Russi, filorussi e antirussi
DI MICHELE SERRA
Sono russi anche i russi costretti all’esilio per sopravvivere senza essere eliminati. Sono russe le femministe Pussy Riot, perseguitate dal regime e accusate di “attivismo antireligioso” (come in Iran!). Era russa Anna Politkovskaya, assassinata sotto casa per avere scritto dei crimini orribili dei militari russi in Cecenia.
Fossero anche, i russi che si oppongono a Putin nel nome della democrazia e della libertà di parola e di pensiero, una esigua minoranza, in buona parte sottoterra, basta la loro esistenza a rendere bugiarda e odiosa l’accusa di “propaganda antirussa” che i pappagalli del regime ripetono contro chiunque attacchi Putin. Essere contro Putin non vuol dire essere “antirussi”, vuol dire essere anti-Putin. Anche un idiota capirebbe la differenza. Un nazionalista, no. Il nazionalismo è una delle vie più dirette verso la stupidità.
Tra i tanti imbrogli ideologici dei quali si macchiano i nazionalismi, questo è forse il più odioso e il più inaccettabile, nonché il più frequente, e non solo in Russia: accusare le opposizioni di essere “nemiche della Patria”, come se la Patria fosse in concessione esclusiva di una sua sola parte politica. Una truffa che può fare presa, bene che vada, sul popolino sprovveduto, eterna vittima degli imbrogli del potere. Non su chi ha avuto in concessione un cervello, e prova a usarlo. Disse la figlia di Politkovskaja: “purtroppo i russi non sono abituati a pensare”. È la più filorussa delle frasi, ma per capirlo bisogna essere – appunto – abituati a pensare.
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