mercoledì 31 gennaio 2018

Differenze


Raffreddore? Forte, dannato raffreddore? Nessun problema! Google sa tutto e allora: tisana allo zenzero con una fetta di limone. Preparazione: acqua calda, un cucchiaino di zenzero in polvere e appunto fetta di limone. Cinque minuti d’infusione dopodiché filtrare in una tazza ed il gioco è fatto. Almeno così sembra. Perché la differenza tra cucchiaino e cucchiaio a volte è fondamentale. E se si sbaglia ad esempio a buttare un cucchiaio di zenzero invece del cucchiaino beh! Può capitare che le labbra si gonfino e il malcapitato possa sentirsi come Louis Satchmo Armstrong dopo aver cantato e suonato Hello Dolly! 
.....
“Hello Dolly
This is Miss Dolly
It’s so nice to have you back where you belong...”

I soliti fondelli


La voglia di fregarsene è un crescendo simile a quelli di Ludwig; pensare ad altro, distrarsi, lasciar tutto a navigar senza comandante. Hanno fatto le liste elettorali, hanno deciso per noi, senza paura di venir sfanculati. Possono far tutto, si sentono al solito i signori della nostra socialità. Stanno emergendo impresentabili ovunque, al sud la situazione è tanto grave da richiedere un intervento Onu. 
Collusioni incredibili, gentaglia riverniciatasi e pronta a immergersi nuovamente negli sfrontati affarismi. 
Il bacino di voti è dannatamente viziato da privilegi ed impunità: chi volete che votino gentaglia evadente tasse da lustri? Quale sarà il loro riferimento se non il solito? E la percentuale di voti sicuri? Alta, purtroppo alta, visto che tanti, un buon 30% degli italiani è rassegnato e non partecipa al voto con un ragionamento che aiuta i ribaldi: di politica non me ne voglio interessare, dicono. Peccato che la loro assenza agevolerà tutti coloro che campano a sbafo eludendo un centinaio di miliardi di balzelli che ricadono su chi le tasse le paga con prelievo alla fonte. 
Quindi? 
Credo che la nausea debba arrivare ovunque, chiunque sia permeato di sani principi debba disgustarsi davanti a questa invereconda messa in scena. 
Gli avi ci guardano, osservano il decadimento senza fondo della politica italiana che riassumo:
Hanno fatto una legge creante una situazione di stallo, un immobilismo pericoloso che, come da copione, sarà risolto con la classica "mano sul cuore per il bene del paese." E la soluzione sarà il matrimonio tra il Pregiudicato e il Bomba, alla faccia di Salvini che si troverà nel bivio senza soluzione: abbandonare e andare all'opposizione o convivere con il PD. 
Siamo ad un mese dalla catastrofe: un pregiudicato, un Delinquente Naturale (cit. Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01/08/2013) sta ritornando in auge, tra l'indifferenza generale, pronto a ritessere trame, lucri e quant'altro per i suoi possedimenti. E ci tornerà forte del consenso popolare, obnubilato nella mente e nel cuore dalle cialtronerie che le sue televisioni spargono nel paese, e dalle palle faraoniche delle promesse improponibili che continua a sparare durante le servili interviste e che nessuno, nessuno, smaschera. 
Se la coalizione di destra arriverà al 40%, e gli manca poco, il problema non si porrà. Governeranno loro, assestando la spallata finale alla nazione. Viceversa, nel caso la maggioranza non venga raggiunta, ecco arrivare in soccorso il nipotino egoriferito che ha composto una lista elettorale di validi scudieri fedelissimi, pronti a rimpicciolirsi culturalmente per il più becero degli accordi. I segnali ci sono già tutti: Casini candidato a Bologna per la compagine di sinistra dopo aver confezionato una soap opera in Commissione Banche, un batuffolo di cipria leggero, pacioso, senza colpevoli, senza perdenti. L'unico che ha pagato, non essendo ricandidato, è il senatore Andrea Augello che durante l'inchiesta parlamentare ha svolto il suo lavoro con dovizia e serietà, attributi che non si addicono ad una carnevalata di quello stampo. 
La candidatura PD di Cosimo Ferri, magistrato vicino alla destra, sottosegretario nei governi Letta, Bomba e Gentiloni, messo lì a controllare, per evitare leggi pericolose per il Condannato. 
Tutto è pronto, anche Formigoni, Lupi e tutta la ciurma. 
A noi non resta che il dilemma: mi disinteresso o lotto per evitare questa disfatta morale? 
Non ho dubbi: nel mio piccolo continuerò ad attaccarmi come un gatto ai loro genitali. Costi quel che costi!  
  

Articolo Padellaro


mercoledì 31/01/2018
CARO DIARIO ELETTORALE
La toilette dell’inciucio tra Lotito e Renzusconi

di Antonio Padellaro

Il candidato di Forza Italia, Claudio Lotito, che all’assemblea Federcalcio organizza animate riunioni nella toilette, è l’immagine cruda di ciò che si muove dietro le quinte (o forse più precisamente nei wc) di queste elezioni. Mentre ai piani superiori ferve la partita incertissima del governo, là di sotto, lontano dagli sguardi indiscreti, già si sperimentano le larghe intese per la spartizione delle stanze che contano. Per quella del calcio (tra le dieci imprese più ricche della nazione, 15 miliardi di fatturato) i giochi sembrano a buon punto. Non lasciatevi ingannare dall’annunciato commissariamento della Figc da parte del presidente del Coni Giovanni Malagò (il Richelieu dei Parioli) utile a tenere sgombre le poltrone di vertice una volta scavallato il voto del 4 marzo. Nelle formazioni del Nazareno pallonaro, la squadra più attrezzata appare quella berlusconiana, composta dal presidente della Lazio Lotito, da Cosimo Sibilia (Lega Dilettanti) e da Adriano Galliani (protesi umana dell’ex Cavaliere), tutti prossimamente attesi in Parlamento. Con i renziani corre Luca Lotti: per lui nel caso probabile dovesse lasciare l’incarico di ministro dello Sport (proprio a Galliani) l’inciucio prevede un incarico di vertice in via Allegri. Basta leggere i giornali, del resto, per rendersi conto che non c’è ancora il governo di garanzia (auspicato dal presidente Mediaset, Fedele Confalonieri proprio sulle colonne del Fatto) ma si lavora con impegno per garantire gli interessi di Renzusconi. In Viale Mazzini, neanche a dirlo, dove viene dato in arrivo alla guida di Rai Pubblicità, munito forziere del servizio pubblico, Mauro Gaia considerato molto vicino al segretario del Pd. E dove l’amichevole contraltare al Giglio spelacchiato potrebbe essere Arturo Diaconale, attuale membro del Cda, candidato forzista alla Camera nonché uomo della comunicazione della Lazio di Lotito. Che tutto o molto dunque possa incastrarsi nel risiko del potere non è certo una sorpresa o una novità in un paese geneticamente predisposto all’utile scambio di favori. Pratica per la quale sono state vivamente sconsigliate le “teste calde” (precisa richiesta giunta da Arcore ai plenipotenziari delle liste), e a cui Renzi si è subito predisposto con la blindatura dei gruppi parlamentari. Perciò se anche il Pd finisse sotto la tragica soglia del 20 % (come preconizzato da qualche sondaggio) l’importante è: primo, che il 5 marzo non vinca realmente nessuno; secondo, che gli eletti siano di obbedienza pronta, cieca e assoluta. A questo almeno si lavora nelle toilette della campagna elettorale.

E un colpo alla botte!



Ricordi


Si, si! Io sono pronto! 


martedì 30 gennaio 2018

Freddura



Prime notizie



Lo strano divenuto normalità




E' sempre la solita musica: ci si altera, quasi nauseandosi, invocando proteste di massa, riunioni, scioperi, blocchi e quant'altro. Poi, come un refrain soporifero, ci si acquatta, silenti, entrando nella spirale della normalità. 
Il caso più eclatante degli ultimi tempi è la disgustosa legge elettorale, pensata, direi meglio covata, da quattro cialtroni al bar, estraniante il popolo sovrano dal più alto diritto che la Costituzione gli riserva: il voto elettorale. 
Ce lo hanno tolto, sminuzzandolo in coriandoli per l'alterigia altrui, senza scelta. Abbiamo permesso loro, con blasfema noncuranza, che ciò avvenisse, senza polemiche, senza alcuna fermezza. 
Ci hanno spogliato di un sacrosanto diritto, hanno creato un giochetto che permetterà a tanti di loro di tornare per l'ennesima volta a farsi i cazzi propri fingendo di curarsi del territorio votante in cui sono paracadutati. 
Ma che razza di paese siamo! 
In Emilia toccherà votare per quel Piero Fassino in politica dal 1983, ex berlingueriano, poi nattiano, ochettiano insomma: aggiungete tutti i segretari pci, ds, pd e mettete in fondo al loro cognome "ano" e avrete la carriera politica di questo brontosauro! 
E che dire della bistrattata Dotta, la città rossa per antonomasia costretta, circuita a votare tal Pierfi Casini, dal passato lindo e bianco, essendo stato il delfino di Forlani, per poi divenire sodale con il Puttaniere e poi, con un doppio carpiato, entrare nel nano partito della Lorenzin per trasformarsi in un compagno rosso nella terra più rossa? 
E l'abbacinante Etruriana, già ieri in terre bolzanesi a infondere verbo e pensiero aureo come se non vi fosse nulla di strano nel candidarsi in Trentino per un'aretina di Laterina come lei; e con una punta di modestia, ne è tanto pregna il sottosegretario, "credo di conoscere bene l'Alto Adige, ci vengo in vacanza" e poi " è giusto che i migliori vengano posizionati in varie luoghi."
Avremo comunque modo di monitorare tutti, ma proprio tutti questi signori del voto diversamente democratico! 
Monitoreremo con un unico scopo: renderci conto di come veniamo palesemente umiliati, ogniqualvolta entrano in gioco i nostri diritti costituzionali.  

lunedì 29 gennaio 2018

Foto


Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!

(Dante Alighieri - Divina Commedia - canto VI Purgatorio)

domenica 28 gennaio 2018

I segni


I segni, i segni anzitutto: Andrea Augello, colui che mise in difficoltà la Bella Etruriana in Commissione d’inchiesta Banche, colui che fece emergere le storture tra Consob e Banca d’Italia non sarà ricandidato nel centro destra, grazie al veto di Frankestein-Ghedinj e Lacchè-Tajani; come potrebbe infatti far parte della compagine uno che rettamente svolse il suo mandato? Giammai! 
I segni, i segni anzitutto: il Bomba candida in Sicilia i soliti noti, gli accaparratori di voti: Pietro Navarra figlio del barone medico messinese,  nipote del boss Michele che dopo la guerra comandò a Corleone. E poi i Cardinale, e tutta l’altra paranza.
I segni, i segni anzitutto: Casini a Bologna (per questo pare si stiano rivoltando nelle tombe molti padri nobili), l’ex forzista, alfaniana ministro della salute con solo la maturità classica e fondatrice di un nano partito Beatrice Lorenzin, e poi la ripetente Micaela Campana, famosa per chiamare Capo il Buzzi ancora in galera per mafia capitale e per aver risposto con  39 “non ricordo” alle domande dei giudici nel relativo processo romano. E poi Pittella, 007 Boschi in incognito a Bolzano per evitare figuracce, tutti i ministri così perfetti, intellettuali, sagaci da commuoverci e tra cui spiccano “Control C Madia” e la trasformatrice di guerre in missioni di pace nonché acquirente di F35 Gianna&Pinotti. 
Ma c’è una candidatura che più di ogni altra pare annunciare lo spettacolo a cui assisteremo tra poco più di un mese: il cuneo del berlusconismo dentro alle macerie dell’ex sinistra, la sonda inserita nei finti avversari in grado di controllare che, in modalità insalubre, qualcuno possa pensare leggi a sfavore del tiranno dell’Era del Puttanesimo: Cosimo Ferri, magistrato, della corrente di destra, portato nel PD quale garanzia per le nozze future. I segni, i segni anzitutto: dal 4 marzo i piccioncini si uniranno con amore per una mefitica alleanza scardinante quel poco di dignità ancora presente nel nostro paese. Per il bene loro e della tanto amata casta immota.

Stralcio riflessivo


“Nel distretto di Palermo si registra un incremento del 97% di procedimenti per reati di corruzione, del 77% per i reati di concussione, del 27% per i reati di malversazione a danno dello Stato e di indebita percezione dei contributi (…). Il numero dei soggetti coinvolti, i ruoli apicali o strategici da tanti di essi ricoperti all’interno di ministeri nazionali, di vari assessorati della Regione siciliana, della più diversa tipologia di uffici ed enti pubblici – dai Comuni alle Asl, dal Genio Civile alla Inail e via elencando, la serialità delle condotte criminose, la vastità delle reti di relazioni e di complicità, la rilevantissima entità economica dei danni causati dalle condotte criminose all’Erario e alla collettività, ricompongono – tessera dopo tessera – il quadro di un collasso etico e di una deriva criminale di segmenti significativi della classe dirigente.

La crescita costante di tale fenomenologia criminale, in larga misura sommersa (nell’ultimo triennio l’andamento di crescita a Palermo è stata del 23%) attesta che anche in questo settore la giustizia penale non riesce ad assolvere la funzione general-preventiva di disincentivare la consumazione dei reati con la minaccia dell’irrogazione delle sanzioni e la loro successiva comminazione.

Il deficit degli effetti della risposta penale in tale specifico settore appare il risultato di politiche legislative stratificate nel tempo che hanno depresso ai minimi termini in vari modi il rischio ed il costo penale derivanti dalla consumazione di tali reati, alimentando così la crescita di una cultura impunitaria che, a sua volta, ha operato da propellente per la crescita del fenomeno (…). In un paese caratterizzato da un livello di corruzione tra i più elevati al mondo, il numero di persone detenute in espiazione pena definitiva per i reati più gravi contro la P.A. è statisticamente talmente irrisorio da non essere neppure quotato. I pochi condannati con sentenza definitiva, quelli nei cui confronti si è reso possibile definire i tre gradi del giudizio prima che intervenisse la prescrizione, sono pressoché tutti ammessi a usufruire di misure alternative alla detenzione che dovrebbero risocializzare e rieducare alla legalità mediante l’istruzione e il lavoro colletti bianchi altamente scolarizzati, di reddito elevato e già professionalmente realizzati.”

(Roberto Scarpinato - Procuratore Generale Corte d’Appello di Palermo)

sabato 27 gennaio 2018

Dubbi ferroviari



Poesia



L’Etruriana vien di notte
in tacco dodici a frotte 
Vien calata dal camino
dentro il seggio clandestino
Non la smuove manco l'alano
nel dorato di Bolzano

Con le banche ha confidenza
ma a Bozen c’è diffidenza
Pur studiando come matta
resta acerba e tanto sciatta
Il suo Bomba l’ha piazzata
per vederla santificata

Col sorriso luccicante
rifarà un lustro scintillante
Tralasciando promessa di ritiro
in anonimo a Roma andrà in giro
a cercar bisso e poltrona
per famelica ambiziona

La vedrem dorata e principesca
ammaestrarci lucente e fiabesca
ripetendo a perdifiato 
le parole del suo amato.
Per il bene del partito le sue gesta
baluardo saran all’amata casta

Siam contenti di ammirarla
lei che sempre in risa parla
Le sue tesi e i suoi pensieri
ammalian frotte di scudieri
auspicando rosea tendenza

al fin di ritrovarla in Presidenza!

Pappaparaparappapara!



Pensieri rosati



Memoria, Memoria, Memoria!



Sabato scanziano


sabato 27/01/2018
Rotta, il Rosatellum e la slavina sul Pd

di Andrea Scanzi

Due mattine fa ero a L’aria che tira. Ho accettato unicamente perché, tra gli invitati, c’era Alessia Rotta. Assieme al salumaio della Rassinata e a Jimmy Il Fenomeno, è la mia statista di riferimento. Per distacco. Lei non è solo un politico: Lei è un faro nella notte. Lei è un “carro armato a vele spiegate”, per dirla con Spillo Altobelli, che però a dirla tutta parlava non della Rotta ma dell’Inter.

Per chi non lo sapesse, e in questo caso dovrete vergognarvi, Alessia Rotta è una politica di spicco del Partito democratico. Deputata, è nata a Tregnago (Verona) nel 1975. Dopo una carriera indimenticabile come giornalista presso Telearena, si dedica per la gioia di tutti alla politica. Le sue credenziali indiscutibili le garantiscono l’attenzione di Renzi, che quando c’è da indebolire una classe dirigente non ha rivali. Il Diversamente Statista di Rignano, nel dicembre 2013, la vuole nella Direzione Nazionale del Pd. Nel settembre 2014, all’apice del renzismo, Renzi la nomina pure membro della segreteria nazionale del Pd “con delega alla comunicazione”. È un altro dei suoi atti masochistico-compulsivi. Infatti i risultati si rivelano subito straordinari: ogni volta che qualcuno del Pd parla in tivù, migliaia di elettori votano tutto tranne che il Pd. Negli anni ruggenti della Rotta le sconfitte pidine si susseguono, fino al meraviglioso golgota del 4 dicembre 2016.

Da allora la Rotta dirada le comparsate televisive, per poi essere ingiustamente defenestrata da Renzi, che la lascia sì dentro la Direzione Nazionale ma che la toglie dalla Segreteria. E le sfila pure la mitologica delega alla comunicazione. Mannaggia. Per la Rotta comincia così un mesto pascolare televisivo. Fino a due mattine fa.

Sono in collegamento da Arezzo e non vedo l’ora che Lei parli. C’è grande attesa, un po’ come quando sta per comparire Antonio Socci in tivù. Però un po’ meno. Accanto a Lei, in studio, scorgo Roberto Arditti e Nicola Fratoianni. Anche loro sono emozionati: non capita a tutti di avere accanto la nuova Nilde Iotti. La Rotta prende la parola e picchia subito giù duro: “A fare la differenza, nella prossima campagna elettorale, sarà la serietà dei politici”.

Parole forti, e ancor più a caso. Daje Alessia. Che poi, se davvero la “serietà” fosse il discrimine politico, il primo a rimetterci sarebbe proprio il Pd: in un amen passerebbe dal 20% o poco più al meno 7%. Cosa c’è di meno serio di Renzi, delle sue promesse disattese, delle sue bugie a raffica? La puntata va avanti e mi danno la parola. Ricordo che, a voler essere neanche troppo cattivi ma giusto realisti, spedire l’ineffabile Boschi a Bolzano in un seggio blindato non è granché “serio”. Ora tocca alla Rotta replicare. Solo che Alessia non ha la battuta pronta. La vedo in difficoltà: come sempre, ma più di sempre. Probabilmente la Boschi non la sopporta neanche lei e tutto vorrebbe, fuorché star lì a difendere in tivù una che i voti non li porta ma li toglie. Così, in un mirror climbing straziato e straziante, Alessia prova a dare a caso la colpa alla legge elettorale: una legge così odiata dal Pd da farla passare con 178 fiducie. Quindi, all’interno di un monologo così inefficace che in confronto Razzi è Abramo Lincoln, la Rotta arriva a dire: “Non è la nostra legge elettorale”. Così. Testuale. Myrta Merlino tradisce un accenno di svenimento, Arditti si accartoccia sulla sedia, Fratoianni sbrocca come un Trotzkij giustamente livido. La Rotta però resiste: “Noi non la volevamo. La nostra legge era l’Italicum”. Che era pure peggio. Infatti era stata pensata (parola grossa) solo per la Camera, dando comicamente per scontato il “sì” del 4 dicembre. E infatti è stata bombardata dalla Consulta.

Mentre Fratoianni bestemmia ormai in aramaico, la Rotta asserisce che loro volevano il Mattarellum e che poi si erano pure spostati democraticamente verso una legge diversa, solo che quei sudicioni dei 5Stelle l’avevano affossata. Vorrei ricordarle che il Mattarellum non lo voleva il Pd, ma solo una parte minoritaria di esso. Vorrei aggiungere che a far saltare il Tedeschellum è stato il Pd, prendendo a pretesto un emendamento sul Trentino Alto Adige. E vorrei infine rimarcare che la nuova legge elettorale (empia a volerle bene) si chiama “Rosatellum”, e non “Fratoiannum” o “Scanzinellum”, perché l’ha partorita un altro insigne luminare del Pd. Ma è tutto inutile, un po’ perché ci pensa già Trotzkij Fratoianni a sbugiardarla e un po’ perché parlare con Alessia Rotta è inutile di per sé: ontologicamente. Poveri renziani: non solo sono dentro una slavina elettorale che pare senza freni. E non solo sono la peggiore classe dirigente politica di sempre. Sono pure messi così male da doversi costantemente dissociare da loro stessi. Sia loro lieve il 4 marzo.

venerdì 26 gennaio 2018

Stesso copione


Si continua a morire in questo paese deragliato dalla giusta via, si continua a soffrire su queste lande di nessuno, a causa di scelleratezze, d’insani principi riconducibili alla voracità, all’inettitudine di gentaglia senza dignità. Si viaggia su treni obsoleti, si sta ammassati come bestie dirette al macello, consapevoli che da molto tempo ormai il trasporto pubblico, in special modo quello su rotaie, è divenuto di casta. Nessun padre, nessun saggio, nessun normodotato penserebbe mai di abbellire il solaio, il tetto avendo una dimora fatiscente. E invece qui ad Alloccalia succede questo, tra l’indifferenza generale: abbiamo linee ancora non elettrificate, binari unici, carrozze degli anni ‘60 e che han pensato i nostri nobili condottieri? All’Alta Velocità nei tratti importanti, al costo costruttivo al chilometro di due o tre volte quelli di Francia e Spagna. Non solo: il mega progetto Tav il quale, dopo 25 anni di ritardo, non servirà più a nulla se non a saziare gli orchi famelici attorno a noi. Si continua a morire perché la parola manutenzione è divenuta oggetto di sberleffo, tanto stride con le nuove concezioni imprenditoriali. E state certi che a breve inizierà il solito, classico, malvagio balletto scaricante responsabilità, allontanante colpe, pene e licenziamenti di bifolchi scaldanti posti elargenti stipendi inverecondi. Qui in Italia, pardon, in Alloccalia la vergogna non è più di casa. Solo la morte di lavoratrici, solo le ferite d’incolpevoli pendolari è il refrain costante, doloroso e incivile, a breve attorniato da costernazione, lacrime solidali dei soliti e noti coccodrilli infami, dannatamente immoti.

In treno



Mitico Marco!


Questa frase è da Oscar!   
“anche perché Maria Elena nostra, se non venisse eletta, tornerebbe a fare l’avvocato. E non so voi, ma io, piuttosto che da lei, mi faccio difendere da Taormina.”

venerdì 26/01/2018
Bolzano, provincia di Laterina

di Marco Travaglio

“Non ci sono paracadutati. Si va sul territorio e si guardano in faccia gli elettori” diceva Matteo Renzi il 6 settembre 2015, per segnare il nuovo corso del suo Pd che “cambiava verso” dai malvezzi del passato. Quelli dei “soliti noti” (li chiamava così) che pur di non farsi “rottamare” (parlava così) si candiderebbero in capo al mondo per impedire al loro “territorio” di “guardarli in faccia”. Roba da “vecchia politica” (diceva così), tipo quel D’Alema che – gli rammentò Renzi l’11 giugno 2016 – “ci mandò Di Pietro al Mugello!”. Eh già: nel 1997 i poveri mugellesi dovettero votare quel putribondo figuro che aveva fatto l’inchiesta Mani Pulite e peraltro, essendo più popolare di padre Pio, sarebbe stato eletto anche nei collegi di Arcore e di Hammamet (i Ds lo candidarono nel Mugello non per garantirgli l’elezione lontano da casa, ma perché lì si tenevano le elezioni suppletive per sostituire il senatore Arlacchi e in quelle generali del 1996 l’ex pm non aveva voluto candidarsi perché era sotto indagine e voleva attendere di essere prosciolto). Ora naturalmente, siccome non se ne può più di questi paracadutati, Renzi paracaduta Maria Elena Boschi a 340 chilometri dalla natia Laterina (Arezzo), in quel di Bolzano.

Eppure il 21 dicembre scorso aveva giurato a Tgcom24 che “un politico si fa giudicare dai cittadini, saranno gli elettori a giudicare non solo Maria Elena Boschi, ma tutti noi. Questa discussione per noi non esiste. Saranno gli elettori a decidere se Boschi debba essere riportata in Parlamento o no”. Si era scordato di aggiungere che parlava non degli elettori aretini, ma di quelli che parlano tedesco, noti (almeno finora) per eleggere sempre e solo chi vuole la Südtiroler Volkspartei, di cui Renzi&C. si sono riassicurati i servigi con un’infornata di marchette alla modica cifra di 6 miliardi e rotti: dalle indennità ai consiglieri di Stato residenti a Bolzano alle norme fiscali agevolate per l’Alto Adige, dai fondi per l’apicoltura montana all’autonomia plenaria delle province autonome di Trento e Bolzano sulle concessioni autostradali, dalla proroga di 30 anni per l’Autostrada del Brennero A22 ai favori anti-mercato alle banche cooperative locali. Ora gli elettori alto-atesini hanno almeno 6 miliardi di buoni motivi per votare Boschi. E pazienza per il segretario della Svp, Philipp Achammer, che otto giorni fa diceva di “attendere dal Pd una proposta di candidatura di elevata credibilità autonomista” e s’è ritrovato un bel pacchettino già confezionato e infiocchettato.

Edentro c’è la Boschi, la nota autonomista che nel 2014 alla Leopolda si disse “favorevole alla soppressione delle autonomie speciali”. E pazienza anche per il segretario del Pd bolzanino, Alessandro Huber, che fino all’altroieri stava cercando “un candidato locale, come ci era stato richiesto”, quando ancora sperava che Miss Etruria venisse dirottata dove scrivevano i giornali: in Umbria, o nel Lazio, o in Basilicata, o in Sardegna, o in Lombardia, o in Campania, o ad Ascoli Piceno, o in uno qualsiasi dei capoluoghi toscani eccetto Arezzo. Evidentemente, quando Renzi citava i “territori”, parlava in generale, nel senso di uno a caso, come viene viene. E quando chiedeva che “sia consentito ai cittadini di scegliere i parlamentari in modo libero, un po’ come succede nei Comuni” (26.4.2012), diceva così per dire. Certo, ora diventa però vieppiù incomprensibile il senso delle supercazzole renziane sulla Boschi che faceva il giro delle sette banche (più Consob) per salvare Banca Etruria dall’eventuale fusione con la Popolare di Vicenza “a nome dei suoi elettori” (che peraltro non esistevano, nel sistema dei nominati dal Porcellum), del suo “territorio” e in particolare degli ormai leggendari “orafi aretini”. Ora che gli orafi aretini potrebbero finalmente ricambiarla a suon di voti per cotanto attivismo, Renzi gliela sfila da sotto il naso e la spedisce a Bozen. Massì, in fondo un “territorio” vale l’altro.

Quando invece Matteo nostro diceva che “un cittadino deve poter guardare in faccia i propri rappresentanti: poi, se fanno bene li conferma, se fanno male li manda a casa e magari i politici proveranno l’ebbrezza di tornare a lavorare, che non è un’esperienza mistica, la fanno tutti gli italiani ogni giorno e possono farla anche i politici che perdono le elezioni” (26.4.2012) e che “i candidati nei collegi dovranno tornare a guardare in faccia gli elettori, mentre prima veniva eletto il numero 27 di una lista che nessuno, magari, aveva mai visto” (4.11.2015), pensava a tutti fuorché alla Boschi: anche perché Maria Elena nostra, se non venisse eletta, tornerebbe a fare l’avvocato. E non so voi, ma io, piuttosto che da lei, mi faccio difendere da Taormina.
Renzi diceva anche che, per evitare i nominati dall’alto, “il Pd ha già assicurato che faremo le primarie per i parlamentari, come del resto ha fatto per primo Bersani: diamo a Cesare quel che è di Cesare” (21.1.14). E non so voi, ma io le primarie di Bersani di cinque anni fa me le ricordo, mentre ora quelle di Renzi non le ho proprio viste: a meno che Renzi riunito con se stesso in una stanza per compilare le liste del Pd non si chiami “primarie”. Il che non è affatto escluso.
Ah, dimenticavo: il 3 aprile 2011 il Bomba annunciava “un tetto di tre mandati parlamentari, senza eccezioni”. Non poteva immaginare che il Pd sarebbe finito tra le grinfie di un oligarca che ora fa eccezioni e deroghe à gogo per ricandidare, anzi rinominare Gentiloni, Minniti, Pinotti, Franceschini, Zanda, Giachetti, Realacci dopo 4 legislature e Fassino dopo 5. Indovinate come si chiama.

giovedì 25 gennaio 2018

El Diablo Davos




Se socchiudo gli occhi, me li immagino: riuniti, accoccolati alle loro sterminate carte di credito, solari attorno agli abiti firmati, impreziositi da noci diamanti, pregni di potere, di fama, di voglia inestinguibile di soverchiare inferiori, possedenti conti correnti fuori da ogni immaginazione, lontani dalla realtà come Orfini dal decisionismo, o il Delinquente Naturale (cit. "Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01/08/2013) dalla Verità.
Sono i partecipanti all'"Inchiappettamento Globale" conosciuto anche come World Economic Forum, in svolgimento a Davos, paesino alpino della madre di tutti gli inchiappettamenti, la Svizzera. L'entusiasmo rasenterà la Ola brasiliana! Come ha comunicato raggiante Christine Lagarde, presidente del Fondo Monetario Internazionale, la crisi è alle spalle! Si! Alle spalle! Un incremento di ricchezza mondiale addirittura del 2,2%!
Poco importa se l'82% di questa nuova opulenza se l'è pappata solo l'1% degli umani! Non ha nemmeno alcun valore pensare che quattro giorni di stipendio di un top manager equivalgano al guadagno di una vita di un operaio comune! Ma checcefrega! Stanno bene qui a Davos, sono fieri del loro operato e le piccole, impercettibili ombre, che so: precariato, disoccupazione, fame, carestie; tutte quisquilie, fregnacce! 
L'importante che la crisi sia passata, che i ricconi di Davos, i saggi governanti, gli illuminati economisti siano contenti! D'altronde i macchinisti di questa splendida economia mondiale, di questa visione meravigliosa globalizzante ogni sogno, sono loro. A loro sono stati consegnati i timoni, per la giusta rotta. 
Siamo in un'era meravigliosa, guardando da Davos: arabi pronti a pagare cauzioni da un miliardo di dollari per riacquistare la libertà, come è accaduto recentemente in Arabia Saudita. E il Quatar che si sta preparando ai Mondiali di calcio del 2022, costruendo stadi ipertecnologici usufruendo della manovalanza di migliaia di pakistani, di filippini, pagati qualche spicciolo e morenti in grande quantità nell'indifferenza generale? E i paradisi fiscali che succhiano risorse, evitano balzelli che ricadono sulla bassa-media classe lavoratrice? E la moda, si la moda che fa confezionare scarpe, vestiti, borse, cinture a giovanissimi pagandoli due o tre ninnoli per poi rivenderli a prezzi tanto alti quanto merdosi? 
Vogliamo dimenticarci del Pil, della famelica corsa all'acquisto, al possedere due, tre televisioni, auto e quant'altro? E come non ricordare le periferie delle metropoli, quei poveracci tagliati fuori da tutto, emarginati come le becere caste indiane? E il diritto allo studio ad esclusivo uso dei figli dei riccastri? E le multinazionali farmaceutiche, le loro nobili gesta lontane anni luce dal lucro? 
Sono fermamente convito che l'euforia che emana il Forum economico di Davos debba essere condiviso da tutti noi, senza esclusioni di sorta. 
Siamo l'umanità 2.0, che cammina, prospera, cresce sullo stesso pianeta. Più o meno, è così!
Grazie Davos!   

Commenti memorabili



Inconveniente tecnico




L’inconveniente a cui fa riferimento Trenord trattasi di un deragliamento di un treno con 2 morti e un centinaio di feriti avvenuto questa mattina verso le 6 a Pioltello. Inconveniente tecnico.. ma vaffanculo Trenord!

Articolo interessante culturalmente


Censurare Céline non ferma il razzismo
di Daniela Ranieri

La decisione della casa editrice francese Gallimard di non pubblicare più gli Scritti polemici di Louis-Ferdinand Céline dopo la gragnola di polemiche che ne sono seguite non è, a nostro avviso, un coscienzioso atto di profilassi anti-antisemita, bensì un grave sintomo dei tempi.
Gli scritti, che contengono i pamphlet più virulenti di Céline (Bagatelle per un massacro, del 1937, La scuola dei cadaveri del ’38 e La bella rogna del ’41) finora conservati dalla vedova ultracentenaria Lucette e mai pubblicati, sono stati ritenuti troppo scandalosi per essere stampati e venduti nelle librerie di Francia. I sopravvissuti alla Shoah li hanno definiti “un’incitazione all’odio razziale”, e il governo, nella persona del delegato interministeriale contro il razzismo, ha convocato l’editore, che è stato costretto ad annunciare la “mancanza delle condizioni di serenità” per lavorare su una materia tanto incandescente. E così, contrariamente a quanto avvenuto in Germania nel 2016 quando uscì l’edizione critica del Mein Kampf di Hitler, gli scritti odiosi e radicali di Céline non vedranno la luce.
È vero: Bagatelle per un massacro è un libro pieno d’odio. Per Céline, gli ebrei sono “quelli che contano”, “non i decoratori, i giardinieri, i facchini, gli sterratori, i fabbri, i mutilati, i portinai… insomma… la manovalanza… No! Ma tutti quelli che ordinano… che decidono… che intascano… affaristi, direttori, tutti giudei… completamente, semi, un quarto di giudei”. (Come si vede, è facile procurarsi una copia non autorizzata del libro anche senza il permesso dall’alto). La sua è una farneticante rivolta contro “il potere”, scritta tre anni prima che i nazisti annunciassero “la soluzione finale”. Ma quale logica sottende la scelta di equiparare l’espressione dell’odio, fosse anche la più ributtante, all’azione d’odio, che esistono leggi per perseguire e galere per contenere? Quale, se non quella di ammettere che le istituzioni democratiche (e in esse la scuola) hanno fallito la loro missione e temono che le parole di uno scrittore possano farle crollare? Che non hanno più gli strumenti per insegnare la Storia se non quello della messa all’indice dei libri sgraditi, versione sterile e “corretta” dei roghi nazisti?
Pensare che inibire la conoscenza di Céline possa frenare i rigurgiti di antisemitismo presuppone la considerazione dei lettori come di eterni fanciulli ai quali vadano vietate le letture oscene. È la pratica preferita dall’Inquisizione, e non ha mai significato progresso. La messa al bando si fonda sulla tesi del contagio: chiunque tocchi il maledetto Céline, ne inala l’infezione e la porta nel mondo.
Sennonché i libri di Céline, da Viaggio al termine della notte a Rigodon, sono di una incontroversa grandezza, veri capolavori di rigore, fantasia allucinatoria, abiezione e cristalizzazione ossessiva. Gli scritti che Gallimard rinuncia a pubblicare sono un documento che appartiene all’umanità, davanti al quale si prova incanto, repulsione e vertigine. Perché privare il lettore dell’esperienza etica e estetica di venire in contatto e se necessario alle mani con esso?
Martin Heidegger, il filosofo tedesco che giurò fedeltà al Terzo Reich, era antisemita. I quaderni neri ne sono una testimonianza agghiacciante. Vietiamo il suo insegnamento nelle università? Richard Wagner organizzava con la moglie Cosima cene con i peggiori editori di fine Ottocento (disprezzati da Nietzsche) per discettare di quanto fossero pericolosi gli ebrei. Distruggiamo il Lohengrin? Lo Shylock di Shakespeare è un usuraio ebreo di fine Cinquecento pronto a tagliare “una libbra esatta della bella carne” dal corpo di Antonio per riscuotere un debito. Chiediamo a Nardella di trasformare Shylock in un norvergese luterano, in un cubano sincretico, in un musulmano? (Dio ne scampi).
Difficile credere che i fascistelli che oggi impestano le città occidentali, per avere forza dei loro non-argomenti, leggano Céline traendo ispirazione dalla sua scrittura sublime e oscena. O che dopo la lettura de La bella rogna una persona sana di mente vada in giro a negare o giustificare i campi di sterminio. O che l’ignorante candidato della Lega Fontana, che farnetica di “razza bianca”, sia un acuto compendiatore di Céline.

La strada per un rifiuto eterno dell’antisemitismo non è la censura, né l’oblio a cui non la scelta libera dei lettori, ma una censura “dall’alto” vuole consegnare le opere antisemite. Al contrario, la strada per formare una coscienza critica nelle generazioni a venire è la conoscenza. La letteratura non è edificante, non è la somma dei manuali di educazione civica di una società. È sperimentazione, affronto, effrazione; è il tentativo di descrivere l’esperienza del limite, e compito dell’arte più grande è metterci di fronte a ciò che c’è di abissale in noi, proprio perché sia chiaro, anche nel modo più violento, che niente di ciò che umano ci è estraneo.

Scherzi d'altitudine



Pensieri rocciosi



Oggi sono due anni!



mercoledì 24 gennaio 2018

In effetti...



Scomparsa



Belin che botta!


Questo è un articolo di Massimo Fini pubblicato ieri sul Fatto Quotidiano. Tenetevi forte! 

IL RISCHIO CHE TORNI IL DELINQUENTE

di Massimo Fini 

Parlando alla kermesse del Movimento animalista, Silvio Berlusconi ha definito “criminale” la sentenza di condanna che gli impedisce di fare il premier. “Criminale” non è la sentenza, ma questa affermazione. Nessun cittadino di uno Stato può esprimersi in questi termini nei confronti di una sentenza definitiva della magistratura di questo stesso Stato. Perché vuol dire che non crede alla legittimità della magistratura, delle leggi, votate o confermate dal Parlamento, sulle quali è chiamata a prendere le sue decisioni, delle istituzioni e dello stesso Stato che le ricomprende.
Un soggetto del genere è, concettualmente, un terrorista e dovrebbe, come coerentemente fecero al loro tempo i brigatisti, darsi alla clandestinità. Invece Silvio Berlusconi pretende di fare il presidente del Consiglio di uno Stato a cui non crede, che non rispetta, che considera “criminale”.
Sempre in quell’occasione Berlusconi ha affermato che i Cinque Stelle “non hanno valori né princìpi”. Per la verità almeno un valore, espresso in un modo anche troppo ossessivo, nelle parole e nei fatti, i Cinque Stelle ce l’hanno, ed è quello della “legalità”. Capiamo perfettamente perché, in questo senso, un tale valore sia particolarmente ostico per Berlusconi. Vorremmo anche sapere a quali valori si ispira un uomo che è stato dichiarato “delinquente naturale” da un Tribunale della Repubblica italiana, che ha usufruito di nove prescrizioni per i più diversi reati (e in almeno tre casi la Cassazione, quest’organo “criminale”, ha accertato che Berlusconi quei reati li aveva effettivamente commessi, anche se, per il tempo intercorso, non erano più perseguibili), che ha tre processi in corso. Io richiamo spesso, probabilmente con una certa sorpresa di qualche lettore, la figura di Renato Vallanzasca. Perché Vallanzasca non ha mai contestato il diritto dello Stato a punirlo per i suoi crimini, a differenza di Berlusconi e dei terroristi. Vallanzasca ha un’etica, sia pur malavitosa. Berlusconi è solo un malavitoso.
Vorremmo anche sapere che valori umani ha un personaggio che, approfittando delle condizioni di inferiorità della sua vittima, ha truffato una minorenne orfana, in circostanze drammatiche, di entrambi i genitori, come ha accertato la Corte di appello di Roma che ha assolto Giovanni Ruggeri (Gli affari del Presidente-Avvoltoi sulla preda, Kaos Edizioni), L’Espresso e me che quella truffa avevamo pubblicamente denunciato (sentenza del 2.5.08). E che, in un’occasione più recente, mostrando un altrettale cinismo, ha gettato una minorenne nelle braccia di una puttana. Berlusconi ha anche definito i Cinque Stelle “una setta”. È comico che un partito che prende più di otto milioni di voti sia definito “una setta” da un altro che, se va bene, ne prende la metà.
Purtroppo non c’è niente da ridere. A chi agisce con metodi criminali bisognerebbe rispondere con modi altrettanto e, se possibile, più criminali (“A brigante, brigante e mezzo” diceva Sandro Pertini, come richiamai, ormai tanti anni fa, al Palavobis). Svegliatevi ragazzi italiani, perché se costui riprende, in un modo o nell’altro, il Potere, vi troverete a vivere invece che in uno Stato sicuramente con gravi difetti ma ancora legale, in uno Stato criminale e, per sopravviverci, a farvi, a vostra volta, criminali.

La Ricetta



Una ricetta semplice ci sarebbe: basterebbero due-trecento normodotati, indossanti scarponi d'alta quota. 
Il 27 gennaio ci si dovrebbe recare ad Azzano Decimo, in provincia di Pordenone dove alla sera nel club Langbard è previsto un concerto musicale particolare; vi suoneranno infatti tre gruppi: i Leibstandarte (prendono il nome dalla divisone SS autrice di uno dei primi raid razziali in Val d'Ossola ove vennero trucidati 57 ebrei nel 1943) la band italiana Via Dolorosa e il gruppo finlandese Goatmoon che inneggia apertamente all'Olocausto. 
Questi, questi, questi... ok! Non li chiamo più gruppi musicali, ma con il loro vero nome: questi porci suoneranno in un club privato proprio nel giorno dedicato universalmente alla memoria dell'Olocausto. Prima che i suddetti maiali inizino la loro squallida, invereconda, merdosa esibizione i normodotati dovrebbero gloriosamente prenderli a calci in culo sul palco per almeno una buona e sana ora, e gli idioti presenti all'esibizione, essere spediti celermente in un riformatorio pensato ad hoc dove quel che resta del loro cervello, pochi e solitari neuroni, sottostare ad un reset psichiatrico che permetta loro di vivere in maniera decorosa il resto della vita. 
Calci in culo, una gragnola di calci in culo a questi idioti, senza dignità, senza umanità! E a chi pensa che non si debba rispondere con la violenza a simili degenerazioni, consiglio di meditare sul fatto di come si stia subliminalmente sdoganando fascismo e idioti al seguito, vedasi Casapound, andando dietro alla paranoica fiaba del concedere a tutti la possibilità di esternare le proprie idee. Cazzata galattica! I fascisti e i porci neonazisti devono rimanere nelle fogne, silenti e senza alcun diritto di replica. Il tutto naturalmente avvolto da un metodico e musicale vaffanculo!
(nella foto potete ammirare la locandina dei maiali suonatori. Uno scempio, una schifezza vergognosa. Da estirpare immediatamente, a tutti i costi)    

martedì 23 gennaio 2018

Una foto, tante storie



Che foto! Che storie dietro a questa foto! 
Da sinistra potete ammirare:
1) Jean Claude Junker, presidente della Commissione UE con un trascorso da primo ministro del Lussemburgo durante il quale insegnava alle multinazionali a sfanculare le tasse. Molto affezionato, pare, alla bottiglia, ha trovato il tempo per ricevere un pregiudicato impenitente che è volato fino a Bruxelles per implorare celerità nel verdetto dell'Alta Corte sulla sua incandidabilità, con il chiaro intento di tornare a sfracellare penisola e maroni con le sue inarrivabili fregnacce. Al termine del colloquio durato quasi un'ora, presumibilmente toccante anche temi quali la figa, le minorenni e il fatto che possedere spudoratamente proprietà e televisioni alla fin fine fa vivere meglio, Junker ha definito il colloquio "eccellente", tra un rutto al Gin Tonic e l'altro al Margarita. 

2) Un lacchè del Delinquente Naturale (cit. Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01/08/2013) che è anche Presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, che si sta spendendo oltre ogni limite per convincere i giudici ad emettere celermente la sentenza al fine di riportare il Delinquente Naturale (cit. Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01/08/2013) ai fastigi onori della gloria presidenziale, per la rovina finale della nazione italiana.

3) Il Delinquente Naturale (cit. Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01/08/2013) avvolto dalla mastodontica quantità di cerone e reduce dal 104mo lifting che lo ha pienamente conformato alle rigida direttiva cinese maxillo facciale, facendolo assomigliare ad una creatura misteriosa vivente sul monte Hua. Attualmente è impegnato, assieme alla posticcia dentiera, a sparare balle incommensurabili contenenti riduzioni di tasse, lotta all'evasione (detta da lui è come se Al Capone avesse dichiarato guerra durante il Proibizionismo ai fabbricanti di whisky di contrabbando) pensioni minime a mille euro. Il problema è che, oltre agli innumerevoli evasori seriali presenti sulla penisola, molti abitanti di Alloccalia sembrerebbero propensi a rivotarlo per l'ennesima volta. 
Il Delinquente Naturale (cit. Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01/08/2013) potrebbe quindi dar inizio alla II Era del Puttanesimo, di gran lunga preferita dai moltissimi suoi proni, compresi gli innumerevoli burocratosauri europei, ad altre forze politiche, vedi Movimento 5 Stelle, già da molto tempo sbeffeggiate ed accusate di palese populismo, che vorrebbero tra l'altro annientare privilegi di casta senza ritegno e dignità, più nocivi dei cocktail Martini ingurgitati nell'ultimo mese da Junker. 

Davos



Candidature


A volte la realtà supera di gran lunga l'immaginazione...


Insuperabile


martedì 23/01/2018
L’OPINIONE
Berlinguer? Silvio preferisce Lele Mora

di Daniela Ranieri

Che Paese è quello il cui più grande populista, creatore di Tv pecoreccia e funeree città-antenna, si ricicla dopo averne fatte più di Carlo in Francia e viene ritenuto credibile “come argine contro i populismi”? E quanto è schizoide, carnascialesco, quel Paese in cui un soggetto conosciuto da tutte le procure (in alcune delle quali è ancora indagato) quale “delinquente naturale”, che non s’è fatto la galera perché dei 4 anni comminatigli 3 gli sono stati indultati e uno convertito in servizi sociali, va in Tv su La7 a dire: “Non ho nessuna passione per la politica, anzi la politica e i suoi professionisti mi fanno schifo” e nessuno gli tira un ceffone?
Quel Paese è il nostro e B. è la nostra tara mentale, il nostro trauma insuperabile. Il “delinquente naturale” in politica dal ’94 ancora si vende come “imprenditore prestato alla politica” e miliardario anti-casta che si sacrifica per la Patria, uomo del fare che, ineleggibile, mette il suo nome nel simbolo.
Con tutti i lapsus da schivare ogni volta che va in tv (quando Giletti gli chiede “l’identikit del candidato premier” viene subito in mente il commissariato), i fogli protocollo appiccicati alle mani (che gli servano per dissimulare il tremore?), B. schifa i politici. Vuoi mettere Berlinguer, Pertini, Iotti, Terracini, con la gente specchiata che frequenta lui, Gampi Tarantini, Mangano, Dell’Utri, Lele Mora e il giro della Minetti a Milano 2? Non a caso, ne La politica come professione
Max Weber affermò: “Tre qualità sono decisive per l’uomo politico: passione, senso di responsabilità, lungimiranza”. E tracciava il ritratto del non-politico, il “demagogo continuamente in pericolo di divenire un istrione”, chiudendo con un fulmine d’alta sartoria per B.: “La politica si fa col cervello e non con altre parti del corpo”.
Roba che quando Giletti chiude l’intervista dicendo “e adesso passiamo alla cronaca nera”, vien da pensare: “Perché, fino a adesso di che si è parlato?”.

lunedì 22 gennaio 2018

Caro Diario...


Caro Diario,

ti scrivo per aggiornarti sulla mia operosità nel campo politico, miserrima dalle origini. 
Ti confesso che, inopinatamente, ho partecipato alle Parlamentarie del Senato per conto del Movimento 5 Stelle e, giustamente, non ho raggiunto il quorum per essere inserito nelle schede elettorali. 
Non ho un grande amaro in bocca per l'esclusione, non avendo mai fatto una ceppa a livello comunale, se non la produzione di post in questo blog. 
Mi dirai: e allora perché mi scrivi?
Scrivo per esternarti il malumore, quasi sfociante in depressione, sull'impegno del sottoscritto nell'ambito sociale a livello locale; non che sia menefreghista, tutt'altro! Leggo, m'informo, esterno le mie opinioni. Ma l'impegno è tutt'altra cosa. A scanso d'equivoci però, ti confermo che voterò per il Movimento 5 Stelle. 
I motivi? 
Eccoli: come la fioritura dei peschi, dei ciliegi preannuncia la primavera, così il rigurgito, l'evidenziazione di probabili catastrofi post elettorali nel caso di una vittoria di Luigi Di Maio, riportate dalla stragrande maggioranza dei media, preconizza la fobia dei partiti storici circa la suddetta nefasta eventualità, unica in grado di abbattere i privilegi di casta. 
Quello che si evince dall'attuale situazione è la rinnovata ricerca di una staticità, un immobilismo, una strenua difesa di quanto agguantato in lustri passati con l'unico e prioritario scopo di mantenere status e inamovibilità di tutta la ciurma cibatasi da tempo immemore al banchetto che dovrebbe essere di tutti. 
La conferma della ricerca di tutto questo è l'appoggio incondizionato, totale del massimo tempio della burocrazia, l'Europa Comunitaria, pronta a riabilitare persino il regnante dell'Era del Puttaniesimo, il Pregiudicato pluriottantenne, pur di evitare i pentastellati. 

Il Movimento 5 Stelle è l'unica compagine parlamentare in grado di ribaltare lo statu quo attuale, straordinariamente mefitico, italiano. 
M'inerpico pure nella prova del nove: pur con tutta l'affannosa ricerca e il metodico controllo da parte degli avversari, attualmente né i deputati, né i senatori dei Cinque Stelle sono mai stati attraversati da sospetti di affarismo, corruttela e quant'altro. 
Ad ogni piccola brezza provocata da errori gestionali, s'osserva un'inaudita amplificazione a mezzo stampa, di una violenza inusitata. Esempio: andate a verificare il trattamento mediatico dei sindaci di Milano Beppe Sala e di quello romano, Virginia Raggi. Osservate articoli, commenti, titoli di apertura e resterete allibiti. Anche Beppe Sala ha due procedimenti in corso, ma pochi ne parlano. 
Altro indizio: i finanziamenti rifiutati dal M5S? Ne avete notizia? E siete informati sul taglio degli stipendi che i parlamentari s'impongono?
Certo, è vero: peccano di inesperienza, non vengono supportati da nessuno. Appaiono come in balia del vento su barca ingovernabile. Preferite per caso a loro un miliardario incallito che nei vent'anni precedenti si è ingigantito il proprio patrimonio personale senza alcun ritegno, che si è fabbricato delle leggi personali per sviare molte condanne? Sognate il ritorno perenne dei vari Casini, Fassino? Desiderate rivedere il sorriso della Bella Etruriana, magari ancora sulla tolda a curare interessi di famiglia?
Quello che altri stanno promettendo, taglio di tasse, di canoni, innalzamenti di pensioni, insomma le baggianate elettorali, relazionate alle richieste provenienti da Bruxelles, che c'imporranno nel corso dei prossimi anni enormi sacrifici, portano la politica italiana in questa campagna elettorale, a perseguire un progetto che identifico in una frase:
"Wedding with dried figs" ovvero "Nozze coi fichi secchi"
Chi ha orecchie per intendere, intenda! 
    

Oxfam che bande!


Come tutti gli anni Oxfam, l’ong britannica specializzata al riguardo, ci ricorda l’essenza del mondo in questa fase storica: il Divario.
Trattato come un’innocua fiaba dal gruppetto al comando, il dato generante vergogna, rigirate centrifugate nelle tombe degli innumerevoli filosofi marxisti, è che l’1% più ricco della popolazione mondiale possiede risorse come il restante 99%. 
Focalizzare questa barbarie senza senso non ci è concesso, obnubilati come siamo da ninnoli tecnologichi, da media rimbambenti, da cori di servi di lor signori insufflanti smargiassate del tipo “se uno riesce ad emergere è giusto che guadagni di più” tralascianti ovvietà a supporto dell’emersione di costoro sulla plebe, sopruso e ricatto su tutti.
Oxfam ricorda inoltre che l’82% di tutto l’arricchimento prodotto nell’ultimo anno è finito nelle tasche già stragonfie del club dei plurimiliardari, pregni oltremodo di denari che, inconsapevolmente, per loro non hanno più valore, vista l'invereconda quantità. 
E nella nostra penisola? Il 20% della popolazione detiene il 66% delle risorse e il successivo 20% ne controlla il 18,8% lasciando le briciole, ossia il 14,8% al restante 60%.
Altro dato: la ricchezza dell’ 1% degli italiani supera di 240 volte quello detenuto complessivamente dal 20% più povero!
Ripeto e ribadisco il titolo di questo post, ispirato ad una vecchia pubblicità di calze di nylon: Oxfam: che bande!

domenica 21 gennaio 2018

Check



Procedono celermente i lavori per il nuovo ospedale spezzino del Felettino, come testimonia la foto presa dal Secolo XIX. 
Si notino le portentose fondamenta già erette, e sulla destra lo spazio destinato alle sale operatorie di cardiochirurgia e neurochirurgia, che i grandi "servei" della passata amministrazione vollero includere nel progetto e che resteranno inutilizzabili non avendo la nostra città un bacino d'utenza soddisfacente i requisiti richiesti dal DEA livello II del Decreto Balduzzi. Probabilmente l'ennesimo spreco di denari pubblici questa volta fortunatamente sarà evitato: si pensa infatti di utilizzare, nel 2089 quando l'ospedale verrà completato, gli spazi destinati ai reparti chimera d'eccellenza concepiti solo sulla carta, a divenire magazzini di provole e caciotte.


Buona domenica travagliati!


Uno dei migliori Travaglio degli ultimi tempi! 

domenica 21/01/2018
Ma vaccina tuo padre
di Marco Travaglio
Dev’essere terribile svegliarsi, aprire il Corriere e scoprire dal sondaggio di Nando Pagnoncelli di essere il candidato premier più detestato e indesiderato dagli italiani: dietro Gentiloni, Bonino, Di Maio, Salvini, Berlusconi, Grasso e Meloni (mancano il Divino Otelma e Giorgio Mastrota, ma solo perché non li hanno testati). Siamo dunque solidali con Matteo Renzi che, sempre più ubriaco dei suoi insuccessi, mi coinvolge nella campagna elettorale (dove non sono candidato) per darmi del “giornalista di parte” che “fa disinformazione” e “pensa di essere autorevole perché va sempre in tv” e far sapere che lui parla sempre con “un medico che fa informazione”, il solito Burioni, casualmente candidato del Pd, perché il Pd è “dalla parte della scienza e della medicina”. Ora, che il più grande ballista della legislatura, detto il Bomba fin dalla più tenera età, accusi altri di mentire, è irresistibilmente comico. Che invece si porti sempre appresso un medico, viste le condizioni in cui versa, è una giusta precauzione. È vero, sono un giornalista “di parte”: la mia quando esprimo opinioni, quella dei lettori quando racconto fatti. Se mi accusano di mentire, sfido sempre a precisare dove e quando, il che non accade quasi mai. Nemmeno stavolta sulle mie critiche (Otto e mezzo, 11 gennaio) alla ministra Lorenzin, nota scienziata, e al suo Decreto Vaccini.
Che ho detto di tanto scandaloso? Tre cose: a) non era il caso di rendere obbligatori i sei nuovi vaccini in aggiunta ai vecchi quattro; b) per le sei patologie in più erano meglio vaccinazioni non imposte dall’alto, ma suggerite da campagne d’informazione; c) il decreto non ha eguali in molti paesi d’Europa. Le prime due sono mie opinioni, condivise da centinaia di medici e scienziati (che hanno qualche remora a esprimersi, vista la democratica abitudine dell’Ordine a espellere i dissenzienti dal sacro verbo renzian-lorenziniano), che non possono essere smentite: al massimo contestate con opinioni opposte altrettanto legittime, tipo quelle di Burioni. La terza è un dato di fatto incontestabile, tratto dal rapporto dell’European Centre for Disease Prevention and Control, l’agenzia Ue che monitora le malattie infettive: su 31 Paesi europei, solo 11 impongono vaccini obbligatori; gli altri 20 puntano su campagne informative e colloqui con le famiglie (inclusi Regno Unito, Germania e Austria, che pure vantano coperture altissime). Il modello Lorenzin è tipico del blocco ex-sovietico (Bulgaria, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria) e, in Europa centroccidentale, della sola Francia.
Fra questi ultimi Stati, solo tre impongono più vaccini dei nostri 10 (Lettonia 14, Bulgaria e Polonia 11). A settembre una grande inchiesta del nostro mensile Millennium ha smontato le fake news sia dei No Vax sia dei tifosi del Decreto Vaccini. E anche della Lorenzin, che disse a Porta a Porta (22.10.2014) e ripetè spesso: “Solo di morbillo in Inghilterra lo scorso anno sono morti 270 bimbi”. Una strage degli innocenti fortunatamente inventata da lei (nel 2013 le vittime di morbillo furono una nel Regno Unito e tre in tutta Europa). Millennium segnalava poi (come Report, subito manganellato dai renziani) le vittime di reazioni avverse ai vaccini per la scarsa informazione e vigilanza di un sistema omertoso dominato dai colossi farmaceutici (637 casi riconosciuti dal ministero della Sanità). Se Renzi vuole imparare qualcosa, si legga la nostra rivista o Nature, la bibbia degli scienziati, che scrive cose simili: non è mai troppo tardi. Ma, se siamo nel suo mirino, non è in nome della scienza e dell’informazione (i suoi camerieri han cacciato la Gabanelli dalla Rai). È perché, non contento di controllare la Rai e di avere ai suoi piedi quasi tutta la grande stampa, non sopporta l’idea di un giornale che non obbedisce ai suoi ordini, si conquista da 9 anni la propria autorevolezza sul campo dando notizie e facendo opinione, infatti ha contribuito a salvare la Costituzione da lui.
Su un punto però ha ragione: di salute lui parla solo “con i dottori”. Intanto perché è sempre bene che si faccia visitare. E poi perché sono altre le materie di cui conviene parlare con lui, a riprova del fatto che non basta andare al governo per essere autorevoli: le leggi elettorali incostituzionali, le “riforme” scritte coi piedi, le marchette agli evasori, le nomine degli amici toscani, gli attacchi ai pm che indagano sui suoi cari, la licenza di uccidere i ladri dopo il tramonto, i disastri su banche e Alitalia, la catastrofe Buona Scuola, le figuracce in Europa, i bavagli alla stampa, le denunce a Orietta Berti. Ma non solo. Se, puta caso, uno vuole speculare in Borsa e si chiama De Benedetti, basta che vada a trovarlo e lui, sulla porta dell’ascensore, gli preannuncia in esclusiva il decreto sulle banche popolari. Se uno vuole abolire l’art. 18 e regalare miliardi pubblici alle imprese, e si chiama sempre De Benedetti, basta che glielo suggerisca e lui fa subito il Jobs Act. Se uno copia pagine e pagine della tesi di dottorato e vuol fare carriera, e si chiama Madia, presenta la domanda e diventa ministro. Se una non trova lavoro e ha un curriculum così così, tant’è che l’ha scartata pure il Comune di Firenze, ma è figlia del procuratore contabile che archiviò un’accusa a Renzi, va dal sindaco Nardella che l’assume alla Città Metropolitana. Se uno era manager alle Pagine Gialle quando le distribuiva Tiziano Renzi, è il nuovo capo di Rai Pubblicità. Se una ha il babbo vicepresidente di una banca fallita e si chiama Maria Elena, basta una parolina e lui va dal governatore di Bankitalia a perorare la causa. Chissà se, fra tutti gli scienziati che frequenta, c’è pure un esperto di conflitti d’interessi: se scoprisse il vaccino, quasi quasi lo renderemmo obbligatorio.

sabato 20 gennaio 2018

Ritiro



Nauseante



Ricordo dell'Eleganza





Esattamente venticinque anni fa, l'Eleganza lasciò questo pianeta, dopo aver insegnato, divulgato uno stile fascinoso mai più raggiunto da chicchessia; Holly con il suo tubino nero penetrò nel cuore dell'arte, divenendo archetipo di uno stile inconfondibile, nonché irraggiungibile. Bella sul set come nella vita, Audrey speriamo riesca ancor oggi ad incoraggiare tutti coloro che sognano un mondo più umano, affascinante nella normalità e, soprattutto, elegante.

Travagliati buongiorno!


Viene voglia di dirigersi frettolosamente ad un qualsiasi gate in chiusura...
sabato 20/01/2018
Che belle gambe
di Marco Travaglio
B: “Io ti caccio, parroco democristiano!”. F: “Questo è un partito leninista!”. B: “Sei come Fini, vaffanculo!”. F: “Non sai di cosa parli! Io vi impicco tutti!”. B: “Sei figlio di un vecchio democristiano, vattene e fatti il tuo partito!”. F: “Io resto, ma non ti ho mai leccato il culo come faceva Alfano o come tanti qui continuano a fare!”. B: “Tu non devi permetterti di andare in tv, di farmi il controcanto quotidiano: ci hai fatto perdere il 3-4%!”. F: “Ah, per colpa mia perdiamo, non perché ci costringi a fare le dame di compagnia di Renzi!”.
Il simpatico siparietto andò in scena il 1° ottobre 2014 all’ufficio di presidenza di FI. B. era Silvio Berlusconi, in piena luna di miele nazarena con Renzi. F. era Raffaele Fitto, nemico giurato dell’inciucio e fautore delle primarie per disarcionare il Caimano (che solo due anni prima magnificava come “l’Uomo fa tornare la pioggia a Bari”, mica come quelli che gli leccavano il culo). Si sfiorò lo scontro fisico quando il dito puntato di B. colpì il naso di F.. Al che Brunetta, sconvolto, scoppiò in lacrime. E Verdini, per placare gli animi, minacciò il fittiano Capezzone: “Vi impicco tutti a un albero!”.
Ora, a parte Verdini ancora in lista d’attesa nell’anticamera del suo Matteo, siamo lieti di annunciare le prossime nozze di B. e F.: è tutto perdonato e Brunetta non piange più. Quel pacioccone di Fitto torna fra le braccia di Silvio, nella sua qualità di animatore della “quarta gamba” del centrodestra: “Noi con l’Italia”. La notizia non può che entusiasmare i 20 milioni di astenuti che tutti i partiti si propongono di recuperare alle urne: infatti il 4 marzo potremo scegliere fra un centinaio di sigle, ammucchiate nei due blocchi di centrodestra e centrosinistra (solo posti in piedi) o in ordine sparso. Come se, aumentando i simboli, crescessero i voti e diminuissero i non-voti: nel qual caso tanto varrebbe presentare un vasto assortimento di 47 milioni di loghi, uno per elettore.
Tutto attorno al Pd fioriscono nell’ordine: la presunta peonia (o begonia, o petunia, boh) di “Lorenzin Civica Popolare”, che ingloba a sua volta cinque miniature (Italia dei Valori, Centristi per l’Europa, Unione, L’Italia è popolare, Alternativa Popolare); “+Europa con Emma Bonino-Centro Democratico” (cioè Tabacci: più che una lista, un ossimoro); “Insieme Italia Europa” con dentro altri tre simboli (Partito Socialista Italiano, Verdi e Area Civica). In tutto 12 simboli. Dall’altra parte, si fa per dire, la costellazione del centrodestra: Il Popolo della (non più delle) Libertà-Berlusconi Presidente (incandidabile e ineleggibile), da non confondere con Forza Italia.
Poi la Lega-Salvini Premier, da non confondere con Noi con Salvini; e poi Fratelli d’Italia, Energie per l’Italia, Popolo Idea e Libertà, Italia Unione di Centro, Direzione Italia, I Popolari di Italia Domani, Pensionati. E meno male che Piero Grasso è riuscito a federare in Liberi e Uguali un po’ di sinistre, sennò avremmo ancora Mdp, Sel, SI, Possibile, Campo Progressista. Purtroppo ha lasciato fuori almeno quattro partiti comunisti: Potere al Popolo (che include Rifondazione e si presenta come “lista unitaria”: falla pure dispersiva), Partito Comunista dei Lavoratori, Partito Comunista e basta; Partito Comunista Italiano. Poi ci sono le liste creative, fra cui seguiamo con trepidazione Italia 10 Volte Meglio. Ma anche l’evocativa Viva la Fisica, le imprescindibili Maie - Movimento associativo italiani all’estero e Unital-Unione Tricolore America Latina, l’assertiva Siamo, la raggelante Confederazione Grande Nord, il più rassicurante Mamme nel Mondo, l’enigmistico M.T.N.P.P. Mov. Tec. Naz. Pop. Pace, il cosmopolita Free Flights to Italy e dulcis in fundo l’attualissimo Sacro romano impero liberale cattolico-Movimento europeo liberal-cristiano “Giustizia e libertà”-Giuristi del Sacro romano impero-A tutto campo nel tempo e nello spazio (da un’idea di Lina Wertmüller).
Ma dicevamo di Fitto. Nella “quarta gamba” di B. non è solo. C’è pure “Fare” dell’ex sindaco leghista di Verona Flavio Tosi e della sua compagna Patrizia Bisinella, che fino a ieri stavano con Renzi e ora tornano a destra last minute: vorremmo tanto vederli chiusi in una stanza con Salvini. Poi c’è l’ottimo Lorenzo Cesa, l’ex pony express delle mazzette del ministro Gianni Prandini (detto Prendini) che, quando fu arrestato (Cesa, non Prandini), verbalizzò: “Ho deciso di svuotare il sacco”. E c’è anche l’ex alfaniano Maurizio Lupi, di cui il centrodestra chiese le dimissioni da ministro dei Trasporti del governo Renzi per lo scandalo del Rolex e del contrattino regalati al figlio da un magnager autostradale, e continuò a sostenere il centrosinistra come capogruppo Ap alla Camera. Un bel frittomisto, peraltro speculare alla “quarta gamba” di Renzi, nascosta fra i petali della presunta peonia made in Lorenzin. Lì convivono felicemente gli alfaniani, fra cui l’ex P2, ex Psi ed ex FI Cicchitto, autore di memorabili libri, saggi e denunce sul “golpe di Mani Pulite”; e i reduci dell’IdV, fondata dal noto golpista Di Pietro, che per giunta promosse il referendum abrogativo della legge Alfano sul legittimo impedimento. “Se vince il centrosinistra – scriveva Cicchitto nel 2006 – il pericolo dell’instaurazione di un regime è molto forte… l’organizzazione del potere politico-economico del centrosinistra avrebbe in un settore della magistratura e in pezzi dei corpi dello Stato il suo braccio armato con un rinnovato uso politico della giustizia… Questo libro è stato scritto anche per descrivere ed esorcizzare questo pericolo”. Ora, per esorcizzarlo meglio, si candida nel centrosinistra, in lista con i dipietristi. Perciò si parla tanto di seconde, terze e quarte gambe: per mancanza di teste.