista? 
Da questa vicenda nasce anche una certezza: non esiste un antidoto al cretinismo! 

sabato 30 dicembre 2017

Finalmente è tutto chiaro!


Grazie a Lui, alla nostra fonte di saggezza, finalmente oggi comprendiamo il problema dei profughi.
Per capirlo anche voi Cliccate QUI!

Buon fine d'anno Travagliati!


sabato 30/12/2017
Bavagli e bavaglini

di Marco Travaglio

La legislatura numero 17 si chiude con un ultimo atto degno di lei: la “riforma” delle intercettazioni Orlando, che corona il sogno di tanti governi (specie quelli di B.), di tanti ministri della Giustizia (da Biondi a Castelli, da Mastella ad Alfano) e soprattutto di tanti manigoldi. Ma purtroppo non scioglie il dilemma che ci attanaglia da lungo tempo: i nostri “legislatori” sono più mascalzoni o più coglioni? Forse la verità sta nel mezzo: nel senso che sono dei mascalzoni coglioni.
Mascalzoni perché, sventata la minaccia di finire in galera per i loro delitti, grazie alle depenalizzazioni dei loro reati (ormai impossibili da processare), ai condoni, agli indulti, alle pene alternative al carcere e alla prescrizione assicurata, riescono finalmente a sistemare l’unico aspetto delle indagini e dei processi che ancora li preoccupa: le notizie sulle loro vergogne, cioè la sanzione mediatica e la riprovazione sociale per lo schifo che suscitano tra i cittadini elettori. Con la scusa di tutelare la privacy dei non indagati, negli atti giudiziari (e dunque nelle cronache giornalistiche) sarà vietato citare i politici che vanno a braccetto con mafiosi e riportare intercettazioni rilevanti politicamente, ma non penalmente: le risate degli imprenditori dopo i terremoti, B. che raccomanda le sue girl al dirigente Rai Saccà e traffica con l’Agcom per chiudere Annozero, Fassino che chiede a Consorte “abbiamo una banca?”, Renzi che svela a un generale che sta per fregare Letta o dà del bugiardo al padre su Consip, le polizze di Romeo col nome della Raggi, la ministra Guidi che caldeggia la norma pro petrolieri raccomandato dal fidanzato lobbista che la tratta da “sguattera del Guatemala”, e così via. Tutto occulto, cioè affidato al circuito parallelo dei segreti e dunque dei ricatti incrociati.
Coglioni perché, se il loro problema sono gli eventuali agenti della polizia giudiziaria e/o gli eventuali pm troppo “accaniti” sulle tesi dell’accusa, o superficiali nel trascrivere intercettazioni o addirittura disposti a taroccarle, la “riforma” Orlando rende praticamente impossibile scoprire e correggere gli errori investigativi. Infatti consegna alla polizia giudiziaria, prim’ancora che ai pm, il controllo pressoché totale sulle intercettazioni, con tanti saluti alle difese e al giudice. Il poliziotto, mentre ascolta le intercettazioni, decide quali sono quelle penalmente rilevanti da trascrivere o riassumere nei brogliacci per il pm, e quelle irrilevanti da ignorare. Il pm riceve trascrizioni e brogliacci e deve sperare che contengano tutto ciò che serve a lui e agli indagati.
Se la polizia giudiziaria gli avesse nascosto qualcosa di rilevante per l’accusa o per la difesa (il pm ha l’obbligo di cercare anche le prove a discarico), per scoprirlo dovrà anzitutto intuirlo, e poi riascoltarsi da solo tutti i nastri (anche migliaia di ore di conversazioni); o, per fare prima, affidarsi a un veggente o a una cartomante. Poi toccherà agli avvocati difensori, che avranno ancor meno speranze di scoprire se è stato nascosto qualche elemento utile al loro assistito: potranno riascoltare gli audio per soli 10 giorni, e solo in una saletta del tribunale, e solo prendendo appunti senza estrarre copia degli atti per lavorarci in studio o a casa. E se si lasciano sfuggire l’alibi del cliente, pazienza: un innocente condannato in più.
Ora voi che direste di una legislatura che si chiude così? L’altroieri ho scritto che andrebbe sciolta nell’acido, per cancellarne ogni traccia ed evitare che qualche rimasuglio possa riprodursi nella prossima per partenogenesi o per emulazione. Ma mi è stato autorevolmente fatto notare che “acido” non si dice perché è una parola “violenta” e offende le vittime dell’acido (anche se riferito a un concetto astratto e inanimato, “legislatura”, non a cose concrete come il Parlamento o agli esseri umani che lo popolano). Si sono sdegnati persino Renzi e la Serracchiani, due tipini fini e sensibili: infatti il primo minacciò i dissidenti interni di “asfaltarli” e di usare “il lanciafiamme”, la seconda definì “gli stupri più inaccettabili se commessi da migranti” ed entrambi non aprirono bocca quando il compagno De Luca augurò a Di Maio, Di Battista e Fico (esseri piuttosto animati) “che vi possano ammazzare tutti”. Quindi niente acido: al massimo, come leggevo ieri sui social, “diversamente basico”. Uno potrebbe augurarsi che la legislatura appena sciolta (absit iniuria verbis) sprofondi sotto terra, ma si offenderebbe chi ha appena sepolto un suo caro. O che esploda per aria una volta per tutte, se non fosse mancanza di riguardo per le vittime dei kamikaze. O che affoghi nel mare, se non si adontassero i parenti degli annegati. O che precipiti giù dalla finestra a Capodanno, ma poi se la prenderebbero i familiari dei suicidi. O potremmo mandarla affanculo, se non insorgessero i gay. O ricordare i 101 traditori che pugnalarono Prodi, se non si risentissero gli eredi di Giulio Cesare e degli altri accoltellati della storia. O rammentare che le grandi riforme sono tutte abortite, se non insorgessero quelli del Family Day. Od osservare che siamo in un vicolo cieco e su un binario morto, se non si urtassero i non vedenti e pure i vedovi. O augurarci un governo che dichiari guerra a mafia, corruzione ed evasione, ma poi dovremmo vedercela con i familiari dei caduti.

Vabbè, ci ho provato, ma mi mancano le parole. Anzi, a ripensarci, questa legislatura comincia a piacermi un sacco: è stata proprio una bomba (con tutto il rispetto per le vittime degli attentati). Ora non mi resta che augurarvi “buona fine”, ma me ne guardo bene perché sa tanto di “andate a morire ammazzati”, e può dirlo solo De Luca a chi sa lui. Meglio un “ciao” e morta lì. Senza offesa per nessuno.

Famo due conti...



Sono arrivati a questo!



Gli scritti rimangono


Sul Secolo di oggi ci sono due interessanti articoli, preannuncianti polemiche e scritti sulle dichiarazioni di due apparenti commentatori estranei ai fatti. 



Il famigerato ospedale del Felettino, il nuovo nosocomio spezzino che, stando ai pronostici, dovrebbe sorgere entro il 2020. 
Tralasciando la gara d'appalto andata quasi deserta, con l'unico partecipante il gruppo Piesse, che fa capo al 60% a Guido Stefanelli (ad del gruppo Pessina) e al 40% a Massino Pessina, presidente del Gruppo vincitore dell'appalto per un importo stimato attorno ai 170 milioni di euro ma già aumentato per le varianti già presentate e che, stando alle previsioni, lieviteranno sempre più. Tralasciando pure il fatto che lo stesso Pessina sia stato incaricato di salvare il giornale storico comunista L'Unità, poi tramutato in quotidiano comico dalle tribù degli Orfini aleggianti attorno a noi, il fulcro della preannunciata debacle è che, vuoi per ignoranza, vuoi per lucrosa politica, vuoi soprattutto per incapacità imprenditoriale, l'ospedale è stato concepito e progettato per la classe DEA di secondo livello, improponibile per il bacino di utenza spezzina. Lo sapevano lor signori al momento della progettazione, lo sapevano eccome! Ma hanno tirato dritto, forti della quarantennale presa di potere nel Golfo dei Poeti che li faceva sentire immortali, immarcescibili, immoti e stantii per l'eternità. 
Ma anche gli allocchi nostrani gli hanno girato le spalle, facendo salire al potere il Sindaco Peracchini della lista di centro destra. 
Ed ora il capogruppo del Pd alla Regione ligure, Raffaella Paita, attacca le lungaggini, le diatribe in merito al rallentamento dei lavori, come se fosse estranea a quanto detto poc'anzi. 

  
E la consigliera comunale del PD Federica Pecunia non è da meno in fatto di estraneità acclarata su una questione tanto invereconda da costituire oggetto di studio nei prossimi anni per le indagini sociologiche attorno al disfacimento del bene pubblico: la vendita di Acam, la società spezzina che cura e distribuisce il bene pubblico, la risorsa vitale di tutti gli umani, l'acqua, alla società Iren. 
Leggendo su wikipedia ecco come, dati del 2012, è composto il gruppo di azionisti di Iren, Spa quotata in borsa: 


Ora, la domanda fondamentale che i poveri allocchi come me si pongono è questa: i principali azionisti di Iren sono dei benefattori o hanno acquisito Acam per lucro? E se lo hanno fatto per guadagnarci, chi dovrà mettere mano al portafogli per non solo pareggiare il disastrato bilancio di Acam, ma per produrre lucro a loro signori? 
La risposta è la solita da decenni: pagheremo noi che per diritto universale siamo tutti insieme i padroni del bene più prezioso su questo pianeta. 
Ma Federica Pecunia sembra estraniare il suo partito da questa pesante responsabilità, oramai certificata e sulla bocca di tutti: il tracollo di Acam è frutto di un mastodontico e trentennale scippo da parte delle varie amministrazioni di sinistra succedutesi al comune della Spezia. 
Detto questo, fanno quasi tenerezza quelle parole dell'inconsapevole Pecunia. 
Credono ancora che in questa martoriata città, vi siano allocchi in grado di approvare questo becero tentativo d'estraniarsi da parte di chi, da molto tempo, avrebbe dovuto dignitosamente ritirarsi a vita privata. Per altro agiata.  


Prossimamente



venerdì 29 dicembre 2017

Realtà amara


Qui in Alloccalia (famosa terra di allocchi visto che potrebbe ritornare in tolda un Erotomane Pregiudicato) ci meritiamo ministri della pubblica istruzione di questo tipo!


Vi sembra normale che un Ministro dell'Istruzione in visita a Cremona, scriva sul libro d'onore 

"sono stata onorata di essere stata invita?"

Si, d'accordo: questo non è un errore pacchiano in stile Fedeli, ma solo un contorto ed aggrovigliato modo d'esprimersi di chi dovrebbe invece essere faro e modello. 
Bastava infatti che il Ministro avesse scritto "Sono onorata di essere stata invitata" e tutto sarebbe passato via liscio, come la mancanza di titoli di studio della stessa. 
Perché qui ad Alloccalia ogni abnorme stortura viene silenziata dall'abitudine al peggio.

Paragoni



Archiviato il Bomba, la Zarina Etruriana, gli gnomi ballerini a lui proni, il vero incubo di questi mesi di campagna elettorale sarà, ancora una volta, il ritorno dell'Ottenebrante la Ragione, l'incallito e già pregiudicato Faraone Puttaniere. 
E' lui il pericolo imminente su tutto quel poco di salvabile della passata legislatura, chiusa ieri dal Silente in concerto con la Gentilona Canna di Bambù, ondivaga e alla mercé dei venti, ma mai spezzatasi durante l'anno di governo.   
Decenni di tentennamenti, di zuccherini, di opposizione al borotalco, ci hanno riportato ad un passo dal precipizio, ad un soffio dal dirupo, quello del nuovo avvento della circense coalizione di destra capitanata dal Fagocitatore di risorse per uso personale. 
Una sinistra dilaniata dalle improvvide gesta dell'Egoriferito, condita da scismi, ritorsioni, sberleffi, sta per consegnare il paese nelle mani di un onnivoro, trangugiante risorse per rinfrescare le sue innumerevoli proprietà. 
Non è bastato essere divenuti i pagliacci d'Europa, di aver travalicato ragione e pensieri con leggi vergogna, con prescrizioni ridotte ai minimi termini per salvare l'ometto delinquente, non è bastato essere stati affossati dalle vicine civiltà, di aver incentivato l'evasione fiscale grazie alle gesta epiche dell'inarrivabile Evasore Seriale, non è servito a nulla constatarne i limiti della decenza scavalcati con inusitate e megalomani sceneggiate da Roma fine impero. 
Non è servito a nulla essere circondati da indecenti accadimenti, da vergognose menzogne surrogate da organi di stampa proni e dipendenti dal padrone ventennale del paese. 
Stando così le cose, tornerà! E sarà la fine di ogni speranza risollevante cuori oramai allo sbando per il continuo sciacallaggio perpetrato da pochi nei confronti dei tanti, troppi, allocchi. 

giovedì 28 dicembre 2017

Occhio non vede...



Ancora pochi giorni...



La prima



Stando a quanto ho letto sul sito di Marcello Caleo, questa dovrebbe essere la narrazione della prima "grattata" per scongiurare effetti nefasti! 
E' un brano degli atti degli apostoli, uno dei più famosi, quello dove S.Paolo, parlando della resurrezione di Gesù, viene deriso dai greci nell'Areopago. 
Non conosco il greco ma mi fido della traduzione: 

"Sentita nominare la resurrezione dei morti, alcuni ne fecero beffe, altri poi dissero: ti ascolteremo su già un'altra volta." 

Nella traduzione greca non si parla di Paolo, mentre in quella cattolica 
Appena sentirono parlare di resurrezione dei morti, alcuni dei presenti cominciarono a deridere Paolo. Altri invece dissero "su questo punto ti sentiremo un'altra volta." invece si. 

Il farsi beffe, nel testo greco non è nei confronti di Paolo ma della resurrezione dei morti. E i filosofi Stoici ed Epicurei, che nella morte vedevano un sicuro rifugio, come potevano farsi beffe della resurrezione dei morti se non con gesti di scongiuro, tra cui le famose toccatine alle gonadi?

Di conseguenza, se tutto quanto sopra è esatto, il testo greco riporta i primi scongiuri, comprensivi di grattate, della storia dell'umanità.

Hai capito che scoperta?

Melmoso


Navigando nei meandri del web, mi sono imbattuto in un sito straordinario, non per bellezza ma per spunti meditativi: il sito del sacro ordine costantiniano di San Giorgio. 
Che ha di strano questo sito? Giudicate voi stessi, cliccate qui per vederloannusandone l'aria insalubre. Intendiamoci: nulla di eversivo, solamente un tradizionalismo datato, un blaterare attorno a onorificenze oramai patrimonio di un cattolicesimo da mansarda, dedito ad una valorizzazione di cariche nobiliari molto comiche sfocianti in un clericalismo abbietto, fuori dal tempo, ghettizzante. 

Leggiamo ad esempio le finalità: 

Sotto il Gran Magistero di S.A.R. l'Infante di Spagna Principe Don Carlo di Borbone delle Due Sicilie e Borbone Parma, sono state riaffermate con chiarezza la natura equestre-religiosa dell'Ordine e le sue finalità: la Glorificazione della Croce, la Propaganda della Fede e la difesa della Santa Romana Chiesa, alla quale l'Ordine è strettamente legato per speciali benemerenze e per molteplici prove di riconoscenza e di benevolenza avute dai Sommi Pontefici. 
E' così, recitano gli Statuti, non solamente precipuo dei Cavalieri Costantiniani vivere da perfetti cristiani, ma è proprio di essi associarsi a tutte quelle manifestazioni che concorrono all'incremento dei principi religiosi e cooperare con tutti i mezzi perché si ridesti nella pratica, la vita cristiana. 
L'Ordine, a rinsaldare maggiormente le sue secolari tradizioni, conciliandole con le esigenze dei tempi, che per la loro evoluzione hanno trasformato tutto il regime della odierna società, si propone anche di dare il suo maggiore contributo di azione e attività alle opere eminentemente sociali dell'Assistenza Ospedaliera e della Beneficenza. 

A parole quindi nulla da eccepire. A parole; perché se si entra nelle pieghe del sito, ci si imbatte in cariche nobili odoranti tanto di nero e di tradizione. Sfioranti la goliardia. 
Infatti nella sezione Italia ecco alcuni passi descriventi le attività: 

Santa Messa per la festa di S.Stefano Papa e Martire a Pisa: la delegazione toscana del Sacro Ordine Militare Costantiniano ha partecipato, insieme al Sovrano Militare Ordine di Malta e all'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, alla funzione su invito dell'Insigne Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire. Tradizionale celebrazione alla presenza di Sua Altezza Imperiale e Reale il Principe Sigismondo di Asburgo Lorena, Granduca titolare di Toscana, Arciduca d'Austria, Principe Reale di Ungheria e di Boemia, celebrata da Sua Eccellenza Rev.ma Mons Giovanni Paolo Benotto, Arcivescovo Metropolita di Pisa. Questo accade il 9 novembre 2008.

Vien voglia di rimembrare la Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare di fantozziana memoria! 

Stride infine vedere nell'elenco delle cariche lui:


Il Cardinal Ravasi presidente del Consiglio della Cultura vaticana! Il noto biblista intrufolatosi dentro a questo contenitore di cariatidi ansimanti ricordi passati di cariche onorifiche senza oramai più storia né tantomeno dignità. 

Riconoscimenti di fine anno



mercoledì 27 dicembre 2017

Stantio


Messer Tronfio è in casa mia da quasi cinque giorni, trascorsi ad ossequiarlo, a riverirlo, ad omaggiarlo; mi sono infatti alzato da tavola solo per minzioni e soste votive al frigorifero, evitando sesquipedali manfrine di progettanti passeggiate, vita salubre e quant’altro potesse essere usato per sviare i dettami di Messer Tronfio. Egli, silente e fagocitante, ha fatto percepire la sua presenza attraverso l’eccitazione di grassi e strutti, facendo sobbalzare ravioli e cotechini dalle pentole, in segno di ossequioso saluto; fuorvianti sono state le richieste, soffuse, di uscite rinfrescanti, di tombolate devianti dal rispetto del rito culinario natalizio. Nelle profondità delle viscere il greve rumore scatenato dall’attività straordinaria degli organi, ha confermato la priorità del desco con la relativa e sana, secondo Messer Tronfio, sedentarietà.

martedì 26 dicembre 2017

Diciamo...


Il post pranzo di Natale mi ha dato l’occasione di confermare, a seguito della seconda mastodontica “seduta”, il postulato di Lavoisier: “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, ricevendo tra l’altro il plauso della comunità scientifica internazionale.

lunedì 25 dicembre 2017

Nel Rito



Nel Rito del Natale, circondato da ovvietà, da buonismi irritanti, cosa trovo per meditare? Le solite, ed oramai stancanti, gestualità di chi deve fare il buono per ottemperare a quella specie di regolamento di questi lidi ove la bontà è una dependance eretta per pochi giorni, nel misterioso segno della nascita di un bimbo. 
Stride sempre più scambiarsi auguri fingendo di non vedere quel che accade attorno, ad esempio quegli occhi che ci rimirano mentre sorridiamo tra noi festeggiando il giorno della luce, l'abbandono del punto più profondo della notte, la natura che già ansima per ripartire verso l'esplosione primaverile; bulbi oculari scappati dalla miseria, dalla povertà provocata dal sistema inventato da pochi, soffocante la stragrande maggioranza di umani in tutto e per tutto uguali tra loro. Spacchettare pacchi di doni, con occhi luccicanti mentre in giro vaganti senza meta rimirano luccichii natalizi a loro non destinati, in un'economia stritolante dignità, speranze, progetti, vita stessa in nome del vero dio moderno, il Lucro, non nascente in un giorno come questo ma presente ovunque, padrone dell'immoto, dello stantio, della dabbenaggine, dell'indifferenza, dell'egoismo. 
Le parole di ieri notte di Papa Francesco lacerano beltà infingarde erette con credenze deviate, fraintendimenti, coperture, storture, filosofie distruttive menti e cuori: viviamo tutti sullo stesso pianeta con egual diritti calpestati da pochi, come la storia dell'umanità insegna da sempre. 
Siamo uguali solo sulla carta, le diversità imposte da regole schiaviste divengono sempre più eclatanti: continuano a morire troppi bimbi, la fame, la miseria è ovunque ma non la vediamo più perché il tappeto delle nostre tradizioni è perfettamente oscurante grida di dolore, disperazioni varie, nullità rimiranti il nostro sfarzo sfavillante.
Girando per le città veniamo quasi idolatrati da migliaia di retine in solitudine su cui tanti, troppi, speculano al costo di 35 euro pro die, facendo affari d'oro in nome della carità, parola mai fraintesa e edulcorata come oggi. La meditazione della nascita del Figlio di Dio vien sempre più riposta nei meandri del rito, i suoi effetti salvifici lasciati ad una minoranza che va riducendosi sempre più, direttamente proporzionale al nascondimento degli altri in fuga dalla morte, entrati dentro l'agonia psicologica preparata per loro dalla sovrana Indifferenza, regina di questi tempi oscurantisti. 
Conta poco versar denaro dentro i loro bicchierini ossequiosi; conta poco salutarli, sorridergli, evitando l'approccio del cuore. Il gelo del non voler guardar nei loro cuori equivale al freddo della capanna di Betlemme, ove due profughi misero al mondo un bimbo in una assurda normalità fatta di fughe e differenziazioni sociali. Ma quel Bimbo, purtroppo per loro, continua ancor oggi a sconquassarci menti e cuori, offuscando credenze e riti deviati, al fine di riportarci alla realtà naturale fin troppo detestata, di mortali uguali in tutto e per tutto tra loro.
Buon Natale!

domenica 24 dicembre 2017

Vergogna!



Auguri!



Benefico scrollone natalizio


Il Natale senza poveri
23 DICEMBRE 2017

DI ENZO BIANCHI

Circolari ministeriali a difesa del decoro dei centri urbani, ordinanze di sindaci che spostano il degrado in periferia, solerti pulizie mattutine di portici e piazze con getti d'acqua su marciapiedi e sottopassi, scomparsa di panchine pubbliche e chiusura di sale d'aspetto nelle stazioni, iniziative di privati cittadini che impediscono a senzatetto di trovare ricovero in un garage regolarmente affittato, multe e denunce a volontari che distribuiscono cibo e bevande a mendicanti, colonne di migranti in cammino scalzi in mezzo alla neve... Non è una bella vigilia di Natale quella che stiamo vivendo. In verità è da mesi che assistiamo a episodi di questo tipo, con l'unica differenza che il gelo ha preso il posto del caldo torrido.

Certo, siamo consapevoli delle esigenze di ordine pubblico, dell'esistenza di racket anche per la mendicità, di sfruttamento od opportunismi da parte di numerosi soggetti, del diritto alla tranquillità - che è realtà più ampia della sicurezza - nella vita dei cittadini, a partire dai più indifesi. Tuttavia è difficile rimuovere l'impressione che, invece di una lodevole, faticosa lotta contro la povertà, sia in atto una più agevole guerra contro i poveri, che si avvale di due strumenti micidiali: la rimozione fisica del povero e la guerra tra poveri.

È incitamento alla guerra tra poveri il far passare l'idea che i disagi patiti in questi anni da una larga fetta della popolazione, l'aumento del numero delle famiglie indigenti o sotto la soglia della povertà assoluta, il deteriorarsi della qualità della vita siano da attribuirsi all'estensione dei diritti essenziali a quanti prima ne erano esclusi - a cominciare dagli stranieri - e non dallo sgretolarsi del patto sociale tra cittadini, dalla diminuzione delle risorse destinate all'assistenza pubblica, dalle difficoltà del mondo del lavoro in balia della non-legge del mercato globalizzato. Così si contrappone un ceto medio-basso impoverito agli ultimi arrivati, che siano immigrati o giovani o entrambe le cose poco importa.

Ma, più della acre guerra tra poveri, è preoccupante la volontà sempre più esplicita di rimuovere il povero dalla nostra vista: "occhio non vede, cuore non duole". Forse i nostri occhi e i nostri cuori sono salvaguardati da una prassi fatta di "aiutiamoli a casa loro", "sosteniamoli a distanza", "vadano altrove a cercare aiuto", "non possiamo assistere tutti", "prima noi poi, se mai, qualcuno di loro"... Ma gli occhi dei poveri vedono e i loro cuori dolgono: i loro occhi vedono che la dignità che dovrebbe accomunare ogni essere umano è calpestata, vedono che il nostro sguardo si volta dall'altra parte, vedono privilegi scandalosi che generano abusi intollerabili. E i cuori dei poveri soffrono perché l'affronto fatto a uno solo dei più piccoli è fatto all'umanità intera, una sola vita ferita, un solo bambino abbandonato o sfruttato, una sola donna calpestata è negazione di ciò che rende tale ogni essere umano.

Non ci interessa più debellare la povertà, ci basta solo non vedere più i poveri, perché la loro semplice vista è un atto di accusa per noi, per come gestiamo le risorse comuni, per come condividiamo diritti e doveri, per come pensiamo alla società e al pianeta che consegneremo alle generazioni future. "Terra, casa e lavoro" non li consideriamo più diritti universali, come ci chiede la Costituzione, prima ancora di papa Francesco: sono diventati stabili privilegi di chi già li possiede, vuole accrescerli per sé e li difende contro tutto e tutti.

Anche nei dintorni di Betlemme c'era chi non voleva vedere i poveri, a cominciare da quella coppia di esuli che cercava riparo per mettere al mondo un bambino, anche allora i pastori erano emarginati, tenuti lontani dai palazzi e dai luoghi di culto e un ricovero per le bestie poteva andar più che bene per quei migranti di passaggio, a condizione però che se ne andassero in fretta.


Forse con la nostra durezza di cuore incapace di guardare il povero negli occhi avremo salvaguardato il decoro di qualche via del centro, forse avremo edifici, monumenti, vetrine ben decorate, ma un Natale dove non c'è posto per i poveri tra noi non è un Natale decoroso, non è un Natale umano, non è un Natale cristiano.

sabato 23 dicembre 2017

Buone Feste!


In questo video riassumo i vari motivi per festeggiare la vicina fine dell'anno! 
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Certe notti...


Quelle serate che, incontrando amici antichi ma sempre rinnovati, ti senti ingranaggio in movimento, tra serio e faceto, tra risate e curiosità appaganti, momenti in cui scopri la bellezza del divenire, dei progetti realizzati, dei nuovi traguardi, cene e non volgari apericene, termine detestabile questo, in cui non la musica profanata ed assordante, non l'ostentazione come ragione di vita, tristissima forma questa di pusillanimi che si credono chissà chi e che vorrebbero trascinarti nel vortice del loro appagamento, non rivalità senza storia, non una becera esposizione di sicumera atta ad abissare i presenti in una sorta di prona adorazione, non riferimenti e racconti di viaggi passati e compiuti solo per successive narrazione soporifere; certe notti soltanto la voglia dannata di ritrovarsi, s'erge a padrona di casa, riscaldando desco e cuori. 
E allora nascono emozioni, ricordi, fiabe mai smentite nei lustri, emergono scrigni nascosti aiutanti il nettare sacro agli dei a ritrovar vigore primordiale grazie all'ossigeno che nel decanter l'avvolge in un'alcova emozionale. 


  
Assaggi, gusti, perlustrando gli anfratti della storia, di ogni storia personale; ti raffronti nei sentimenti dello star bene insieme, e poi riassaggi, ri-degusti tra un tintinnar di papille osannanti l'effluvio di Bacco, stordisci i sensi ammirando i sacri intendimenti nuziali di cibo e vino, assisti alla loro misteriosa unione, nell'impeto di bontà preannunciante l'arrivo della regina, della fata, della gemma del banchetto festaiolo: 



Entra quasi nell'indifferenza e poi, scortata da carni eccelse frollate sul monte Athos, prorompe con la sua forza, impallinando disattenzioni e irriverenze, al punto che il tutto, amalgamandosi, permette ai presenti di scherzare, chiosando ad esempio così:



Una veduta aerea dell’isola Frollata dell’arcipelago delle Carnarie, luogo ameno unico al mondo che permette, se muniti di un Chateau Cheval Blanc del 1996, di dialogare amabilmente con i grandi profeti del passato tra cui Isaia, Geremia ed Ezechiele, che tra l’altro mi incaricano di augurarvi buone feste!

venerdì 22 dicembre 2017

Memorizzare



L'ennesima



Sembra strano



Sembra strano ma è realtà. Lo sfacelo compiuto da questo sistema tecno-rapto-finanziario è inimmaginabile ancor più se si pensa che il protagonista principale dello sconquasso sociale, è stato un partito storicamente a fianco dei lavoratori e trasformatosi, grazie ad un aitante giovane spaventosamente egoriferito, in un ricettacolo per i desideri dei famigerati poteri forti, Confindustria in testa che addirittura ha insufflato norme e progetti legislativi.
La scomparsa dell'articolo 18, baluardo conquistato a prezzo di fatica, scioperi e ristrettezze economiche da parte dei lavoratori del passato, è stata la stilettata finale al cuore, creante un sistema oramai adulterato e geneticamente modificato al punto che, come a Taranto, si deve decidere se lavorare o morire. A questo siamo arrivati, senza contare il caniaccio del jobs act, i giovani che non solo non trovano, ma neanche più lo cercano il lavoro, lo schiavismo 2.0 insinuatosi in ogni anfratto lavorativo, il tempo cronometrato per le minzioni, le festività trasformate in sudore, la pensione ad un passo dalla bara, gli studenti costretti a lavorare gratis con la lugubre finzione di affinarne la professionalità, i contratti a tempo che fra vent'anni formeranno uno stuolo di zombie in miseria.
Per tornare a Taranto: i bambini del rione Tamburi quando si alza il vento, trasportante le terribili polveri dallo stoccaggio materiali dell'Ilva, devono obbligatoriamente stare a casa, al chiuso, senza possibilità di espletare la loro nobile arte naturale di infanti giocherelloni.
Questo accade sul finire dell'anno 2017 in un paese devastato da ribaldi di ogni genere, bramanti un lucro ad uso di pochi, creante una disparità sociale richiedente, speriamo, una sana, giusta e non più procrastinabile sollevazione popolare, possibilmente non violenta; anche perché dai piani nobili dello stato, dal colle più alto, arrivano segnali di approvazione, di compiacimento per questa becera situazione nostrana, al punto che il canonico Jingle Bells di questi tempi dovrà necessariamente tramutarsi in un assordante vaffanculo. Con tanto di strenne a corredo.

giovedì 21 dicembre 2017

Jingle Bells 2


E' Natale, sii buono! 
Adotta anche tu un Orfini! 


Quisquilie



Fake


Può sembrare una resa solo agli occhi di spasimanti del potere, sognanti poltrone cementate a terra, che si credono immortali, inamovibili, immarcescibili. E il giornale satirico e umoristico Democratica riporta la notiziona insaporendola con parole tipo "resa". Non è così, lo sanno anche loro, ma essendo la massima fabbrica di fake news italiana, debbono sottostare ai voleri del loro capo, il Bomba. 

La realtà è che il sindaco Raggi è al secondo mandato, di cui uno da consigliera comunale; quindi secondo la basilare regola del M5S non si potrà ricandidare. So bene che questo concetto difficilmente entrerà nelle loro sgombre cervici, visto che stanno per ricandidare gente come Fassino, in politica da quarant'anni, Finocchiaro, idem con Ikea e scorta, Franceschini, persino Casini, una totem dello stantio!
La differenza sostanziale è proprio questa: dalla parte cinquestelle il far politica viene interpretato (giustamente) come un periodo d'impegno a servizio della collettività. Dall'altra come una ragione di vita, una colonna portante della (loro) vitale ingordigia, una ricerca forsennata di privilegi, con annessa la spasmodica arsura di potere, di incarichi.

Quanto detto posiziona attualmente il M5S al primo posto nei sondaggi; e crescerà ancora alla faccia di chi preferirebbe i laidi accordi sottobanco dei cosiddetti "esperti", all'onestà di un servizio dedicato e disinteressato ricercante quella giustizia sociale, assente da decenni nel nostro paese.

Jingle Bells!


Lesson two: come sviare l'attenzione mediatica scatenata da enormi conflitti d'interesse, attraverso un buonismo natalizio in apparenza pure becero. In apparenza...


Quesito



Travagliati buongiorno!


Questo invece è Travaglio
giovedì 21/12/2017
Noio volevàn savuàr
di Marco Travaglio
Più botte prendono, più ringraziano chi li mena. Visco rivela che Renzi andò a perorargli la causa di Etruria e lui manco gli rispose, “pensando che scherzasse”? “Ringrazio molto il governatore Visco, mi fa piacere che finalmente fughi ogni dubbio sul comportamento dei ministri”, tripudia Renzi al settimo cielo mentre stramazza al tappeto, si massaggia l’occhio nero e tenta di rimettersi in piedi con l’ausilio delle stampelle. Ghizzoni ribadisce parola per parola ciò che scrisse De Bortoli sulla richiesta della Boschi (da lei sempre smentita) di “valutare un’acquisizione o un intervento su Etruria”? “Confermo ciò che ha detto oggi Ghizzoni. Che è stato impeccabile nel raccontare i fatti”, esulta la Boschi tutta giuliva dal pronto soccorso, mentre l’infermiera le tampona il sangue dal naso e l’odontotecnico le rifà nuova l’arcata dentale. Per trovare un precedente all’automassacro che i renziani si stanno impietosamente infliggendo in Commissione banche con le loro interferenze indebite, i loro abusi di potere, i loro sotterfugi prontamente smascherati e le loro bugie istantaneamente smentite, bisogna uscire dall’ambito politico-finanziario e inoltrarsi in quello della commedia brillante. Per esempio, nell’episodio de I mostri di Dino Risi sui due pugili suonati, Tognazzi e Gassman. Il quale, più prende pugni in faccia e finisce kappaò, più ripete con aria ebete: “So’ contento… e so’ contento…”.
Ma il bello è che mentre Ghizzoni pianta l’ultimo chiodo nella bara del fu Giglio Magico sempre più Tragico anzi Fradicio, un’allegra compagnia della buona morte di giornalisti ha deciso di seguirne il destino sino in fondo, perpetuando la propria sottomissione alle panzane renziane perinde ac cadaver. La raffica di tweet che accompagna il rito dell’estrema unzione officiato dall’ex banchiere ricorda un’altra maschera della commedia dell’arte: lo “scemo per non andare in guerra”, detto anche “finto tonto”. Strepitoso Mario Lavia: “Ghizzoni: ‘Mai ricevuto pressioni’”. Lui si accontenta di poco: del resto, quando chiede un caffè macchiato al bar, precisa sempre al barista che la sua non è una pressione, ma una semplice richiesta di informazioni. Tipo Totò e Peppino col vigile di piazza Duomo: “Noio volevan savuar l’indiriss”. Meraviglioso Johnny Riotta, quello che tre anni fa trovava Renzi addirittura “sexy”: “Insomma, alla fine della Fiera, Ghizzoni ex Unicredit difende @meb Boschi e nega di avere ricevuto da lei pressioni su #BancaEtruria. E adesso ragazzi?”. Preclaro esempio di giornalismo anglosassone, molto attento ai conflitti d’interessi.
E dunque indifferente all’Operazione Gillette Bilama degli statisti etruschi (la Boschi liscia il pelo a Ghizzoni e Carrai completa l’opera). Del resto già sulle rivelazioni di Visco il giornale di Johnny, La Stampa, era riuscito a titolare sontuosamente “Tregua sulle banche” e “Fra Visco e Renzi il giorno della ‘pace istituzionale’. Il governatore di Bankitalia nega le pressioni. L’ex premier: ‘Grazie, smentite le illazioni’. Ma i Cinque Stelle attaccano”. Titoli eguagliati solo da quelli del Messaggero (“Il leader Pd vuole la tregua: ‘Esclusa ogni pressione’”) e scavalcati solo da quello de Il Dubbio (“Visco assolve Renzi”). E poi tutti sotto con la campagna contro le fake news di Putin.
Intanto gli altri scudi umani, mentre cercano un collegio per la Boschi fra Trentino, Campania, Lucania e Barbagia, possibilmente dove nessuno la conosca, esultano come un sol uomo per gli strepitosi successi di Matteo&Mariaele. Il povero Orfini, che in Commissione Banche è il capogruppo Pd, infatti raccoglie trionfi che nemmeno Fassino, cinguetta: “Abbiamo provato a risolvere la crisi senza nessuna pressione né conflitto di interessi. Questa è la verità su #banche, anche oggi confermata da #Ghizzoni”. Ma certo, come no, è andata benissimo. Gli fa eco lo sventurato Marcucci: “La chiarezza di ‪#Ghizzoni è totale. Il ministro #Boschi si informò e non fece nessuna pressione, nel massimo rispetto dell’autonomia di Unicredit. Il #M5S continua a non interessarsi dei correntisti, ma solo a spargere falsità. Ora basta”. Ora sta’ a vedere che pure Ghizzoni è grillino. Poi c’è Rosato, il tapino: “Carrai è un professionista che opera in quel settore e che non ha niente a che fare con il Pd”. Ingrato. Chiude da par suo Bonifazi, il tesoriere: “Lo dico da avvocato e da cittadino. Oggi De Bortoli ha perso la causa. E chi accusava @meb (la Boschi, ndr) ha perso la faccia”. Ma sì, dài, e tu sei un grande principe del foro: da oggi verranno tutti a farsi difendere da te. Par di sentire Woody Allen in Provaci ancora Sam che, pestato a sangue da una gang di balordi, racconta tutto tronfio con un fil di voce: “C’è stata una rissa con dei tipi che davano fastidio a Julie e gli ho dovuto dare una lezione, ma sto benone: a uno gli ho dato una botta col mento sul pugno e a quell’altro una nasata sul ginocchio”.
In fondo è bello vedere i morituri avviarsi festosamente al proprio funerale col sorriso sulle labbra, come fosse Carnevale. Noi, che li abbiamo criticati da vivi, smetteremo nell’ora della triste e prematura dipartita. Ci accontentiamo di avere spiegato per tempo in quali mani erano caduti il governo del Paese (inteso come Italia, non Laterina o Rignano sull’Arno) e soprattutto la Costituzione repubblicana. E vorremmo che udissero anche loro il grido che, in lontananza, si leva dalla Nazione tutta. Un grido tratto da Roma di Fellini, nella scena del vecchio guitto spernacchiato dal pubblico in un teatro di provincia: “Ao’, ma n’hai sentito quello? T’ha detto che te ne devi annà!”.

Peperepepèèèè!!!


Signore e signori dopo "Non è la Rai" vado a presentarvi: "Non è Travaglio"
L'articolo qui sotto infatti è di Mario Calabresi, direttore di Repubblica, giornale finalmente rinsavito. 

Maria Elena Boschi, farsi da parte e salvare il Pd
20 DICEMBRE 2017
DI MARIO CALABRESI
Un anno fa, era il 13 dicembre 2016, commentando la nascita del governo Gentiloni criticammo la scelta di promuovere Maria Elena Boschi, la madre della riforma costituzionale bocciata al referendum, che avrebbe invece dovuto fare un doveroso passo indietro. Riconfermarla, scrivemmo, era "una scelta evitabile che rafforza diffidenze, gonfia il qualunquismo e lascia un retrogusto di furbizia e immaturità".
Una scelta che allora sarebbe stata dettata dalla sola opportunità politica e che avrebbe evitato un finale come quello che è davanti ai nostri occhi. Un anno e dieci giorni dopo infatti la situazione è ben più complicata e grave, le ombre sul cosiddetto Giglio magico si sono moltiplicate e l'affare Etruria è diventato la palla al piede di un partito che appare ostaggio del caso di una piccola banca meno rilevante di quelli avvenuti nel Nord-Est.
L'uscita di scena di Boschi, non dal governo ma dal Partito democratico e dalle sue candidature, è ora il passo necessario e indispensabile per provare a contenere i danni e per mostrare ai propri elettori di aver compreso la differenza tra interesse generale e interesse familiare.
Dopo l'audizione di Federico Ghizzoni molto resta da capire sul ruolo di Marco Carrai, che di Matteo Renzi è da sempre non solo l'uomo di fiducia ma anche una specie di gemello siamese.
In una lettera che pubblichiamo oggi Renzi e Orfini difendono con forza la scelta della commissione d'inchiesta sulle banche, ma la realtà è che il disegno per mettere sotto accusa chi non ha vigilato sulle crisi bancarie non solo è fallito ma si è rivelato - lo ribadiamo convinti - uno sciagurato autogol, un regalo inaspettato alle opposizioni proprio nell'ultimo scorcio di legislatura.
Ogni giorno la situazione peggiora e si ingarbuglia ma Maria Elena Boschi ripete il suo mantra, ribadisce di non aver mai fatto pressioni, di avere soltanto chiesto informazioni sui destini della banca ai cui vertici sedeva suo padre. Continua purtroppo a sfuggirle il concetto dell'opportunità e contemporaneamente quello del conflitto d'interessi.
La vicenda Boschi va esaminata su due piani, diversi ma connessi. È comprensibile, perfino fisiologico, che un politico si occupi del territorio in cui viene eletto. Cura gli interessi dei suoi elettori, è deputato a fare questo. Del resto, le crisi bancarie in Italia sono sempre state risolte attraverso fusioni e acquisizioni. È stata la linea seguita da tutte le nostre Istituzioni.
Per la sottosegretaria, però, non è in discussione questo piano. Ma l'altro.
Non è accettabile che un ministro della Repubblica si occupi di una questione che fa riferimento diretto al padre. Il rapporto di parentela con l'allora vicepresidente di Banca Etruria è il nucleo di un conflitto di interessi che sarebbe censurato in qualsiasi democrazia occidentale. Le regole morali e politiche del conflitto di interessi non possono funzionare a giorni alterni o a governi alterni. Questo è il cuore del problema, non se siano stati commessi illeciti. Di cui nessuno è a conoscenza. E questa ostinazione mostra quel grumo di potere locale da cui, evidentemente, la sottosegretaria non riesce a prendere le distanze.
Il Pd non può farsi carico di questa situazione. Maria Elena Boschi sta diventando un fardello troppo pesante per la principale forza riformista di questo Paese. I sondaggi sono solo l'ultima testimonianza di quanto possa incidere la sua figura. Lei stessa dovrebbe con responsabilità liberare da questo peso il partito che le ha consentito di approdare in Parlamento e al governo. E il segretario accettare l'idea che il bene del Paese e del Pd vengono prima della difesa di un componente del suo gruppo dirigente. A meno di non voler avallare l'idea che il vertice del Partito democratico possa liberamente essere sovrapposto al fantomatico Giglio magico.
Perché in discussione non c'è solo l'esito delle imminenti elezioni, già piuttosto incerte. Il Pd deve porre ora le premesse per assicurarsi la possibilità di rimanere competitivo nei prossimi anni. Il centrosinistra affronta stavolta la partita più difficile. La posta in gioco non è la vittoria o la sconfitta - questo appartiene alla fisiologia di una democrazia - ma che rimanga in vita la prospettiva di un moderno centrosinistra capace di governare i processi e le sfide di questo millennio. E per provare a invertire la rotta e risalire la china ci vogliono gesti netti e chiari, non sterili rivendicazioni che ipotecano il futuro.