martedì 31 dicembre 2019

Altri auguri!




Consapevoli ladroni


Li vedo, li sento, li immagino: fasciati nei loro smocking con al fianco damigelle ingioiellate, sfarzosamente pacchiane. Sono loro, non tutti chiaramente, i ladroni impuniti che stasera non baderanno a spese, gozzoviglianti all’inverosimile, circondati da gigantesche aragoste, da fiumi di champagne, da cibi frastornati, ossequiati da schiavi 2.0 che li serviranno umilmente, sperando in qualche briciola cadente dai loro deschi. Rideranno, farfuglieranno al solito inimmaginabili cazzate, parleranno di massimi sistemi, del tanto amato off-shore, delle isole lontane in cui hanno riposto i loro tesori lontano dalle giuste gabelle, fondamento della società civile, che lor signori continuano ad eludere, sbeffeggiandoci allegramente.
Inumani, sottosviluppati culturalmente, diversamente civili, questi inabili alla convivenza sociale godranno oltremodo nel lucidare il proprio status che soltanto il babbionesimo dilagante ha permesso di divenire regola divaricante principi fondamentali dell’attuale struttura sociale. Si, mentre brinderete al nuovo anno meditate! Meditate su quello che, inerti ed inermi, abbiamo loro concesso: possono andare a pagare le poche tasse in paesi molto comprensivi, possono assumere a paghe da raccoglitori di cotone chicchessia, possono licenziare beatamente, sfruttare senza remore, stressare senza frontiere, pagare quel poco quando cazzo gli pare, mettere in cassa integrazione appena impercettibilmente calino i loro profitti mastodontici; fatturare ad altre società satellite ingigantendo le spese, lucrare sulle spalle dei molti che lottano per sopravvivere. E poi aggiungiamo tutti i boiardi di stato, i dottoroni del nulla con stipendi favolosi, grazie alla dea Burocrazia; tutti i super pensionati, compreso il Topastro che inghiotte decine di migliaia di euro al mese, i dirigenti attorno al nulla Rai, Alitalia e il suo sprofondo eterno che ai mega stipendiati nulla importa tanto è vigente il menefreghismo dittatoriale incurante di bilanci e pareggi, attenti come sono alle loro mensilità. Andiamo oltre: quei primari impegnati più a mercanteggiare sulla salute, sulla vita in bilico di molti, che sulla loro vocazione, su quanto asserito da Ippocrate e quant’altro; i giullari di corte, gli infilati nelle società a partecipazione pubblica, gli assessori malevoli e dediti al mercifico mercato delle approvvigioni pro partito e pro loro.
Insomma sono tanti, sono troppi coloro che minano la democrazia, il quieto vivere, la parità sociale. 
Non resta che auspicar loro un cenone di stampo diarroico. Così, tanto per pareggiare ciò che il fato bastardo concede loro senza sanzioni, senza alcun problema con questa giustizia terrena stranita ed ottenebrata.

Cenone Travaglio


martedì 31/12/2019
La Balla dell’Anno

di Marco Travaglio

Alcuni lettori ci chiedono di premiare la balla più grande dell’anno. Mission impossible: sono troppe, tutte enormi. Però, catalogandole, possiamo premiare la campagna di stampa più demenziale e miserabile del 2019: quella contro il Reddito di cittadinanza. Che sia partito fra mille pasticci, con i centri per l’impiego da sistemare, i tanti navigator ancora da assumere e formare, i molti poveri ancora da raggiungere, i ritardi sugli stranieri, il software in odore di conflitto d’interessi e i pochi posti di lavoro a disposizione, lo sappiamo e l’abbiamo scritto. Ma il risultato è comunque buono, soprattutto per un Paese allergico ai cambiamenti come il nostro: 2,5 milioni di italiani che un anno fa non avevano un euro in tasca (oltre la metà dei “poveri assoluti”), da maggio-giugno ricevono in media 520 euro al mese. Così l’Italia, che fino a due anni fa era l’unico Paese europeo a non fare pressoché nulla per i nullatenenti e solo nel 2018 aveva varato il timidissimo Reddito d’inclusione (Rei: pochi spicci ad appena 900 mila persone), da quest’anno ha invertito la rotta con la più robusta misura anti-povertà mai adottata. Naturalmente la cosa non è passata inosservata: l’idea che i 5Stelle abbiano avuto una buona idea e che si investano 5 miliardi pubblici su chi non ha niente, dopo averne gettati a centinaia per chi ha e ruba di tutto e di più, ha letteralmente sconvolto tutti i partiti. Quelli di destra, dalla Lega a FI, da FdI a Italia Viva. E pure quello che dovrebbe essere di sinistra: il Pd. Ma la vergogna delle vergogne sono i giornali (a parte il nostro e il manifesto), che da un anno fanno il tiro al bersaglio sul Rdc come mai avevano fatto per le decine di leggi vergogna di B.&Renzi e i massacri sociali di Monti&Renzi. All’inizio dicevano che non c’erano i soldi. Poi, siccome i soldi si son trovati, han detto che non si sarebbe mai fatto: i Caf, le cavallette, le piaghe d’Egitto. Poi, siccome si è fatto, han detto che nessuno lo voleva e tutti facevano la fila per rifiutarlo. Poi, siccome di file a Caf e Poste non se ne vedevano, han detto che c’era l’assalto a Caf e Poste per prenderlo. Poi, siccome l’assalto non c’era, han detto che era un flop. Poi, siccome i dati ufficiali parlano di 900 mila domande familiari accolte pari a 2,5 beneficiari, han detto che sono troppi. Poi, siccome s’è scoperto che 2 milioni ancora non lo prendono, han detto che 2,5 milioni sono pochi. Poi, siccome la copertura in pochi mesi è più alta di quella del Rei, han detto che i navigator sono in ritardo. Poi, siccome a boicottarli sono le Regioni governate dagli stessi partiti che li invocano, han detto che il Rdc serve al M5S per comprare voti al Sud.

Poi, siccome il M5S ha dimezzato i voti e le richieste arrivano tanto dal Nord quanto dal Centro e dal Sud, han detto che il Rdc è troppo alto, perché c’è chi lavora e guadagna altrettanto. Poi, siccome i 5Stelle han detto che pagare un lavoratore 800 euro al mese è una vergogna e han proposto il salario minimo, han detto che il Rdc va ai falsi poveri e ai delinquenti e non ci sono controlli per scoprirli. Poi, siccome il governo ha portato le pene fino a 6 anni per quanti truffano col Rdc e Di Maio ha invitato i cittadini a denunciarli, han detto che questi giustizialisti manettari vogliono spiare e arrestare pure i poveri. Poi, siccome i controlli scoprono ogni giorno delinquenti e finti poveri col Reddito, hanno detto che bisogna abolirlo. Come se gli stessi delinquenti e finti poveri non fregassero già lo Stato intascando indebitamente 80 euro, Rei, cassa integrazione, sussidio di disoccupazione, pensione d’invalidità, sgravi e bonus ed esenzioni famigliari, scolastici, sanitari e universitari, e usufruendo di tutti i servizi pubblici senza pagare le tasse per finanziarli, senza che nessuno si sia mai sognato di abolire il Welfare perché molti ne abusano. Nel giro di un mese, il Corriere ha pubblicato ben due “inchieste” a piena pagina degne del Giornale e di Libero, con un florilegio di abusivi: “Chi guida Porsche, chi ha alberghi: ecco i furbetti del reddito. Cantanti neomelodici, fotografi, imprenditori, venditori ambulanti, negozianti, pasticceri, pregiudicati e lavoratori in nero”. Ma tu pensa: non saranno mica gli stessi che evadono le tasse e intascano indebitamente tutti gli altri strumenti di Welfare? E quando mai si son fatte campagne per abolire pure quelli solo perché qualcuno fa il furbo? “Per colpa di qualcuno, non si fa più credito a nessuno” possono dirlo certi negozianti, non lo Stato. E il fatto che fiocchino tante denunce non dimostra che il Reddito non funziona, ma che i controlli funzionano. E aiutano a far emergere non solo i “furbetti del Reddito”, ma anche un’altra fetta dell’economia nera che è la vera tara dell’Italia. Ben protetta da chi s’indigna per il ladruncolo che ruba 500 euro al mese e tace sui ladroni che evadono 120 miliardi all’anno. Infatti strillano contro le manette agli evasori e la blocca-prescrizione.

Tra le mille balle “a grappolo” contro il Reddito, svetta quella sparata da La Stampa il 3 novembre, nell’ansia di dimostrare che Di Maio ha sistemato uno su tre degli elettori del suo collegio: “I delusi del reddito di cittadinanza: ‘Stanchi di non avere nulla da fare’. A Pomigliano d’Arco, il paese natale di Luigi Di Maio, su 39 mila abitanti in 12 mila ricevono un sostegno economico”. Poi s’è scoperto che il dato dei 12 mila percettori del Reddito citato dall’house organ di casa Agnelli-Elkann non si riferisce alla sola Pomigliano, ma a tutti e sei i comuni circostanti che fanno capo al Centro per l’Impiego di Pomigliano: 208 mila abitanti in tutto, non solo i 39 mila di Pomigliano. Dunque il Rdc non va al 33% della popolazione, ma ad appena il 6%. A riprova del fatto che neppure la peggior politica riuscirà mai a eguagliare la migliore informazione.

Ah però!




Auguroni!



Pensierino di fine anno: andarli a prendere tutti, ma proprio tutti e nel dettaglio: chi si è ingegnato per conto nostro nel confezionare una Concessione che sa di presa per il culo per tutti noi, chi ha ingurgitato incredibili quantità di denaro pubblico senza rischiare pressoché nulla, chi doveva controllare e non lo ha fatto, chi doveva manutenzionare e si è voltato dall’altra parte, chi per etica professionale, ingegneroni, capomastri, tecnici, avrebbe dovuto esternare i problemi evidenti di cattiva gestione e ha preferito gozzovigliare attorno al sontuoso banchetto. Andarli a prendere, rinchiuderli in qualche centro correttivo e ricominciare daccapo con l’ABC della convivenza sociale. Buon 2020!

domenica 29 dicembre 2019

Triste capodanno


I beep installati su ogni porta della splendida magione trevigiana, ricorda a lor signori dell’aurea famiglia United Euron of Riccastron i costanti ed immensi guadagni frutto di beceri ed inauditi accordi che la Concessione rende a loro alla faccia di tutti noi. In queste festività però un dolore immane ha oscurato i tradizionali riti epulonici, tipici della Famiglia: ad ogni rintocco della mezzanotte di S.Silvestro infatti, tra giaculatorie e rosariate varie, scattava il piccolo ma fastidiosissimo aumento tariffario autostradale e nelle stanze della magione of the Riccastron le ola e le lingue di Menelelik sancivano l’ennesimo rigonfiamento del già sterminato forziere di famiglia. Tempi che furono, momenti scolpiti nelle loro chiome principesche, fonte di gioia maggiore dell’appioppare beceri composti bruciacchiati sotto falso nome di brioche ad 1,30 euro nei ritrovi di babbani sgommanti, anch’io faccio parte della compagine, noti con il nome di autogrill. 
Ma in questo triste e tremebondo fine 2019, nei silenzi di sofferenza, tra singhiozzi e rammaricamenti, la nefasta notizia dello stop ai cari ed adulati aumenti ha gettato nella prostrazione più infausta tutto il parentado trevigiano, e l’evidenza di tale sofferenza è riposta nel menu del cenone di fine anno dell’United Euron of Riccastron: un Camogli, un’acqua minerale da 1,30 euro e un biglietto della Lotteria: chissà mai che la fortuna non intervenga d’autorità per lenire dette pene!

Tanto per imparare qualcosa


domenica 29/12/2019
Funeral Party

di Marco Travaglio

Quando, tra qualche anno, le università studieranno la morte del giornalismo, non potranno prescindere dalla fine del 2019. In quei giorni – spiegherà il prof ai suoi attoniti studenti – la prima notizia sui principali quotidiani era un tragico ma ordinario incidente stradale, identico a quelli che accadono ogni giorno in tutte le metropoli del mondo. I loro siti trasmettevano in diretta streaming i funerali delle giovani vittime, falciate nottetempo da un giovane automobilista alticcio mentre attraversavano a piedi una strada buia col semaforo rosso, in una specie di roulette russa piuttosto diffusa nella zona. E l’indomani le prime pagine aprivano con l’omelia del parroco, dai contenuti davvero sconvolgenti: tipo che non bisogna guidare sbronzi. Negli stessi giorni l’Italia rischiava di darsi un sistema processuale semi-civile, adottando il sistema di prescrizione vigente da sempre nei paesi sviluppati: se lo Stato non dà un nome e un volto al colpevole di un reato, dopo tot anni il reato si prescrive; ma, se lo Stato individua il presunto colpevole, il processo arriva in fondo senza più prescrizione che tenga: se il tizio è innocente verrà assolto, se è colpevole verrà condannato e le vittime avranno giustizia. Questa norma di minima civiltà era stata invocata per 20 anni da tutti gli esperti in buona fede, scandalizzati da quell’amnistia selettiva, classista e censitaria che consentiva ai colpevoli ricchi e potenti di farla franca allungando ad arte i tempi dei processi con ricorsi, eccezioni, cavilli, ricusazioni, rimessioni e impedimenti pretestuosi fino alla prescrizione, magari dopo due condanne e un giorno prima della terza e ultima, con tanti saluti alle loro vittime.

Così, negli ultimi 10 anni, si erano prescritti 1,5 milioni di processi, cioè l’avevano scampata oltre 2 milioni di colpevoli (i processi di solito hanno più imputati) ed erano rimaste senza giustizia almeno 3 milioni di vittime. La prescrizione, infatti, è riservata ai colpevoli: gli innocenti il giudice è tenuto ad assolverli, non a prescriverli (se non c’è reato, non c’è nulla da prescrivere). Per vent’anni i maggiori quotidiani avevano raccontato e deplorato questo sistema scandaloso, che aveva miracolato addirittura due ex premier: Andreotti (prescritto per mafia) e Berlusconi (9 volte prescritto per corruzione di giudici, senatori e testimoni, finanziamenti illeciti a politici, falsi in bilancio e frodi fiscali). E avevano ospitato giuristi e magistrati che chiedevano di riportare la prescrizione al suo spirito originario: se a un reato non segue un processo, dopo un po’ si volta pagina; ma se il processo è partito, deve arrivare alla fine.

Non per nulla, la prescrizione durante il processo esisteva solo in Italia e in Grecia, finchè una norma della legge Spazzacorrotti voluta dai 5Stelle, ma annunciata per anni anche dal Pd, la bloccò dopo la sentenza di primo grado per i reati commessi dal 1° gennaio 2020. Ma la cosa, anziché rallegrare quanti avevano sempre sostenuto quella riforma di puro buonsenso, li gettò nel panico e nella costernazione. I giornali che avevano sempre denunciato lo scempio dei 150 mila processi prescritti all’anno, cominciarono a difendere la vecchia prescrizione unica al mondo (Grecia a parte). La Stampa, che un tempo ospitava gli editoriali di grandi giuristi come Alessandro Galante Garrone e magistrati come Giovanni Falcone, pareva la parodia degli house organ berlusconiani, con titoli del tipo: “Prescrizione, per salvare Conte il Pd cede alla riforma dei 5Stelle. Gli avvocati prevedono una pioggia di ricorsi: norma punitiva,così si torna al Medioevo”, “Zingaretti si arrende al giustizialismo”, “I dem sperano nella Consulta” (come se farla franca fosse un diritto costituzionale). Il Corriere della sera, facendo rivoltare nella tomba le sue grandi firme del passato nemiche della prescrizione, da Vittorio Grevi in giù, si affidava ai delirii di Angelo Panebianco: il noto giurista per caso sosteneva, restando serio, che bloccare la prescrizione “è quanto di più vicino ci sia all’introduzione della pena di morte” (che dunque vige in tutto il resto d’Europa all’insaputa dei più); vìola “il principio di non colpevolezza” (ma agli innocenti si dà l’assoluzione, non la prescrizione); infrange “l’equilibrio fra potere politico e ordine giudiziario” (ma la prescrizione riguarda tutti i reati, mica solo quelli dei politici: forse per Panebianco tutti i politici sono colpevoli?). E lanciava uno straziante Sos alla Consulta (senza precisare quale articolo della Costituzione imporrebbe la prescrizione fino all’ultimo grado di giudizio).

Ma il meglio, come sempre, lo dava Repubblica: dopo aver pubblicato migliaia di articoli per chiederne lo stop, affidava l’encomio solenne di Santa Prescrizione a Luigi Manconi, che la definiva “prezioso istituto di garanzia del singolo”, scavalcando a destra persino B. e bollando di “populismo penale” vent’anni di battaglie del suo giornale. Poi definiva la prescrizione “uno dei maggiori fattori di accelerazione del processo” (infatti gli avvocati, quando manca poco alla decorrenza dei termini, chiedono al giudice di fare udienze a oltranza, anche di notte, inclusi i festivi, per scongiurarla). E, dopo un corso accelerato di diritto presso il Divino Otelma, spiegava agli stupefatti lettori di Repubblica che, con la “sciagurata” norma Bonafede, “potrà succedere che chi sia stato assolto dopo 29 anni e mezzo dall’accusa infamante di voto di scambio, venga condannato al limbo dell’incertezza processuale per un altro lustro”. Cioè restare imputato per 35 anni. Peccato che il voto di scambio, punito dai 10 ai 15 anni con la riforma del 2018, si prescriva dopo 18 o 19: la metà di 35. I funerali dell’informazione si svolgeranno in luogo e data da destinarsi. In diretta streaming sui siti dei migliori quotidiani, ça va sans dire.

giovedì 26 dicembre 2019

Appunti


“Voi ed io siamo siamo uno dei modi attraverso cui l’Universo conosce se stesso.”

È con questa frase di un astrofisico, di cui ho scordato il nome, che nel post Natale m’intriga comunicarvi delle sensazioni, piacevoli o spiacevoli a secondo dell’angolatura. 
Tempo di festa equivale a visione di film, qualunque sia la credenza o l’astinenza dal farlo che corrobora l’io personale.
Dai film, dalle riprese particolari eseguite come se vedessimo con gli occhi del protagonista, m’aggrada trasporre alla vita il concetto. Quello che vedo, che compio, che assimilo può essere il film del quale sono regista ed interprete. Se m’annoiassi nel vedere, vorrebbe significare quanto la sceneggiatura sia blanda. Viceversa ottime scene visionate da me spettatore significherebbero un’ottima trama. 
Collimo questa sensazione al motivo dell’esistenza di cui sopra: sono un modo per far conoscere l’Universo a se stesso, perché egli vive, si espande, respira, si contempla, quasi fosse divinità. Non ci fosse nessuno non si manifesterebbe nessuna potenza, beltà, stupore, meraviglia.
Ma ci siamo, composti dello stesso materiale sparso da oltre tredici miliardi di anni nell’enormità cosmologica. Siamo polvere condensata e respirante, capaci d’inoltrarci nel mistero, nelle forze di gravità, nella velocità della luce, nel suono del silenzio, persino comprendere il meccanismo dell’Essere. Ciò che muove il movimento di ogni oggetto sopra di noi è il motivo che supporta il tutto. Per rispetto alla bellezza, il film di ognuno non deve portare allo sbadiglio; chi riesce a girare scene interessanti ossequia il sistema vita. 
Mi devo pertanto dar da fare, rendendo grazie alla Vita, festeggiata al meglio dall’angolazione cristiana, la Vita che s’incarna. Sotto certi aspetti un valido motivo per onorare l’Ingranaggio che nessuno saprà mai se essere o no la stessa matrice, il motivo incredibile per cui siamo e un giorno svaniremo nel tutto.  

lunedì 23 dicembre 2019

Rancore natalizio




Mi diverte oltremodo, non facendomi assolutamente innervosire, girare nei siti dei rancorosi, i diversamente cattolici. 
Ecco ad esempio questo sito evidenziare la profanazione delle chiese allorché vengono trasformate in mense per i poveri. 
Vi dono qualche passo, spassoso, dell'articolo:

E con la sardina in chiesa abbiamo chiuso il cerchio. L’immagine di Mattia Santori che stringe la mano al cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi in una chiesa bolognese per un pranzo coi poveri sant’Egidio style, è l’emblema di come si possa ridurre la Chiesa quando si sdraia a pancia a terra con le ideologie mondane. Verrebbe da dire «che tristezza» e non pensarci più. Invece c'è da ribellarsi perché quanto accaduto nella chiesa dei Servi sabato si ripeterà altrove dato che sia le sardine sia Zuppi-Sant’Egidio sono due formidabili esportatori di format.

Con l’Arcivescovo infatti – per l’evento promosso dalle Cucine popolari – c’erano anche personaggi noti come il comico Alessandro Bergonzoni che ormai segue Zuppi ovunque, manco fosse Polibio con Scipione l’Emiliano e lo scrittore Stefano Benni. E poi l’assessore comunale Matteo Lepore. Vipperie varie, ovviamente intente a partecipare all’evento benefico in favor dei poveri e dell’obiettivo di Repubblica e di Rai Regione Emilia Romagna. Mondanità, ma politicamente corretta dietro il comodo paravento dei poveretti.  

La profanazione, compiuta su mandato preciso dell’arcivescovo, certifica che non c’è niente di più insopportabile dei radical chic che dicono di fare le cose per il popolo. Sabato a quel pranzo non c’erano i bolognesi, la gente semplice che percorre affannata i portici dell’Archiginnasio, ma attori con una parte da recitare: il santo arcivescovo con la sua claque di intellettuali, il salvatore del mondo con la sardina di cartone, le vipperie belle che si muovono in chiesa con la stessa sguaiata arroganza con cui alla sera devono scappare in un capannone per il party di Natale dell'associazione caccia & pesca. “Ma l'abbiamo fatto per il popolo”. Balle. Non si sono mossi per il popolo, ma per la loro narcisistica pretesa di sentirsi dalla parte giusta, pronti col ditino puntato a insegnare agli altri come si fa a stare al mondo: i poveri da sbandierare, la chiesa a uso e consumo, il servizio ai tavoli, il fotoracconto di Rep. Oh yeah...
Con questa pagliacciata spocchiosa, compiuta in un luogo consacrato a Dio per la quale non ci sarà mai riparazione, sua eminenza, ovviamente, dall’alto della sua bontà sancita da docufilm agiografico, considererà le critiche come questa e quelle che si sono sollevate sul web ieri mattina, robetta di cui non tener conto perché frutto di élite dalla dura cervice che non ha capito la rivoluzione della teneressa.
Invece sono il segnale che è grazie a pastori come questi che si allontana il popolo, il quale per queste pagliacciate nella casa di Dio, con annesso spot politico per il movimento amico di turno, soffre e si indigna. Se soffre – e soffre, basterebbe ascoltarlo per accorgersene – vuol dire che una frattura c’è stata e questa frattura qualcuno deve averla prodotta quando ha deciso di portare la chiesa nell’agone politico. Dandole anche già un indirizzo ben preciso. Rosso come la porpora.
Vedete come sono sempre attivi nel rosicchiarsi la coscienza? 
La fobia della profanazione, tipica di chi trasforma la fede in un crogiolo di norme, regole, arzigogolature tendenti ad estromettere molti per far finta di salvarne pochi, i soliti noti dediti al baciapilismo sconsiderato, fuffa per carità ed affini. 
Rosicano, tramano, non sapendo di essere già nel sepolcro imbiancato. 

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Asinite



sabato 21 dicembre 2019

Auguri di alta professionalità



A proposito


A NATALE
Da Monicelli a Mauss, storia di un regalo diventato “sacrificio”
CACCIA ALL’IDEA - IN ORIGINE ERANO OFFERTE DESTINATE AI DEFUNTI ORA È UN MASSACRO DI ASPETTATIVE DELUSE, GELOSIE E INVIDIE

di Daniela Ranieri

Dovrebbe farci riflettere che i doni fatti a parenti, amici e bambini nel periodo di Natale, quando la natura muore e rinasce, erano originariamente offerte destinate ai defunti. E che sotto i personaggi mascherati, come Babbo Natale, si nascondono i morti che tornano tra i vivi per celebrare la vita tenuta al buio sottoterra, dove germinano le sementi. Del resto l’albero di Natale era già nel ceppo che ardeva tutta la notte e nelle decorazioni vegetali sugli edifici durante i Saturnalia romani, feste delle larvae, i morti per causa violenta.

Non sappiamo più niente di questo legame, quando ci infiliamo per giornate intere nei centri commerciali, dove avviene il vero rituale dello scambio natalizio (ci danno in oggetto in cambio di denaro); e il rito della notte di Natale è un massacro di aspettative deluse, gelosie, invidie, competizione (sempre attuale Parenti serpenti di Monicelli), altro che scambio di ramoscelli dal bosco dedicato a Strenia, la Dea della salute (da cui “strenna”).

L’unico sacrificio che si celebra in questi giorni è quello del buon senso. Per Giorgio Manganelli il Natale è “crapula demente”, che porta con sé “una tetraggine che ha dell’astronomico”.

Totalmente avulso dall’ordine cosmico, lo scambio di regali è una celebrazione del vero e unico re del mondo (il denaro) capace di silenziare temporaneamente il caos.

La versione odierna del Natale non inventa nulla: ricombina in modo sincretico una celebrazione antica. Se nei secoli l’elemento sacro è stato la divinità della natura, il ritmo delle stagioni, il culto del Sol Invictus o la nascita di Gesù, oggi è il consumo di merce come sostituto dei sentimenti.

Lo scambio di doni assume dimensioni agonistiche. Come nel potlach dei tobriandesi studiato dagli antropologi, è tutta una competizione di classe, o almeno di status, tutta una distruzione di risorse. Su cosa regaliamo, poi, sono stati scritti saggi illuminanti (uno per tutti: Il regalo di Natale. Storia di un’invenzione, di Martyne Perrot). Theodor Adorno scrisse a proposito: “La decadenza del dono si specchia nella penosa invenzione degli articoli da regalo, che presuppongono già che non si sappia che cosa regalare, perché, in realtà, non si ha nessuna voglia di farlo”. La regola con cui procediamo di solito secondo Adorno è questa: “Uno regala quello che gli piacerebbe per sé, ma di qualità leggermente inferiore”. È chiaro che al cospetto del dono siamo in guerra. Walter Benjamin ci offre un vademecum in un saggio del 1928, Cosa regalare a uno snob, che inizia così: “Fare un regalo a uno snob significa impegnarsi a una partita a poker. L’anima dello snobismo è infatti il bluff”. Il benestante arriva a mani vuote, o al più regala un oggetto simbolico. Il povero, fateci caso, si presenta a Natale in casa di altri con cornucopie di regalie, spesso lussuose in modo kitsch (“Credo che la volgarità - canzoni, cartoline, certi regali - sia essenziale alla sopravvivenza del Natale”, sempre Manganelli). Il povero sa che non è il pensiero che conta.

Secondo Benjamin c’è un modo per rispondere a questa disparità. Posto che sottrarsi a ogni occasione del genere è sempre la scelta più sana, “donare è un’arte pacifica. Ma nei confronti dello snob va tratta in maniera marziale”. Benjamin non si accontenta della versione agonistica del regalo, quella teorizzata da Marcell Mauss nel saggio sul dono: essendo un filosofo di prim’ordine, massimalizza il genio del povero: “Gli snob vanno provocati. Quanto più grande è il disprezzo con il quale usano ispezionare i regali natalizi tanto più superfluo dovrà essere il dono prescelto”. (Massimo della raffinatezza e della crudeltà: regalare allo snob Cosa regalare a uno snob).

In realtà, ancora oggi non ci scambiamo doni: offriamo dei regali alla morte. Il Natale è un alibi che ci diamo per credere ancora in qualcosa: in Un Natale di Maigret, Simenon costruisce il racconto attorno a una bambina che riceve una grande e costosa bambola da un ladro vestito da Babbo Natale, ed è un momento di puro incanto, di grazia umana e divina.

Scrisse Lévi-Strauss in Babbo Natale giustiziato: “Al fondo di noi veglia il desiderio che sia possibile una generosità senza limiti. I regali natalizi rimangono un sacrificio autentico alla dolcezza di vivere, la quale consiste innanzitutto nel non morire”.

venerdì 20 dicembre 2019

Tenue rigurgito



Sta passando di soppiatto, quasi senza alcun risentimento, la notizia del quorum raggiunto per dar vita al referendum costituzionale che al momento bloccherà la riduzione dei parlamentari, decisa dalla quattro votazioni tra Camera e Senato. Salvaguardia della specie al primo impatto. Ma dietro, per chi come me ha affrontato il corso "trame sghignazzanti" c'è ben di peggio, c'è lui e la sua compagnia di avanspettacolo. Perché il Bomba ha mandato avanti gli altri, gli amichetti della fattoria del Pregiudicato, senza sporcarsi le mani. Col suo 3% scarso ha tessuto la tela al fine di mantenere largo il parco buoi per aver più possibilità di rimanere dentro l'emiciclo. Lo ha supportato in questo il tanto detestato, a parole, Cazzaro Verde, in preda all'ennesima crisi d'identità. Alla luce del referendum quindi, si fa alta l'ipotesi di una crisi di governo, di un ennesimo ricorso alle urne per spodestare i pochi che ancora stanno tentando di migliorare ie regole, per tornare a farsi in santa pace gli affaracci propri. 
Il Grullo che sembra essere estraneo a tutto questo ne é il principale protagonista. Il pericolo di ridurre il numero di deputati e senatori avrebbe comportato la sparizione certa della compagnia teatrale a lui devota, capitanata dalla figlia del babbo etruriano. 
I giochi quindi sembrano fatti, a discapito della ciurma pentastellata guidata da un incapace smorzante tutto quanto di buono era in essa. 
Ciò che appariva impensabile è divenuto, probabilmente, realtà: un patto scellerato tra l'Innamorato Verdiniano e il Pifferaio Triste, catalizzante i futuri fuoriuscenti da Farsa Italia orami in mano a nessuno. Al momento, purtroppo non ci resta che pregare, sperando in un mondo migliore senza questi saltimbanchi della peggior specie.

martedì 17 dicembre 2019

Così pare


C'è un aspetto che agghiaccia nel panorama politico di questi giorni: il fatto che le cosiddette Sardine (mi fanno molto imbufalire i quesiti di molti decani politici al riguardo del tipo "cosa pensano le sardine?" - "come si schierano le sardine?" - "come si organizzano le sardine?" ... ma fatevi i cazzi vostri cialtroni che non siete altro e pensate ad ancorarvi ancora di più alla carega) rappresentino "la novità" a discapito dei Cinque Stelle che pare abbiano smarrito lo smalto di un tempo per abbracciare il tanto detestato, una volta, "politichese." 
Lo sprofondo dimaiano ne è la logica conseguenza: dopo aver abbandonato i capisaldi per far invaghire il Cazzaro Verde (mi continuo a fustigarmi interiormente per aver avallato l'orrido anno insieme a cotanto babbeo) la compagine pentastellata non è stata più in grado di fronteggiare l'attacco immondo dei peripatetici mediatici, dei soloni pronti ad intorbidire menti per raccattare qualche gettone di presenza, finendo per apparire più stolti ed inappropriati di quanto in realtà siano. 
Altro problema è l'incapacità di risvegliarsi del PD dopo l'abbandono della compagnia d'avanspettacolo capitanata dal Bomba che finalmente ha raggiunto i suoi veri lidi dal sapore molto centrodestrorso. 
Al solito s'avverte quindi una grande voglia di cambiamento, soprattutto nei giovani scampati al rimbambimento mediatico ad hoc profuso a larghe mani dal Nano Palpeggiatore Seriale, grazie alla sempre e per fortuna ancora valida "vaga idea di socialismo" (cit.)  
Dispiace che nessuno riesca ad incanalare tale sana inquietudine, immagazzinando aria culturalmente fresca in grado di sovvertire questa politica faccendiera. Il dolore s'accentua al pensiero che anche gli araldi dell'"uno vale uno" abbiano imboccato la dorata strada del "io son io e voi non siete un ca.." per colpa della guida politica di uno che prima o poi riprenderà cassetta per distribuire chinotti allo stadio.

lunedì 16 dicembre 2019

Centovent'anni di passione



Il compleanno di uno dei club più titolati al mondo, a cui appartiene la mia fede calcistica, permette di puntualizzare alcuni aspetti: se da una parte è vero che la migliore squadra è la propria, dall'altro tifare Milan è un'appartenenza speciale, molto speciale. 
Gli alti e bassi che hanno costellato i 120 dalla fondazione del club, sono la carta d'identità dei suoi tifosi. Dalla serie B al trono del mondo, dalle giocate del Cigno a quelle di Suso, da Gianni Rivera, il più grande di tutti senza ombra di dubbio, a quelle del turco che non voglio neppure nominare. Dall'incredibile epopea degli Invincibili al pareggio interno col Sassuolo. 
Gloria e mortificazione, spettacolo e vergognose esibizioni. Il Milan ha iniziato a brillare di luce propria nell'ultimo ventennio grazie al sacchismo, alla tenacia di Capello, al trio olandese con quel Van Basten che se non si fosse infortunato avrebbe oscurato persino Pelè e Maradona. 
Passione Milan, anche nei momenti bui come questo. Le Sette Sorelle in bacheca esplicitano più di ogni altro arzigogolare la maestosa potenza dei rossoneri. 
Le gioie irrefrenabili che la compagine ha saputo regalarci non potranno mai essere offuscate da momenti indecenti come il presente. 
La difesa più forte a memoria d'uomo, il Capitano, Paolino e Billy è il simbolo della durezza dell'appartenenza ai colori sociali. 
Essere del Milan è un onore, un piacere, un privilegio. 
Buon compleanno Campioni! Se ponete attenzione udirete il continuo rosicamento di molti che vorrebbero ma non possono. Se in quei tempi magici avessimo avuto con noi pure il Portoghese con il Cerchietto, avrebbe fatto panca. Il resto è confettismo per la miriade di asini raglianti alla luna. 
Vamos! 

Riapertura



Una buona notizia per i tanti appassionati sparsi nel globo: riapre oggi alle 12 “La Corveria” locale specializzato in topici momenti di fraternità finalizzati all’obiettivo comune, la lontananza dal J Stadium della Coppa con le Orecchie.
Appuntamento quindi alle 12. Per entrare è necessario l’abito nero e conoscere a menadito i nomi degli eroi moderni, a cominciare da Felix Magath. All’interno sono organizzati dei Punti d’Incontro, nei quali chiunque potrà dare il suo prezioso contributo. Alcuni titoli dei vari seminari:

“Come mai l’Impomatato col Cerchietto non ha più vinto un cazzo da quando è con i Gobbi?”

“Evidenza del fatto acclarato che da quando il Chiello è infortunato, le operazioni alla rotula si sono ridotte del 67%”

“Preferisci gioire già dagli ottavi o rischiare di arrivare alla sconfitta in semifinale per raggiungere l’estasi paradisiaca?”

“L’antipatia per Cuadrado è simile a quella che riservavi alla Triade?”

“Se viaggiassi in auto nella tundra a -11 gradi e incontrassi Pavel in bermuda oramai ibernato, ti fermeresti per caricarlo a bordo?” (l’eventuale “si” a questo quesito provocherebbe l’immediata espulsione dalla “Corveria”)

Appuntamento quindi a stasera e “Forza Tuttiglialtri!”

domenica 15 dicembre 2019

Paragoni



Che bello ascoltare uno che parla sulle difficoltà della banca Popolare di Bari, manifestando preoccupazione per i poveri correntisti, quando il suo partito ha fatto svanire 49 milioni di euro che rimborseranno in settant’anni! E come mai non ha addosso la divisa degli uscieri della Banca Popolare di Bari?

venerdì 13 dicembre 2019

Strenna




La più bella strenna di questo Natale è l'indifferenza al cicaleggiare alla Luna di questo futuro anonimo, del suo farfugliare di giustizia, di personaggi alla Aldo Moro, irraggiungibili in statura per un nano come lui. Di questo dire e non dire, per sviare, per attirare attenzione oramai svanita, del bisogno malsano di dover obbligatoriamente sfamare il suo ego infinito, alimentato in anni passati, e orribili, da ballismo sfrenato, da fregnacce distribuite ai quattro venti per surrogare la pochezza d'idee, arrivando fino a distruggere un patrimonio culturale tramandatoci da grandi uomini; dal quell'improvvido mescolamento di concetti, d'ingredienti di destra, una volta giustamente combattuti, amalgamati maldestramente ai capisaldi del pensiero una volta chiamato di sinistra (qualcuno ricorda la cancellazione dell'articolo 18, il famigerato jobs act?) 
Questo gracchiare alla Luna con condimento dei tanto detestati "Signori miei", provoca in molti commiserazione, in altri menefreghismo. In me tante risa, visto che il comico in questione è insuperabile, nel suo mestiere d'avanspettacolo! 
Jingle Bells!  

Risultato



Ha vinto, stravinto, grazie al concetto insito nelle loro cervici che li porta a pensare di essere loro il continente e noi una grande isola attorno alla loro unicità, con pollici, libbre e guida a sinistra accluse. Forti del patto con l’altro biondone ebbro di sè, che li privilegerà nei rapporti commerciali, questi albionici devoti ai Windsor, all’Eterna Arzilla, al Cavallo Silente, a breve lasceranno la casa comune per dar sfogo a quella eccentricità tramandata e rafforzata dai soprusi storici coloniali. Non sentiremo la mancanza del loro snobismo, dei parrucconi, delle regole arcaiche, del pacchiano innalzante l’ego britannico alla regale legge del “noi siamo noi e voi non siete un...”

Olé!


Quando odi al cell le mielose, dolcissime parole del tipo “per il cugino della nipote dello zio avrei pensato ad una saliera cilena intarsiata di lapislazzuli, che dici la prendo?” e tu, dissimulando una gioia alla Fabio Grosso post rigore ai galletti, dando una parvenza di titubanza, sommessamente le dici “mmmm si bello, direi di si, prendila!” e con una ola giamaicana defalchi il regalo riducendo l’inevitabile passione natalizia pregna di vetrine zeppe di chincaglierie, di saluti rituali alla “anche a te e famiglia”, di audizioni forzate d’illustrazioni dettagliate con tanto di gate di partenza, di vacanze fatte quasi solo per essere narrate quale status sfanculante, legittimante l’asfaltatura sociale, perno e nerbo dei tanti diversamente umani devoti al culto narcisistico della dea Striscialacartaoro.

giovedì 12 dicembre 2019

Vergogna pluridecennale



Cinquant’anni di vergogna, depistaggi, poteri forti, servizi deviati, terrore inglobante la democrazia e soprattutto fascismo, tanto, troppo fascismo.

lunedì 9 dicembre 2019

Effervescenze


Poliedricamente assurge attorno a noi il remake, a volte nostalgico o anche riducente ansie e timori, della preparazione alle feste, con da un lato tutti i rancorosi intimoriti di veder perdere impercettibilmente gioie, fittizie, e onori conquistati a prezzo soverchiamente acclarato sull'altro, vuoi il cameriere, il tappetino umano che tutti loro hanno, a volte miseramente pagato in nero, o la colf sfiancata nei valori, o lo sguattero di loro corte, il parcheggiatore, il lacchè svuotato dai propri affetti, la stiratrice non conoscente la parola "festa", il tapino respirante pronto ad arieggiare la terza, quarta, quinta casa per la gioia di lor signori e dei loro riti pagani attorno alla fine d'anno. 
Sdoganato come abbiamo la schiavitù non ci curiamo più del fatto di come essa continui a ribaldeggiare attorno a noi normali, molto spesso soverchiati dal rimbambimento generale. 
Mi sconquassa l'umore avvertire questa sauna di amplessi rituali, le partenze per cari lidi, il riscaldamento già in atto di case innevate, frutto del prodigarsi di molti agilissimi nella corsa all'accaparramento insalubre sui resti, briciole, di ciò che dovrebbe essere di tutti. 
Sgomitano, superano sulla destra, percuotono pur di esserci, di merrychristmasteggiare alla faccia dei più, di dissimulare menefreghismo in pulizia di facciate, imbiancando sepolcri, senza ragione, senza virtù né remore. 
Un altro Natale s'avventa per evidenziare storture, tra canti e strenne. Non ne posso più di sottostare a cotanto giogo consumante regole una volta caposaldo della dignità d'ognuno! 
Non è invidia. E' partecipazione ai dolori di molti a cui stanno togliendo e toglieranno tra un jingle bells e l'altro, la dignità propria di ciascun vivente, immersi in quel becero buonismo figlio di questa era cannibalizzante i tesori dello stare insieme.       

Terminologia



Non ti dimenticheremo!




domenica 8 dicembre 2019

Travaglio jingle bells!


domenica 08/12/2019
Carta di discredito

di Marco Travaglio

Avevano scritto che il governo giallo-rosa stava cadendo; invece non è caduto manco stavolta. Avevano scritto che Conte non dormiva la notte perché stava per essere smentito dal mitico “rapporto Barr” sulle fondamentali informazioni top secret sul Russiagate spifferate sottobanco dai nostri 007 a Trump in cambio del tweet pro “Giuseppi”; invece al momento non risultano smentite, semmai conferme alla sua versione (zero notizie a Barr). Avevano scritto che il premier, in una delle notti insonni di cui sopra, aveva firmato il Mes di nascosto dal Parlamento e da Salvini; invece si è scoperto che non aveva firmato nulla e tutto ciò che aveva fatto l’aveva comunicato a Salvini tra gli applausi e i silenzi dei leghisti. Avevano scritto che Di Maio era pronto a rovesciare il governo per tornare con Salvini; invece non l’ha fatto. Avevano scritto che nei 5Stelle era pronta una scissione, uno scisma, un esodo, una fuga di massa di 70, anzi 50, anzi 17, anzi 12, anzi 10, anzi 5 parlamentari contrari alla linea troppo filo-Pd, anzi troppo filo-Lega di Di Maio; invece per ora non se n’è andato nessuno. Avevano scritto che Conte stava per essere incastrato dalle carte delle Iene sulle sue parcelle a mezzadria col suo esaminatore Guido Alpa; invece Conte ha incastrato le Iene sulle loro stesse carte. Avevano scritto che il premier stava per cadere sul parere legale fornito a Fiber 4.0 poco prima di diventare premier e di decidere su Fiber 4.0 in pieno conflitto d’interessi; invece si è scoperto che decise tutto Salvini (a sua insaputa).

Avevano scritto che il governo non sarebbe mai sopravvissuto alla legge di Bilancio, per via dei 5 mila emendamenti, di cui 1700 presentati dalla maggioranza; invece ogni anno gli emendamenti sono altrettanti e tutti i governi vi sopravvivono, incluso l’attuale. Avevano scritto di una finanziaria “tutta tasse”; invece non solo ha sventato l’aumento da 23 miliardi dell’Iva e ridotto un po’ le imposte sui lavoratori, ma ha pure eliminato o rinviato le microtasse sulla plastica (male), gli zuccheri (male) e le auto aziendali (bene). Avevano scritto che l’emergenza rifiuti a Roma è colpa della sindaca Raggi che non ha trovato nuovi impianti di smaltimento; invece la Commissione europea ha messo in mora la giunta Zingaretti minacciando nuove procedure d’infrazione perché gl’impianti sono competenza delle Regioni, non dei Comuni, e la giunta Zingaretti ha poltrito dal 2013, quando fu chiusa Malagrotta (la discarica più grande d’Europa), riuscendo a non varare mai il Piano rifiuti con i nuovi impianti per ben sette anni, fino a tre giorni fa.

Avevano scritto che mai la blocca-prescrizione sarebbe scattata il 1° gennaio 2020, sennò l’Italia sarebbe precipitata dalla civiltà alla barbarie; invece si è scoperto che nella barbarie abbiamo vissuto finora, con 120 mila processi prescritti all’anno (un decimo della media Ue) e – salvo sorprese – la blocca-prescrizione andrà regolarmente a regime a Capodanno, per la gioia delle vittime e dei migliori magistrati e per la rabbia dei delinquenti e dei loro difensori. Avevano scritto che mai il governo giallo-rosa avrebbe osato varare le manette agli evasori, perché – signora mia – in trent’anni non c’è riuscito nessuno; invece le manette agli evasori (pene più alte, soglie di impunità più basse, intercettazioni e confische più facili, responsabilità penale anche per le imprese) sono nel decreto Fiscale del governo giallo-rosa. Avevano scritto che il Conte2 è “senz’anima” e non sta cambiando nulla, quindi era molto meglio votare; invece qualcosa sta cambiando, come dimostrano i dati Inps sulla povertà assoluta ridotta del 59-60% dal Reddito di cittadinanza, quelli del Viminale sull’aumento dei clandestini espulsi (ora abbiamo persino un ministro dell’Interno), gli elogi del “Greco” (l’Anticorruzione del Consiglio d’Europa) alla legge Spazzacorrotti e il fatto che un anno fa parlavamo di navi di migranti, spread alle stelle, infrazione Ue, Flat Tax, condoni fiscali, e ora non più.

Avevano scritto che il governo giallo-rosa fa il gioco dei due Matteo; invece Renzi boccheggia attorno al 3-4% nei sondaggi e si contende la maglia nera col neonato partito di Calenda, abbaia ma non morde, minaccia ma non rompe (a parte le palle), inseguito dalla Guardia di Finanza e spaventato dall’idea di votare e non superare neppure la soglia di sbarramento; e Salvini è talmente tonico che cala nei sondaggi (a giugno era sul 40%, ora sul 31, malgrado gli sforzi di destra, centro e sinistra per gonfiargli le vele), regala punti alla Meloni, millanta messaggi dalla Madonna di Medjugorije (non si sa se via Whatsapp o nella posta privata di Facebook), mangia Nutella a favore di telecamera poi la scomunica poi la ridivora in poche ore, combatte il Mes senza sapere cosa sia, debutta su TikTok con imbarazzanti piegamenti a suon di musica collezionando commenti spernacchianti, prende sberle da Conte ogni volta che si affaccia in Senato, appena sbarca in una città trova piazze piene, ma di Sardine, non di leghisti, ed è così terrorizzato dalla prospettiva di altri tre anni di opposizione da chiedere aiuto a Renzi e Verdini, noti portafortuna. Avevano scritto (gli opposti cazzari leghisti e antileghisti) che la legge Salvini sulla legittima difesa avrebbe trasformato l’Italia in un Far West fascista, dando licenza di uccidere i ladri e legando le mani ai pm; invece il custode di una villa del Bolognese è stato appena indagato per omicidio preterintenzionale per avere sparato alle spalle a un ladro, proprio come avveniva prima della strombazzatissima e inutilissima schiforma. Avevano scritto che il primo problema d’Italia è la politica; invece si scopre che è il secondo: il primo è l’informazione.

sabato 7 dicembre 2019

Passo falso



La "Zebedei Associati" al servizio di sua Bassezza, dopo aver agevolato nel vuoto mediatico il messaggio boicottante il nettare degli dei piemontese, per colpa delle nocciole turche, vista la rivolta anche dei propri sudditi fakenologi, ha subitaneamente retromarciato e, peripateticamente al solito, sconquassato la verità con questo post, dove sua Bassezza, al quale è stato consigliato tale posa, ha mescolato gli affetti, l'infanzia, il saporoso, al fine di ricercare il consenso dei babbani a lui pii devoti. 
Questo buonismo revisionista, questa squallida e merceologica strenna al servizio di probabili diversamente pensanti, è il nettare, l'essenza di quanto la "Zebedei Associati", giovani stipendiati per stravolgere le regole e il buonsenso, abbacini nei vuoti a perdere, per il trionfo prossimo venturo. 
Ci aspettiamo di vedere prossimamente sua Bassezza al servizio di questi peripatetici tecnologici, sul cammello assieme ai Re Magi, nella grotta del Nascituro da lui tante volte alterato nel messaggio e che solo il ruinismo che gli è compagno riesce ancora a far apprezzare; lo immaginiamo a giorni aiutare qualcuno, abbracciare sofferenti, agevolare iniziative bislacche tipiche di chi si ripulisce coscienza e garretti scodellando brodi caldi in prossimità delle feste natalizie, attore di quel buonismo celante il nulla, urticante il libero pensiero, sfanculante regole in sinapsi. Questa marionetta in mano alla fakelogia applicata, e pagata, è il segno di questi tempi dove il politichese non solo non trasmette più nulla, ma smerda come non mai la realtà in virtù del rimbambimento profuso a piene mani fin dall'Era del Puttanesimo di cui il poveretto costituiva parte integrante. 
Rosari, presepi, stravolgimento di cattolicesimo. E' quello che ci resta e che dobbiamo sorbirci, grazie alla "Zebedei Associati" lautamente finanziata da mercanti del nulla di cui sua Bassezza in foto ne è il principale approfittatore.    

Dimmi


Senofonte, Senofonte! Dimmi quale ora intrinseca, scompigliante il tutto, s’arena nei miei ghiacciai, come il vate trasformerà me stesso nel diluvio pregiudiziale! 
Senofonte prendimi per mano e trasportami lassù dove s’odono i rimpianti, dove l’ardire non si confonde con l’eccesso! Cogli quel poco di vitale, di univoco, sparigliante l’effimero, il gretto, la parusia, l’avvento di un nuovo inizio, il soffermarsi su eventi, storture, lancinanti aneddoti tramandati ora che più non ci scuotiamo dinnanzi al pericolo della glaciazione delle idee. 
Senofonte insufflami quel quid in grado di sconvolgermi, attorcigliarmi su me stesso, ancora, ancora! Abbraccio la retorica per sfangare la sopravvivenza, l’opportunismo, la sperequazione culturale, l'inetto revisionismo, il gelo dell’ignavia. Possa il fiume della vita permettermi di accovacciarmi alle sue sponde, gustandone beltà e virtù!

venerdì 6 dicembre 2019

Scempio


Fa ancora, per fortuna, effetto vedere uno stipendiato da un pagatore seriale di tangenti alla mafia mentre parla di diritti, di doveri, di politica. Ieri sera infatti nel tempio del gruberismo, lo stipendiato pelato direttore di un compendio di inesattezze seriali chiamato “il Giornale” ha trovato indecoroso coraggio per puntalizzare, arzigogolare attorno al giovane Santori rappresentante il movimento appena sorto noto come “Sardine”.
Dove volete andare, cosa ne pensate dei grandi problemi nazionali quali Ilva, come pensate di organizzarvi etc.
Siamo sempre al solito punto: il rimbambimento generale causato da anni di Puttanesimo e Ballismo ostacola la riaccensione della ragione, lasciando la facoltà di ragionamento e pensiero nelle mani, nelle menti dei soliti noti, proni ai voleri dei signori del Mefitico, dell’arroganza, del travisamento della realtà, per il bene e la preservazione dell’inamovibilità di casta.

mercoledì 4 dicembre 2019

Bleah!



Mai mi sono permesso di commentare una vicenda tanto oscura come quella di Bibbiano dove necessariamente la magistratura dovrà fare il suo corso. Vedere però questo cavalcatore di aria fritta, contornato da immagini sacre quasi fosse il priore di sta ceppa, mi rivolta lo stomaco, mi attanaglia le interiora, m’infervora oltremodo. Lo squallore di questi personaggetto (cit.) è direttamente proporzionale al declivio culturale di una nazione come la nostra che pare aver già dimenticato, liofilizzato, miniaturizzato il fatto che codesto pio fantoccio per molti anni si è inchinato col suo partito ai voleri dello zar nell’Era del Puttanesimo. E ho detto tutto! (cit.)

Di che meravigliarsi?



Ninnoli



Ogniqualvolta Babbo Apple sforna rennaticamente una gioia per il cuore, vinco le torbide suggestioni del portafoglio e m’addentro nei luccichii tecnologici che solo la stirpe di Steve riesce ad insufflarmi. I nuovi AirPods sgomentano e stordiscono le sinapsi tanto sfiorata è la perfezione. Riesci infatti ad isolarti, a zittire i rumori esterni compresi quelli dei rompicoglioni, la musica ti arriva in modalità attizzacuore; per fare una telefonata hanno deciso di annientare l’obsoleto, vulgo il battito sull’auricolare: è sufficiente dire “ehi Siri” soffusamente, impercettibilmente, e la signorina appleiana non ti risponde nel classico “dimmi” ma con un fantasmagorico “mm mm!”
Insomma, l’ennesimo jingle bells della più bella mela dell’albero della conoscenza. Ops!

martedì 3 dicembre 2019

Dalle nostre parti



Chiudere una galleria del raccordo a dicembre è un grande segno di lungimiranza, come se nella stanza dei bottoni ci fosse un Rubbia, una Gianotti, un Albert dei nostri giorni, che sicuramente avrà chiesto una consulenza tecnica al genio indiscusso dell’organizzazione cantieristica mondiale, il premio Nobel dei salti di corsia, il Da Vinci della cartellonistica segnalante restringimenti, si proprio lui, monsieur Cisa, al quale auguro il solito cagotto nel meriggio natalizio!

lunedì 2 dicembre 2019

È lui o non è lui?



Vedere il Libanese nel ruolo di Savonarola nella terza serie dei Medici non ha prezzo! M’aspetto da un momento all’altro che guardi qualcuno con lo sguardo da criminale dicendogli “Aò ma che cazzo sta’ addì! Paga la stecca e nun ce rompere li cojoni!”


Ancora tu!




Babbeismo smodato


Leggendo l'inchiesta sul Fatto Quotidiano circa le grandi, colossali ruberie dei cosiddetti colletti bianchi, oltre al voltastomaco m'assale un senso di impotenza, un mix di agghiacciante consapevolezza di essere, un babbeo certificato della miglior specie! 

In tutti questi anni, nei lontani periodi in cui la macchina mefitica ha portato alla ribalta i cosiddetti "Signori della Finanza", sono stato glacialmente immobile, sovrastato dalle incensazioni che peripatetici adornati di penna hanno dedicato a codesto ciarpame normalizzato dalla nostra, mi metto in prima fila, assuefazione mentale. 

Alitalia, Autostrade, Telecom. 
Tre nomi, tre panorami dove è avvenuto un brigantaggio senza confini, impunito, agevolato dalla politica di merda, ossequiosa, miagolante, protesa a raccogliere briciole, meglio bricioloni, senza alcuna dignità, senso di appartenenza allo stato, decoro professionale. 
Alitalia dai tempi della Balena Bianca era un coacervo di voti, di preferenze, di consensi e le assunzioni fioccavano sfanculando bilanci, controlli, alla faccia del disavanzo. Poi arrivarono gli osannati dai media e vendettero, svendettero, rotte dorate per qualche ninnolo in più, contribuendo all'affossamento colossale di un cammeo nazionale. 

Autostrade venne messa in mano alla Famiglia ben nota, con contratti capestro, per il bene pubblico, e quelli sulla tolda a quel tempo, c'era naturalmente pure il Puttaniere, svendettero in nome del ritorno, un bene di tutti, facendo guadagnare i soliti noti. 

Telecom: era un gioiello, un vanto nazionale, un'azienda di cui andar fieri nel mondo. 

Invece, ecco dove nasce la consapevolezza di essere un altisonante babbeo, abbiamo lasciato che c'inculcassero l'idea che i ladri fossero quelli con la fiamma ossidrica in mano, quelli con il volto coperto all'interno di una banca, dimenticando ahimè che i veri briganti fossero coloro che in pompa magna adulavamo sullo schermo, trepidando per le loro intrepide azioni finanziarie.
Invece comprarono con i soldi delle banche, non rischiando nulla, spolpando, dissanguando gioielli appartenenti a tutti noi.  
Telecom ad esempio quando fu acquistata da Colaninno per 30 miliardi, vide il proprio disavanzo aumentare da 8 a 38 miliardi, la spesa per gli interessi aumentare dai 700 milioni di allora a 3 miliardi per poi arrivare nel 2015 a ben 5 miliardi! 

In 18 anni le banche hanno succhiato a Telecom ben 60 miliardi di interessi. Capite lo scempio? 
Ma al peggio non c'è mai fine: nel 1998 Telecom aveva 130mila dipendenti ed un fatturato di 30 miliardi. Oggi ci sono 54mila assunti e 18 miliardi di ricavi. 
Quante banche dovrebbero svaligiare quelli che attualmente definiamo ladri per stare al passo di "lor signori"? 
Nel 2001 Colaninno vende a Tronchetti Provera, scusate tracanno il Maalox, il quale, una volta acquistatala, vende alla sua Pirelli i pochi immobili rimasti, completando l'alibabata. 
Oltre allo scempio di qui sopra, i cosiddetti top manager, facciamo i nomi dai! Colaninno, Enrico Bondi, il Tronchetto della felicità, sua, Riccardo Ruggiero, Carlo Buora, Bernabè, Marco Patuano, Giuseppe Recchi, Amos Genish, Arnaud de Puyfontaine, Fulvio Conti, Luigi Gubitosi, si sono cuccati la bellezza di 20 miliardi, venti miliardi porcaccia miseria! che sommati ai 60 degli interessi hanno composto la cifra di 80 miliardi che, indovina indovinello, chi ha pagato? Noi, li abbiamo pagati noi, i soliti immarcescibili babbani, i proni a questa normalità sbertucciante regole, deontologia, visione d'appartenenza ad uno stato. E mentre questa ciurma si annaffiava il portafogli, i dipendenti erano obbligati a sottostare a contratti di solidarietà, rinunciando a fette importanti di stipendio! 
Capite in che cazzo di era viviamo? 
Un piccolo bignami: società serie, ricche spolpate da pochi che smembrano ogni cosa per proprio tornaconto. Riduzione di personale, tagliatori di teste al settimo cielo, stipendi inverecondi a manager che non vorrei neppure a gestire il fondo cassa di un circolo ricreativo, sofferenze per i dipendenti e disfacimento totale di ogni beltà, appassimento di fiori all'occhiello. 
Senza ritegno, senza pudore. 
E poi dicono che Marx era un sognatore. Ma vaffanculo, và! 

Botta e risposta




domenica 1 dicembre 2019

Effettivamente...




Considerazioni




Beeep!




Proprio ora che sto leggendo a puntate un'inchiesta del Fatto Quotidiano sulle grande sciagure economiche che hanno attanagliato questo povero paese negli ultimi decenni, ecco arrivare una somma e gigantesca presa per il culo dal sommo signore del beep autostradale, Luciano Benetton.
Una lettera scritta la Secolo XIX in stile fanciullesco, con spunti commoventi al punto che mi sono fatto tre-quattro volte la tratta autostradale La Spezia-Sarzana per contribuire alla causa! 
"Eppure serve chiarezza su un grande equivoco, scrive Beep Telepass Luciano, perché nessun componente della famiglia ha mai gestito Autostrade: siamo azionisti al 30% di Atlantia (solo a pronunciare questo nome partono i nitriti di terrore alla frau Blucker... Atlantia! Hiiiiiiii) che controlla Autostrade. E Atlantia (hiiiii) ha il 70% di azionisti terzi nazionali ed internazionali che nulla hanno a che vedere con i Benetton." 
Altro passo della lacrimevole: "Le notizie su omessi controlli, sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l'opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa."
E qui per compartecipare lo strazio sono pronto ad andare a Bolzano e ritornare in giornata con due beep che possano servire a lenire questa inquietudine familiare trevigiana! 
E infine il capolavoro, il solito: "Ho la responsabilità di aver avallato un management che si è dimostrato non idoneo, un management che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto (scomparso... capito?) che per come era abituato a lavorare, di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell'azienda davanti a qualunque altro obbiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture." 
Quindi la Famiglia era solo un'azionista normale ma ha scelto il management... e per di più il fratello scomparso...
Ora mi verrebbe da dire: ma al management, ai vari Castellucci ucci ucci, chi da le direttive, chi, ad esempio, dice "non me ne frega un cazzo di niente, voglio solo aumentare guadagni, voglio tirar fuori centinaia di milioni all'anno?"
Chi è che depenna le spese, le manutenzioni per far lievitare gli introiti?
Già che ci siamo: lo sa egregio sig Luciano che nei suoi autogrill si vendono brioche di plastica, annerite, pigolanti quando le schiacci, di un colore giallo simile al cappello della signora dei Rocher e del suo autista Ambrogio, alla modica cifra di 1,30, ma se la vuoi ripiena ai mirtilli 1,50 e poi c'è il cappuccino medio e quello grande, che sarebbe normale, e che viene venduto al prezzo attuale degli smeraldi?
Anche in questo caso ha il management alla "cazzo&campana" oppure il diktat è il medesimo, lucrare-lucrare-lucrare?
Via dott. Luciano! Non ci prenda per il culo! (tralascio per non star male di stomaco, la faccenda della festa a Cortina con tutti voi, fatta ugualmente nel giorno della tragedia del Morandi)
Beeep!

sabato 30 novembre 2019

Tristezze



Marracash, Ultimo penultimo, Modà, il Volo, Fabri Fibra, poi Mahmood e altra paccottaglia variegata: ascoltate! Esattamente quarant’anni fa il cielo si squarciò lasciando atterrare il nettare degli dei liofilizzato e custodito all’interno di questo disco immortale, per tracciare linee guida, ahimè inascoltate, lontane anni luce dai mielismi, dai rumori simili a martelli pneumatici attuali, avviluppanti coclee oramai allo sbando. Sob!

venerdì 29 novembre 2019

Il Giornalista


Le querele rignanesi gli fanno un baffo più di una prolusione sulla buona politica dell’Etruriana

venerdì 29/11/2019
Depositi&prestiti

di Marco Travaglio

Non essendoci lasciati intimidire dal trio B.-Previti-Dell’Utri e neppure da Salvini, specializzati in querele e cause per danni a raffica, figuratevi se ci spaventa la loro controfigura parodistica e farsesca, al secolo Matteo Renzi. Da qualche giorno le nostre buche delle lettere – la mia e quella del Fatto - sono intasate di atti di citazione a mazzi, anzi a strascico firmati da questo pover’uomo, che ci accusa di diffamarlo e ledere la sua presunta onorabilità perché ci ostiniamo a raccontare le sue imprese. Politiche e soprattutto affaristiche, visto che non si capisce più che mestiere faccia. Con tutto quel che avrebbe da fare con i compari di Open e di Eyu inseguiti dalle Procure e dalla Finanza, trova il tempo di annunciare di averci chiesto “poco meno di un milione di danni”, col simpatico hashtag “colpo su colpo”, degno di un bullo di Ostia più che di un senatore di Scandicci. Poi, per cambiare un po’, ha pure minacciato una querela penale perché ieri ho scritto di un aiutino del “governo Renzi” nel 2017 al gruppo Toto, che poi finanziò Open: la svista era evidente e l’avrei rettificata spontaneamente, ben sapendo che nel 2017 il governo era presieduto da Gentiloni. Ma il nome del premier non sposta di un millimetro la questione. Di quel governo, Renzi fu l’artefice e il dominus: avendo giurato l’addio alla politica, era rimasto segretario del Pd, partito di stra-maggioranza, e aveva piazzato tutti i suoi uomini nei posti-chiave, da Gentiloni alla Boschi, da Delrio a Lotti, dalla Madia a De Vincenti, da Padoan a Calenda, dalla Bellanova a Faraone, da Scalfarotto a Migliore. Dunque, ammesso e non concesso che Toto volesse ricambiare il favore finanziando Open, non avrebbe sbagliato indirizzo.

In ogni caso, in veste di querelati e denunciati, siamo in buona compagnia: il disperato sta trascinando in tribunale tutti quelli che osano parlare di lui senza leccargli l’epa e la pappagorgia. Affinchè smettano anche loro, come già fanno spontaneamente i giornaloni che da due giorni nascondono lo scandalo Open con titolini invisibili in prima pagina, perlopiù dedicati non ai fatti oggetto dell’inchiesta, ma alle farneticazioni del rignanese. Il quale è talmente disabituato alla critica e persino alla satira che ha denunciato persino Crozza, per dire quanto è lucido e sereno. Se ci avesse chiesto un consiglio, gli avremmo suggerito di lasciar perdere i tribunali. Sia perché quelli come lui dovrebbero starne alla larga. Sia perché un laureato in legge dovrebbe conoscere la differenza fra uno sbaglio innocuo o una parodia di Crozza e un reato di diffamazione.

Sia perché fare causa a chi dice la verità porta sfiga: si rischia di perdere (Salvini), ma pure di finire in galera (Previti e Dell’Utri) o ai servizi sociali (B.). In ogni caso, se il poveretto si diverte così, faccia pure: casomai la sua pesca a strascico nelle nostre tasche gli portasse davvero “parecchi soldini”, almeno di quelli si conoscerebbe la provenienza. Resta invece da spiegare dove abbia preso tutti gli altri: quelli che gli hanno consentito di passare da un misero conto in banca con 15mila euro (fu lui a esibirne l’estratto a Matrix nel gennaio 2018) all’acquisto in giugno di una villa da 1,3 milioni e di totalizzare – lo dice lui – 800mila euro di entrate l’anno scorso e 1 milione quest’anno. Ai primi del 2018 la sua carriera di conferenziere-globetrotter (pagato non si sa bene da chi né come: c’è persino una misteriosa associazione intestata all’incolpevole Giovanni Spadolini) era appena agli inizi. Lo stipendio da parlamentare scattò solo dall’aprile 2018 (non più di 400 mila euro lordi l’anno, comunque). E i libri e i documentari tv -per quanto geniali come i suoi - non portano guadagni milionari, salvo che ci si chiami Camilleri o Angela.
Dunque attendiamo fiduciosi la lista dei bonifici con relativi donatori. Ma con tutti i processi che sta innescando con le sue mani, non mancherà occasione. Tantopiù che oltre la metà del costo della villa, 700mila euro su 1,3 milioni, gliel’anticipò la generosa madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli, che lui aveva nominato a Cassa Depositi e Prestiti e naturalmente finanziava Open. Un prestito - dice Renzi - che lui restituì nel giro di quattro mesi. Cioè fra giugno e ottobre di quell’anno d’oro che è stato per lui il 2018: l’anno in cui, mentre completava nelle urne la distruzione della sinistra italiana, ingrassava il suo conto corrente da 15mila a 800 mila euro in pochi mesi. Non sono questioni penali, almeno per lui e per ora. Ma politiche, etiche, deontologiche. Un politico che da premier nomina un imprenditore a un incarico pubblico (Cdp) non dovrebbe accettare un euro di finanziamento al suo partito o alla sua fondazione, né tantomeno chiedergli un prestito per la sua villa. Altrimenti, come minimo, è conflitto d’interessi e, come massimo, corruzione. Per informazioni, rivolgersi a Raffaele Marra, arrestato quand’era capo del Personale della giunta Raggi e condannato in primo grado per corruzione perché, ai tempi di Alemanno, si era fatto dare soldi per una casa dal costruttore Scarpellini, senza peraltro dargli nulla in cambio. Vedremo se la legge è uguale per tutti. Le indagini dell’Antiriciclaggio sono appena partite. Nell’attesa, siccome Renzi conferma il mega-prestito alla famiglia del suo nominato, e ne ha pure ricevuto un altro da 20mila euro da Marco Carrai che colleziona incarichi pubblici nella Firenze renziana, dovrebbe spiegare se li ritenga conformi all’art. 57 della Costituzione: “…I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore…”. Ma forse ha solo equivocato il significato di Cassa Depositi e Prestiti. I prestiti li abbiamo visti: attendiamo notizie sulla cassa e i depositi.

Joycelandia


Non ho mai letto Ulisse di Joyce, non ho mai letto nulla per la pienezza. Sono affascinato, da sempre, verso coloro che sanno leggere, che ruminano costantemente, celermente, senza che Morfeo disturbi la loro arte dell'apprendere, del meravigliarsi davanti a cotanta bellezza insita in romanzi, saggistica, storia, geografia e tutto quanto fa spettacolo nell'intimo. 
Il romanzo modernista m'affascina con la sua assenza di punteggiatura, l'apparente illogicità della scrittura, i pensieri trasportati senza alcuna evidente corrispondenza tra loro. Come nella Recerche l'importanza della narrazione funge da paravento alla vera azione del racconto: sconquassare l'io, permettere ai sonnecchianti e nascosti vagiti di sé stessi di emergere dallo sciabordio inconcludente della propria irrazionalità. 
Senza briglie ognuno di noi sarebbe in grado di trasporre su carta i tesori nascosti, tesori indifferenti a molti, le nefandezze recondite urticanti, le favole che il più delle volte trasformiamo in realtà, per modificarla tanto appare bastarda. 
Mentre scrivo altri pensieri si affollano, comparendo e svanendo ad intermittenza, di default tendo a mantenere un apparente senso alla mia misera scrittura. 
A volte è un bene, altre no. I segnali di fumo nascosti dall'ego normalmente tendiamo a non considerarli. Rappresentano invece una ricchezza, una degustazione, il nettare, il baluardo contro l'ovvietà. E l'ovvietà cercherò di non trasmettervela più. Ammesso che siate d'accordo.  

giovedì 28 novembre 2019

Non dimenticatelo!


O certo! Domani è il Black Friday, come dimenticarlo? Quelli dell’”autentica qualità” mi stanno martoriando gli zebedei da tempo immemore, e piuttosto che prendergli un divano mi siederei su un trespolo oliato, ogni minuto poi sulle radio mi trattano indegnamente, meravigliandosi che già  non esca imbacuccato per attendere l’apertura degli store! Ma che fai lì, minorato? Come, non sei ancora pronto per il Black Friday? Saettano le fruste nei galattici spazi sconfinati degli evasori globali 2.0 alla Bezos, che dobbiamo necessariamente agevolare avendo perso la corona del più ricco del pianeta per mano del Filantropo alla finestra, anzi on the Windows, tutto impegnato ad azioni caritatevoli, per carità certe volte pure apprezzabili, ma saldamente al comando nella hit dei più voraci. Il Regno del Biondo Malvagio con consorte ultragnocca quindi ci ha propinato due eventi sociali iniettanti la bramosia dell’apparire, la notte del “scherzetto o dolcetto” e la finta elargizione del capitalismo nel Venerdì Nero, in realtà un camuffato Sbaracco che accompagnerà a sera molti di noi a presentarsi in solitudine davanti al “tesssoro” appena conquistato con una puntina di sofferenza dettata dall’acclarata inutilità e soprattutto dalla probabile e sospetta aria obsoleta del ninnolo. 
Black Friday, venerdì nero: una riabilitazione culturale trasformante un disastro borsistico devastante la finanza mondiale nel secolo scorso, in un’occasione pacchiana per l’ennesimo sacrificio da deporre sull’altare del dio Shopping. A quando una “Notte dei Cristalli” per ringalluzzire vetrai e cesellatori?

Peccato!




Sotto certi aspetti devo ammettere che un po’ mi dispiace...

giovedì 28/11/2019
Natale ad Hammamet

di Marco Travaglio

Sullo scandalo Open si leggono così tante scemenze, fra l’altro copiate da B. senza pagargli i diritti d’autore, che è meglio mettere qualche puntino sulle i.

“Mi scuso con le persone perbene perquisite perché colpevoli di contribuire in modo onesto alla politica. Subiscono la gogna mediatica pur avendo seguito le regole con la massima trasparenza” (Matteo Renzi). Gli imprenditori in questione non sono stati perquisiti per la loro “onestà” e “trasparenza”, ma perché sospettati di aver finanziato la fondazione renziana Open dal 2012 al 2018, cioè dall’inizio della scalata al Pd fino all’ultima débâcle elettorale, aggirando la legge sul finanziamento privato ai partiti. Come? Pagando una fondazione anziché un partito o suoi eletti. Con due possibili finalità, tutt’altro che incompatibili fra loro: non far sapere di foraggiare Renzi (possibili illecito finanziamento e appropriazione indebita, anche tramite false fatture) e ricevere favori dal suo governo e/o partito (possibile traffico d’influenze).

“Non si può abolire il sostegno pubblico ai partiti e poi demonizzare quello privato” (Matteo Orfini, deputato Pd). Il finanziamento pubblico fu abolito dagli italiani nel referendum del ’93, truffaldinamente riesumato sotto le mentite spoglie del “rimborso elettorale” e riabrogato nella forma diretta dal governo Letta nel 2014 anche col voto di Orfini. Ma il “sostegno privato” è sempre stato lecito, solo che qui non c’entra una mazza: i soldi arrivavano a una fondazione, cioè a una società privata messa su da politici e pubblici ufficiali come Renzi, Boschi, Lotti, Bianchi, Carrai & C. che nascondeva i donatori con la scusa della privacy. La legge consente a qualunque imprenditore di dare soldi a partiti e a politici, purché: il donatore li registri a bilancio (altrimenti è appropriazione indebita, falso in bilancio e frode fiscale); il percettore li dichiari nel registro parlamentare (se no è illecito finanziamento); il contributo sia gratuito e disinteressato (in caso contrario, anche se dichiarato, è corruzione). E qui risultano finanziamenti da Toto (beneficato dal governo Renzi nel 2017 con l’abbuono di 121 milioni per la concessione delle Autostrade dei Parchi). Ma non solo: l’altra fondazione renziana Eyu era finanziata da Msc Crociere (che sotto il governo Renzi firmò un contratto da 2,1 miliardi con Fincantieri e di cui Renzi scarrozzò il top manager Pierfrancesco Vigo nella visita ufficiale a Cuba); da Lottomatica (altri aiutini dal governo Renzi); da Google (devota a Renzi che fece saltare la Web tax voluta da Letta); ecc. Tutte coincidenze?

“Nel 2018 ho guadagnato 830 mila euro. Nel 2019 saranno più di 1 milione. Dovendo effettuare un anticipo bancario (per la sua nuova villa sulle colline fiorentine, ndr) ho fatto una scrittura privata con un prestito concesso e restituito in 4 mesi”. Intanto siamo curiosi di sapere chi gli ha dato quel milione. E poi l’autore del prestito di ben 700 mila euro, per una villa pagata 1,3 milioni, è l’anziana madre di Riccardo Maestrelli, imprenditore che Renzi nominò a Cassa Depositi e Prestiti nel 2015 e finanziava Open. Farsi pagare da chi si è nominato a cariche pubbliche è inelegante. Come minimo, è conflitto d’interessi.

“Chi decide come si fonda un partito? La politica o la magistratura? Colpisce il silenzio di commentatori” (Renzi). Sì, colpisce, ma nel senso opposto: Renzi dovrebbe ringraziarli, i commentatori silenti. Quando finì sotto inchiesta la Raggi, per fatti infinitamente più lievi di questi, tutti i giornali ci aprirono le prime pagine. Come quando le Iene scoprirono una baracca abusiva e una carriola abbandonata del padre di Di Maio. O quando il Corriere partì in quarta contro l’ex ministra Trenta perché occupa lecitamente (fino al 5 dicembre) un appartamento dell’Esercito. Invece ieri le prime pagine dei giornaloni si tenevano ben alla larga dal mega-scandalo Open. I pm comunque non “decidono come si fonda un partito”, anche perché indagano su una sigla chiusa prima che Renzi fondasse Iv, ma aperta mentre affondava il Pd. Si accontentano di accertare perché tanti imprenditori riempirono le casse di Open con 6 milioni in 6 anni e dove finirono i soldi, mentre il Pd era in bolletta, licenziava i dipendenti, chiudeva le sedi e pure l’Unità. Come il Psi di Craxi nell’immortale definizione di Formica: “Il convento è povero, ma i frati sono ricchi”.

“Qualcuno unirà i fili di ciò che è successo in questi mesi: a me sembra tutto chiaro. I pm sono gli stessi che hanno arrestato i miei genitori. Arresto annullato dopo qualche giorno dal Riesame” (Renzi). L’arresto di babbo Tiziano e mamma Laura fu revocato dal Riesame dopo 20 giorni, col divieto di esercitare attività imprenditoriali per 8 mesi, perché erano scadute le esigenze cautelari, non perché le accuse di bancarotta e false fatture fossero infondate, anzi: la chiusura-indagini prelude alle richieste di giudizio. Solo Renzi può menare scandalo perché, su fatti avvenuti a Firenze, indagano i pm di Firenze. E chi dovrebbe farlo: la Procura di Vipiteno? Fra l’altro il procuratore Creazzo è quello contro cui tramava Lotti con Palamara&C. L’ultimo a doversi augurare che qualcuno unisca i fili è lui: collegando le innumerevoli indagini su suoi genitori e fedelissimi, un maligno potrebbe pensare malissimo di lui.

“I pm attaccano la democrazia… Presto parlerò in Parlamento”. Qui il copyright, oltreché a B., andrebbe versato agli eredi di Craxi. Anche lui nel ’93 attaccò i pm alla Camera e chiamò in correità gli altri partiti col famoso “così fan tutti”. Poi si diede alla latitanza. Per completare l’opera, a Silvio Renxi manca poco: un mausoleo egizio nel parco della villa di Firenze e le vacanze natalizie ad Hammamet.