martedì 30 giugno 2020

Rieccolo tra i maroni!


Ecco la scintilla, la buona novella, la calce bianca con cui ridipingere il sepolcro. Tal Ronzulli chiede addirittura di farlo senatore a vita. Una registrazione di un giudice deceduto, Amedeo Franco, ringalluzzisce Farsa Italia perché da quelle parole emergerebbe la persecuzione ai suoi danni da parte della magistratura “cumunista” come dice il cinese sarcogafato. La Gelmini chiede la commissione d’inchiesta sui presunti misfatti e, personalmente, non vorrei mai che questa registrazione, rimasta nascosta per anni, non costituisse il varo dell’operazione Quirinale per il pregiudicato già ai lavori sociali a Cesano Boscone. Sarebbe un cataclisma sociale, uno schiaffeggiare la dignità di un popolo intero per ritrovarsi lassù sul colle questo maleficio democratico, ganglio che non riusciamo ad estirpare definitivamente per il bene di tutti. 
Anche se fosse vero, che cioè la magistratura avesse a suo tempo deciso di levarcelo dai coglioni, e sia ringraziata per questo, anche se fosse tutto reale, non ne costituirebbe il punto focale. No, non sarebbe assolutamente prioritario tutto questo. Il fulcro della pericolosità del miliardario erotomane è tutt’altro: il pagamento di tangenti alla mafia di Riina, accertato sino al 1994 nella misura di 250 milioni di lire ogni sei mesi, il cui postino era il suo fratello di latte Marcello Dell’Utri.
Trovino quello che gli pare. Il giudizio non cambia: fu ed è tuttora il peggior male di questa malandata democrazia. 

Ps: chi è l’unico della maggioranza ad aver manifestato solidarietà?  
Provate ad indovinare! È facile. In ballista per tutte le stagioni, attualmente al tre percento...

Un link, il coraggio della verità


Che il giornalismo debba trovare forza e coraggio dall'amara realtà, è un dato di fatto e una speranza. 
Molti scribacchini sono ormai assuefatti al potere, recitando quotidianamente quel "zi badrone" simbolo del pronismo di questa era, nefasta per certi aspetti, come nella fattispecie l'informazione. 
Informare per evidenziare errori, sottoboschi, per rialzare animi e fronti. 
Leggete ad esempio questo articolo Cliccate qui! di Giulio Gambino sul sito TPI (che vi consiglio di leggere)
Ampio respiro, libertà, accuse fondate. 
Tutto quello che necessita per sentirci nella dignità. 

Se vi venisse voglia...


Vanni Santoni nel suo libro "La scrittura non si insegna" elenca dei libri a suo parere essenziali per iniziare a pensare di poter diventare scrittore. 

Alla ricerca del tempo perduto , Marcel Proust 
Ulisse , James Joyce 
2666 , Roberto Bolaño 
Underworld , Don DeLillo 
Europe Central , William T . Vollmann 
Abbacinante , Mircea Cartarescu 
Infinite Jest , David Foster Wallace 
Austerlitz , W.G . Sebald 
Pastorale americana , Philip Roth 
Meridiano di sangue , Cormac McCarthy 
Il tempo è un bastardo , Jennifer Egan 
Anna Karenina , Lev Tolstoj 
Guerra e pace , Lev Tolstoj 
I fratelli Karamazov , Fedor Dostoevskij 
I demoni , Fedor Dostoevskij 
Oliver Twist , Charles Dickens 
L’arcobaleno della gravità , Thomas Pynchon 
Mentre morivo , William Faulkner 
L’urlo e il furore , William Faulkner 
Middlemarch , George Eliot 
Orgoglio e pregiudizio , Jane Austen 
Emma , Jane Austen 
Tutti i racconti , Anton Čechov 
Nove racconti , J.D . Salinger 
Tutti i racconti , Alice Munro 
Tutti i racconti , Donald Barthelme 
Finzioni , Jorge Luis Borges 
L’Aleph , Jorge Luis Borges

Tralasciando che, se così fosse, non potrei mai aspirare a divenir scrittore, mi strugge essere ignorante, molto ignorante in materia.
Di questo elenco ne avrò iniziati una decina, altri non li ho mai sentiti neppure nominare. Di alcuni autori ne scopro l'esistenza oggi. 
Mi chiedo: ma è giusto così? E se li avessi letti tutti sarei un'altra persona? Leggere per divenire o per leggersi interiormente? A servizio di chi o cosa si legge? La lettura dovrebbe levar spazio a cosa nelle ventiquattr'ore? Di quanto leggiamo cosa rimane a galla e quanto scende nelle profondità dell'essere? Il primo della lista, Proust, l'ho letto per un buon 40%. Mi sono fermato per riflettere, ho perso la strada, conservo ricordi di quanto m'emozionai. Lo voglio ricominciare da capo. O forse no, troppo grande e grave il suo percorso. E l'Ulisse l'ho iniziato, contorcendomi se me stesso, ruggendo, maledicendo il tempo perduto che ricerco ancora per darmi dello stolto, del beota. Joyce mi dicono essere il top, lo credo, se lo dicono molti, ma non lo riesco a comprendere. E allora? l'avrà scritto anche per me o per i soliti noti? 
Quanta letteratura non potrò mai incontrare nella mia vita? E scialacquare? La letteratura russa, quella americana, i greci, gli italiani, gli inglesi. Come fare per fagocitarne il più possibile? O forse è meglio non impazzire davanti a cotanta bellezza? 
Credo che la risposta stia tutta qui: rilassarsi, non guardare avanti, gustare quello che è possibile. Il resto verrà da sé. Ciò che non si conosce non esiste. Non forma ma ecco il pertugio: formarsi mastodonticamente a quale scopo? L'Io necessita di conoscenza in bicchieri, in caraffe, in piscine a seconda del proprio soddisfacimento. Tutto il resto è vanità. Con questo non voglio dire che sono riempibile solo con un ditale, che mi basto poco per raggiungere la pienezza. Probabilmente ci vorrebbe una piscina ma l'ignoranza m'adduce a pensare diversamente. Che al mercato mio padre comprò. 

 

Ssscanzi!


martedì 30/06/2020
IDENTIKIT
Dalle ciliegie al Ponte Salvini (oramai) ne fa più di Bertoldo

di Andrea Scanzi

Non è vero che Salvini sia in stato confusionale. Tutt’altro. Se dalla crisi del Papeete in poi pareva aver iniziato una china comicamente discendente, confermata peraltro dai sondaggi a picco, nelle ultime settimane è tornato il Cazzaro Verde che dà orgogliosamente del tu a Churchill.

Già durante la fase più cupa del lockdown, Salvini aveva dato prova di commovente saggezza. Per esempio con la proposta delle chiese aperte per Pasqua, un ottimo modo per far arditamente conciliare la celebrazione della Resurrezione con l’aumento dei trapassi. Ma è negli ultimi giorni che l’uomo che sussurrava ai citofoni è salito garrulamente in cattedra.

Dapprima è andato da Floris e, candido come un bambino, ha dimostrato di non avere ancora capito nulla dell’utilizzo della mascherina, che per lui è un orpello fastidioso da togliere anzitutto quando ci si trova vicini a una signora: evidentemente Salvini, e con lui il suo popolo, preferiscono infettare con educazione piuttosto che salvare le vite mascherati. Teoria affascinante. Poi si è scofanato otto chili di ciliegie mentre Zaia parlava di bambini morti. Non solo: di fronte alla figuraccia planetaria, non solo non ha chiesto scusa ma – ospite di SkyTg24 – ha negato l’evidenza di fronte alla giornalista attonita: “Ma scusi, le sembra possibile che io cominci a mangiare le ciliegie mentre parlano di bambini morti?” (no, non parrebbe possibile, ma purtroppo è esattamente quel che è accaduto).

Dal 2 giugno in poi, con encomiabile senso civico, ha organizzato assembramenti a manetta, stretto mani senza lavarsele e abbracciato tutti in nome del Sacro Selfie: esattamente ciò che non andrebbe mai fatto in tempo di pandemia. È stato contestato in ogni piazza, reagendo a tali manifestazioni col garbo di sempre (ovvero zimbellando Azzolina, Bellanova e più genericamente “i comunisti, i radical chic e i centri sociali”).

Sabotato dalla Meloni, che gli sta saccheggiando l’elettorato senza neanche dare il meglio di sé (anzi), nel corso del suo tour in Puglia è riuscito a non citare mai il candidato meloniano (da lui mal sopportato) Fitto. Metà partito appoggia già Zaia, conscio del fatto che se il Cazzaro Verde continua così la Lega tornerà a percentuali da Tabacci greve, ma lui continua a fare chissà perché il ganassa. Emulo di Pappalardo (Antonio), nel treno verso Andria si è fatto fotografare senza mascherina (obbligatoria) e in uno dei posti dove è vietato sedersi (daje!). Continua a straparlare di “no al plexiglas(s) nelle scuole”, quando il plexiglas(s) è stato (ovviamente) eliminato dalle linee guida del governo. Pur di raccattare consensi e like, è arrivato persino a fare un post sui gemelli ammazzati dal papà nel Lecchese. Vive in televisione, spesso riverito neanche fosse uno statista, ma ciò nonostante ha il coraggio di gridare (come la Meloni) al “regime di Conte”. Durante un’assai sobria sfilata sul ponte di Genova, vestito come un playboy daltonico e ben poco atletico, ha scambiato i pannelli fotovoltaici per dei mitologici “pannelli di metano”. Si potrebbe andare avanti in eterno, perché ormai Salvini ne fa più di Bertoldo, ma non basterebbe il giornale intero. Lasciamolo quindi continuare così, implacabile come un fagiano lesso e rutilante come una Duna smarmittata in salita: chi siamo noi per negare a un cazzaro verde di emulare, in tutto e per tutto, il tragicomico nonché subitaneo tramonto del cazzaro rosé?

Mes o non Mes?

Neppure stavolta guarderò il dito, il solito dito: Mes si, Mes no, come prima c'erano le mascherine, le riaperture, le inefficienze, i sospetti, il virus è più debole, non mi sembra, e Zangrillo che assieme ad altri virologi politicizzati che decreta la fine pandemica, Toti che aprirebbe pure i tombini pur di accalappiare voti, ma il Mes questo Mes che continua a farla da padrona, tutti europeisti o sovranisti, la maggioranza non ce la fa, il governo è alla canna del gas, Conte che dice, Conte che fa, e visto che ci siamo ma questo Mes potrebbe essere la porta da cui l'Europa, la Angelona ci controllerà?, io userei il Mes ce lo chiede l'Europa, io no non lo userei perché diventiamo schiavi, e il Cazzaro in giro per il sud rimandato a casa, bravi bravissimi, sora Cicoria che parla di economia, latente, patente per la conduzione dello stato, e poi il Puttaniere che trasloca da palazzo Grazioli e lui sui soldi non si è mai fatto problemi e questi miliardoni del Mes perché non agguantarli. 
Mes, Mes, Mes. 

Non ci capisco una mazza in merito, lo ammetto, non essendo economista. Non mi piace dire una cosa per l'altra. Occorre studiare, conoscere, informarsi. 
Vi trasmetto dieci ragioni per non prendere i soldi del Mes. 
Li pubblica oggi il Fatto Quotidiano. Non ho altri spunti per il si, mi bastano quelli per il no. Così, a naso. 

di Salvatore Cannavò

Il segretario del Pd ha esposto in una lettera al Corriere della Sera i motivi per cui l’Italia dovrebbe ricorrere al Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. Dieci motivi molto specifici per utilizzare quei 36 miliardi circa che il Mes mette a disposizione dell’Italia entro il 2022, con una “linea di credito rafforzata”, Eccl, denominata Pandemic crises support. Si va dall’investimento nella ricerca alla digitalizzazione del settore sanitario, dalla medicina territoriale al miglioramento di ospedali e strutture sanitarie, oltreché aumentare gli stipendi del personale. Zingaretti, però, fa finta di non sapere che quei fondi non sono gratis e non tanto perché hanno un costo, ma perché sono inseriti in una cornice ben precisa, delineata dalle regole della Ue. Con l’obiettivo di darsi un profilo si allinea a un europeismo di maniera che al momento ha un unico obiettivo: costringere il M5S, e Giuseppe Conte a cui non è stato anticipato il testo della lettera, a subordinarsi al quadro politico europeo. Non che Conte non abbia già fatto molto in quella direzione, in fondo l’elezione di Ursula von der Leyen è anche merito suo, ma qui si vuole una resa totale. Eppure di motivi per non cedere a questa richiesta ce ne sarebbero molti.

1. Non è vero che mancano le condizionalità

Sull’assenza di condizionalità c’è un ritornello al limite della molestia. Se non bastasse l’articolo 136 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea, deciso dal Consiglio europeo del 25 marzo 2011 e poi approvato l’anno successivo – “La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità” – basterebbe rileggersi il Trattato istitutivo del Mes: in base all’articolo 14, per un Paese non finanziariamente solido si prevede la linea di credito “rafforzata”, Eccl che nelle linee guida (Guideline on Precautionary Financial Assistance) prevedono all’articolo 5 “una sorveglianza rafforzata da parte della Commissione Ue”. Questi documenti non sono mai stati menzionati né si prevede di modificarli.

2. Il Mes non è un fondo salva-Salute

L’Eurogruppo ha adottato una decisione per la concessione della Eccl finalizzata alla crisi pandemica e sottoposta a precise e ben elencate spese sanitarie, “dirette o indirette”, e questo è vero. Ma il Mes è rimasto quello che è, un trattato intergovernativo che permette a un organismo sovranazionale di funzionare come una banca. Che presta soldi per riaverli indietro. Da questo punto di vista, si potrebbe tranquillamente dire che la condizione relativa alle spese sanitarie non è sostitutiva delle altre condizioni, ma è semplicemente aggiuntiva.

3. La Commissione non può garantire di più

Nella lettera con cui i due commissari europei, Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis, hanno dovuto assicurare che la “sorveglianza rafforzata” deve essere “semplificata”, i due commissari si sono riferiti al Regolamento 472/2013 del Consiglio europeo che prevede, appunto, le condizioni di una sorveglianza a seguito dei prestiti del Mes. Ma non si sono mai riferiti né al 136 del Tfue né, tantomeno, al Trattato istitutivo del Mes. Che restano saldamente in vigore.

4. Perché non può esistere un Mes light?

Con queste premesse è comprensibile capire perché ricorrere al Mes presenti dei rischi: perché le caratteristiche del Trattato che lo regola sono tutte in piedi. Paragrafo 2 delle premesse: c’è il chiaro rinvio all’articolo 136 che prevede la “stretta condizionalità”; paragrafo 4: La “stretta osservanza” del quadro della Ue, della sorveglianza macro-economica, del Patto di stabilità “dovrebbero rimanere la prima linea di difesa contro la crisi di fiducia che incide sulla stabilità dell’area euro”. Articolo 12: “Ove indispensabile, per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri, il Mes può fornire a un proprio membro un sostegno alla stabilità, sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Tali condizioni possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite”.

5. La natura del Mes: garantire la stabilità

Come si vede da queste citazioni, la parola chiave del Mes è “stabilità” non “solidarietà”. E infatti l’introduzione del Mes nel Tfue non ha utilizzato, magari modificandolo, l’articolo 122 che parla di “spirito di solidarietà tra gli Stati membri”, ma ha introdotto un articolo nuovo che ritiene indispensabile “salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme”.

6. Il senso politico dell’articolo 136 del Tfue

Non è un caso che nel discutere di Recovery fund e degli “eurobond” che gli sono sottintesi, si faccia riferimento proprio al 122 Tfue. Se le intenzioni fossero davvero quelle che vengono espresse ripetutamente e in tutte le salse, perché non si modifica il trattato del Mes e lo si trasforma in un organismo che, in uno “spirito di solidarietà”, punti a emettere bond europei che servano ai Paesi che ne hanno bisogno?

7. Il ricorso al Mes non riduce il debito

In realtà neanche questo sarebbe risolutivo, perché anche in assenza di “strette condizionalità” – quando si tratta di prestare denaro qualche condizione deve essere sempre prevista – si gonfierebbe comunque il debito pubblico. Per ora il Patto di stabilità è sospeso, ma che succederà quando sarà riattivato? E come si comporterà il Mes di fronte alla difficoltà economica di un Paese come l’Italia? Il problema della condizionalità non è tanto un ostacolo per accedere al Mes, ma un problema per il dopo, quando la crisi sarà magari superata e all’Italia sarà richiesto di rientrare, sia pure nell’arco di dieci anni.

8. Al Mes non ci ricorre nessuno, chissà perché

Questo punto è stato spiegato proprio sul Fatto Quotidiano da un testimone d’eccezione, Emanuele Felice, responsabile economico del Pd: “Il Mes è senza condizioni e a tassi di interesse molto bassi – spiegava – ma il problema è che se lo chiediamo solo noi si può creare un ‘effetto stigma’ sui mercati che può far salire il tasso sul resto del nostro debito. Così è difficile dire se ci guadagniamo”. Infatti, la Spagna non ha intenzione di farvi ricorso e anche Portogallo e Grecia hanno fatto sapere di non averne l’intenzione. Saremmo solo noi: stigma assicurato.

9. Il Mes è un creditore senior, come il Fmi

Anche questo punto in genere è sottovalutato, ma come si evince sempre dal Trattato del Mes “i capi di Stato e di governo hanno concordato che i prestiti del Mes fruiranno dello status di creditore privilegiato in modo analogo a quelli del Fmi. Tale status produrrà i suoi effetti a decorrere dall’entrata in vigore del presente trattato”. Avere un creditore senior abbatte, automaticamente, la credibilità del debito residuo per cui è ipotizzabile che i tassi di interesse per un debito che non è privilegiato possano salire.

10. Caro Mes, ma quanto mi costi?

I prestiti Mes sono costati a Cipro lo 0,76 per cento. Le tabelle ufficiali, complicate, paralno di tasso base, commissioni e una tantum per circa lo 0,2%. Secondo il sito del Mef, “l’andamento del tasso medio ponderato di interesse dei titoli di Stato domestici calcolato sulla base dei rendimenti lordi all’emissione fra il 2018 e il 2019 è passato dall’1,07 per cento allo 0,93 per cento”.

Il risparmio sembra essere di 270 milioni l’anno. Davvero vale la pena?

lunedì 29 giugno 2020

Osservazione

I saggi, gli anziani di una volta sapevano comprendere il mondo attraverso i segni della natura. Oggi al loro posto abbiamo le indicazioni dei social. 
Guardo molto Instagram, tra l'altro seguo tante dive o divette, e mi diverto a captarne i segnali del momento. 
Ad esempio il post pandemico lo posso riassumere con una carrellata di immagini di mare con al seguito i bicchieri simbolo della movida. 
Pose e sorrisi indicanti il passatempo marchio dell'attuale spensieratezza. 
Piscine, poco mare e uniformità di messaggio: siamo in auge col bicchiere nella mano. 
Ognuno fa quel che vuole, ci mancherebbe! Ma capziosa normalità irride il buon senso. Il lockdown non ha apportato nulla di positivo. La conigliera è la solita, stancante, sfinente. Dalle biblioteche alle spalle della quarantena, dalla ginnastica da casa siamo passati al culto del bicchiere per l'apericena o come cavolo la definiscono gli stolti gaudenti. 
Molti cercano di trasmettere la continuità della vita, nonostante le passate avversità. I più continuano a supplicarci, d'informarci che esistono e vorrebbero rimanere visibili. 
L'ovvio spettacolarizzante la normalità è la triste conseguenza di portare avanti un nulla riempiendolo di ovvietà. 
Se si riuscisse, se riuscissi, a comprendere che nella quotidianità si celano sempre dei cammei originali ed unici, avremmo, avrei, vinto la partita più complicata: normalmente vivo in questo attimo storico e normalmente me ne andrò un giorno. Tranquillamente e senza nulla pretendere dal presenzialismo, anticamera del vuoto non riempibile dal nulla.  

Alla fiera dell'eros

Tranquilli! Non parlerò di eros ed erotomani. Parlo di una vaga idea di inappetenza che rilevo nella nuova sfornata di quasi diciottenni, che attendono i segnali vitali per entrare nel loro mondo, che auguro loro sia il più elettrizzante possibile. 
Non ho figli. 
Detto questo mi capita a volte di attraversare le muraglie di giovanissimi in attesa dell'evento notturno, registro infatti che ancora non siamo, non sono, riusciti a ridimensionare il teorema che esige far l'alba per divertirsi. Lo era anche ai miei tempi, lo è oggi. Ed è una cagata pazzesca (cit.)
Detto questo, sabato sera sono rientrato attorno alla mezzanotte, incontrando ragazzine probabilmente uscite di casa a quell'ora, è la moda bellezza, con destinazione le classiche mete della movida. 
Quello che risaltava era di carattere estetico: truccatissime, abiti succinti, non sono assolutamente un fustigatore e, grazie a Dio, non ho alluppamenti al riguardo; registro solo questa routine a mio parere molto abbacinante ora ma nel futuro, ahimè, generatrice di vite sbadiglianti, con incongruenze e noie frutto dell'anticipo forsennato delle tempistiche della vita. 
Tra l'altro una di queste, urlandolo pur essendoci attorno a lei altre persone tra cui io, ha detto, sbraitato, alle amiche che la precedevano "ma vi rendete conto? Non mi tromba, stasera non mi tromba!" il tutto contornato da una curiosa bestemmia. 
Il leone se invece di rincorrere ogni mattina quella cavolo di gazzella, se la trovasse già pronta all'azzanno, come si ridurrebbe psichicamente? 
E' un paradosso. Ma tra i giovani d'oggi, mi permetto di dirlo, la famosa corte è ricordo oramai sbiadito. E' scomparsa letteralmente l'insostituibile fase dell'innamoramento, quel frizzantino stordente gli atrii cardiaci che spingevano a dipingere la vita di quei colori in grado di farti ruggire, di fissare quegli stessi momenti come il faro le navi in tempesta. 
Il travolgere queste consuetudini ha portato ad un livellamento generante in seguito noia ed insoddisfazioni. 
Sono pensieri di un quasi sessantenne che ha solcato i mari calmi senza alcun timone, sempre in balia delle maree. E valgono per quello che sono. 
 

domenica 28 giugno 2020

Sanità tà tà!


Mentre è scomparso quel senso di benevolenza, di gratitudine osannante la santità verso il personale medico e paramedico pubblico, facendo ritornare molti in movida, squacquerone culturale di questi tempi sonnolenti, ed efficaci politicamente come un rutto in un hangar per prova turbina dei Boeing, è molto motivante venire a sapere che il maggior polo privato sanitario, il San Donato di Paolo Rotelli, diciannove tra cliniche e ospedali, un miliardo e mezzo di fatturato annuo, il cui presidente dell’holding è quell’Angelino Alfano, ex chaffeur del Pregiudicato Puttaniere, a cui non affiderei neppure la gestione della carta igienica casalinga, se non fosse che Angelino tesse e trama grazie alle solite amicizie in grado di convogliare denari pubblici dentro le tasche immense di Rotelli, il quale non sembra non accontentarsi mai: è di oggi la notizia che dentro al consiglio di amministrazione entrerà Bobo Maroni, ex presidente della regione lombarda, esecutore finale dell’improvvida politica sanitaria innescata dal diversamente orante e memores domini Roberto Celeste Formigoni, attualmente ai domiciliari per una serie di reati da far impallidire Barabba. 
E, ciliegina sulla torta, entra a far parte del club degli assatanati di convenzioni statali anche Augusta Iannini, ex magistrato a Roma, già capo dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia e vice presidente dell’Autorità garante della privacy. Ma non è da queste cariche passate che la “ciliegina” ricava quella velatura di zucchero tipica delle prelibatezze del privato succhiante risorse al pubblico; l’Augusta infatti brilla perché consorte dell’Inossidabile per eccellenza, dell’Inamovibile epico, del baluardo per la difesa di questo granitico sistema di casta: si, proprio lui Bruno (Porta a Porta) Vespa!

Curricula


Il ministro Gualtieri ha scelto un consigliere per gli investimenti nella persona di Franco Bassanini, ottant’anni ed un curricula da far impallidire coloro che credono ancora nel ricambio generazionale, nel riposo di questi brontosauri della tecno-finanzia-plutocrazia, e perché no, pure rapto. Se da un lato emerge la consapevolezza che un ruolo tanto portante ed importante non possa essere affidato ad un novellino, dall’altro si staglia la necessità di mandare al sereno riposo personaggi come Bassanini, totem granitici di quel boiardismo capace con norme, paletti e cavilli di frenare, far sonnecchiare, imbolsire qualsiasi ipotesi di cambiamento sacrosanto, se guardato in un’ottica di lotta alla sperequazione, sia fiscale, che dei diritti lavorativi, che, soprattuto, delle retribuzioni salararie eque e dignitose. 
In conclusione non credo assolutamente che non vi sia qualcuno, d’età non superiore ai sessanta, in grado di gestire il basilare sviluppo degli investimenti futuri. A meno che non si voglia continuare a perseguire la canonica procedura idealizzata con “gli amici degli amici” che tante sconcezze procurò durante le Ere del Puttanesimo e del Ballismo.

PS per dovere di cronaca allego lo sterminato curricola di Bassanini, attinto dal Fatto Quotidiano odierno (leggete uno dei pochi quotidiani in grado di risvegliarvi, abbracciando la libertà d’opinione)

Franco Bassanini 
Incarichi in corso. 
Consigliere nel cda di Fimpa, l’azienda immobiliare di famiglia. Amministratore delegato di Astrid, la società di servizi legata all’omonima fondazione – creata con Giuliano Amato e di cui è presidente – per l’analisi, gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull’innovazione nelle amministrazioni pubbliche. Presidente di Persidera, la società che gestisce le frequenze televisive di proprietà del fondo F2i. Presidente del consiglio di sorveglianza di Condotte spa, costruzioni e ingegneria. Presidente di Open Fiber, controllata con pari quota da Enel e da Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). Titolare di un’impresa individuale per la coltivazione di olive in provincia di Grosseto. Azionista col 25 per cento di Fimpa, col 5,6 di Residence Campolongo, con lo 0,5 di Astrid servizi.

Incarichi cessati. 
Ultimo decennio: presidente di Cdp (2008/15), Cdp Reti, Metroweb, Metroweb Sviluppo, aziende pubbliche; consigliere nel cda di Risberme, società privata. Anni ‘90: consigliere del cda di Errepi Radio Popolare; socio accomandante dell’azienda agricola La Capriola.

Politica e istituzioni. Responsabile dell’ufficio legislativo del Psi 1977/80. Deputato dal ‘79 al ‘96, prima legislatura col Psi, poi indipendente con Pci e Pds. Presidente del gruppo dei deputati della Sinistra indipendente ‘89/’91. Senatore dal ‘96 al 2006 con Pds/Ds. Consigliere comunale di Milano ‘90/’93 e ‘97/’99. Membro della direzione nazionale del Psi dal ‘78 al 1981, del Pds/Ds/Pd dal ‘92 al 2008 e della segreteria nazionale del Pds ‘91/’96. Relatore della commissione bicamerale De Mita-Iotti ‘93/’94. Presidente del comitato parlamentare per le politiche finanziarie e di bilancio ‘84/’87. Presidente della commissione interministeriale ‘79/’82 per la riforma dei rapporti fra Regioni e Stati del ministro Massimo Severo Giannini. Capo di gabinetto ‘73/’76 di Mario Toros, ministro agli Affari regionali. Ministro della Funzione pubblica e agli Affari regionali nel governo di Romano Prodi ‘96/’98. Sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo di Massimo D’Alema ‘98/’99. Ministro della Funzione Pubblica nei governi di D’Alema e Amato 1999/01. Autore e ispiratore della riforma Bassanini per semplificare e decentrare l’amministrazione pubblica ‘97/’99. Già membro della commissione Roma Capitale con Gianni Alemanno sindaco nel 2008 e consulente per l’innovazione dei presidenti Paolo Gentiloni e Matteo Renzi 2015/18.

Esperienze francesi. Consigliere economico del primo ministro Jean-Pierre Raffarin nel 2002. Membro della commissione Attali per la “liberazione della crescita” e della commissione Milhaud per la “cooperazione finanziaria nell’area del Mediterraneo” istituite dal presidente Nicolas Sarkozy nel 2007. Già consigliere nei cda dell’Accademia di Francia in Italia e della Scuola nazionale dell’amministrazione (Ena). Consulente di Ffsa, la Federazione delle assicurazioni francesi. Ufficiale della Legion d’onore dal 2002.

Varie ed eventuali. Membro del comitato scientifico del centro studi di Confindustria, della fondazione Accademia nazionale Santa Cecilia, del comitato di presidenza di Assonime, l’associazione fra le Spa italiane. Consigliere nel cda della fondazione per le Scienze religiose di Bologna. Consulente di Febaf, la federazione delle banche, delle assicurazioni e della finanza. Presidente onorario dell’organismo europeo Long term investors’ club. Già consigliere del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, in materia di tecnologie di informazione e di comunicazione ‘01/’06. Già docente di Diritto costituzionale all’università la Sapienza di Roma e collaboratore degli atenei di Milano Statale, Firenze, Sassari e Trento e del Consiglio nazionale delle ricerche. Ha scritto 19 libri e 350 articoli scientifici. Marito di Linda Lanzillotta, ex capo di gabinetto del ministro Amato, ministro nel governo Prodi II e vicepresidente del Senato nel ‘13/’18. Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica su iniziativa del presidente Giorgio Napolitano. Il futuro d’Italia è ieri.

Bombastic!



Arrivato con un'ora di ritardo, come ai bei tempi andati quando dopo l'"enricostaisereno" governò il paese, il Bomba ieri sera ha presentato il suo ultimo libro, dai non mi fate dire nulla al proposito che costui è molto amante delle querele, accompagnato e presentato dalla Lella di tutti loro. 
Sono andato a vederlo in qualità di amante del genere comico, e lui è il più grande dei comici italiani, un Groucho Marx di no' antri. L'ho ascoltato solo per una mezzoretta, il tempo per deliziarmi del suo innato senso dell'umorismo, le battute ai penta stellati con cui è al governo, gli alti ragionamenti da bar su come rinvigorire il paese, l'evidente sua convinzione di essere ancora, nonostante un 2,5% di gradimento, l'ago, la via, il nettare delle istituzioni. 


Posizionato il palco vicino ad una giostra funzionante, subliminale della sua attuale funzione, il Bomba ha condotto magistralmente, da esperto saltimbanco, il suo show costellato da riferimenti ai grandi del pianeta di cui lui stesso si sente pietra miliare, da battute da osteria, da ricerca di consensi e di incensazioni tipiche del suo ego debordante.

La madre di tutte le battute, mi è stata riferita perché nel frattempo avevo lasciato l'ilare compagnia, è stata la seguente: 

"Siete d'accordo che sarebbe meglio avere un governo legittimamente scelto dal popolo?" 

Si, ha detto proprio così il nostro Groucho, dimenticandosi dell'oramai storica "enricostaisereno"

Standing ovation a Groucho Bomba! 

Travaglione!!!


domenica 28/06/2020
Todo cambia

di Marco Travaglio

Ci avevano giurato che, dopo la pandemia, nulla sarebbe stato come prima e tutto sarebbe cambiato. Detto, fatto.
Il Senato resuscita il vitalizio, privilegio che definire medievale è offendere un’epoca seria come il Medioevo. E tutti quelli che 13 anni fa tuonavano e scrivevano articoli e libri contro la casta ridacchiano soddisfatti perché i 5Stelle sono stati sconfitti con la loro antipolitica, mentre la Politica con la P maiuscola è riempire le tasche finché morte non ci separi a vecchi arnesi mantenuti da noi dalla notte dei tempi. Fra le migliori esultanze degli incassatori per lo scampato pericolo, vince “Dalla politica ho avuto solo svantaggi”: parola di Francesco Speroni, leghista della prima ora, pensionato baby Alitalia a 50 anni, in politica dal 1986, parlamentare italiano e/o europeo dal 1989 al 2014 e financo ministro, sempre grazie alle leggendarie campagne contro “Roma ladrona”. Seguita da quest’altra: “Il taglio dei vitalizi fu una decisione pessima che ha messo alla fame alcuni ex parlamentari”: parola di un pesce di nome Zanda, già consigliere del gruppo Espresso, poi portaborse di Cossiga, poi presidente del Mose, di Lottomatica, del Giubileo2000, consigliere Rai, senatore del centrosinistra per appena 5 legislature, tesoriere del Pd (sua l’idea, l’anno scorso, di aumentare un po’ i magri stipendi dei parlamentari) dimissionario ma ancora in carica, perché nominato di fresco, alla tenera età di 78 anni, presidente della fondazione di Carlo De Benedetti (85 anni) che sta per dare alle stampe un nuovo giornale-ossimoro: Domani. Ridateci Storia Illustrata.

La Camera intanto espelle Vittorio Sgarbi perché dice dei magistrati e di chiunque lo contraddica (“vaffanculo stronza troia”) quel che diceva 30 anni fa su Canale5, prima che B. lo mandasse a spasso per non pagargli più le querele perse (tutte). Ma continuerà a essere invitato in tutti i salotti di Rai, Mediaset e La7, intervistato da tutti i giornaloni e giornalini e candidato a parlamentare, sindaco, assessore, ministro, viceministro, sottosegretario perché è tanto colto (sul fatto). Ridateci Sgarbi quotidiani.

Angela Merkel sul Mes dice un’ovvietà (“può essere usato da tutti”, ma quella dell’Italia “è una decisione italiana”), Conte risponde un’ovvietà (“A far di conto per l’Italia ci siamo io e i ministri italiani”) e tutti i giornali italiani titolano sul “gelo”, lo “scontro”, la “lite” Merkel-Conte e La Stampa su una frase mai detta dalla cancelliera (“L’Italia utilizzi tutte le risorse Ue”). Perché ovviamente ha ragione la Merkel: come osa l’Italia di non prendere ordini dalla Germania (che peraltro non s’è mai sognata di dargliene)?

Ridateci l’asse Roma-Berlino-Tokyo e la Repubblica di Salò.
Il ministro Gualtieri ha un nuovo consulente: il giovane millennial Franco Bassanini, classe 1940, una dozzina di cattedre, 7 legislature, mezza dozzina di partiti dal Psi al Pci Pd, un ministero, una decina di Cda, banche, assicurazioni (la lista completa di poltronissime è a pag.4). Ridateci i dinosauri.
Aria nuova anche nei servizi segreti: pare che Conte e altri nel governo pensino, per la vicedirezione dell’Aise, a Marco Mancini. Che non è omonimo del Marco Mancini arrestato due volte nel 2006, quand’era capo del Controspionaggio del Sismi, per concorso nel sequestro dell’imam di Milano Abu Omar e per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla rivelazione di segreto d’ufficio per aver passato dossier segreti alla Security Telecom, poi condannato a 9 anni per la prima accusa e infine salvato sia per la prima sia per la seconda dal segreto di Stato apposto dai governi di destra e di sinistra: è sempre lui. Eppure la Corte dei diritti umani di Strasburgo nel 2016 ha stabilito che il Sismi e la Cia, sequestrando Abu Omar e mandandolo a torturare in Egitto, e i governi italiani, coprendoli, hanno violato ben cinque principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e “applicato il legittimo principio del segreto di Stato in modo improprio e tale da assicurare che i responsabili del rapimento, della detenzione illegale e dei maltrattamenti ad Abu Omar non dovessero rispondere delle loro azioni”. Ridateci Pollari&Pompa.
Salvini, noto leader del futuro visto che politicamente è più vecchio di B., non perde occasione per guardare all’avvenire con la strenua difesa dei pagamenti in contanti fino ad almeno 3mila euro a botta, in tandem con l’altro giovane vecchio che porta il suo stesso nome, ma ha un dodicesimo dei suoi voti. E, siccome il Matteo maior chiede a gran voce il condono tombale per gli evasori, il Matteo minor per non essere da meno lancia l’ideona di una “voluntary disclosure”, cioè di un bel condono sui contanti in nero. Poi, per essere ancora più moderno, rilancia sul Ponte sullo Stretto. Ridateci il decreto Biondi, i lodi Schifani e Alfano, la Cirami, la Cirielli e l’immunità parlamentare.
La gara di modernità fra i due Matteo prosegue sulla campagna acquisti di parlamentari. Salvini annuncia “altri 5Stelle pronti a passare alla Lega” e l’Innominabile risponde che “nel centrodestra c’è una miniera” di voltagabbana sul mercato. Ridateci Scilipoti, Razzi e De Gregorio.
Si attende ad horas il ritorno del borsello a tracolla, del telefono a gettoni, degli scubidù, delle pastiglie Valda e dell’Amaro Medicinale Giuliani.

Parola



Ma sai che passando da piazza del Bastione mi è sorta in cuore una parola che non riesco ad esprimere? Finanziamento? No, no... fraintendimento? No, neppure questa... scivolamento? Nein! Non ci siamo... distanziamento? Forse, ma che c’entra con la foto?

sabato 27 giugno 2020

Il Ritocco


Ritocco: correzione o aggiunta di lieve entità, intesa ad ottenere la perfezione voluta.

Forte di questa definizione sono entrato nel mondo della manualità, ostico e misterioso dedalo a me del tutto sconosciuto, trinariciuto come sono da sempre rispetto allo stare alla larga dal fai da te. 
L’attività consisteva nel verniciare di bianco una striscia alta 20 cm e lunga meno di un metro, ad angolo, un ritocco appunto, cosa che amici, da me riveriti quasi fossero dei Tintoretto, avrebbero fulmineamente eseguito pure bendati e con braccio legato.
Primo step, Brico Center
Quando entro in un negozio come il Brico, avverto le stesse sensazioni tipiche di un disgelato dopo un centinaio d’anni in un pianeta lontano; attraverso con inquietante disagio scaffali pregni di attrezzi misteriosi e dannatamente inconcepibili, con persone che li prendono sapendo del loro utilizzo. Cercavo un barattolo di pittura non una fresa per micro levigate ad una turbina atomica e ciò nonostante è mancato poco che il commesso, osservando il mio girovagare alla Rumiz, chiamasse il centro Tso per informazioni circa la scomparsa di qualche soggetto affetto da instabili amnesie. 
Stavo acquistando del coppale quando una caritatevole ragazza mi ha diretto verso la vernice lavabile. Successivamente occorrevano i pennelli e dalla quantità che ne stavo accalappiando un astante si è convinto del mio incarico al rifacimento della facciata del palazzo delle Poste. Frenando la maniacale ed incontrollata fobia negli acquisti cazzo&campana dop, ho preso un rullo e un pennello di piccole dimensioni, i teli per non sporcare, sarebbe bastato un sacchetto della spesa ed invece ne ho preso per una superficie adatta alla villa di Arcore del Puttaniere, il nastro di carta anche se ne possiedo già una collezione che Sotheby’s alla mia dipartita venderà a prezzi fantastici; le spugnette con la parte rugosa per lavare i piatti, che non c’entrano nulla ma, essendo un pluripremiato socio della Ad Minchiam Shopping, ha un suo perché intrinseco.

Secondo step: la preparazione
Dopo aver, attraverso giaculatorie antichissime, richiesto l’aiuto di Santa Berenice, sono finalmente riuscito ad aprire il barattolo di vernice, attraverso l’uso scriteriato di vari attrezzi tra cui un cacciavite, una rivettatrice e la frusta per montare il bianco d’uova, il tutto compiuto dopo essermi denudato e ansimando come  Messner mentre lascia il campo base verso la vetta del Makalu. 
Una volta davanti alla bianca pittura e avendo letto le istruzioni in maori, ho compreso che necessitavo di un qualcosa per mescolarla, provocando un fuggi fuggi dalla cucina di coltelli, forchette e cucchiai di legno. Dopo una meditazione prossima al Nirvana ho rimirato il pennello appena acquistato, tra l’altro fischiettante come se stesse facendo minzione in un bagno pubblico a Marrakech. Per evitare il nervosismo nelle successive azioni, sarebbe bastato lavarmi la faccia immergendo entrambe le mani nel barattolo, mettendo a tacere una volta per tutte la prudenza fobica attanagliante ogni movimento al fine di evitare la famigerata macchiolina su indumenti o pavimento. Ed invece, estraendo il manico del pennello dal barattolo per lavarlo, ho composto un Warhol sul pavimento, gocciolando pittura anche nella tasca dei pantaloni. 

Terzo step: la pitturazione 
La tempistica irrisoria è stata frenata dall’incapacità di immergere il rullino nel barattolo senza che, estraendolo, non si spargesse pittura a mo’ di benedizione orbi. E dire che ho sperimentato ogni movimento del polso, dalla volee alla Macarena, ma non c’è stato nulla da fare. Inoltre la pittura in eccesso formava dei mini rivoli tipici di una carta geografica dei tempi di Vasco De Gama a cui solo Giobbe non avrebbe risposto con improperi curiosissimi. Terminato il ritocco, ho iniziato impercettibilmente a fischiettare, sentendomi per un attimo un novello Sanzio ammirante il compimento della sua Scuola di Atene.

venerdì 26 giugno 2020

Che ci volete fare?



Tanto per dire

Giacomo Caliendo di Forza Italia, il professor Gianni Ballarani e Giuseppe Della Torre (e sbattiamoli i mostri in prima pagina) hanno votato a favore, dietro la regia del sommo avvocato Maurizio Panis, quello della parentela di Ruby con Mubarak. 

Contro hanno votato Pillon e la neo leghista Riccardi, ex M5S (ma quando sai l'esito del voto puoi pure votare contro per farti bello) 
Quindi 300 ex senatori e 700 ex deputati, tra giubilo e giaculatorie di ringraziamento hanno riottenuto i vitalizi che a settembre del 2018 gli squinternati pentastellati erano riusciti ad abolire. Squinternati perché festeggiarono all'epoca troppo presto, inconsapevoli dei tentacoli eterni della casta, che è ritornata alla carica, subdola ed insensibile, come da copione, delle difficoltà del momento. 
Nascondendosi dietro alla rivincita del diritto, della giustizia, mettiamoci pure l'Europa, in barba alle casse integrazioni, alle sofferenze di molti a sopravvivere in questo post pandemico, i nostri ex rappresentanti hanno raggiunto il loro obbiettivo primario, succhiare nettare pro loro. 

Ma questa prova di forza dell'Inamovibile potere scriteriato, alla Re Sole per intenderci, nasconde un altro personaggio proveniente dai solari concetti della regalità, lei, l'ansiosa signora pupilla del Pregiudicato, la regina aspirante tra pochi anni ad assurgere al più alto piedistallo repubblicano, attualmente occupato da Mattarella, si signore e signori, la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Castellati. Sua Grazia parrebbe aver tessuto le fila di questa rivendicazione salariale provocante in molti, me compreso, di preparar zaino, cervogia e lasagnolo, con destinazione Roma. 

La casta non demorde, non indietreggia, non si preoccupa delle lagne, delle proteste di molti, che ancora troppi e giusti non sono; zimbella e dileggia i comuni mortali, fingendo di recepire i malumori del popolino, di tutti coloro cioè che ripongono i loro valori nelle iperboli costituzionali, nei principi di uguaglianza in diritti e doveri. A guardar bene tutte le alchimie arzigogolanti istituzionali appaiono sempre più torri e muraglie a difesa dei privilegi, addolcendo conseguentemente sproni e rivalse solo in apparenza efficaci. La logica del potere, di questo potere, è essenzialmente gattopardesca: nulla muta, nulla cambia, tutto è soffice ed ovattato. Puoi infatti sbatterti come un'anguilla appena pescata a Comacchio, ma i Pierferdinando saranno sempre lì. Ti documenti, incazzandoti, sbraitando, arzigogolando sul senso della vita comune, ma le Maria Elisabetta Alberti Castellati e Dai Mettiamocene Un Altro di Cognome Visto Che Fa Tanto Chic, resteranno impassibili, immarcescibili, statuarie davanti alle obiezioni dei diversamente italici, che siamo noi. Tutto è stato organizzato scientemente al fine di resistere davanti a tutto e a tutti. Solo una possibilità rimarrebbe ma, in questo tempo fin troppo buonista, non è nemmeno il caso di citarla. E poi il sistema, questo sistema che permette ai vari CarloLiza di continuare a chiedere denari per la oramai famigerata ripartenza, da dove e per quale meta?, lagnandosi e rappresentando i furbi che ci sottraggono centonovantamiliardi all'anno, ha già preparato le adeguate contromisure per addomesticare menti e cuori indignati: calcio, uominiedonne, sconti e ... grande fratello vip! Sssst!


giovedì 25 giugno 2020

Arriva Groucho!



Un tempo al bar si aspettava il famoso ballista (una volta ricordo che disse di aver incontrato a Vezzano Robert De Niro che aveva una storia segreta con una ragazza del luogo) per farsi due risate in compagnia. 
Grazie all’amico Massimo ho scoperto che il più grande comico attuale d’Italia farà tappa alla Spezia sabato prossimo. Non mi perderò assolutamente l’evento, pregustando già fin d’ora ilarità e sganasciate a gogo. Mister duepercento ci farà volare rievocando i tempi cupi dell’Era del Ballismo. Fremo al pensiero di quando udirò la formula preannunciante l’ennesima fetecchia, quel “signori miei” che è il marchio di fabbrica di questo moderno Groucho Marx! Ti aspettiamo scrittore!!

Pensierino


Come in una solfatara, sbuffano segnali del magma mefitico di corruttela che da lustri attanaglia il paese: a Milano si apre la botola del malaffare stringente la metropolitana, uno dei salvadanai maggiori per lorsignori; a Roma un clan malavitoso evitava balzelli onerosi per riparare le epiche smargiassate edili della casta dorata “degli amici degli amici.” 
Balza subito all’evidenza il perché si stringa il cerchio su sindaci alla Raggi, insultata, accusata spudoratamente, dileggiata solo e perché non facente parte della compagnia dei balordi, o su politiche da sempre estranee ai grandi affari del sottobosco, come ad esempio il M5S che, pur se risponde al vero che sia tutt’oggi abitato anche da incompetenti, non è mai stato colto con le mani infarinate, soprattutto tenendo conto degli innumerevoli rx eseguii con diabolica minuzia, nell’agognata speranza di smerdarli, sognando di equipararli alla loro grande famiglia comune, dedita al mercanteggio. 
La pentola dunque parrebbe ribollire, sognando nuovi tempi sfavillanti, alla Mose veneziano per intenderci; attorno a questa ansiante aspettativa di debacle, un corroborante florilegio di stampa e media compiacenti, instilla in menti desertiche quel moto ondoso tendente a sognare un cambiamento, in realtà un retrocedere storico, guidato da un coriaceo mangiatore di ciliegie che piacendo tanto a troppi, avendoli invaghiti con ripieni di fakes, leggasi brodaglia primordiale, promette soleggianti albe dal sapore tipicamente razzista per un futuro radioso dove tutto sarà patriottico, cattolico e biondo lucente, magari con erre mosce inclusa. 
E per pennellata finale, a suggello di tutto, emerge l’impraticabilità di stringere accordi dell’attuale maggioranza a livello regionale: forse per cocciutaggine pentastellata. O forse per impossibilità di perseguire l’affarismo locale, tipico degli anni del Ballismo, dell’altra sponda guidata da un fantasma sonnolento, antitetico del fratello commissario.

mercoledì 24 giugno 2020

Parodiando




A quale scopo?



Perché, a che scopo dare questa notizia? Per commiserarci, per alludere a qualche inettitudine? 
Ragioniamoci un attimo: abbiamo avuto 34mila morti in Italia, migliaia di persone hanno sofferto oltre ogni immaginazione, siamo stati diligentemente in lockdown per mesi. E dunque? Che cosa ci vuol comunicare il sito web di Repubblica? 
Constatiamo che ci sono meno turisti, una normale conseguenza della pandemia appena passata, e forse non del tutto. Sarà dunque un allarme, ma anche qui chi poteva prevedere altro in merito? 
Sarà che sono prevenuto ma ci vedo un pizzico, un velo di ricerca di colpevolezza rivolto a chi attualmente sta in cabina di regia. Che avrebbe dovuto fare il governo? Sorvolare, minimizzare, tralasciare il disastro pandemico? 
Meno turisti, spiace ma era prevedibile. E già che ci siamo: perché non approfittare di questa carestia per riorganizzare il flusso turistico in modo che non leda più alla decenza dei nostri amati siti che il mondo c'invidia? 
Occorre essere chiari in materia: non esiste un turismo decoroso che si leghi ai forsennati assembramenti di posseduti demonicamente i quali, sbraitando e sbuffando, con moto ondivago tendente al bizzarro, si muovono compatti attorno ad un'opera d'arte, sia essa un quadro o un palazzo storico, nella più classica delle predisposizione "ad minchiam" 
Il rispetto della bellezza, vuoi un museo, un porticciolo, una tramonto da una terrazza, o per un calle veneziano, passa inesorabilmente con la rilassatezza, la compostezza e il numero giusto di visitatori. 
Tralasciando quindi lo stupore per il calo di visitatori, che avrebbe previsto pure Sora Cicoria, il governo tenda a organizzare una degna filosofia turistica, per il buon nome della nazione e per il quieto vivere di tutti. Anche degli idioti.     

Forse ci siamo



Ecco quindi il volto che potrebbe porre fine all'attuale maggioranza, Alessandra Riccardi senatrice eletta col M5S e passata ieri nelle file della Lega, un po' come se il macellaio di Greve in Chianti proponesse nel suo menù il tofu. 
I numeri al Senato diventano strettissimi, cresce l'importanza di Forza Italia come supporto per tenere in vita la coalizione. 
Ognuno è libero di fare scelte come meglio gli aggrada, siamo in democrazia. Sale lo scoramento e una voglia insana di lasciar andare tutto a bagasce, per ammirare finalmente gli altri sulla tolda dello stato, a prendere decisioni che, sono certo, si riveleranno solari e infallibili. Già pregusto il Cazzaro illuminare la scena con i suoi elenchi storici, le sue meditazioni che hanno già reso tutti noi un paese migliore. E Sora Cicoria con la sua cristianità, l'italianità modello di crescita, di sviluppo. 
Grazie a costei quindi il grande momento per molti parrebbe essere arrivato. Quale gioia nelle sontuose redazioni dei Giornaloni, nel cuore della Perpetua, negli animi sfavillanti dei tanti gettonati in video a sparare giudizi di inabilità alla vita politica degli attuali attori. 
Potremmo quindi lasciare il proscenio al CarloLiza Bonomi e alla voglia innata degli industriali di irrorare le loro casse per il bene del paese. E via con le infrastrutture, anche quelle che apparentemente sembrano non servire ad una benamata minchia, ma che vuoi che importi ciò; lavorare, cementificare, appaltare, è questa la strada giusta. E poi basta "negri", basta aiuti a quelli che non hanno di che mangiare! Che vadano a lavorare, a raccogliere pomodori, che è pur sempre una bella occupazione. 
Ad oggi né il M5S né il PD hanno trovato intese politiche su base regionale. Se a ciò aggiungiamo il Bomba al 2 per cento e il suo Scalfarotto, direi che si, forse ci siamo. 
Dopo il niet del grande capitalista Fausto, mascherato da compagno, dopo i mastellati, gli "enricostaisereno" ecco dunque l'avvocato Riccardi ipotecarsi la notorietà, la mano premente il pulsante per la deflagrazione politica da tanti, troppi, auspicata ed invocata con digiuni e preghiere, per il bene del paese naturalmente. 
Vorrei ricordare infine alla senatrice Riccardi alcune parole di Dostoevskij (non sono colto a tal punto, l'ho solo lette stamani): 

"Una persona intelligente non può diventare sul serio qualcosa, ci riesce solamente un imbecille." 
(da Memorie dal sottosuolo) 

Senza alcun riferimento alla sua scelta, naturalmente. Solo per augurarle un buon prosieguo di attività parlamentare. Tutto qui.  

Ringraziamenti



Già, Michele!


L’amaca

In quale secolo siamo?

di Michele Serra

Un euro e mezzo all’ora (!!!) per stare nei campi fino al crollo fisico. Maltrattamenti, segregazione, razzismo. Le notizie sullo sfruttamento dei braccianti immigrati (gli ultimi aggiornamenti vengono da Amantea, Calabria) sembrano provenire da secoli remoti, prima di Di Vittorio e i suoi "cafoni" redenti, prima di Pelizza da Volpedo e il Quarto Stato, prima degli albori ottocenteschi del socialismo e del sindacalismo. Probabile che nelle piantagioni dell’America schiavista il trattamento fosse almeno un poco più accorto, lo schiavo era un bene del padrone, logorarlo o distruggerlo non era conveniente. Qui, nel 2020, si racconta invece di bengalesi usa e getta.
Senza retorica, e per la sola evidenza dei fatti, va detto che qualcosa dev’essere proprio successo, negli ultimi venti trent’anni, perché non ci accorgessimo di niente; o ci accorgessimo di molto poco, e solo sporadicamente. La politica, certo, ma anche i giornali, il dibattito pubblico, il senso comune: come hanno potuto non registrare un così spaventoso salto all’indietro, il crollo dei salari, dei diritti, della considerazione concessa a persone tramutate in una carrettata di braccia da caricare e scaricare su furgoni scassati, da picchiare se rovesciano una cassetta di frutta, da far dormire tra i loro rifiuti? Va bene il disarmo della sinistra e della sua cultura; ma anche ammesso che la sinistra sprofondi all’inferno come sognano, da secoli, gli sfruttatori e i prepotenti, come può essere che un Paese europeo dotato di Costituzione, leggi, un senso comune apparentemente civilizzato, contenga un abominio come questo senza che mezzo anticorpo, mezza rivolta di coscienza, mezza scomunica faccia salire la febbre?

martedì 23 giugno 2020

Presenza



Si narra che nell'ottocento in un non meglio precisato paesino dell'Alsazia un curato inaugurò in pompa magna una casa chiusa e nell'occasione pare, lo riferiscono le cronache locali di allora, sia stato coniato il detto "che dio me la mandi buona." 
In un altro paese della bassa Sassonia invece nel 1934 un diabetico tagliò il nastro della pasticceria più chic della zona; l'evento pare abbia dato i natali all’oramai strabusato slang "checazzoc'entra?"
In Renania invece attorno al 1964 un posseduto demoniaco in preda a continui spasmi ebbe l'onore di dare il via alle vendite di una cristalleria con pezzi pregiati che chiuse dopo appena ventiquattro minuti, lo riporta il "Frastencazzen" quotidiano locale, stabilendo un difficilmente superabile record di fallimento istantaneo. 
E' cronaca di ieri la triste notizia della presenza sul ponte di Genova di un imbucato proveniente da Roma, ancora debitore di 49 milioni alle casse comuni, in preda ad un raptus per una grave forma di presenzialismo, definita dal "Psichiatria psicosomatica" di Glen Gabbard "allacazzo&campana"; il soggetto si è presentato travestito da lavoratore, tipico atteggiamento di un instabile di tali proporzioni, salendo sul carrozzone di coloro che in realtà hanno costruito in tempi celeri la struttura. Tra l'altro ha anche definito i pannelli solari, pannelli al metano, per la gioia della sua enorme claque che non sa distinguere un calippo da un martinetto idraulico. 
Non contento pare che nei prossimi giorni si recherà al museo egizio di Torino in occasione del termine della traduzione dei papiri appartenuti al Faraone Kiminkiaè e dal suo enturage, da noi intervistato al termine dell'adorazione dell'ampolla del dio Po, sembra che l'imbucato si approprierà pure del successo della minuziosa ricerca, avendo fagocitato un imprecisato numero di faraone e patate durante le gare di rutti con Calderoli, elencando come al solito una lista di cose o persone dal suo sterminato archivio personale (forse nell'occasione userà "dopo che i metronotte, i linotipisti, gli affabulatori, i predatori, gli spargitori di sale non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione...")

lunedì 22 giugno 2020

Ciao Campione!



Se ne va pure lui, Pierino la Peste, indomito attaccante dal fiuto straordinario, autore della magica tripletta della prima coppa dalle orecchie di una lunga serie. Agevolato sicuramente dalla presenza della Luce riveriana, Pierino (la Peste) Prati ha lasciato lo stesso un segno indelebile ed eterno nella nostra gloriosa storia. Grazie Campione, ti sia soffice la terra!

L’incontro


La percentuale che la potessi incontrare era molto remota, diciamo su per giù come quella di sentire dal Cazzaro un ragionamento. Ma si sa, il destino è cinico e strafottente e quindi, inaspettatamente, l’ho incontrata. Appartiene ad una casta particolare, riuscendo, con arte ed artifizi, a guastare paesaggi e tramonti ad interdette vittime sacrificali. È la Sproloquiante categoria massimi; ne esistono pochi e protetti esemplari, all’incirca un centinaio, sparse in tutta la penisola. Non hanno segni particolari, apparentemente sembrano persone normali, come quella da me inavvertitamente incontrata in spiaggia. Hanno incorporate micce sensoriali che s’innescano con frasi in apparenza vuote di significati filosofici, da “che ore sono?”, fino a “freschino oggi, vero?” Questi inneschi però stravolgono la quiete, portando l’abnorme logorroica nel suo habitat naturale, quello cioè della dissertazione mitragliante alla cazzo&campana.

Innescata non ha più ostacoli, abbattendo la normale discussione socievole che diventa in un lampo ricordo singhiozzante come autunno piovoso al camino con nonno, castagne e vino, e il collocamento del contraddittorio dentro ad un pozzo profondo, simile a quello usato dai seguaci del l’ampolla del Po a proposito del rapto dei quarantanove milioni. L’effetto disanimante negli auditori è fulmineo, come la perdita di dignità, direttamente proporzionale alla ricerca di un pertugio, una via d’uscita, accostabile per gravità a quella di Henry “Papillon” Charriere. Il can can delle tematiche affrontate al galoppo senza ritegno, la Sproloquiante può infatti passare dal furto subito in casa alla riproduzione della foca monaca nel giro di qualche nano secondo, è debordante, squassante, tanto che in alcuni casi monitorati si è notato negli astanti l’insorgere di manie suicide, tanto che meraviglia la fantasia di chi riesce a liberarsi della vociante con scuse curiosissime (cit.) che vanno dall’accorgersi di aver lasciato il chihuahua solo al bancone del bar con davanti un ottimo brandy, e visto il passato alcolico del povero animale ciò rappresenterebbe appunto un pericolo, alla mancata disdetta del corso privato di scimitarra. Nulla però che possa scalfire l’infausto frullato verbale della rarissima Sproloquiante.

domenica 21 giugno 2020

Profanatore di weekend


Ricomincia l’odissea estiva di molti che vengono in queste terre per un po’ di sole e di mare. La domanda regina, per chi come me vorrebbe tanto conoscerlo, è se il signore deputato all’organizzazione dei cantieri sulla Cisa, dovrebbe essere normodotato ma ho dei dubbi in merito, abbia organizzato quello che sta creando 23 km di coda per necessità impellente o perché non essendo stabile mentalmente non riesce a capire la differenza tra una domenica ed un martedì. E visto che i cantieri autostradali sono all’aria aperta, porcaccia miseria, questo cazzo di cantiere non si sarebbe potuto fare durante il lockdown quando sulla Cisa ci passavano si e no tre macchine al giorno guidate da mufloni? Sono domande che rivolgo al sommo architetto stradale. Nell’attesa di conoscere la verità, lucido i miei scarponi da montagna, sperando chissà un giorno di poterli usare sulle terga di questo profanatore di weekend.

La Bbaaand!



Quarant’anni fa la Muse del cinema e della musica, abbastanza annoiate, decisero, tra l’incredulità generale, di unirsi in un progetto comune che avrebbe dovuto allupare come non mai le future generazioni. Il grande John Landis ebbe l’onore e l’illuminazione di accoppiare il mitico John Belushi con Dan Aykroyd (tra l’altro pure sceneggiatore) per creare la fantasmagorica coppia dei fratelli Jake ed Elwood Blues, contornata da una schiera di eterni ed intramontabili musicisti mai prima di allora riunita in un progetto artistico. Quello che ne uscì fu un capolavoro capace di frizzare milioni di cuori, elettrizzandone valvole e neuroni, col chiaro intento di tramandare il concetto cardine ad imperitura memoria, che cioè il blues e il rock continueranno a sparare confetti per nobili coclee sino a quando il tutto non si riordinerà nella bellezza della Band! La Bbaaandd!

Via!



Palapal amara



Come quei ragazzini presi dai nonni a trangugiar ciliegie che subito dopo la tirata d'orecchie, agitandosi, accusano gli amici di prima di averne mangiate molto di più, così questo PalapalaAmara, appena resosi conto di essere stato sbattuto fuori dall'Associazione Nazionale Magistrati, ha iniziato a far nomi e cognomi di coloro che, a suo parere, avrebbero agito e cogitato come lui stesso, ovvero in modalità ben lontana dal ruolo e importanza che la magistratura stessa richiederebbe. 
Una sit comedy tra le più intricate questa, tra sigle, personaggetti (cit.), propositi, imboscate, spifferate, burattinai e, ahimè, politici. 
La funzione della magistratura in tutta la sua globalità esigerebbe un altro comportamento, puro e senza nessuna macchia. Tutto quello che è avvenuto invece, la riduce ad un mercato rionale con conseguente perdita di credibilità. 
Il famigerato sottobosco, alla Cosimo Ferri per intenderci, andrebbe vissuto ed usato solo per cercare funghi. In altri luoghi, soprattutto dove si decide sulla reclusione di persone e conseguentemente della verità su fatti delittuosi, occorre che la macchina giri oliata e pulita, lontana da quelle inettitudini tipiche dei sontuosi luoghi del parlare forbito popolato da uomini e donne scelte dal popolo affinché alimentino la democrazia in loro nome, il parlamento appunto. 
Se la magistratura riuscirà a scrollarsi di dosso le variopinte e pullulanti sanguisughe, alimentanti il potere personale grazie alle voci sparse ad hoc in cui si racconta di manovre per nomine di giudici ed affini, potrà farlo solo e soltanto affidandosi ai tanti valorosi appartenenti alla categoria che da sempre, spendendo la propria vita, sono vanto e difesa dei principi costituenti lo stesso stato. 
Nomi non ne faccio, ma arrivarci è facile, molto facile. 

Reazione



Un ottimo Serra


Alex tira fuori il meglio di noi


di Michele Serra


Intorno ad Alex Zanardi, aggrappato alla vita, c’è tutta Italia che lo sostiene. È un sostegno strameritato, non bastasse il coraggio da eroe omerico, Zanardi ha messo in campo, nella sua seconda vita, una leggerezza strepitosa perché fosse ben chiaro che non voleva far pesare a nessuno le sue tribolazioni. Menomato e vittorioso, menomato e spiritoso, unico nella sua straordinaria parabola eppure fratello di tutti.
Di più che cosa si può dare agli altri? È così perfetto, Zanardi, come oggetto di amicizia e di ammirazione, che viene il sospetto che volergli bene sia troppo facile, troppo inevitabile. Il popolo che lo abbraccia, e maledice la sua sfortuna, è anche lo stesso popolo che arpiona, nella tonnara dei social, qualunque debolezza; che ha inventato e adopera con gusto, in segno di scherno per ogni moto di solidarietà, la parola "buonismo"; che nelle varie piazze televisive usa l’insofferenza e il malumore (le due qualità meno zanardiane al mondo) come modalità quasi fissa; un popolo la cui proiezione politica è tra le più lacerate e aggressive d’Europa, come se stare in società significasse soprattutto disprezzarsi, e desiderare l’annientamento altrui.
Poi questo popolo — vedi i giorni della pandemia — manifesta improvvisi, travolgenti sentimenti di unità e di solidarietà. Si sente buono senza sospettare buonismi, ha il ciglio umido senza temere retorica, canta volentieri lo stesso Inno che il giorno prima gli pareva una marcetta strombettante, ostenta italianità dopo averla deprecata per una vita, si raduna al capezzale di una persona bella e sfortunata senza farsi domande sugli altri partecipanti, che sono milioni e tutti molto diversi, ma resi tutti uguali dalla trepidazione per l’amico Alex. È come se una routine depressa, e abbastanza cinica, trovasse momenti di vigoroso e necessario rimedio, nei quali i buoni sentimenti, e addirittura l’incredibile sentimento della concordia, possono finalmente sboccare con naturalezza. La morte in agguato (quella da virus e quella che prova a ghermire per la seconda volta un uomo pubblico molto amato) fa da catalizzatore, il pericolo rinserra i ranghi, si torna a sentirsi popolo non nel senso, meschino e limitato, della propria fazione politica, ma in quello, più pieno e nobile, di un destino comune.
Certo se i due vasi non comunicanti della psicologia pubblica italiana, quello della quotidianità sciatta, quello dell’emergenza eroica, fossero un po’ meno separati, non sarebbe male. Se solo un decimo dell’emozione pro-Zanardi restasse poi in circolo anche per necessità più convenzionali, diciamo per la gestione ordinaria dei rapporti tra italiani, e dunque fossero anche i piccoli sentimenti, le piccole occasioni di rispetto e di cura a poter contare su di noi. Se per sentirsi italiani, con la minuscola, non ci fosse bisogno di avere le Frecce Tricolori che passano sopra il tetto, o il tenore che canta il Nessun dorma (non se ne può più, tra l’altro, lo stesso Puccini supplica di sospendere almeno qualche replica), o il campione esemplare, l’amico di tutti, che giace esanime e intubato. E se dunque bastasse la ragionevole, non emotiva, non retorica cognizione che siamo italiani semplicemente perché abitiamo qui, non perché una minaccia o un dramma ci costringe a esserlo; beh, sarebbe bello. Vorrebbe dire cominciare a trovare l’unica cosa che davvero ci manca, come popolo, che è la misura. Le nostre vele o si gonfiano per tempeste emotive, oppure si afflosciano miseramente. Ma i venti di media portata sono i migliori per navigare, e per arrivare primi, come Zanardi insegna, l’allenamento quotidiano è la sola via.

sabato 20 giugno 2020

Addio ad un Campione



Ero ragazzino e pur essendo già rossonero, invidiavo ai cugini quel sinistro magico, soprattutto sulle punizioni, fu lui l’inventore della “foglia morta”. Essendo mancino e sentendomi diverso, a quel tempo obbligavano a scrivere con la destra, non nel mio caso in quanto avrei composto geroglifici strani, stravedevo quindi per i sinistri, in primis per Rombo di Tuono che fu l’unico in grado di incunearmi il tradimento per abbracciare il suo Cagliari, ma la cosa non andò in porto, il cuore si sa non può modificarsi. E poi appunto Mariolino, quello con i calzini perennemente abbassati. Un faro nella notte brumosa di quei tempi. Riposa in pace Campione!

La scomparsa rivelante



La prematura morte di Carlos Ruiz Zafon oltre che a dispiacermi rivela in me una sperequazione culturale di cui soffro fin da quando ottenni la padronanza dei miei poveri mezzi e, badate bene, ciò non si verificò alla canonica età della sveglia ormonale, no, fu molto più in là, diciamo a cavallo dei venticinque! 
E quindi, come se fossi entrato dentro ad un locale dove tutti stiano discutendo di un argomento a me ignoto, provocandomi quella classica espressione ebetina con tanto di muso allungato, bocca semiaperta, sopracciglia inarcate, che generalmente m'aguzza l'udito per carpire significati e notizie in merito in grado di evitarmi la classica figura dell'ignorante allo stato puro e brado, confesso qui senza alcun ombra di disagio che di Zafon non ho letto mai nulla e, un piccolo imbarazzo sta nascendo a dire il vero per quanto sto per dire, non ho mai sentito, letto o intavolato una discussione sulla sua persona. 
E mentre leggo commenti, dolori, sofferenze per il suo andare verso altri lidi, m'interrogo, addolorandomi, per le immense praterie lasciate ad ingiallire nei tempi che furono, quando le ore faticavano ad affastellarsi senza un valido motivo, le giornate non lasciavano alcunché di particolari spunti da poter essere successivamente rivissute in cervice e la noia ingialliva ogni cosa, la fatica era ovunque, figurarsi nel prendere in mano un libro! 
Sento quindi una mancanza di rispetto per i tanti, troppi insufflatori di sana e robusta sagacia culturale, come Zafon, da me tralasciati con noncuranza tipica di un idiota senza confini. 
Mi amareggia non aver letto a suo tempo i grandi cammei di questo scrittore catalano; il rammarico è ancor più grande nell'apprendere che il suo libro principe, "L'Ombra del Vento" fu da lui scritto e immesso nel circuito sommessamente, senza squilli di trombe ed anticipazioni di augusti critici; solo il passaparola, il donar apprezzamenti tra un vorace lettore ed un altro (intendo anche lettrici naturalmente) han permesso a questo capolavoro di raggiungere vette riservate solo ai grandi. 
Nell'augurarti una buona nuova vita caro Carlos, ti rinnovo il mio dispiacere per non averti incontrato prima a causa, lo ripeto, di quella atrofia intellettuale provocante in me scempi di tale vastità che il poco tempo ormai a disposizione (quello nella cameretta di una "villaquiete" qualsiasi non conta, per ovvie ragioni di lucidità) non riuscirà sicuramente a colmare. 
Non è nulla, anzi è una toppa già vicino a scollarsi ma questa mattina, umilmente, ho già scaricato il tuo tesoro letterario. In breve credo di leggerlo, al tuo ricordo naturalmente. 
Riposa in pace!