lunedì 31 agosto 2020

Sing!



Quando vedo Pierfi così non solo mi commuovo ma spero, ansimo, prego, che un così pio emblema del nostro fior fiore politico possa rimanere a lungo ad illuminare il nostro cammino. Anche per mezzo delle sacre icone che lo corroborano nella sua missione!

Ribatte!



Sarà stato sicuramente il frizzantino che s’avverte nelle immense sale pregne di trofei e, soprattutto, il cuore, aveva già giocato da infante con i sacri colori,  a spingere uno dei più forti giocatori giovani in circolazione a scegliere la prossima squadra italiana a rivincere la Coppaconleorecchie. Per lui invece sono sicuri almeno due palloni d’oro, alla faccia dei due oramai vecchietti che si credono chissà chi! Vamos!

domenica 30 agosto 2020

Bonomiadi parte 2



Di primo acchito verrebbe subito da prorompere in un “Estikazzi” epico, da Guiness. Ragionandoci invece con calma le parole del principale autore delle “Bonomiadi”, ovvero il ristagno della ragione per il piacere confindustriano, il fautore di quel “chiagni e fotti” che ha permesso ai suoi devoti di intascarsi 2,7 miliardi di ore Cig non dovute, fa riflettere: il pandemico non ha insegnato nulla a quelli alla bonomi, anzi, li ha incattiviti ancora di più al punto che lo stesso presidente se ne è uscito con questa baggianata altisonante: i contratti dovranno essere rivoluzionari. E come? Nessun aumento e libertà di licenziare! Con un vaffanculo per raccomandata con ricevuta di ritorno, naturalmente!

Sono tra noi

 Intristisce il core sapere di quei 38mila tedeschi riuniti ieri a Berlino sotto sigle inquietanti quali "Qurdenken 711" - Pensiero Laterale 711 - affastellatesi pure a Londra e in altri capitali d'Europa. Non tanto per l'idiozia intrinseca dietro queste tesi da Tso, non per questo, ma per il fatto che questi unni recalcitranti avranno sicuramente una sfera di interrelazioni sociali pure con persone normali, parleranno ai loro figli raccontando loro le becere fiabe di cui sono portatori insani, spaesandoli vergognosamente.  

Delusione e rimorso aleggiano dunque su questi crani bacati: per non essere riusciti a sfrondare il cicaleccio da scemenze tipo i piani segreti tendenti ad uniformare il pensiero in regime di schiavitù sociale, per non aver avuto le forze annacquanti questa ennesima forma di fascismo credulone, pericolo e mina vagante di ogni democrazia. 

Se tanti ancora riescono a non credere all'ecatombe pandemica, la colpa è esclusivamente dei normodotati, impegnati, vedi le nostre lande, solo ed esclusivamente a portare acqua al proprio mulino, minimizzando altresì lo sforzo comune necessario per affrontare situazioni-limite come questa. 

Una sconfitta dunque il rimirar croci celtiche ed inni alla libertà pro pandemia, come lo è anche il vespaio di flash accoglienti un ebbro riccastro iniziante la quarantena nella magione di un'insulsa destrorsa perennemente invasa da quella anomalia sociale che riassumo nel motto "inebetisci oltremodo i babbani e lucra sulle loro cervici desolatamente inabitate!"   

Amaca

 

Sulla privacy di Briatore

di Michele Serra

Perfino Briatore (cioè: perfino un esibizionista) avrebbe diritto a un poco di privacy. La sua prostata e i suoi esami del sangue sono stati, per giorni, esposti al pubblico come le reliquie del santo nelle feste patronali, e la sua quarantena, accolta sotto Palazzo Santanchè dal picchetto d’onore di tutti o quasi i media nazionali, minaccia di essere monitorata da uno stormo di droni. Eppure stiamo pur sempre parlando di unammalato edi una malattia, non di un drink in Costa Smeralda.
Certo, la possibilità che egli stesso posti le immagini della propria cattività (eccomi mentre mi lavo identi, eccomi che faccio gli addominali, eccomi che spiego all’Oms come si affrontano le principali questioni sanitarie mondiali) è molto forte. Appunto per questo, non sivede perché la morbosità pubblica debba sommarsi all’infantilismo privato. Una società adulta dovrebbe anteporre buone regole ai capricci di questo e quello: la malattia si rispetta, la vita privata anche, se poi l’ammalato intende affacciarsi alla finestra (Instagram) e salutare la folla sono affari suoi, peggio per lui. Se invece preferisce il silenzio e il riposo, bisogna rispettare il suo diritto a starsene per conto suo, lui, la sua prostata e i suoi anticorpi. Attorno agli ospedali si fa silenzio, lo dicono perfino i cartelli stradali.
Ma già, questa non è una società adulta. Diagnosi e prognosi di Briatore, e il suo confortevole sudario di fine estate, possono contare suunvastopubblico chenonha di meglio da fare, e tiene lo sguardo fisso sulle finestre (tante) diSantanchè. Chiha avuto una persona cara intubata, magari, preferirebbe altri modi e altri toni. Ma è pur sempre una minoranza: l’immunitàdi gregge è lontana.

sabato 29 agosto 2020

L'Amaca

 


La gentilezza è rivoluzionaria

di Michele Serra

Ho ammirazione vera per Gianrico Carofiglio, che scende nell’arena dei talk-show con l’ aplomb impassibile del torero, e lo sguardo sereno del giusto. E ha scritto un piccolo prontuario per non soccombere alla menzogna, allo sghignazzo volgare, al deragliamento logico, e dice che la gentilezza è un’arte rivoluzionaria. Ma mi permetto, alla luce della mia quasi cinquantennale esperienza di parole in pubblico, di affiancare alla sua valorosa sfida democratica qualche nota malinconica.
“La gentilezza è rivoluzionaria” fu uno degli slogan di Cuore , il giornale di satira e non solo di satira che mi capitò di mandare in edicola, ormai trent’anni fa, insieme a valenti autori e redattori. Fondammo le Brigate Molli, gruppo clandestino che considerava molto maleducato rapire le persone, e dunque le invitava a cena.
E al posto dell’esproprio proletario, l’aggiunta proletaria: si restituivano le merci in eccesso, già pagate, negli scaffali dei supermercati.
La classica provocazione d’avanguardia, tal quale la merda d’artista di Piero Manzoni.
Durò lo spazio di un mattino.
La parola “gentilezza”, palesemente sconfitta sul campo, oggi a me suona tal quale la merda d’artista di Manzoni: un azzardo d’autore, un’idea elegante e soccombente, sommersa tra le voci egemoni, che sono quelle, brutali e trancianti, dei demagoghi, dei conduttori televisivi striduli e aggressivi, dei politici assertivi e semplicioni che parlano di tutto liberi dal dovere di dire qualcosa.
Me ne ritraggo per difendere, ben più che me stesso, le mie parole. Sono fraternamente grato a Carofiglio perché affronta una guerra che mi vede disertore.

Commento Padellaro


sabato 29/08/2020
FUORI FASE
Quanto è triste la vita smeralda dopo la pandemia

di Antonio Padellaro

Fino all’altro giorno la migliore definizione di “sfigato” si poteva ricavare, per antitesi, dalla “vita smeralda”, da quel format esistenziale che Pino Corrias ha brillantemente descritto ieri sulle pagine di questo giornale. Perché nel ritratto di Flavio Briatore, eroe eponimo del Billionaire e della omonima Costa si sostanzia la lunga, strenua, pervicace, impavida lotta di un uomo “venuto dal nulla” per emanciparsi da quel nulla. Edificando nel contempo il proprio personale e monumentale antidoto contro la mediocrità umana e il miserello tran tran della gente qualunque (gli sfigati). Un Partenone sardo dove celebrare le tre divinità più propizie e adorabili: la gnocca (“mai sopra i 32 anni”), la grana (di arduo accertamento, soprattutto per il Fisco), la fama (naturalmente virale, ma non in quel senso). Poi, è successo qualcosa che ha come sconvolto e in qualche modo ribaltato quella consolidata scala “figa” dei valori. Più ancora che la positività al Covid dell’imprenditore (niente di grave, fortunatamente), si tratta di tutto ciò che è venuto prima e dopo l’insorgere del suo problema di salute. A cominciare dalla “tattica mediatica”, che una fonte non sospetta come Alessandro Sallusti ha definito “disastrosa”, basata com’era sul “negare l’esistenza” alimentando così “sospetti e illazioni di ogni genere”. “Ci voleva tanto a dirlo?”, si è chiesto giustamente il direttore del Giornale

. Se non fosse che a differenza delle “migliaia di italiani vip e non vip” vittime del contagio, Briatore e i consiglieri a lui più vicini (a cominciare dall’onorevole Daniela Santanchè) avevano rappresentato fino a un momento prima dei noti accadimenti la punta di lancia (un cicinin negazionista) nella crociata contro divieto di ballo nelle discoteche (“non ci sono evidenze scientifiche ma una grande limitazione delle nostre Libertà”). Tutto un agitarsi inconsulto inserito in un contesto che appare tuttavia totalmente fuori sincrono rispetto a quello spirito dei tempi di cui abbiamo scritto. Poiché se la razza cafona costituiva un genere comico già negli anni del berlusconismo arrembante, in questi giorni strani l’estetica del Billionaire, con tutto l’armamentario di gnoccone, macchinone, champagne a mille euro la bottiglia, e gente che balla sui tavoli appare definitivamente tristanzuola, e glamour

tipo borsello e pantaloni a zampa d’elefante (o come se dopo la Grande guerra si fosse tornati alla Belle Époque

con le ballerine sulle ginocchia dei vecchi panzoni in redingote). Domanda: e se gli sfigati fossero diventati loro?

venerdì 28 agosto 2020

Lo sospettavo pure io!

 

Ha pienamente ragione Selvaggia Lucarelli: sembrerà strano, ma lo avvertivo anch'io e mi sforzavo di non crederci, sobillando i canonici "dai non può essere! Ma è impossibile!" ed invece no, s'avverte in aere un impercettibile, un rivolo di maleodorante e nauseante possibilità, ovvero che nel mondo dorato degli influencer, dorato lo scrivo per uniformarmi al pensiero comune, in realtà lo considero un mondo di merda, pare stia rullando una nuova moda, una swappante tendenza, un rigurgito di idiozia che potrebbe risvegliare alcuni progetti delle stelle sulla nostra definitiva estinzione: aprite bene le orecchie, non sto vaneggiando, non sono in balia di alcool. Se andate a visitare i social e cercate questa poltiglia ansimante a sconti, ingressi liberi, consegna omaggio di prodotti, vi accorgerete che... che ... mi è difficile dirlo e appena riuscirò a trasmettervelo, credetemi, sobbalzerete anche voi... dunque è oramai evidente che molti facciano del loro contagio un must, un emblema, uno status! E guardando questi imbelli impomatati seguiti da migliaia di.. di... enormi babbani si riesce a comprendere che, dopo l'annuncio finto rammaricato, subitaneamente subentra la peripatetica loro arte di reclamizzare qualche prodotto al fine di marchettare ulteriormente! 

Scusate se esagero ma il medico mi ha detto di non trattenerli: influencer contagiati e reclamizzanti al contempo prodotti: ma vaffanculoooo! 

Questi abbietti alla ragione osano, dopo essersene sbattuti altamente delle prescrizioni, osano ridicolizzare il loro stato, quasi dileggiante il Covid, dimenticandosi della strage dei mesi scorsi, delle famiglie immerse ancora nel lutto per la perdita dei loro cari, di cui han perso le tracce appena usciti di casa e da cui non si sono potuto nemmeno congedarsi nel suffragio! 

E questi imbecilli luccicanti, truccati, impomatati, smerdano la ragione comune, il buon senso, ridacchiando gallinaceamente e propinando prodotti di bellezza che non servono ad una minchia ma che altresì costano l'iraddiddio, perché se un prodotto costa tanto, ci hanno inoculato il concetto, è perché sicuramente agisce al meglio, garantendo quella lucentezza bovina, quella pelle esente da rughe, e tutte le altre panzane ad uso di culturalmente sprovveduti. 

Ma ri-vaffanculo! Non voglio più niente a che fare con questi simili, sono sbigottito nell'avvertire questo progressivo cretinismo, tremo nell'incapparmi in questi ninnoli del nulla, indaffarati allo stremo nell'inanellare un nano-ragionamento, un concetto impercettibilmente presentabile, una serie di ragionamenti che difficilmente non potranno avviarsi che verso la solita brodaglia inconsistente generante una visione della vita pusillanime, inficiata dal vuoto cosmico totale. 

Se siamo arrivati a questo punto la colpa è anche la mia, vostra, di tutti. Abbiamo permesso che molti infangassero la dignità comune, il libero pensiero, il decoro. E forse, non potremo far altro che rimpiangere le occasioni passate in cui avremmo dovuto squassare il velo d'idiozia che oramai c'attanaglia sempre più. Sob!  

Obbedisco Sora Cicoria!



Che grand’uomo Marco Marsilio, Governatore dell’Abruzzo, per come sta gestendo, ops! meglio ostacolando, la riapertura delle scuole nella sua regione! Marsilio fa parte dei fascisti mascherati in Fratelli d’Italia ed il sospetto che Sora Cicoria gli abbia intimato di rompere gli zebedei secondo il vomitevole andazzo di quelle sponde che, infischiandosene di Covid e dell’unire le forze per affrontare il post pandemico, per ragioni di potere, ostacolando il tentativo di riaprire gli edifici scolastici. E siccome Pupo Marsilio è docile come Heidi, ha risposto prontamente ai diktat fascisti, proponendo il posticipo delle riaperture, perché vuoi che se il 14 settembre il progetto scolastico funzionasse, sai quanto aumenterebbe il consenso pro Conte? E allora che ce frega di Covid, malati, bimbi e chi più ne ha più ne metta? Quello che conta è rosicare ed attaccare a testa bassa, alla Cazzaro Verde per intenderci!

Tanto per portarsi avanti!

 


Serenità

 



Amaca

 

L’amaca

Il nazista normale

di Michele Serra

Se fossi nei panni del pizzaiolo nazista candidato per Fratelli d’Italia in quel di Fondi, invitato a togliere il disturbo per levare dall’imbarazzo la sua lista, mi chiederei: ma perché proprio io? Che cosa ho fatto di così grave definendomi omofobo, antisemita, naziskin, antidemocratico eccetera? Di quanti fascisti e nazisti pullula, con zero scandalo, la destra italiana, e mica solo i partitini conclamati, Forza Nuova e Casa Pound, anche i partitoni di massa come Lega e Fratelli d’Italia? Non era forse nazista quel Savoini che accompagnava il Salvini nelle sue trasferte moscovite? Non sono forse di Mussolini le frasette cazzute che lo stesso Salvini (che il povero Pansa definì, senza spreco di attributi inutili, "un fascista") utilizza per la sua propaganda?
A parte lo sparito Gianfranco Fini, quale altro fascista italiano ha provato a fare i conti con se stesso, la propria storia, le proprie chiacchiere e il proprio distintivo? Ci sono forse stalinisti residui — a parte qualche marginalissima macchietta — nella sinistra italiana? Si festeggia forse da qualche parte il compleanno di Stalin, o di Pol Pot, o di altri macellai "di sinistra", così come si inneggia serenamente al macellaio Mussolini in tanta destra bene inserita nelle assemblee elettive, con nipoti e discendenti a vario titolo che usano quel cognome tragico come marchio di garanzia?
C’è un prezzo da pagare alle proprie tragedie. Un album di famiglia che è pesante aprire, perché molte pagine sono macchiate di sangue. Quel prezzo la sinistra italiana l’ha pagato, la destra no. Il pizzaiolo nazista di Fondi merita comprensione, ha solamente creduto — guardandosi attorno — di essere normale.

giovedì 27 agosto 2020

Subitaneamente...


... il Genio toglie l’apostrofo e dice tutto!



Fantasticamente geniale!




Il Vento della Speranza

Abbiamo tanto da discutere e su cui arrovellarci che dimentichiamo sempre quell'uomo fermamente saldo sulla sua fede che, travalicando obbrobriosità inqualificabili alla "il vento della Sardegna avrà sparso il virus molto più che altrove" o anche "Flavio è stato ricoverato per una prostatite",  molto spesso ci illumina la triste notte della ragione che tanti, troppi, pervicacemente continuano a propinarci, considerandoci degli imbelli. 

Le parole di Papa Bergoglio pronunciate ieri nel corso dell'Udienza Generale, sono drammaticamente vive, quasi uno scossone invitante a risvegliare coscienze dormienti sotto la coltre di strutto scientemente elargita dai soliti noti. 

Ci sarebbe da commuoversi, lasciando il cuore a sconquassarsi, attonito per come imbranatamente permettiamo sacrileghi movimenti di aria fritta che lasciamo assurgere a dogmi. 

Prendo ad esempio alcuni passaggi: 

  

Questi sintomi di disuguaglianza rivelano una malattia sociale; è un virus che viene da un’economia malata. Dobbiamo dirlo semplicemente: l’economia è malata. Si è ammalata. È il frutto di una crescita economica iniqua - questa è la malattia: il frutto di una crescita economica iniqua - che prescinde dai valori umani fondamentali. Nel mondo di oggi, pochi ricchissimi possiedono più di tutto il resto dell’umanità. Ripeto questo perché ci farà pensare: pochi ricchissimi, un  gruppetto, possiedono più di tutto il resto dell’umanità. Questa è statistica pura. È un’ingiustizia che grida al cielo! 

Questo dice il Sommo Pontefice! Parole che in origine erano in bocca ai cosiddetti socialisti, comunisti, degradati e confusi dal nichilismo capitalistico infimo, che gli svilì negli ideali. L'economia è malata! La crescita economica iniqua, udite signori imbellettati che spargete pula camuffata in beltà! Ascolta Carlo Bonomi assieme alla tua Confindustria sempre a caccia di diné pro vobis, lanciante anatemi contro l'assistenzialismo, contro il tentativo di combattere il disagio sociale. Medita Bonomi su quanto detto! E' iniqua la crescita economica, lo sappiamo tutti, tranne forse i Billionaireristi, gli stappatori folli di Krug, i vip, i vipponi, i vippacci, i vipimbelli!  

Quando l’ossessione di possedere e dominare esclude milioni di persone dai beni primari; quando la disuguaglianza economica e tecnologica è tale da lacerare il tessuto sociale; e quando la dipendenza da un progresso materiale illimitato minaccia la casa comune, allora non possiamo stare a guardare. No, questo è desolante. Non possiamo stare a guardare! 

Si, sono totalmente d'accordo Santo Padre! Non possiamo stare a guardare più le nefandezze di questo sistema cripto-pluto-capitalistico-adulterato! Dobbiamo muoverci, sfanculare le certezze irriverenti che ci propinano. Dobbiamo uscire, muoverci, protestare, lottare e perché no: combattere. Combattere con parole, profumate tesi contenenti tutto noi stessi, dobbiamo riconoscere e liofilizzare i latrati degli imbonitori che alterano la realtà per prorogare le nefandezze dell'attuale sistema economico fondato esclusivamente sul lucro e il forsennato accaparramento di risorse da parte di pochi, che il sistema mediatico da loro eretto, ci presentano per quello che non sono: delle persone per bene. 

Vamos dunque! Rinsaviamo per quella primavera fresca e profumata che permetterà a tutti di considerarsi parte attiva di un progetto dignitoso, che consentirà ad ogni persona di vivere circondato da doveri e da diritti inalienabili, sulla via maestra dell'uguaglianza. 

Vi posto di seguito l'intero discorso di Papa Francesco. Lunga vita a Lui!

Davanti alla pandemia e alle sue conseguenze sociali, molti rischiano di perdere la speranza. In questo tempo di incertezza e di angoscia, invito tutti ad accogliere il dono della speranza che viene da Cristo. È Lui che ci aiuta a navigare nelle acque tumultuose della malattia, della morte e dell’ingiustizia, che non hanno l’ultima parola sulla nostra destinazione finale.

La pandemia ha messo in rilievo e aggravato i problemi sociali, soprattutto la disuguaglianza. Alcuni possono lavorare da casa, mentre per molti altri questo è impossibile. Certi bambini, nonostante le difficoltà, possono continuare a ricevere un’educazione scolastica, mentre per tantissimi altri questa si è interrotta bruscamente. Alcune nazioni potenti possono emettere moneta per affrontare l’emergenza, mentre per altre questo significherebbe ipotecare il futuro.

Questi sintomi di disuguaglianza rivelano una malattia sociale; è un virus che viene da un’economia malata. Dobbiamo dirlo semplicemente: l’economia è malata. Si è ammalata. È il frutto di una crescita economica iniqua - questa è la malattia: il frutto di una crescita economica iniqua - che prescinde dai valori umani fondamentali. Nel mondo di oggi, pochi ricchissimi possiedono più di tutto il resto dell’umanità. Ripeto questo perché ci farà pensare: pochi ricchissimi, un  gruppetto, possiedono più di tutto il resto dell’umanità. Questa è statistica pura. È un’ingiustizia che grida al cielo! Nello stesso tempo, questo modello economico è indifferente ai danni inflitti alla casa comune. Non si prende cura della casa comune. Siamo vicini a superare molti dei limiti del nostro meraviglioso pianeta, con conseguenze gravi e irreversibili: dalla perdita di biodiversità e dal cambiamento climatico fino all’aumento del livello dei mari e alla distruzione delle foreste tropicali. La disuguaglianza sociale e il degrado ambientale vanno di pari passo e hanno la stessa radice (cfr Enc. Laudato si’, 101): quella del peccato di voler possedere, di voler dominare i fratelli e le sorelle, di voler possedere e dominare la natura e lo stesso Dio. Ma questo non è il disegno della creazione.

«All’inizio, Dio ha affidato la terra e le sue risorse alla gestione comune dell’umanità, affinché se ne prendesse cura» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2402). Dio ci ha chiesto di dominare la terra in suo nome (cfr Gen 1,28), coltivandola e curandola come un giardino, il giardino di tutti (cfr Gen 2,15). «Mentre “coltivare” significa arare o lavorare [...], “custodire” vuol dire proteggere [e] preservare» (LS, 67).Ma attenzione a non interpretare questo come carta bianca per fare della terra ciò che si vuole. No. Esiste «una relazione di reciprocità responsabile» (ibid.) tra noi e la natura. Una relazione di reciprocità responsabile fra noi e la natura. Riceviamo dal creato e diamo a nostra volta. «Ogni comunità può prendere dalla bontà della terra ciò di cui ha bisogno per la propria sopravvivenza, ma ha anche il dovere di tutelarla» (ibid.). Ambedue le parti.

Difatti, la terra «ci precede e ci è stata data» (ibid.), è stata data da Dio «a tutto il genere umano» (CCC, 2402). E quindi è nostro dovere far sì che i suoi frutti arrivino a tutti, non solo ad alcuni. E questo è un elemento-chiave della nostra relazione con i beni terreni. Come ricordavano i padri del Concilio Vaticano II, «l’uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui ma anche agli altri» (Cost. past. Gaudium et spes, 69). Infatti, «la proprietà di un bene fa di colui che lo possiede un amministratore della Provvidenza, per farlo fruttificare e spartirne i frutti con gli altri» (CCC, 2404). Noi siamo amministratori dei beni, non padroni. Amministratori. “Sì, ma il bene è mio”. È vero, è tuo, ma per amministrarlo, non per averlo egoisticamente per te.

Per assicurare che ciò che possediamo porti valore alla comunità, «l’autorità politica ha il diritto e il dovere di regolare il legittimo esercizio del diritto di proprietà in funzione del bene comune» (ibid., 2406).[1] La «subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni [...] è una “regola d’oro” del comportamento sociale, e il primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale» (LS, 93).[2]

Le proprietà, il denaro sono strumenti che possono servire alla missione. Però li trasformiamo facilmente in fini, individuali o collettivi. E quando questo succede, vengono intaccati i valori umani essenziali. L’homo sapiens si deforma e diventa una specie di homo œconomicus – in senso deteriore – individualista, calcolatore e dominatore. Ci dimentichiamo che, essendo creati a immagine e somiglianza di Dio, siamo esseri sociali, creativi e solidali, con un’immensa capacità di amare. Ci dimentichiamo spesso di questo. Di fatto, siamo gli esseri più cooperativi tra tutte le specie, e fioriamo in comunità, come si vede bene nell’esperienza dei santi.[3] C’è un detto spagnolo che mi ha ispirato questa frase, e dice così: florecemos en racimo como los santos. Fioriamo in comunità come si vede nell’esperienza dei santi.

Quando l’ossessione di possedere e dominare esclude milioni di persone dai beni primari; quando la disuguaglianza economica e tecnologica è tale da lacerare il tessuto sociale; e quando la dipendenza da un progresso materiale illimitato minaccia la casa comune, allora non possiamo stare a guardare. No, questo è desolante. Non possiamo stare a guardare! Con lo sguardo fisso su Gesù (cfr Eb 12,2) e con la certezza che il suo amore opera mediante la comunità dei suoi discepoli, dobbiamo agire tutti insieme, nella speranza di generare qualcosa di diverso e di meglio. La speranza cristiana, radicata in Dio, è la nostra àncora. Essa sostiene la volontà di condividere, rafforzando la nostra missione come discepoli di Cristo, il quale ha condiviso tutto con noi.

E questo lo capirono le prime comunità cristiane, che come noi vissero tempi difficili. Consapevoli di formare un solo cuore e una sola anima, mettevano tutti i loro beni in comune, testimoniando la grazia abbondante di Cristo su di loro (cfr At 4,32-35). Noi stiamo vivendo una crisi. La pandemia ci ha messo tutti in crisi. Ma ricordatevi: da una crisi non si può uscire uguali, o usciamo migliori, o usciamo peggiori. Questa è la nostra opzione. Dopo la crisi, continueremo con questo sistema economico di ingiustizia sociale e di disprezzo per la cura dell’ambiente, del creato, della casa comune? Pensiamoci. Possano le comunità cristiane del ventunesimo secolo recuperare questa realtà - la cura del creato e la giustizia sociale: vanno insieme -, dando così testimonianza della Risurrezione del Signore. Se ci prendiamo cura dei beni che il Creatore ci dona, se mettiamo in comune ciò che possediamo in modo che a nessuno manchi, allora davvero potremo ispirare speranza per rigenerare un mondo più sano e più equo.

E per finire, pensiamo ai bambini. Leggete le statistiche: quanti bambini, oggi, muoiono di fame per una non buona distribuzione delle ricchezze, per un sistema economico come ho detto prima; e quanti bambini, oggi, non hanno diritto alla scuola, per lo stesso motivo. Che sia questa immagine, dei bambini bisognosi per fame e per mancanza di educazione, che ci aiuti a capire che dopo questa crisi dobbiamo uscire migliori. Grazie.

Daniela e il briatorismo


giovedì 27/08/2020
Briatore e i nuovi mostri della vita Smeralda

di Daniela Ranieri

La linea è negare, negare sempre, se necessario fino all’estremo sacrifizio. Sembra che abbiano firmato un patto col sangue: “Se dovesse prendere a me, dite che ho la prostatite”.

Non si capisce cosa intendesse Daniela Santanchè, senatrice della Repubblica, l’altra sera a In Onda, con quel suo modo di dire e non dire, di fatto negando la diagnosi di Covid e attribuendo “autorizzata” il ricovero dell’amico e socio Briatore a problemi di prostata: tenere il punto sulla inoffensività del virus; professare la maschia immunità di Briatore, tenutario di un locale focolaio; dare a intendere che “il sistema” si è inventato la positività di Briatore al virus che Briatore nega esistere e nuocere, peraltro in illustrissima compagnia, al chiaro scopo di smontarne le verità virologiche (o, peggio, gliel’hanno inoculato di nascosto, come da denuncia di coraggiosi inchiestisti di Twitter).

Qualunque sia la risposta tra queste sopra (altre non ne vengono in mente, e in generale il logos recede), si deve registrare che la linea è cambiata. Prima del ricovero di Briatore, tutta la compagnia di giro dei minimizzatori derivava la sua superiore competenza dall’aver parlato coi medici, mica come noi che ci siamo affidati ai cartomanti; medici in prima linea, di quel tipo liberale, scanzonato, col pullover sulle spalle, ansiosi non solo di tornare, ma di far tornare gli italiani in discoteca e sugli yacht ormeggiati al largo di Porto Cervo. “Inizio ad avere le palle piene, bisogna dire la verità agli italiani!”, sbottò il Prof. Zangrillo, Anestesista Rianimatore del San Raffaele (dove è ricoverato Briatore), aprendo le gabbie dentro cui ci tenevano Conte e Speranza: “Uscite, riprendete a vivere, andate al ristorante, in banca. Continuate a vivere più di prima!”. La pandemia, coi contagi pedissequamente in ripresa, si conferma un grande bluff architettato dai governanti al fine di ridurre i cittadini alla docilità e instaurare la dittatura. I camion militari che portavano via le bare da Bergamo erano chiaramente guidati da comparse pagate per terrorizzarci. Forse la scena l’hanno girata nello stesso studio della Nasa dove hanno finto la discesa sulla Luna.

L’uscita della Santanchè, al termine di una giornata di bollettini medici sull’amico colpito dal virus che non esiste, ha fatto fare un salto logico alla negazione del principio di realtà. Con quella rivelazione sibillina (“Questo lo dice lei, io non so niente del tampone”), e con lo stesso candore con cui sosteneva che una prostituta minorenne marocchina fosse la nipote di un presidente egiziano, ci ha fatto venire i brividi. Pareva un episodio de I nuovi mostri. Negare il virus oltre l’evidenza microbiologica (tamponi truccati, già infetti?). Ne siamo affascinati al limite dell’ipnosi. Il punto non è più solo salvare i propri affari, posto che se fai il localaro e il discotecaro non hai meno responsabilità di chi possiede una fabbrica e non puoi esporre migliaia di persone a un carnaio Covid ogni sera per contribuire alla (tua) crescita; il punto è: la morte del buon senso. La cosa più sensata da dire, essendo per di più personaggi pubblici (e cioè: questo è un virus strano che nella maggior parte dei casi non fa danni, ma in altri può portare a guai seri o alla morte, e coi grandi numeri causa la saturazione degli ospedali e il collasso del sistema sanitario, motivo per cui bisogna limitare i contagi), sfugge ai loro apparati fonetici. Non si ricredono nemmeno se il virus lo prendono loro, in un contrappasso didascalico alla vita Smeralda; e sfangandola, come auguriamo a chiunque, la prima cosa che dicono non è “scusate, ho detto un sacco di pericolose scemenze”, ma “visto? Che vi dicevo? È un raffreddore”, come Bolsonaro. Briatore dal nosocomio fa una telefonata irridente al Corriere in cui non nega e non conferma ma gigioneggia, e in effetti sarebbero fatti suoi se non fosse che quello dei contagi è un problema pubblico, specie per uno che ha reclamizzato per mesi le sue frequentazioni promiscue e possiede un’impresa che al momento conta 60 dipendenti contagiati, di cui uno grave.

Per gli intellettuali d’area Casa delle Libertà i droplet emessi sono un indice di libertà. Del resto vengono invitati appositamente per dire la cosa più illogica e meno di buon senso possibile (tipo: “Il virus lo portano i clandestini”, il 3% di positivi sul totale degli sbarcati, e non a Porto Cervo). Forse pensano davvero che sia in corso un complotto planetario ordito dai poteri forti, versione light dei QAnon americani, convinti che la setta di pedofili cannibali che governa il mondo abbia diffuso il Sars-CoV-2 al fine di microchippare l’umanità attraverso i vaccini. Ma forse è peggio di così: credere a una cospirazione vorrebbe dire credere a qualcosa; invece al netto della fede per il capitale, che come spiegò qualcuno è il trionfo del nichilismo, questi non credono a niente.

Bella, proprio bella!




mercoledì 26 agosto 2020

Non ce la faccio più!



Ora mi dico e stradico: ma come è possibile che questo imbecille riesca a candidarsi in un comune in provincia di Latina? Come è possibile che nessuno ne prenda le distanze e magari assesti qualche sano, sanissimo, calcio in culo ad un idiota di queste proporzioni, che sicuramente non conoscerà un cazzo di un cazzo di nulla, brancolando nel buio cosmico avviluppante gli stronzi come lui? Scusate il francesismo, ma mi sono rotto veramente i coglioni di respirare la stessa aria di questi nani imbelli!

Problematiche prostatiche

 





La Zangrilliede

 


Continuando a precisare che auguro una pronta guarigione a Briatore, la vicenda che lo ha investito però contiene una serie inimmaginabile di spunti che cerco di riassumere: 

Grassonia, la terra becera dei convinti della propria diseguaglianza rispetto ai comuni mortali, ha partorito una becera visione sbeffeggiante la pandemia in modo così grottesco che probabilmente non occorre altro da aggiungere in merito. Resta lo squallore di chi, vip - vippino - vippone - vippaccio che sia, coscientemente creda di travalicare il comune senso del pudore, infischiandosene di tutto, altrimenti, le loro insane menti pensano, che cavolo abbiamo guadagnato tanto per poi non poter epulonamente sperperarlo in quei bassifondi culturali alla Billionaire? Da Grassonia infatti annualmente parte il motto del casato "noi siamo noi e voi ki kazzo siete?" irridente la logica e l'attenzione che sapientemente molti hanno applicato per attenuare la forza distruttrice di Covid. 

Flavio Briatore è il simbolo di Grassonia, supportato da alte menti alla Santa(de)ché, che tra l'altro ieri sera su La 7 ha tentato di fuorviare la notizia del contagio dell'amato Flavio accampando tesi di prostatite, emettendo fonemi dalle fauci tanto curate ed attempate. E tutti i vipponcelli che hanno frequentato l'amato locale stappante bottiglie ambite con ricarichi indegni della ragione, rimpinguanti le già enormi tasche del Simbolo della Riccanza, attualmente si stanno cagando addosso, permettete il francesismo, perché, guarda te, la natura e i virus parrebbero non interessarsi molto del conto in banca, mannaggia, anzi, a dire il vero sembrerebbe pure che ci vedano bene, quasi a voler dire "ah si? Non esisto, sono frutto di una manovra politica che stringendo le corde pare accalappiare forza per proseguire nel progetto? Bene, tiè!" Ma questo è un altro discorso. 

Fermo restando che ognuno può far quel che vuole, purché non scassi gli zebedei agli altri, si staglia all'orizzonte la manfrina vippistica che prevede agi e diritti sconfinanti in sopruso delle regole, come ad esempio il sovrano Flavio ha dimostrato, infischiandosene del segnale dell'innalzamento della temperatura, che "qualcuno" per telefono ha diagnosticato in normale raffreddore, e viaggiando tra la Sardegna, Montecarlo e Milano dove attualmente è ricoverato, a pagamento naturalmente, per curare ciò che la Santa(de)ché ha definito prostatite e tutto questo, badaben badaben, se lo avesse fatto un metalmeccanico ad esempio, avrebbe riempito le prime pagine dei giornali, li chiamano così, di famiglia, quelli che continuano a latrare sul fatto che il virus lo portano gli affamati che scappano dalla guerra. 

Ed ora per finire parliamo di quel "qualcuno" in foto, il Zangrillo da troppi anni a contatto col virus dell'illegalità, essendo suo medico personale, al secolo il Pregiudicato che molti, incredibilmente, tentano di riabilitare fino a farne un padre della patria: grava su Zangrillo la scure dell'irresponsabilità, perché un conto è dire "il virus è finito" se sei un abitudinario di un bar di provincia, un altro è se a dirlo sei tu, primario del San Raffaele. E la tesi di Zangrillo è affermazione grave, da punire, perché ha consentito a menti instabili di sbragarsi completamente, ritornando agli antichi fastigi dei vitelloni unti e tatuati, tipici di una società altamente inquinata dal nulla e fondata sull'aria fritta, comburente di tutti i vipponi desiderosi di godere delle verticali di Krug, alla faccia di tutti noi che della mascherina ne abbiamo fatto una compagna di vita.            

Ttttravaglio!!


mercoledì 26/08/2020

Don Flavio

di Marco Travaglio

Ricordate don Ferrante, una delle figure più tragicomiche de I promessi sposi? La peste faceva strage, ma il governo spagnolo e la scienza al seguito la negavano o la minimizzavano. La gente la vedeva, se la buscava, ne moriva. Però don Ferrante, scienziato di regime, diceva che non era peste, ma una “fatale congiunzione di Saturno con Giove”. Scrive Manzoni: “Su questi bei fondamenti, don Ferrante non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle”. Lungi da noi augurare – come fanno i soliti webeti – la stessa fine a Flavio Briatore, a cui anzi formuliamo i più fervidi auspici di pronta guarigione, come ai 60 e passa sventurati dipendenti del Billionaire. Il Covid non è la peste e Briatore non è uno scienziato, sebbene gli house organ destronzi lo tràttino come tale, anche perché non s’è mai capito esattamente cosa sia. Certamente è, o almeno era fino a ieri, uno degli spiriti guida della destra berlusconian-salviniana.

Poi, dopo mesi passati a raccontare la favola del Covid inventato dal governo comunista per metterci tutti ai domiciliari, imbavagliarci con le mascherine, abolire le elezioni, conservare il potere, distruggere l’economia e regalare soldi ai poveracci con le mogli cesse anziché ai ricchi con le donne fighe, quando bastava qualche pillola di “tachipirigna” (testuale), s’è scoperto che il Billionaire è più contagioso di Codogno, Vo’ e Alzano Lombardo messi insieme, anche se per lui chiudere le discoteche è roba da sfigati che “non fanno un cazzo nella vita”. L’anziano gagà cuneese aveva da giorni i sintomi del Covid ma, visitato al telefono dal professor Zangrillo (“Dica trentatré”), si diagnosticava un raffreddore e, anziché mettersi in quarantena, continuava a girare senza mascherina incontrando centinaia di persone senza mascherina, poi partiva per Montecarlo impestando un altro bel po’ di gente, infine si preoccupava e volava a Milano, perché lui le tasse le paga a Montecarlo ma si cura in Italia, e ora è ricoverato per Covid in un reparto non Covid del San Raffaele, completando la collezione di condotte vietate dalla legge. Quando tornerà in forma, sarebbe buona cosa se ammettesse di aver raccontato un sacco di frottole e suggerisse all’altro cazzaro, quello verde, che incredibilmente gli dà retta, di piantarla di raccontarne. Poi si farà l’inventario dei danni (morti e feriti) di questa demenziale campagna negazionista che rischia di riprecipitarci in piena tragedia. E magari i maître e le maîtresse à penser della cosiddetta destra risponderanno a una semplice domanda: B., Salvini, Bannon, Briatore… ma uno normale mai?

Amaca

 

L’amaca
Le tempeste di bava

di Michele Serra

Si appellano tutte all’educazione, alla scuola, alla pratica del rispetto le tante persone civili, di molte parti politiche (ma non di tutte) che esprimono solidarietà alla ministra Azzolina, colpita dalla consueta tempesta di bava sui social.
Tra i linciatori fallocrati brillano i maschi, ma ci sono anche parecchie femmine: ecco una condizione — essere linciatori, essere fallocrati — che prevale largamente sulla differenza di genere.
Ci appelliamo tutti all’educazione ed esprimiamo tutti convinta pietà per la canaglia cliccante, tanto miserabile è il livello degli insulti (mai dimenticare la Legge Fondamentale della Tastiera: l’insulto non descrive mai la vittima, descrive, con precisione assoluta, chi lo adopera). Ma se devo essere sincero, non ho molte speranze che si possa risalire la china. Molti di questi bestioni sono genitori, e sui loro poveri figli anche la migliore scuola difficilmente potrebbe contrastare l’esempio, il linguaggio, la mentalità, le pratiche di vita che ogni famiglia trasmette.
Se poi l’esercito dei linciatori, in questo e non solo in questo caso, coincide con chi della Famiglia fa un mito politico, un tabù inviolabile, e magari è autore di una famiglia meschina, rabbiosa, frustrata, voi capite bene che le speranze che la scuola salvi i ragazzini si riducono al lumicino.
Solo un miracolo può salvare chi augura lo stupro a un’avversaria politica; e solo un miracolo può salvare i figli da padri e madri così violenti e così abbrutiti.
Purtroppo non credo nei miracoli.

Sorridete dai!

 



Calenda, Calenda!

 



martedì 25 agosto 2020

Certezza

 


Dunque Esiste! Sono certo che Esista! Eccome se Esiste! Vede e agisce sempre con Giustizia! Sia lode a Lui!

(Al momento di scrivere questo post non sapevo nulla del ricovero di Flavio Briatore a cui auguro una pronta guarigione.) 

Anomalia spinta

 

Stamani mi sono alzato con un obbiettivo: scrivere qualcosa di impopolare. Ma si dai! Perché cercare sempre l'anomala approvazione, il vezzeggiamento mediatico, l'apprezzamento di molti, e soprattutto: scrivo gratis, non per fini commerciali, solo perché mi sento di farlo. E allora diciamocelo: c'è qualcosa di molto ottenebrato attorno a noi, fatichiamo pure ad intravederlo. E' un modus operandi particolarmente privilegiato, che non si nota, non si ode, non facendo rumore per paura di innescare, a mio parere giusto, mugugno generalizzato. E' una pattuglia molto numerosa, oserei dire sotto certi aspetti, di casta. Vado avanti: è composta da tutti coloro che lavorano sotto la pubblica amministrazione. 

Ah l'ho detto! Molti di loro sono in un anomalo smart working, anomalo perché molto libero, incontrollato. Alcuni azzardano che resteranno in questa modalità fino alla fine del 2020, altri smentiscono, dicendo che molti sono già operativi, negli uffici pubblici. 

La stragrande maggioranza dei cosiddetti statali stanno lavorando da casa, dove per "lavorando" s'intende, per certi settori, una cassa integrazione mascherata da pieno stipendio. Attenzione: sto dicendo quello che penso e quello che la documentazione in merito mi agevola a dire. Non ho rancori ed invidie per questa enorme categoria. Ma per alcuni settori annuso un certo approfittare della pandemica realtà, quasi che sia dovuto di diritto il ricorrere a restare a casa, mentre altre realtà, cameriere, operatori in autogrill per intenderci, parrebbe esserne esenti. E' il silenzio dei fortunati a rombarmi in cervice e la prova del nove arrivata da poco e riferita al mondo della scuola: molti insegnanti e operatori scolastici infatti, pare si stiano lamentando per la prossima riapertura delle aule, invocando un paritario diritto riferito al mondo pubblico, per cui chiunque sia protetto dalle ali dello stato, dovrebbe essere esentato ad andare sul posto di lavoro. 

Estikazzi! Piacerebbe anche a me starmene a casa a spedire mail confermanti l'essere in vita! Ma così non è, lavorando nel privato! Ed ha pienamente ragione la ministra dell'Istruzione, quando ha accusato i sindacati di dar man forte a questa assurda, e patetica, richiesta di parte degli insegnanti. 

Non comprendo perché chi lavori nell'apparato statale debba usufruire dell'esenzione ad andare sul posto di lavoro e chi invece soffre le pene del privato, no. 

Ecco, volevo dirlo! Perché fondamentalmente mi ritengo libero di farlo. Piaccia o no. 


Flash da Charlotte!

 


Bella Amaca!

 

Come i vescovi simoniaci

di Michele Serra

Bisogna riconoscere che essere arrestati per truffa mentre si scende dal panfilo di un miliardario cinese non è una cosa alla portata di tutti.
Se poi l’arrestato è un signore che ha costruito la sua fama sulla lotta contro l’establishment che affama il popolo, il reato di truffa riluce di una sua speciale efferatezza.
Come il digiunatore sorpreso in un all you can eat, come la vergine che rivela di avere dodici figli, Steve Bannon ci fa capire che tutta la solfa anti-plutocratica della destra populista è un clamoroso caso di simulazione. Sulla scia dei vescovi simoniaci che trafficavano in indulgenze, questo signore, non bastandogli il fiume di denaro (di gente ricca, mica di poverelli) che finanzia il nuovo fascismo mondiale, vendeva ai fedeli pezzi del fantomatico Muro di Trump perché potessero salvarsi l’anima blindando il loro pollice quadrato di Paradiso Americano. Un’esca per poveri gonzi spaventati i cui proventi, secondo l’accusa, non servivano per comperare il calcestruzzo ma per finanziare lo stesso Bannon, la cui intera vita si è dipanata, con alterne fortune, nell’anticamera del famoso establishment, vedi la rocambolesca vicenda della magnifica certosa duecentesca che l’ideologo vorrebbe trasformare in Accademia dell’Occidente Cristiano-Giudaico, non si sa se per muovere guerra ai Mori o all’Imu.
L’odio di classe è sempre esistito, ha una sua fisiologia e perfino una sua legittimità etica.
Ma agitarlo in funzione del proprio successo personale, anche economico, è abbastanza disgustoso. I quattro quinti degli ideologhi e degli agitatori del populismo mondiale detestano l’establishment solo perché non riescono a farne parte.

Quanto stimo Daniela!


martedì 25/08/2020
Quel padrone di Bonomi pretende anche amore

di Daniela Ranieri

Si torna dalle ferie e si respira quel clima di unità e solidarietà nazionale auspicato dal presidente Mattarella. Riassumiamo per i lettori l’intervista al capo di Confindustria Bonomi somministrataci ieri da La Stampa per rischiarare i cieli neri della crisi pandemica nel solco di quel monito ecumenico. Le quasi due paginone di randellate passivo-aggressive è una Summa Theologiae del pensiero confindustriale. I personaggi sono ritratti con pennellate nette, da fiaba di Esopo: ci sono i buoni (gli industriali e Mario Draghi) e i cattivi (il governo; il presidente dell’Inps Tridico; chiunque provi sentimenti anti-industriali). Questo perché c’è troppo “pregiudizio ideologico anti-industriale”, del tutto ingiustificato alla radice del fatto che la crisi sarà “irreversibile” e si perderanno “un milione di posti di lavoro”. Se questa può sembrare una minaccia (se ci imponete il blocco dei licenziamenti fino a settembre e lo smartworking senza contropartite, noi in autunno cominceremo a licenziare), in realtà Bonomi lamenta che i cattivi sono inetti: prova ne è che ad agosto (il mese del decreto agosto) Confindustria si ammazzava di lavoro mentre “la politica se n’è andata in ferie”: “Quel minimo di ripresa l’abbiamo generata noi imprenditori. Ci siamo rimboccati le maniche, come sempre. Noi ci siamo messi al lavoro…”. Vecchia storia: a garantire il fatturato non sono i lavoratori, costretti spesso a lavorare in precarie condizioni di sicurezza e in nero, prendendo solo una percentuale dello stipendio da aziende che hanno finto la Cassa Integrazione razziando soldi pubblici (234 mila secondo Tridico), ma i padroni in persona.

Finiti i tempi in cui dettavano le riforme ai governi e paventavano sciagure in caso di bocciatura popolare del referendum di Renzi (a proposito: non è che il Pil e l’occupazione scendono perché ha vinto il No?), i padroni hanno la loro testa d’ariete in questo signore che parla fuori dai denti, tanto da accusare il governo di “fare più danni del Covid”, in linea peraltro con la prestigiosa scuola di pensiero di Briatore. L’errore è nell’attuale assetto di aiuti: “Dobbiamo ragionare tutti insieme su una graduale exit strategy dall’economia assistita, e su un nuovo sistema di protezione sociale”. Occorre tradurre? Vogliono una più equa distribuzione delle risorse, dai poveracci alle aziende, dalle partite Iva in difficoltà ai “datori” di lavoro, dai disoccupati agli imprenditori. La crisi inedita che ha colpito l’intero pianeta ha un’unica soluzione, antica e collaudata: quando le aziende fanno utili, i soldi li intascano i padroni; quando le aziende perdono, anche in congiunture funeste come questa, paga lo Stato, quindi noi. È talmente primitiva, come strategia, che per non sembrare ingenui spostiamo la domanda: ma Confindustria, che non riesce a gestire nemmeno i conti del suo giornale, le cui perdite, qualcosa come 360 milioni in 10 anni, venivano occultate nel bilancio, a quale titolo fa la morale ai politici?

Se nella sostanza e nelle forme il padronato è rimasto uguale a cent’anni fa, retrocedendo anzi rispetto al tempo delle conquiste sindacali grazie al lavoro di solerti politici collaborazionisti (Jobs Act, abolizione dell’art. 18, contrattini a ore, voucher, etc.), a livello antropologico c’è stato un cambiamento epocale. Rivelatoria ne è l’ultima struggente frase che Bonomi consegna a La Stampa - che inspiegabilmente perde il 22,3% delle copie, in ciò non aiutata da Bonomi stesso, che ieri ha pubblicato l’intera intervista “in chiaro” sul suo profilo Twitter: “Noi imprenditori amiamo profondamente il nostro Paese: vorremmo solo essere ricambiati con lo stesso amore” (dev’essere questo il motivo per cui preferiscono delocalizzare e trasferire la sede fiscale in altri Paesi: carenza d’affetto).

Ecco l’antropologia: ai padroni di oggi non basta essere temuti, non gli basta comandare: vogliono essere amati. Come non avessero già abbastanza difensori, organi di stampa, lobbisti in Parlamento, gruppi di interesse e una bella scorta di malati di Sindrome di Stoccolma che salterebbero nel fuoco per loro. Le critiche sono “pregiudizi ideologici”. Se lo Stato dà soldi ai nullatenenti o ai pocotenenti, è assistenzialismo. Se li dà a loro, è exit strategy. Dicono di amare il popolo, ma detestano i suoi rappresentanti, soprattutto quando fanno qualcosa a favore del popolo. A scapito della loro fortuna di censo sono petulanti, scontenti degli effetti impopolari della loro forza economica (“Noi non siamo Poteri Forti”, dice Carlo); non hanno abbastanza polso per l’autonomia, quella lucente indipendenza che contempla la possibilità di essere detestati e malgrado questo proseguire verso la gloria, l’innovazione o almeno l’onesto lavoro. È una forma di impotenza, quell’impotenza dell’onnipotenza d’altra parte così comune presso un certo tipo di potenti complessati.

lunedì 24 agosto 2020

Ahh i sogni!

 

Bonomiadi

 

Carlo Bonomi continua nella sua opera denigratrice atta a devastare lo sforzo dell'attuale maggioranza a levigare le vergognose disparità sociali. Le Bonomiadi infatti sono l'emblema di quanto sia difficile operare in modalità socialmente non vergognosa. Egli continua nel cicaleccio infausto cercando di minare il cosiddetto assistenzialismo, sperando che le risorse s'indirizzino, come da quarant'anni a questa parte, nelle tasche infinite dei soliti noti, quelli tra parentesi che durante il lockdown si sono pappati la bellezza di 2,7 miliardi in CIG non dovuta. 

E se un furto da 2,7 miliardi avrebbe ovunque innescato una sana inchiesta della magistratura e magari chissà, messo in galera qualche buontempone travestito da industriale, dalle nostre parti questa notizia, certa, verificata, è stata occultata dai "Giornaloni" veneranti quell'oasi di pace e giustizia che comunemente chiamiamo Confindustria. 

Carlo Bonomi ha il dente avvelenato soprattutto verso il M5S e questo da solo basterebbe per fiondarsi in cabina elettorale per dar loro il nostro voto. I segni infatti molte volte fanno riconoscere la strada giusta. L'avversione di quelli alla bonomi è motivo per chiedersi "perché tanto astio? Sarà mica per il fatto che alcune scelte, alcuni irrigidimenti sistematici dei pentastellati nocciono gravemente alla salute del progetto dei riccastri, ovverosia il mantenimento del sistema proteggente insalubri privilegi da sempre mantenuti per coloro che, fingendosi imprenditori, giocano nel monopoli finanziario, autentico azzardo mascherato da arte ingegnosa per portatori di gessati firmati, devoti al dio lucro.

E mi viene pure in mente al riguardo la sparizione di 30 milioni di euro che Antonio Conte aveva deciso di affidare ad un broker inglese per farli aumentare ancora di volume. Mi chiedo: ma trenta milioni di euro se rimanessero trenta milioni di euro, quale dannato danno arrecherebbero al loro proprietario? Perché bisogna sempre investire? Non sono sufficienti trenta milioni per vivere alla grande? Che necessità abbiamo di continuare ad ingigantire somme così spaventosamente irriguardose verso chi non sa cosa mangiare? 

Ragionando così, bonomicamente per intenderci, rischiamo di perdere il senno e la ragione. Guardatevi intorno e ditemi se mi sto sbagliando! (la pizza rinsecchita a 25 euro venduta da Briatore a Montecarlo è il Bignami di quanto appena enunciato.) 

Besos!    


domenica 23 agosto 2020

Scoperta



Quindi è certo: troppa plastica addosso miniaturizza i neuroni!

Bignamicamente


Se tutto sosta sotto l’ombrellone, pure la ragione sembrerebbe essersi concessa una pausa, o almeno, un rallentamento da canicola. In effetti alcuni esempi parrebbero confermare la tesi: chiudi le discoteche e subito i gestori insorgono additando tesi da spedizione subitanea in un centro di riabilitazione mentale. Tenti di riaprire le scuole e i gruppuscoli specializzati in protezione dell’establishment ruttano barriti mentalmente liofilizzati col fine unico di dar contro di default a qualsiasi iniziativa presa dall’attuale maggioranza perché, dai diciamocelo, non esiste problema, difficoltà, virus in grado di attenuare l’arsura di potere in menti, puro eufemismo, plagiate dal lucro e dalla passione per il potere, uhm.. un nome.. un nome che spieghi, attualizzi quanto sopra.. mumble... ah ecco! Il Cazzaro e le sue comparsate in siti pro Covid! E poi una supposta prova del nove: chiudete gli occhi immaginando cosa sarebbe successo se il Governo avesse deciso la non riapertura delle scuole. Vedo realisticamente i vari Minzo, Sora Cicoria, i Giornaloni, la Chirico, ci metto pure Briatore anche se non conosce il significato d’istruzione, (a proposito non vedo l’ora di andare a Montecarlo per gustare la Margherita a 25 euro nel suo nuovo locale, naturalmente presentandomi in ciabatte con le iniziali dorate del mio nome) scodinzolare forsennatamente nel richiedere l’ergastolo per chi ostacoli l’apprendimento dei figli della nazione! 
Continua quindi la ringhiosa azione dei perenni malpancisti a cui non frega una mazza il tentativo di risollevare una nazione esausta come la nostra. Tra l’altro stanno nascendo funghi a pois rossi che tentano di convincere la massa a votare no al referendum, cercando di minare la certezza fondamentale al riguardo: meno rapto-tecno-adoranti l’inamovibilità dei privilegi ci saranno e meglio sarà per tutti! Ed infine: Bannon in galera è un dono dal cielo! L’amico del pazzo biondastro, adulato dal Cazzaro, è la miglior risposta verso chi sogna un eterno babbanismo di massa, per quella continuità di stile politichese che pochi, reietti da molti, tentano e tenteranno di abbattere. Ma loro sono gli inetti, gli scapestrati, gli idioti, i simboli dell’imbranatismo fattosi persona.  Così infatti ci dicono tanti soloni dall’età della pietra a succhiare nettari, tra una verticale di Krug e l’altra. E già che ci siamo: guardate che non è oramai difficile comprendere che l’impossibilità a creare liste comuni tra M5S e PD nasca dal fatto che molti ancora sognino di continuare quella politica riassumibile nel famigerato “ho un amico che ha un amico che conosce il cugino dell’assessore!”
Vamos!

Travaglio e madame Etruria


domenica 23/08/2020
Gli imboscati

di Marco Travaglio

Ogni tanto, ciclicamente, Maria Etruria Boschi comunica a un pubblico sempre più esiguo e disinteressato che suo padre è stato assolto da tutto. Poi frigna perché nessuno chiede scusa. L’ha ridetto l’altroieri dopo l’archiviazione del babbo Pier Luigi in uno dei vari filoni d’indagine aperti dalla Procura di Arezzo sul crac di Banca Etruria, di cui il genitore fu consigliere d’amministrazione e vicepresidente. “Chissà –ha trillato la spensierata deputata italoviva– dove sono coloro che in questi anni ci hanno insultato, offeso, minacciato… La verità è più forte del fango”. A darle manforte, la meglio stampa di destra: Sallusti chiama “vigliacchi” i presunti persecutori dei Boschi; Libero vaneggia di “torture inflitte alla famiglia Boschi”; il Foglio se la prende col Fatto per “l’indegna gogna”. Ora, è noto che i destronzi e i renziani hanno della verità un concetto piuttosto elastico. Ma non dovrebbero abusare della smemoratezza della gente, perché qualcuno che ricorda bene e non ci casca è rimasto.

Intanto il babbo martire resta imputato per bancarotta, rinviato a giudizio il 29 dicembre con altri 13 ex dirigenti per le consulenze milionarie concesse per trovare un partner a Etruria (Pier Luigi ci provò pure col bancarottiere fraudolento Flavio Carboni: il socio ideale). E Bankitalia lo ha già multato per la mala gestione di Etruria, che è ormai un fatto assodato, a prescindere dagli eventuali reati. Dunque non si capisce chi e per cosa dovrebbe scusarsi con i Boschi, visto che le polemiche sul caso non riguardavano aspetti penali (gestiti fra l’altro da un procuratore che era consulente del governo Renzi-Boschi e fu poi cacciato dal Csm per questo). Ma – per il padre – il disastro gestionale e – per la figlia – il conflitto d’interessi, che lei negò alla Camera nel dibattito sulla mozione di sfiducia, smentendo sdegnata di essersi mai occupata della banca paterna. Poi purtroppo in Commissione Banche vari testimoni la sbugiardarono, raccontando che da ministra delle Pari Opportunità e Riforme, senz’alcuna delega finanziaria, si era occupata forsennatamente di Etruria (e non degli altri istituti decotti). Cioè aveva incontrato il vicedirettore di Bankitalia, Panetta; il presidente di Consob, Vegas; il n. 2 di Unicredit, Ghizzoni; e aveva partecipato a un vertice con il padre, il presidente di Etruria, Fornasari, e l’ad di Veneto Banca, Consoli. Quindi, se c’è qualcuno che deve scusarsi per qualcosa, sono proprio i due Boschi. Lui per avere così ben gestito la banca che mandò sul lastrico migliaia di risparmiatori (uno si suicidò). Lei per le panzane che raccontò al Parlamento e continua a raccontare ai cittadini. In ottima compagnia.

sabato 22 agosto 2020

Ohh Selvaggia!


sabato 22/08/2020
DISCOTECHE E CHAMPAGNE
Tra pizza e focolai, l’anziano Briatore fa un’estate di m…
BATTUTO SUL CAMPO

di Selvaggia Lucarelli

Non è un’estate facile per nessuno. Chi rientra dall’estero e deve farsi 9 ore di coda per un tampone, chi non è stato all’estero e ha schivato gli assembramenti soggiornando una settimana all’hotel Belvedere di Rogoredo, chi è stato in discoteca a Gallipoli e sta facendo i tamponi pure per il cimurro, chi si vanta di aver trovato una spiaggia che se andavi in certi orari c’eri solo tu, poi gli chiedi “In che orari?” e ti risponde “dalle tre alle quattro del mattino, facevamo pure la pesca a strascico con due albanesi”. Insomma, un’estate complicata per tutti, ma per Flavio Briatore è davvero un’estate di merda.

L’uomo il cui credo è “Il turismo delle ciabatte non dà niente al territorio” ha finito per prendersi a ciabattate con tutti - turisti, sindaci e commentatori social - investendo di una commovente utilità sociale proprio la ciabatta. La sua, certo, ricamata con le iniziali d’ordinanza, ma dove FB, nell’estate 2020, non sta più per “Flavio Briatore” bensì per “Focolaio Billionaire”.

Il tutto ha inizio con le foto della sua pizza nel nuovo locale “Crazy pizza” a Montecarlo. Se non le avete ancora viste, immaginate di arrivare tardi dal lavoro e di dire a vostro figlio adolescente al telefono: “Scaldati una pizza surgelata che io faccio tardi!”. Vostro figlio accende il forno e nel frattempo torna a giocare a Fifa20 davanti al computer, si dimentica della pizza in forno e dopo 40 minuti si ricorda. Ecco, quella è la foto della pizza sponsorizzata sui social da “Crazy pizza” di Briatore. Che voglio dire, se riesci a vendere a 25 euro quella pizza a un armatore russo abituato a pasteggiare a caviale e da Flavio Briatore è convinto di mangiare la vera pizza italiana con mozzarella di mucche che da una tetta buttano fuori latte e dall’altra Dom Perignon 2006, sei sicuramente un genio. Un genio, però, che non tiene conto di due cose: della venerazione italiana per la pizza e della venerazione italiana per i delitti d’agosto, per cui l’omicidio della margherita perpetrato nella pizzeria di Briatore in piena estate, è diventato il tormentone del momento.

A Briatore, l’italiano medio, ha perdonato tutto, dall’amicizia con Donald Trump alle fughe nelle isole Vergini per sfuggire alle condanne al lifting che lo ha trasformato in Eric di Beautiful. La pizza cianotica, con la mozzarella che sembra il Vinavil quando si secca, non gliela perdoneremo mai. Mai. Neanche se convertisse il Billionaire in un monastero per la terapia del silenzio. Ma l’estate di merda di Briatore non si esaurisce con la pizza cagionevole. Briatore, col suo Billionaire, entra a gamba tesa anche sulla polemica relativa alle discoteche e alle decisioni di chiusura per il Covid. In particolare, se la prende col sindaco di Arzachena Roberto Ragnedda, colpevole di aver inasprito le restrizioni del governo in Costa Smeralda.

“Abbiamo trovato un altro grillino contro il turismo!”, ha tuonato Briatore in un video postato su Facebook. E poi: “A me spiace per i nostri clienti, la costa Smeralda si stava riprendendo, abbiamo portato giù i calciatori, non capisco è una vendetta? Questa è gente che non ha mai fatto un cazzo nella vita, Arzachena nessuno sa dove cazzo sia, la conoscono lui e due pecore!”.

Ora, a parte che Flavio Briatore è rimasto ancora a quell’idea di turismo per cui se non hai Bobo Vieri sotto l’ombrellone, non fai girare l’economia, a parte che ora che ha perculato i sardi, se vuole tornare in Sardegna, farebbe bene a fare un secondo lifting e ad assomigliare a Giuseppe Verdi, a Geppi Cucciari, a chi vuole, purché non a se stesso (cioè a Eric Forrester), c’è da dire che qui Flavio Briatore ha avuto anche un po’ di sfiga. Anziché trovare il sindaco remissivo e impressionato dalle parole di sfida dell’imprenditore famoso, gli si è parato davanti un formidabile paraculo che prima lo ha sbeffeggiato dicendo che nel suo video di invettive lo aveva scambiato per Crozza, poi, con l’efficacia del passivo aggressivo che usa l’arma del sarcasmo, ha osato l’affronto peggiore. Ha affondato: “Questa ordinanza serve a tutelare soprattutto gli anziani come lui”. Gli-anziani-come-lui. Roba che se prima Arzachena la conoscevano solo due pecore, dopo questa battuta la conoscono pure gli Uiguri in Cina.

Immaginate la botta. Uno che a 70 anni sceglie le fidanzate su TikTok, ha la faccia più tirata della pasta della sua Crazy Pizza, inizia e chiude tutti i suoi video con “Ciao Ragazzi!” convinto di avere il target di Benji e Fede, si sente dare dell’anziano da un giovane sindaco di provincia. Non solo. Il giovane sindaco lo ha pure incluso nella categoria da proteggere col tono paternalistico di chi parla ai vecchietti indifesi, cagionevoli, fragili che le generazioni più giovani devono difendere da questa brutta epidemia. Roba che Briatore deve essere andato subito a piangere in una capsula criogenica.

Tutto questo sarebbe già abbastanza per decidere in via definitiva che quella di Briatore è l’estate di merda più di merda che si possa immaginare, se non ci fosse stato un ulteriore colpo di scena: dopo aver invitato il sindaco di Arzachena a chiedere scusa ai suoi dipendenti, viene fuori che sei suoi dipendenti sono positivi al Covid. Quindi, al limite lui deve chiedere scusa ai suoi dipendenti e ai suoi clienti perché adesso ci sono decine, forse centinaia di persone che dovranno fare il tampone e finire in quarantena per essere state nei suoi locali. E a proposito di suoi locali. Se fossi in Briatore, già che ci sono, farei fare il tampone pure alla sua pizza: ha la cosiddetta “faccia che non mi piace per niente”.

Si scherza eh!

 



mercoledì 19 agosto 2020

Travaglio


mercoledì 19/08/2020
Draghi di Nazareth

di Marco Travaglio

Essendo, comunque la si pensi, un personaggio di alta qualità, Mario Draghi ha il suo bel daffare a schivare il pressing dei cortigiani che lo vorrebbero presidente del Consiglio e/o della Repubblica, ministro, supercommissario a qualsiasi cosa, ma anche presentatore del festival di Sanremo e di Temptation Island. Ieri mattina, per dire, non aveva ancora parlato al Meeting di Rimini e già i giornaloni, pur non avendo la più pallida idea di ciò che avrebbe detto, si avventuravano in tumide esegesi del suo pensiero, tanto ignoto quanto messianico e salvifico. Il Messaggero, in orgasmo, titolava: “Draghi apre il Meeting: in campo se il governo va in stallo sui fondi Ue”, “Atteso un discorso ‘programmatico’ dall’ex presidente della Bce, che aveva già avvisato: bisognerà convivere con il debito” (ammazza che volpe). E la Repubblica, in estasi mistica: “Il Meeting di Rimini nel segno di Draghi: ‘Può indicarci la via’”, “Vittadini: ‘Ha una visione’” (come i tre pastorelli di Fatima; e pare che senta pure le voci, tipo Giovanna d’Arco).

Poi Supermario ha parlato e non ha detto assolutamente nulla, anche se l’ha detto benissimo. Si capiva che lo faceva apposta, onde evitare che qualcuno gli affibbiasse discorsi programmatici, autocandidature di qua e di là, indicazioni viarie, visioni, apparizioni, divinazioni, annunciazioni, poteri paranormali, sedute spiritiche, messaggi medianici. Anzi, per dirla tutta aveva l’aria di prendere per i fondelli i seguaci non richiesti, pronunciando ostentatamente una serie di banalità come Peter Sellers nei panni del giardiniere Chance in Oltre il giardino. “Fintantoché le radici non sono recise, va tutto bene, e andrà tutto bene, nel giardino”, “Prima vengono la primavera e l’estate, e poi abbiamo l’autunno e l’inverno. Ma poi torna la primavera e l’estate”, diceva Chance: e tutti arrotavano la bocca a cul di gallina per la profondità delle metafore politico-economiche. Ieri Draghi l’ha imitato alla perfezione. “Sono tempi di incertezza, di ansia e di riflessione. Ma non siamo soli e la strada si ritrova certamente”: accipicchia. “Come diceva Keynes, quando i fatti cambiano, io cambio le mie idee”: perbacco. “I sussidi sono una prima forma di vicinanza della società a chi è più colpito, ma servono a ripartire, non resteranno per sempre”: perdincibacco. “Ai giovani bisogna dare di più”: di Ruggeri-Morandi-Tozzi. “Non dobbiamo privarli del loro futuro”: ma non mi dire. “Nel secondo trimestre 2020 l’economia si è contratta a un tasso paragonabile a quello registrato nella seconda guerra mondiale”: ma va? “Investire nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione e nella ricerca”: apperò.

“Affrontare insieme le sfide che ci pone la ricostruzione”, da cui “l’Europa può uscire rafforzata”, ma solo se non dimentica che “la responsabilità si accompagna e dà legittimità alla solidarietà. Perciò questo passo avanti dovrà essere cementato dalla credibilità delle politiche economiche a livello europeo e nazionale”, anche perché – beninteso – “la situazione di oggi richiede un impegno speciale”: mecojoni. Circonfuso da cotanta studiata vaghezza, Supermario se è ripartito da Rimini supersoddisfatto, convinto di aver messo tutti nel sacco. Tiè. Ma, subito dopo, la cascata di bava e saliva tracimante dalle agenzie di stampa e dai social eccellenti (“Ascoltare Draghi”, “Agenda Draghi”, “Io sto con Draghi”, “Mai più senza Draghi”), si incaricava di dimostrare che ogni suo sforzo era stato vano: apostoli, discepoli, agiografi e prefiche continuavano a tallonarlo con aria estatica, le mani giunte e il passo a ginocchioni, adoranti e petulanti come i seguaci di Brian di Nazareth, il personaggio dei Monty Python inopinatamente scambiato suo malgrado per il Messia. “Dicci, maestro, dicci qualcosa!”. E lui: “Andatevene via!”. “E come dobbiamo andarcene?”. “E io che ne so, lasciatemi in pace”. “Dacci un segno!”. “Ma un segno ce l’ha già dato portandoci in questo posto!”. “Ma non sono io che vi ci ho portati, ci siete venuti da soli!”. “Maestro, il tuo popolo ha camminato molte miglia per stare con te, sono stanchi e non hanno mangiato!”. “E non sarà mica colpa mia!”. “Ma non c’è cibo su questa montagna desolata!”. “Bah, ci sono dei cespugli di ginepro laggiù”. “Miracolo! Ha riempito di frutti quei cespugli che hanno generato bacche di ginepro!”. “Certo che hanno generato bacche di ginepro: sono cespugli di ginepro!”. “Non ci vedevo e ora ci vedo!” (il tizio non vede una buca e ci casca dentro). “Miracolo del Messia!”. “Mi ha pestato un piede!”. “Miracolo! Pesta un piede anche a noi, Signore e Messia!”. “Non sono il Messia”. “Sì, sì, tu sei il Messia, io me ne intendo perché ne ho seguiti parecchi”. “Io non sono il Messia, come ve lo devo dire? Lo giuro su Dio!”. “Soltanto il vero Messia nega la sua divinità!”. “Cooosa? Ma così state cercando di incastrarmi! E va bene, allora sono il Messia”. “L’ha detto! È lui! È il Messia!”. Ora, per sfuggire a quest’orda di zecche bavose e appiccicose, Supermario ha una sola via d’uscita: la stessa di Brian di Nazareth che, sfinito dagli stalker, prorompe in un liberatorio “E adesso andatevene tutti affanculo!”. E quelli, dopo un ultimo disperato tentativo (“Quale via ci consigli, o Signore?”), finalmente si disperdono. Oggi però l’esito è tutt’altro che scontato: siccome non siamo nella Palestina di duemila anni fa, ma nell’Italia del 2020, c’è pure il caso che qualcuno scambi l’eventuale vaffa di Draghi per un’autocandidatura al posto di Beppe Grillo.