domenica 31 marzo 2019

Iniziativa


Interessante articolo su Repubblica in merito al fatto, stranoto, di come veniamo spiati dai grandi fratelli vuoi che si chiamino Google o Facebook o quant'altro. 
Non fai tempo a navigare, cercando qualcosa che istantaneamente ti arrivano messaggi e proposte di acquisto dello stesso oggetto. Così è per tutti gli altri dati sensibili i quali, visto che i signori del bit non sembrano samaritani, vengono venduti a società ignobili, modellanti il tuo profilo, forse pure quello sanitario.
Come combattere tutto ciò? Due strade: chiudere ogni rapporto con i social e ritornare al gettone telefonico oppure, sviare, depistare le onnivore canaglie mediatiche.
Lancio una proposta per l'occasione: ogni mattina, dopo minzione, cercate qualcosa di cui non vi freghi assolutamente una mazza; digitatene il nome più volte su Google, su Facebook, commentate, inviate foto dell'inutile esca mediatica. Stordiamoli inventandoci vacanze, consultando siti di agenzie di viaggio.
Solo facendoli diventare non più troppo attendibili, li possiamo imbrigliare.
A tal proposito oggi ho cercato un'asta raccogli asparagi. Aspetto che mi inviino notizie ed occasioni d'acquisto al riguardo. Ridendo e deridendo di loro!

Peccato!



Peccato non abbia potuto partecipare all'incontro  avanspettacolo di prim'ordine di ieri pomeriggio, avendo già impegni precedenti e più qualificanti quali il forum sulla riproduzione della libellula!
Sarei stato entusiasta nel gustare un evento di questa portata, nel quale l'Egoriferito ha illuminato con il suo inarrivabile verbo la nostra timida città. 
Leggendo le cronache sono altresì convinto che con un'iniezione di Xanax avrei anche evitato di alzarmi maleducatamente al grido di "ma che cazzo stai dicendo!"
Ma la rabbia più grossa deriva dal mancato incasso dalla vendita, al termine della smargiassata, di almeno un centinaio di "vaporgranita", un mio brevetto, che permette di trasformare il vapore acqueo in fresca menta-orzata, almeno così sembrerebbe o forse è una palla, una fregnaccia, nulla però al confronto di quello che il Saltimbanco riesce ad infiascare tra l'indifferenza costante di molti (cit.)

Aaaargh!



Mi avevano tenuto all'oscuro del fattaccio, per pietà, gli astanti allorché nemmeno il primo minuto era trascorso. Cercavo forsennatamente nel cellulare notizie di quel gol fatto ancora dentro gli spogliatoi; incredulo m'aggiravo nella stanza senza comprendere il delitto del babbano portiere. Intanto il tempo passava, l'ansia pure, mentre iniziavano a circolare voci fantozziane su Donnarimba e la sua epopea calloniana "ha rinviato prendendo in pieno la telecamera- è scivolato su una arancia che Calabria si era appena spremuto" 
Poi tragicamente ho visto la madre di tutte le papere che se l'avesse fatta un portiere in un incontro al dopolavoro ferroviario sarebbe stato legato ai binari in attesa dell'intercity da tutti gli altri, avversari e gestore del campo compresi. 
Non ho parole Donnarimba. Anzi no! Una mi nasce dal cuore: ma va a cagher!

Grazie Andrea!


Ecco, dovessero spegnersi per sempre i modem, la tecnologia tornare ai tempi di questo congresso sulla famiglia di Verona, sappiate che io la penso esattamente come il mitico Scanzi!

domenica 31/03/2019
I SERMONISTI
Dàgli ai 5Stelle: manuale da talk
IN TV COME AL BAR. ECCO IL TESTO PER MUOVERSI NELL’AGORÀ POLITICA SECONDO L’UNICO ASSIOMA CHE GIRA

di Andrea Scanzi

Ti hanno invitato a un dibattito? A cena si parla del governo? Al bar non ti danno il cappuccino se prima non dici come la pensi su Paola Taverna? Niente paura: corri in edicola e acquista Come parlare sempre male dei 5Stelle anche se in realtà stai parlando di filosofia teoretica. Autori vari, Edizioni Carofiglio Umile, costo 180 euro (però ben spesi).

È un libro irrinunciabile, che parte dall’unico assioma della politica attuale: i 5 Stelle hanno torto anche quando hanno ragione. Oppure, se preferite, “i grillini ci hanno la rogna”. È un po’ la versione nostrana del noto paradosso di Edward Lorenz: “Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?”. Oggi la frase è diventata così: “Può un ruttino di Mario Giarrusso provocare la Terza guerra mondiale?”. La risposta è “sì”, perché l’unica certezza nella vita è che i 5 Stelle sono il Male e il Pd il Bene.

Ce lo ha ricordato due giorni fa a Otto e mezzo

anche Alessandro De Angelis, autoproclamatosi “quirinalista” per mancanza di prove, che mentre si parlava di quel troiaio del Congresso delle Famiglie di Verona (su cui la pensa come i 5Stelle, ma non può dirlo), ha buttato la palla in tribuna dicendo che “però il M5S ha appoggiato il dl Salvini e la legge sulla legittima difesa, quindi sta uccidendo i diritti”.

Tutte cose che in quel momento non c’entravano nulla, e dunque per De Angelis andavano benissimo. Raggiungere il talento dei “sermonisti” catodici oggi di moda non è facile, ma il libro vi aiuterà a muovervi nell’agorà politica con esempi concreti. Eccone tre.

Sessismo e Toninelli. I 5Stelle si stanno battendo per aumentare le pene sul femminicidio, varare una legge ad hoc sul revenge porn e contrastare i troppi Gandolfini. Però non si può dire, perché i grillini sono – per antonomasia – omofobi e sessisti: garantiscono Cirinnà e Costantino della Gherardesca. Quindi, se qualche odioso Travaglio vi sta ricordando alcune mosse in apparenza condivisibili dei 5Stelle, voi non fidatevi. E spostate subito a caso il tema del dibattito. Tipo: “Sì, però 18 anni fa mi hanno detto che Toninelli guardò il culo di una ragazza mentre faceva la fila per comprare due etti di migliaccio in una macelleria di Crema, quindi è sessista. C’era anche Severgnini che può confermare”. Se lo direte, non mancherà una Marianna Aprile ad applaudirvi, per aggiungere poi che (testuale) “i 5Stelle hanno un’idea ancillare della donna”.

Povertà e Di Maio. Non conta nulla che i 5Stelle abbiano varato Decreto Dignità, reddito di cittadinanza e (si spera) salario minimo, tutte cose che se le avesse fatte Zingaretti oggi Giannini lo paragonerebbe come minimo a Bordiga. Non conta: i grillini restano – per antonomasia – fascisti e schiavisti. Quindi, anche qui, dovete spostare l’attenzione. Per esempio: “Queste sono armi di distrazioni di massa della propaganda grillina. La verità è che Di Maio, quando faceva il bibitaro, una volta rubò una Zigulì allo stadio ed è stato proprio il mancato gettito di quell’acquisto a provocare la crisi mondiale”. Se poi aggiungerete che a 17 anni Di Maio trafugò pure un UniPosca in una tabaccheria di Afragola “ed è per questo che oggi mancano le coperture”, Giannini vi erigerà una statua equestre.

Corruzione e Bonafede. La Spazzacorrotti è (più o meno) quella legge che milioni di elettori avrebbero voluto dal centrosinistra nell’infinito lasso di tempo intercorso tra il 1994 e il 2018, ma anche questo non si può dire. Quindi confutate tutto, possibilmente senza argomenti. Tipo: “La deriva giacobino-grillina è un pericolo per le libertà faticosamente conseguite col sangue dei nostri avi”. Pausa. Poi (con l’aria di un Augias che ti rivela il senso della vita): “Mio nonno era partigiano con Pertini. Fu proprio Sandro, durante i lunghi anni della prigionia, a dirgli che il problema del Paese non era il fascismo bensì Bonafede. Che non era ancora nato, ma già rompeva i coglioni”.

Cosa aspettate? Comprate il libro e, nel dubbio, date sempre la colpa ai 5Stelle: i tanti Zucconi, nel senso di Vittorio (ma forse non solo), ve ne saranno grati.

sabato 30 marzo 2019

Ometto



Se non fosse per la sua pericolosità, derivante dall’allocchismo nostrano, verrebbe voglia di farne un pupazzetto scaccia stress. Questo poveretto oggi festeggiando il 25mo dell’Era del Puttanesimo ha parlato così a vanvera che persino un orfini qualsiasi si sarebbe irrigidito a causa dell’eclatante  cialtroneria orante. Il pietismo però non deve scalfire il risentimento per questo riccastro erotomane, le sue colpe e le enormi malefatte che hanno deformato la nostra democrazia, la nostra cultura, i nostri progetti sociali. Vederlo ancora su un palco a sparar cazzate innervosisce molto più che leggere il libro del suo nipotino prediletto, ansia maggiormente che salire in ascensore con Giuliano Ferrara che si tiene la pancia nevroticamente. Occorre sempre aver ben presente infatti il concetto che quell’ometto biascicante, fino al 1994 pagò tangenti sontuose alla mafia. Solo così tutto il resto rimarrà noia (cit.) ed attesa per il suo dissolvimento.

Seconda giornata



Incarichi professionali



Dispiace...



Tragica uguaglianza



Di che stupirsi?



venerdì 29 marzo 2019

Continuo ringraziamento



Altro che invidia, altro che rancoroso! 
Personalmente, attenzione che sto per dirne una, ringrazio il cielo, il destino e chicchessia per non essere nato vergognosamente ricco, carino e con l"evve" moscia come optional. 
Prendete ad esempio questo ritrovo di diversamente umani nello staterello diversamente terrestre che è Montecarlo: il Frozen Sea Gala, la festicciola riservata ai più facoltosi ospiti del Principato di Monaco: addirittura c'erano anche dei veri pinguini ad allietare la serata dei rampolli d'oro, extra terrestri a cui il numero delle camicie alla nascita è tendente ad infinito. Mi sono sempre chiesto come ci vedranno dall'alto della loro visione fuorviata dai denari e dal potere dei padri. Sapranno che molti di noi si alzano al mattino per andare a lavorare? Conosceranno lo stipendio medio di un normale impiegato, capiranno che quello che loro spendono in una cenetta tra amici è quasi lo stesso importo con cui una famiglia normodotata naviga a vista in un mese qualsiasi dell'anno? 
Non sono invidioso, ripeto, del loro status. Non vorrei manco per sbaglio trovarmi a tavola con la fidanzata di tal Luigi Berlusconi! Mai e poi mai m'aggraderebbe dialogare con una delle svariate contesse Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare (cit.) pullulanti quell'interregno snobista, mellifluo, insapore e tragicamente rampante che nel gergo degli allocchi viene chiamato "alta società". Sfanculo scientemente qualsiasi coacervo di nulla, di effimero, di scolorito come questi diversi che fingono di assomigliare alla nostra specie, deridendola, allontanandosi anni luce dal convivio naturale, fratellanza d'intenti, navigazione per una loquace formazione culturale. 
Ringrazio il cielo di vederli solo da lontano in luoghi e spazi che mai frequenterò, non solo perché non me li posso permettere; soprattutto per quella scelta insufflatami dalla formazione giovanile che mi porta, per fortuna, a considerarmi cittadino del mondo senza alcun diniego di sorta per sognare serate alla volemose bene su una spiaggia aperta a tutti, chiacchierando del più o del meno con chiunque ne avesse voglia davanti, naturalmente, a qualche litrozzo di quello buono. 
Divertitevi tra voi cari Mazzanti Vien Dal Mare! Noi quaggiù ci permettiamo di ridere molto dei vostri usi e consumi!   

Travaglio docet!


venerdì 29/03/2019
Il partito sbagliato

di Marco Travaglio

Quando si analizza il calo dei 5Stelle nei sondaggi e nelle urne, si parla sempre dell’alleanza con la Lega, degli errori, delle gaffe, degli scandali. Tutto vero. Ma non si parla mai del trattamento speciale, ad movimentum, che riserva loro la stampa. Che sarà anche meno letta di un tempo, ma rimane il principale produttore di contenuti, poi ripresi e irradiati da tv, radio e siti web. Da dieci anni, cioè da quando nacquero, i 5Stelle sono l’obiettivo unico del tiro al bersaglio concentrico da destra, dal centro e da sinistra. Una caccia all’uomo che dipende dal loro essere contro tutti. Ma anche dalla loro refrattarietà e incompatibilità con tutti i poteri che regnano sulla politica e sull’informazione al seguito. Così lo sputtanamento è a senso unico. E chi, come noi, si sforza di trattare tutti allo stesso modo a parità di notizie, passa pure per simpatizzante di questo o di quello. Perché, quando c’è di mezzo un 5Stelle, tutte le categorie di pensiero e le prassi consolidate non valgono più, anzi vengono ribaltate. Anche sui fatti meno importanti. Appena eletto segretario Pd, Nicola Zingaretti ha sbagliato un congiuntivo: fosse stato Toninelli o Di Maio, sarebbe stato sbeffeggiato con appositi video e articoli. Invece Repubblica, che non si perde un errore pentastellato, ha ripreso la frase di Zinga, ma gli ha corretto il congiuntivo: non sia mai che qualche lettore possa dubitare della sua infallibilità.

Lo stesso gioco sporco investe le scelte politiche: c’è chi ha sempre ragione e chi ha sempre torto. Gli stessi giornali (tutti) che nel 2012 avevano plaudito al No del governo Monti alle Olimpiadi di Roma 2020, quattro anni dopo hanno massacrato la sindaca Raggi per il no a Roma 2024. Gli stessi giornali che per 25 anni avevano chiesto il blocco della prescrizione addirittura al rinvio a giudizio, hanno massacrato il ministro Bonafede perché l’ha bloccata alla sentenza di primo grado. Ma i doppiopesisti danno il meglio di sé sugli scandali giudiziari. Sono dieci anni che tentano di dimostrare che i 5Stelle rubano come gli altri (come se questa fosse una consolazione per noi o un alibi per gli altri). Purtroppo per loro, fino alla scorsa settimana, nessun M5S era mai stato arrestato o inquisito per corruzione o reati simili (le inchieste sulle giunte 5Stelle riguardano bilanci fallimentari ereditati dai predecessori, storie di nomine, l’alluvione a Livorno, la tragedia di piazza San Carlo a Torino, dirigenti comunali imputati per fatti di anni prima). Figurarsi il tripudio quando finalmente è finito in carcere De Vito. Si sperava che portasse con sé la sindaca e tutto il movimento.

Invece pare che lavorasse in proprio e la Raggi lo tenesse a debita distanza. Il che non ha impedito ai giornaloni di titolare sulla Raggi anche le cronache sull’arresto di De Vito, come se il presidente del Consiglio comunale lo nominasse il sindaco. L’indomani però s’è scoperto che, nella vecchia indagine sulle mazzette trasversali di Parnasi per lo stadio – chiusa da tempo con 19 richieste di giudizio (anche per tre politici: due di FI e uno del Pd) – non era stata ancora chiesta l’archiviazione per l’assessore allo Sport Daniele Frongia, indagato nientemeno che per corruzione perché Parnasi gli aveva chiesto qualche giornalista per una sua azienda e lui ne aveva avvertiti tre. Archiviazione peraltro scontata e imminente. E tutti ci si sono buttati a pesce, facendo credere che il caso De Vito coinvolgesse la Raggi tramite il “fedelissimo” Frongia. Bisognava fare in fretta, perché a giorni l’assessore sarebbe stato archiviato e la truffa ai danni di milioni di lettori, telespettatori, radioascoltatori e internettari sarebbe stata smascherata. Infatti sabato Frongia dominava tutte le prime pagine.

“Il cerchio si stringe sulla Raggi. Indagato pure il suo assessore”, “Ora cade il teorema dell’unica mela marcia”, “Cade il sindaco-ombra sempre vicino a Virginia” (il Giornale). “Stadio della Roma. Indagato Frongia, fedelissimo della Raggi, accusato di corruzione. L’inchiesta ha già portato in carcere il grillino De Vito”, “Di Maio chiama la sindaca: ‘Così danneggi il M5S’” (La Stampa). “Indagato Frongia. E ora la Raggi balla davvero. Il fedelissimo della sindaca avrebbe accettato favori dall’imprenditore Parnasi” (il manifesto). “Ciclone giudiziario su Raggi” (Corriere della Sera). “Frongia, fedelissimo di Raggi nella rete della corruzione”, “Campidoglio sotto accusa”, “La giunta Raggi sotto accusa”, “La cricca grillina” (Repubblica). “Assessore indagato, Raggi trema”, “Ascesa e caduta di Daniele”, “Stadio, indagato Frongia” (Messaggero). La prova della malafede era la notizia, ben nascosta negli articoli, che forse già lunedì i pm avrebbero chiesto di archiviare Frongia per non aver fatto nulla di illecito. La riprova è arrivata ieri, quando tutti i giornali (tranne il Messaggero) che sabato sbattevano Frongia indagato in prima pagina hanno nascosto o ignorato Frongia scagionato mercoledì dai pm. La Stampa: 12 righe a pagina 6. Il manifesto: colonnino a pag. 6. Repubblica: nemmeno un titolo, solo un inciso di 6 righe a pag. 18 in un articolo su tutt’altro tema. Il Giornale: una breve a pag. 8. Corriere: una notizietta a pag. 18. Intanto, sempre l’altroieri, la Procura di Milano ha chiesto di condannare a 2 anni di carcere per turbativa d’asta il leghista Massimo Garavaglia. Che non fa l’assessore comunale allo Sport, ma il viceministro dell’Economia. E non è indagato in attesa di archiviazione, ma imputato in attesa di sentenza. Però si è scelto il partito giusto: la Lega. Risultato: un colonnino a pag. 9 sul Corriere, uno a pag. 10 sul Giornale e zero tituli su tutti gli altri quotidiani. Inclusi quelli “de sinistra” che fingono di combattere Salvini. Fosse stato un 5Stelle, prima pagina assicurata. Poi si domandano perché vince Salvini.

giovedì 28 marzo 2019

Perdenti e nascosti



Ricapitolando sinistramente


Dunque, soppesando le parole e i segnali giunti dalla segreteria del partito più disastrato di sempre grazie ad anni di barbarie, di sconvolgimenti sociali, di attuazione di indirizzi politici frutto della malsana, inappropriata e destrorsa segreteria del Bomba e della sua sciacallosa corte, davanti a quello che parrebbe un nuovo inizio per mano di Zingaretti appare, chiara e lampante, la prosecuzione nel solco tracciato dal predecessore che porterà dritto dritto tutta la ciurma nel baratro finale. 
Già aver fatto tesoriere Zanda, un ultrasettantenne in politica da oltre quarant'anni è stato visto come l'accensione della miccia risolutiva, l'ecatombe conclusiva; in più questo reperto archeologico ha avuto la geniale idea di chiedere la reintroduzione  del finanziamento pubblico ai partiti ed oggi di equiparare gli stipendi dei parlamentari italiani a quelli europei, facendoli nuovamente innalzare. 
Dice Zanda che "in tutti gli ordinamenti democratici di stampo liberale ai membri del Parlamento è riconosciuto uno status volto a garantire la dignità e l'indipendenza dovute a chi rappresenta il popolo sovrano" scatenando una rivolta di stomaco senza precedenti in molti cuori ansiosi di novità. 
Ma non è finita qui: il Zinga sta pensando di accalappiare qualsiasi forza politica che voglia condividere il cammino verso le elezioni europee, senza remore né imbarazzi. Come scrive Daniela Ranieri in un articolo da me postato oggi, continua senza freni la cultura dissacrante ad accogliere vicini e lontani solo ed esclusivamente allo scopo di aumentare la percentuale di adesione al partito, senza minimamente porsi la domanda sovrana, ovvero se non sia necessario e qualificante creare una linea politica in grado di far discernere con chiarezza l'appartenenza ad un ideale ben identificato, lontano da altri pensieri di tornaconto ed in guerra con una chiara ed ineccepibile azione atta a riparare, ad appianare gli innumerevoli scempi divaricanti i vari strati sociali formanti la comunità del nostro paese. 
Dopo l'incredibile serie di scelte improvvide del Pifferaio Rignanese, Jobs Act e abolizione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori ad esempio, si credeva che il nuovo segretario avesse avuto voglia e forza per sfrondare imbelli ed orpelli che equipararono il PD ad una forza di centrodestra. 
Così pare non avverrà. Il partito che discende dalle grandi idee di sinistra rischia ancora una volta di rimanere invischiato in quella melma senza alcuna conformazione identitaria che l'accosta ad una macedonia scaduta e senza alcun sapore definito. Bignamicamente parlando: che c'entrano ancora Calenda, Fassino e Chiamparino in un partito che vorrebbe ripartire dalle nefaste ceneri del renzismo? 

Spettacolarmente Robecchi


giovedì 28/03/2019
Salvini, il condensato delle passioni medio-basse del Paese

di Alessandro Robecchi

Lo spettacolo d’arte varia di un ministro dell’Interno che irride e fa il bullo con un ragazzino di tredici anni sembra la plastica rappresentazione dei meccanismi psicologici che spingono tanta gente a votarlo. Forte con i deboli, morbido con i forti, basta con tutta quella faccenda complicata che è l’etica, tutti quei discorsi teorici da professoroni o da buonisti. Qui si fanno i fatti, si menano le mani, si stringe la mascella, si querelano gli scrittori, si bullizzano i ragazzini, non ce n’è per nessuno. E questo piace.

A differenza della gran voglia di ometti forti che abbiamo visto in passato (e uomini della provvidenza, e ultime spiagge e “o lui o la morte nera”), Salvini rappresenta un vero condensato delle passioni medie e medio-basse del Paese: l’irrefrenabile ammirazione verso colui che vince la rissa per il parcheggio, che salta la fila, che abbaia solo a chi non può rispondergli a tono. È bastato che un ragazzino gli dicesse due parole sensate e l’ometto forte si è subito irrigidito, circondato dalla sua canea di negazionisti quando c’è da negare e allarmisti quando c’è da allarmare.

Anche nel caso di Salvini la teoria italiana dell’ometto forte si conferma in tutta la sua malagrazia: uno che sembra un duro da saloon ma che si gioca la lacrimuccia quando si vota per processarlo, uno che si veste da sceriffo ma parla d’altro quando gli si chiede conto di un colpo da 49 milioni. Uno che combatte le battaglie a presa rapida – la paura, l’invasione, prima gli italiani – lasciando ai soci di governo, povere stelle, le faccende spinose e complicate (e quelli ci cascano con tutte le scarpe, e ci si incasinano mentre lui ghigna). Insomma, perfettamente coerente con quello spirito-guida tra il furbetto e il prepotente che sotto sotto piace tanto. E che dà il segnale del liberi tutti: le pulsioni più banali ed egoiste, la prima cosa che salta in mente, il luogo comune logoro travestito da buonsenso, tutto è permesso, tutto è lecito.

Ora tutti si interrogano su come Salvini si giocherà questa passeggera (si spera) overdose di consenso. Se lo chiedono i suoi cannibalizzati alleati dei 5 Stelle, che forse cominciano ad accorgersi di avergli spianato troppo il terreno; se lo chiedono a destra mentre si interrogano su dove parcheggiare una volta per tutte il corpo imbalsamato del loro Lenin, Silvio buonanima. Se lo chiedono anche a sinistra, indicando in Salvini il nemico da battere, ma facendolo poco e male, e soprattutto con due fardelli sulle spalle. Uno, il minnitismo che fu il prodromo culturale del salvinismo; l’altro l’insopportabile spirito elitario di una sinistra che, diventata liberale, ha dato lezioncine a tutti col ditino alzato senza sapere più nemmeno lei cosa stava insegnando.

Ora la solfa dice: che farà Salvini in Piemonte? E in Europa? Un asse con la Meloni? Coi sovranisti europei? Si accatastano sul nuovo ometto della provvidenza aspettative di trionfo totale, commettendo l’errore di pensare solo ai meccanismi politici, alle triangolazioni e ai pesi, alle alleanze tattiche.

Insomma, ancora una volta (come già avvenne per l’ipnosi collettiva sul Renzi “nuovo” e “rottamatore”) si commette l’errore di vederne solo il lato politico e non il risvolto – diciamo così – antropologico. Non c’è solo il premio di maggioranza dato da di chi corre ad acclamare il vincitore, c’è anche il sollievo di vedere un vincitore senza precisi meriti, o particolari abilità, o qualità sopra le media (bassa) del paese reale. Un’immedesimazione di massa per l’ennesima (con alcune varianti sempre uguale) santificazione del mediocre. Una specie di “uno di noi” che ce l’ha fatta, che ha fatto la voce più grossa, che ha vinto nella lite al semaforo, che si trincera dietro il suo potere, che prende in giro un ragazzino, semplicemente perché può farlo.

Zac!



Solita brodaglia


giovedì 28/03/2019
Zingaretti e il tutto fa brodo per vincere

di Daniela Ranieri

Una delle più frustranti tendenze del futuro è quella di degradarsi rapidamente in presente. Noi, per dire, avevamo creduto alla ventata di novità che con l’arrivo di Zingaretti, issato dal corposo e speranzoso “popolo delle primarie” in cima al Pd, era spirato dentro a quel partito così giovane fuori (solo 11 anni) e così vecchio dentro; così come, a suo tempo, credemmo che l’allontanamento igienico dell’allora minoranza Pd dal tanfo neoliberista dell’oligarchia gigliata fosse sentito e meditato sulla tara degli ideali. Ora, può darsi che abbiamo capito male noi, e nel caso saremmo ben lieti di accogliere il chiarimento di qualche esegeta più preparato in fatto di singulti, afonie, balbuzie, mezze frasi e messaggi cifrati che caratterizzano la cosiddetta comunicazione del fatato mondo del Pd; ma apprendiamo da fonti certe (Corriere) che nella direzione dell’altro ieri al Nazareno Zingaretti ha “ottenuto il mandato per trattare con le altre forze politiche”, inclusi i transfughi della ex minoranza, poi fondatori di Articolo1-Mdp, per la creazione di una lista unitaria alle europee. Apprendiamo anche che a opporsi sono stati 17 ultras renziani, ancora convinti che quelli di Mdp siano “coloro che hanno lavorato per far perdere il Pd alle politiche” (Giachetti), come se non avesse fatto tutto Renzi da solo; e che, soprattutto, gli ex scismatici ci starebbero seriamente “pensando”.

Ci siamo messi a compulsare verbali e profili Twitter, a interrogare testimoni oculari e a fermare passanti per capire se per caso Zingaretti, per questa sua operazione di simbolica e pastorale riconduzione all’ovile, avesse almeno fatto cenno a qualche abiura non solo di maniera di opere e omissioni renziane, cioè di tutti gli obbrobri perpetrati da un soggetto che ha dimezzato i voti del Pd, decimato gli iscritti, perso tutto il possibile dopo il risultato-totem del 40,8% e, al di là dei numeri, sfigurato il volto culturale di un partito ridotto talmente male che i suoi elettori, chiamati al riconoscimento a un anno dalla tragedia del 4 marzo, hanno a malapena identificato.

In altre parole, la pensosità degli esuli ci ha indotto per un istante a illuderci che Zingaretti avesse promesso di ridiscutere il Jobs Act, o di reintrodurre l’art.18, o di cambiare la vigente legge elettorale detta Rosatellum, sulla quale Renzi costrinse Gentiloni a mettere la fiducia alla Camera e al Senato, perché l’identità di un partito determina anche i modi in cui i suoi eletti si relazionano con l’Europa. Abbiamo sperato che le parole di Zingaretti secondo le quali l’eventuale alleanza con Bersani e Speranza “non significa convergenze che mettono indietro le lancette della scissione” fossero frutto di un refuso fonico e che in realtà volessero dire l’opposto, e cioè che l’alleanza sarebbe esattamente un modo per tornare indietro, resettare il cortocircuito generato dal passaggio degli unni toscani, recuperare la fiducia degli elettori ancora scioccati dalla protervia classista dei bulli toscani, ristabilire un rapporto di correttezza istituzionale con persone serie che il Caligola del Valdarno tentò di intimidire in modi vari e fantasiosi, minacciando “lanciafiamme” in direzione o epurandole dalla Commissione Affari Costituzionali perché osarono contraddire i suoi ordini proprio in merito alla legge elettorale.

Niente affatto. A suggerire al segretario del Pd “la mossa” di “sdoganare i fuoriusciti” (La Stampa) sarebbe la necessità di “non perdere nemmeno un voto” alle europee, esigenza che renderebbe possibile l’unione nella stessa lista di forze eterogenee quali i calendiani (cioè Calenda, addirittura messo nel simbolo del Pd) e persone di sinistra. Il tutto in virtù di quel mito creato e sponsorizzato dalle élite (non a caso a Zingaretti l’idea è venuta dopo un colloquio col vice presidente della Commissione europea Timmermans) che tutto fa brodo pur di battere i populisti-sovranisti. Tutto, anche riprodurre la più perdente di tutte le idee degli ultimi anni, e cioè che per battere la destra bisogna annacquare più possibile la sinistra.

Di Zingaretti, a parte la bravapersonità, ci sfuggono caratteristiche, programma e idee politiche; ma se Mdp si allea col Pd, tenendo conto che quando era in LeU ha già appoggiato Zingaretti alle amministrative, può farlo solo per tre motivi: o crede alla validità di quel mito (tutti insieme, liberisti e socialdemocratici, padroncini e politici di sinistra, pur di vincere contro i populisti: il massimo del populismo); o vuole fare una prova in vista delle politiche (auguri); o intende semplicemente sopravvivere e non sa farlo con una proposta politica nuova. Senza contare che così facendo dà ragione a Renzi, il quale ha sempre sostenuto che chi usciva dal Pd e ne prendeva le distanze in tutte le elezioni “facendo vincere il Matteo sbagliato” lo faceva perché odiava lui e non in ragione di ideali politici.

mercoledì 27 marzo 2019

D’accordissimo




Ripicca



Arrivi in autogrill con una sontuosa palpitola, frutto di un pranzo pregno di salumi che ti ha portato ad un’aridità nel palato simile a quella che dovrebbe avere un giaguaro cacciante l’antilope in una salina, che ti induce a schioccare la lingua al ritmo di inusitati mariachi e mentre adocchi l’oasi del bancone ristoratore, acchiappi una bottiglia invitante che si rivela una cocente delusione paragonabile ad entrare in un night trasformato a tua insaputa in sala del regno di geoviana memoria, che ti induce a desistere dall’ingurgitarla tra le proteste furibonde delle papille che per ripicca e vendetta t’insufflano in fauci un terribile retrogusto di merda ed aglio!

martedì 26 marzo 2019

La braciola smarrita



Ogni tanto...



Finalmente una buona notizia. Competenza, cultura ambientale ed intransigenza.  Buon lavoro presidente!

L'assassino opportunista



Facile, facilissimo a distanza di quarant'anni chiedere scusa di assassini compiuti dietro la falsa scusa della guerra! 
Questo opportunista, assassino opportunista merita di scontare in carcere la giusta pena perché mai, in nessun caso, si può giustificare l'uccisione, la violenza verso chicchessia. 
Erano altri tempi si dirà. Erano i tempi della ribellione, le bande armate, i servizi segreti, gli occulti piani massonici. Erano tempi bui da cui nessun risorgimento è scaturito. Quando abbracci ideali violenti perdi in partenza, sei già sconfitto. Posso arrivare ad ammettere una rivoluzione nell'ambito esclusivo del pensiero, della lotta conflittuale dura, durissima, ma senza alcun spargimento di sangue. 
Ai tempi della contestazione, è innegabile, alcuni pensieri di moti insurrezionali s'insinuarono dentro la popolazione; si diceva negli anni 70 ad esempio che Genova fosse pronta al soqquadro sociale. Gli scellerati però che capeggiavano le rivolte, i moti ondosi, iniziarono ad uccidere persone che incarnavano la beltà del sistema: poliziotti, sindacalisti, giornalisti. Non che se avessero eliminato i politici di allora la musica sarebbe cambiata. La sollevazione popolare aveva bisogno di luce, di forza culturale, lontani anni luce dagli assassini. 
Aldo Moro e la sua scorta vennero eliminati per uno scopo politico, pare, diretto e coadiuvato dalle forze occulte internazionali. Perdere l'Italia a quei tempi era troppo rischioso, ed il compromesso storico poteva rendere instabile tutta l'area europea. Questi assassini alla Battisti hanno combattuto una guerra persa e senza dignità. Alcuni hanno e stanno pagando ancora dei propri misfatti. Altri codardi sono scappati, facendo la bella vita per quarant'anni protetti da quel pensiero indegno che li proteggeva e che aveva la fucina nella vicina Francia di Mitterand. 
Battisti ora che è stato finalmente acchiappato ha il coraggio di recitare il pentimento, alla faccia delle sue quattro vittime che si sono viste troncare la vita, uno addirittura di spalle, per mano di un connubio di slealtà, violenza e codardia tutte mescolate dentro a quest'individuo che dovrà scontare per sempre la giusta pena senza fine che merita. E' un riconoscimento doveroso alle vittime, architrave di uno stato democratico serio e senza fronzoli. 

Così, tanto per dire!




domenica 24 marzo 2019

Abbraccio doloroso


L'ammorbidente è stato da me considerato sempre come una sorta di terrapiattismo, un ulteriore spreco per una fandonia archiviabile tra le innumerevoli che la pubblicità ci propina quotidianamente. Ma da quando ho lavato in lavatrice l'accappatoio e costui è uscito da solo dal cestello, rimanendo imperturbabile ad asciugarsi al sole, fischiettando una canzone del Quartetto Cetra e nel momento in cui io, uscendo dalla doccia, l'ho sommessamente chiamato per indossarlo, avvertendo nettamente la sensazione di essere avvinghiato ad un porcospino durante un'esperienza sadomaso, mi son dovuto ricredere: lunga vita all'ammorbidente!

Una lettera


UNA QUESTIONE DA RISOLVERE
Nicola Zingaretti


Caro direttore, il Governo dell’incertezza continua a tenere immobilizzato il Paese: non fa nulla, oppure fa danni e pasticci. Come con il decreto “sbloccacantieri” o nella gestione confusionaria del dossier sulla Cina. Litigano su tutto. Ora anche su chi debba gestire la sicurezza del Paese, in un’irresponsabile guerriglia quotidiana per la leadership del Governo.
Lo fanno persino nei giorni in cui, con la vicenda agghiacciante del bus sequestrato a Milano, abbiamo visto in faccia i pericoli concreti che corriamo. È il momento della responsabilità. È il momento di pesare con cura le parole, come ha giustamente notato Marco Minniti. È in gioco il diritto alla sicurezza di tutti, e quindi occorre avere delle politiche di Governo efficaci sui flussi migratori: una strategia basata non sulla tensione, ma su accordi internazionali, sul rapporto con l’Europa e sul coinvolgimento dei Comuni e del Terzo settore, come avevamo cominciato a fare. Anche in questo oggi paghiamo il nostro totale isolamento internazionale.
Faccio un appello accorato ai leader del Governo: basta con le provocazioni e con le smargiassate. Comincino finalmente a governare, perché l’Italia sta già pagando un prezzo enorme. Altro che prima gli italiani. Gli italiani sono i primi a pagare i costi di questa confusione. Il tempo degli slogan dell’odio e del cattivismo sta finendo. È sempre più evidente che l’odio non solo non risolve i problemi, ma li aumenta.
Noi stiamo costruendo un’altra ipotesi di governo che, rispetto agli slogan e alla ricerca ossessiva del capro espiatorio, mira a mettere insieme tutte le forze migliori del Paese per rafforzare l’intera comunità, non per dividere. Serve un grande sforzo collettivo per realizzare un’idea di sviluppo fondata sulla sostenibilità ambientale e sociale. Bisogna governare bene i bilanci e trovare risorse per infrastrutture per opere utili e a difesa del territorio, liberare finalmente investimenti sui pilastri della crescita giusta: scuola, conoscenza, welfare e sanità. E dobbiamo affrontare insieme, coinvolgendo davvero forze sociali e corpi intermedi, il vero grande tema che il governo ignora: il lavoro per le persone.
È ovvio che in questa nuova strada dovremo affrontare e risolvere anche il tema della cittadinanza. Una questione di civiltà e diritti che si è riaffacciata prepotentemente nelle cronache politiche proprio dopo la vicenda del bus e di ragazzi straordinari come Rami, che con il loro coraggio, assieme ai carabinieri, hanno evitato una strage. Anche in questo caso, la risposta di Salvini e del Governo è stata scomposta e riduttiva: la cittadinanza è giusta ma non può essere un premio che un sovrano elargisce arbitrariamente, a suo piacimento. La legge sulla cittadinanza fu approvata nel 2015. È chiaro che questo capitolo va riaperto in una strategia nuova di rilancio di un progetto di rinascita italiana.

La vicenda di Rami dimostra quanto questi ragazzi e ragazze si sentono pienamente e naturalmente parte della nostra comunità. Vivono, studiano e lavorano in Italia non possono e non devono rimanere nell’oblio. Perché oggi più che mai appare chiaro che non abbiamo bisogno di odio generato a volte dal rancore e dalla discriminazione, ma di un’Italia che dia opportunità a tutti e tutte. Solo così aiuteremo il nostro Paese a essere più forte, più coeso, e anche più sicuro.

Dove ti porta il vento


L’anemometro del Cazzaro Verde ha segnalato che il vento soffiava in direzione del dubbio riguardo agli accordi economici con Xi il cinese e subito, come la sua stolta politica gli impone, si è smarcato prevedibilmente per rimanere, algido e marmoreo, in sella all’allocchismo nostrano, come se da queste parti non si fossero mai stretti patti con despoti, tiranni e squali famelici. Come se non fossimo mai andati ad adulare sceicchi in paesi dove la donna è equiparata socialmente ad un cammello, come se mai avessimo stretto accordi con illiberali, vendendo loro, come nel caso dei sauditi, stock di mine antiuomo. 
Eppure né il Cazzaro né alcun giornalone eccepirono alcunché in merito a strette di mano grondanti di sangue. Ora che l’occasione viene proposta dal movimento, nascono spontanei ovunque dubbi, critiche e tentativi di frenare quest’occasione per esportare il Made in Italy nel più grande paese del globo, e quello che sgomenta di più è che lo si faccia per non irritare l’Imbelle Boy americano, coacervo di stupidità, illiberalità, sopruso e razzismo. Ma l’anemometro del Cazzaro Verde non bada a sottigliezze: la maggioranza degli innumerevoli allocchi diffida dei gialli, spasimando per il platinato con lo scoiattolo in testa. Senza indugi, senza remore l’ondivago beniamino delle folle subitaneamente ha avvallato la protesta già falsata in partenza dagli eventi precedenti. Ed oggi in Basilicata è già pronto per lui l’ennesimo trionfo, senza che nessuno nel movimento trovi coraggio e saggezza per sfanculare lui e il suo anemometro.

sabato 23 marzo 2019

Sulla soglia


Vi capita mai di sentire un'onda anomala sconquassante precisi dogmi, convinzioni, beltà conquistate a caro prezzo e custodite allo stesso modo del metro primario a Parigi?

A me capita, non di rado ma capita. Emergono consapevolezze di tempo perduto, conseguenze di ignoranza atavica ed irrecuperabile, che so: non potrò più apprezzare i classici greci, i testi latini, la filosofia, Aristotele, Plutone. Non riuscirò più da qui alla discesa dal treno comune ad avere una personale opinione sui pensatori, sui movimenti di pensiero dal rinascimento in poi. Non mi delizierò nel confrontare opere somme a causa della deprecabile formazione allor quando allontanai da me i piaceri dello studio, della critica, dell'approfondimento culturale. 
Non potrò sorridere appieno delle cazzate issate a dogmi del mio tempo e, conseguentemente, soprattutto non sarò formato in modo e al punto da accettare l'ineluttabilità, lo squagliarsi della mia mente, l'affaticamento nel ragionamento, la sensazione di solitudine, di inutilità, lo scartamento del canuto, la sua riposizione nel ripostiglio comune ove incuria ed insensibilità la fanno da padroni. 
Penso e credo questo: la formazione, l'onnivora voglia di sapere, la curiosità, il piacere di leggere, acquisire, inglobare, la forza scaturente dall'apprendere, dal discernere, dal confrontare sono essenziali solo per una giusta causa: accettare la natura, il ciclo, l'evaporazione del tutto. Essere parte di un piano, di qualcosa che vive ed incombe, versando e riversando olio sugli ingranaggi per il rollio proprio dell'avvicendarsi di eventi, ritorni, fatti; compreso il dissolvimento non fine a se stesso ma per la causa comune: la Vita.    

Momenti e conforti


Ci sono momenti in cui mi pervade un disagio del tipo “forse sto esagerando, forse vedo malvagità ovunque perché qualcosa sta cambiando in me, tipo le credenze che nessuno parrebbe condividere. Vuoi vedere che in fondo in fondo la stampa infima, prona e pagliaccia, gli allocchi, gli evidenziatori di ramoscelli con la trave negli occhi, la convinzione che molti siano stati presi per lustri per il culo senza accorgersene, la manipolazione culturale, Ruby, i genitori ai domiciliari trasformati in vittime per presentare un libro, le tangenti alla mafia, i programmi tv stordenti per ammutolire le masse, vuoi vedere che sono tutte fregnacce e che tra non molto  comincerò a parlare di strisce chimiche, di terra piatta e a non mangiare più uova?“
Poi per fortuna arriva lui...

sabato 23/03/2019
Un nemico del popolo

di Marco Travaglio

“Ache ti serve avere ragione se non hai il potere? A che ti serve la verità se il popolo non la vuole?”. “Il popolo non ha bisogno di idee nuove, semmai ha bisogno di idee che ha già”. “Siamo tutti d’accordo che, sulla faccia della terra, gli imbecilli costituiscono la maggioranza”. Sono i dialoghi paradossali e provocatori di Un nemico del popolo di Henrik Ibsen, portato in scena in questi giorni al teatro Argentina di Roma da Massimo Popolizio, nei panni del dottor Stockmann, con Maria Paiato in quelli maschili del di lui fratello, sindaco corrotto di un piccolo centro termale della Norvegia. La pièce è del 1882, ma potrebbe essere di stamane, se oggi esistessero drammaturghi di quel rango. Stockmann, medico delle terme che reggono l’economia locale, scopre che le acque “curative” sono un focolaio d’infezione, inquinato dai liquami delle concerie del suocero. E, analisi chimiche alla mano, informa il giornale cittadino, La Voce del Popolo, perché lanci l’allarme, e il fratello sindaco, perché chiuda l’impianto per tre anni e avvii i lavori per la bonifica e per le nuove condutture. Ma il sindaco mette tutto a tacere, per non perdere i soldi dei turisti. Con la complicità del giornale, edito dal capo dei costruttori e benpensanti (“mi agito per la temperanza”) e diretto da un suo degno servo, ovviamente cultore della “libera stampa”. I tre occultano le analisi, tappano la bocca al “nemico del popolo” e gli montano contro l’“opinione pubblica” con una campagna di stampa e propaganda di calunnie e slogan a presa rapida: lo “sviluppo”, il “lavoro”, il “ceto medio” e la riduzione delle tasse (“noi non mettiamo le mani nelle tasche dei cittadini”). E tanti saluti all’ambiente, alla salute e alla scienza.

Mancano soltanto il “Partito del Pil”, il “ce lo chiede l’Europa”, lo “Sblocca-cantieri”, la marcia delle “madamine”, le fantomatiche “controanalisi costi-benefici” per smentire i prof allarmisti alla Ponti, ed ecco servita con 137 anni d’anticipo la tragicomica campagna pro Tav degli ultimi mesi. Sulle terme inquinate di Ibsen come sul mega-buco inquinante in Val Susa, la “maggioranza” è assolutamente digiuna. Attende lumi dalla politica, dalla stampa e dalla scienza (“Perché dovrei votare anch’io che non so niente e non ci capisco niente?”). Ma, se la politica è corrotta, la stampa asservita e la scienza tacitata, l’opinione pubblica diventa “una massa di organismi in forma umana” pronti a tutto, anche a benedire chi li avvelena e a maledire chi vuole salvarli. Così vince l’omertà, opportunamente propiziata con amorevoli consigli (“sappiamo dove abiti”, “te la diamo noi la medicina…”).

l caso ha voluto che la prima nazionale di questa satira feroce sulle degenerazioni della democrazia andasse in scena proprio a Roma mercoledì, poco dopo l’arresto del presidente dell’Assemblea capitolina. Dunque, in sala, oltre a tutti i rimandi che il profeta Ibsen lancia a un’attualità che non può conoscere (la guerra delle opposte fake news, il caso Ilva, il Tav e le grandi opere dell’alta voracità), il pensiero correva spesso a quel che accade tra Campidoglio, Procura e redazioni dei giornali.
Abbiamo già segnalato l’immonda campagna contro la sindaca Raggi, sempre uscita pulita anzi estranea da ogni inchiesta e processo, e ritirata in ballo a sproposito dopo l’arresto del suo più acerrimo avversario; e contro l’assessore Daniele Frongia, mai accusato da nessuno di aver preso soldi o favorito chicchessia, prossimo all’archiviazione dopo che era stato iscritto mesi fa per “atto dovuto” in una vecchia indagine su storie di curricula chiesti da Parnasi, totalmente separata dal caso De Vito e dal caso stadio. Anche ieri si leggevano titoli falsi come Giuda che dovrebbero interessare l’Ordine dei giornalisti, se servisse a qualcosa. “Il cerchio si stringe sulla Raggi. Indagato pure il suo assessore”, “Anche Frongia indagato. Cade il teorema dell’unica mela marcia”, “Cade il sindaco-ombra sempre vicino a Virginia” (il Giornale dei pregiudicati Silvio e Paolo B.), “Stadio della Roma. Indagato Frongia, fedelissimo di Raggi, accusato di corruzione. L’inchiesta ha già portato in carcere De Vito” (La Stampa, che scambia la nuova inchiesta con una vecchia avviata all’archivio), “Di Maio chiama la sindaca: ‘Così danneggi il Movimento’” (ibidem: “così” come, visto che non è accusata di nulla?). “Indagato Frongia. E ora la Raggi balla davvero. Il fedelissimo della sindaca avrebbe accettato favori da Parnasi” (il manifesto: quali favori?). “Ciclone giudiziario su Raggi” (Corriere della Sera: un tale ciclone che la Raggi non deve rispondere di nulla, e lo stesso Corsera, in piccolo, precisa che per Frongia “si parla di archiviazione già lunedì”). “Frongia, fedelissimo di Raggi nella rete della corruzione”, “La giunta Raggi sotto accusa”, “La cricca grillina” (Repubblica: poi, in caratteri lillipuziani, “la Procura si appresta a chiedere l’archiviazione”), “Assessore indagato, Raggi trema”, “Ascesa e caduta di Daniele”, “Stadio, indagato Frongia” (Messaggero: non è per lo stadio, ma fa lo stesso).
Cioè: tutti sanno benissimo, e lo scrivono pure di straforo, che Frongia non ha fatto nulla, è stato iscritto mesi fa per essere sentito con la tutela dell’avvocato, nessuno lo accusa di aver preso uno spillo in soldi o favori, e i pm hanno già chiuso il suo caso, mandando altri 19 indagati al gip per il rinvio a giudizio. Ma per Frongia la regola è: i titoli separati dai fatti, ma persino dagli articoli. E alla svelta: se si attende un altro paio di giorni, poi arriva l’archiviazione e non si può più titolare sulla “caduta” dell’assessore “corrotto” e “mela marcia” della “cricca” Raggi. È così che la “libera stampa” forma ed educa la “maggioranza” e l’“opinione pubblica” contro i “nemici del popolo” nel 2019.

venerdì 22 marzo 2019

Raggelante


Le parole di Ettore Gotti Tedeschi, pronunciate giorni fa durante un servizio delle Iene, un programma che non seguo mai, inquietano e raggelano, riportando alla memoria un accostamento tra il malaffare e l'istituzione chiamata Santa Sede, tanto eclatante, inspiegabile, inarrivabile, da essere rimosso nella coscienza di molti. Come non ricordare infatti le gesta diaboliche di Marcinkus ai tempi di Paolo VI e Wojtyla, che ne negò l'estradizione? 

Chiariamoci: è entrato nel comune senso di impudicizia il fatto che un cardinale economo tesse rapporti con la mafia, facendo girare una quantità di soldi inaudita, speculando come un micidiale uomo d'affari in ogni dove, senza alcuna remora morale. Lo Ior riciclava soldi sporchi e molti utilizzavano i conti correnti vaticani per evadere tasse ed occultare fondi neri. 

E' un dato di fatto, l'impensabile si materializzò dietro a quelle mura. 

Passiamo al Monte dei Paschi di Siena, alle lugubri vicende ad essa legate. Al quel suicidio, ipotizzabile omicidio, di un suo dirigente; alle vicende legate alle vicende inenarrabili ruotanti attorno alla banca senese. 
Ettori Gotti Tedeschi, intervistato così racconta di quegli anni:

E perché la fondazione Mps potrebbe avere quattro conti correnti accesi presso lo Ior?", chiede Monteleone. "Sono tangenti, mi pare evidente", risponde il banchiere. "Se dice tangenti penso alla politica", lo incalza la Iena. "È evidente! Ma nessuno le confermerà l'esistenza di quei conti, perché lì c'era di tutto! Qua si tratta della Curia vaticana. Lì dentro c'era tutto quello che lei non può immaginare. C'erano delle persone che in un secondo cambiavano le intestazioni di tutti i conti. Un sistema che non permetteva a nessuno, se non alla Cupola, di risalire ai conti. È molto probabile quindi che quei conti ci fossero. Stavo per perdere la fede".

"Quando dice che la Curia vaticana le stava facendo perdere la fede...", gli fa eco Monteleone. "Anche La vita!", lo interrompe Gotti Tedeschi. "La Curia vaticana può commissionare un delitto secondo lei?". "Ci sono persone all'interno che non mi meraviglierebbe per niente se lo facessero. Dove c'è il bene c'è sempre il male. Nella Chiesa si perpetrano cose che non si dovrebbero neanche immaginare".

Il Male quindi ha albergato allegramente nel Vaticano e ancora oggi sacche importanti di quei luoghi agiscono senza nessun sentimento riferibile al cattolicesimo. 
Sono e saranno difficilmente estirpabili. Interagiscono tra loro non curandosi del giudizio che verrà. Sempre che ci credano naturalmente! 

Parlar chiaro



Questo è parlare con chiarezza e dignità!

venerdì 22/03/2019
Guerre stellari

di Marco Travaglio

Ci sono due modi di affrontare la notizia dell’arresto di Marcello De Vito, presidente M5S dell’Assemblea capitolina, per corruzione. Il primo è quello dei partiti e dei giornali al seguito: evviva, anche i 5Stelle (uno in dieci anni, per la verità) rubano; ma, siccome parlano di onestà mentre gli altri se ne guardano bene, le loro corruzioni sono infinitamente più gravi di quelle degli altri; anzi, se ruba un 5Stelle, allora le centinaia di ladri degli altri partiti sono scagionati o autorizzati a rubare; infatti degli scandali del M5S si parla per settimane, mentre di quelli degli altri nemmeno per un giorno. Il secondo è quello di chi vuole capire ciò che accade e possibilmente trovare antidoti per evitare che si ripeta. E quegli antidoti, quando la disonestà è un fatto individuale, non di sistema o di partito, come emerge dalle accuse a De Vito, sono difficili da trovare. Ma passano necessariamente attraverso meccanismi più severi ed efficaci nella selezione della classe dirigente. Abbiamo spesso massacrato i 5Stelle per la loro selezione a casaccio. E confermiamo: le autocandidature votate online, senza una preparazione in apposite scuole di politica e di amministrazione, possono premiare persone di valore come pessimi soggetti. La regola dei due mandati, utile per evitare le incrostazioni di potere e i compromessi per comprarsi la rielezione in saecula saeculorum, può diventare addirittura criminogena: chi è privo di scrupoli, se ha poco tempo, lo impiega per arraffare tutto il possibile.

Contro le mele marce insospettabili (se il resto del cestino è sano), non c’è che la repressione: i casi De Vito si scoprono soltanto con più intercettazioni, anche per reati che ora non le prevedono (finanziamento illecito, abuso d’ufficio, falso in bilancio), e con gli agenti infiltrati introdotti dalla Spazzacorrotti che offrono mazzette e testano l’integrità dei pubblici amministratori. Poi, certo, i partiti devono controllare i loro dirigenti, eletti e amministratori. Ma non solo i 5Stelle: tutti. Chi se la ride per De Vito, fingendo di dimenticare i mille supermegamaxidevito che ha in casa (e si guarda bene dall’espellere), ricorda come un mantra le culpae in eligendo della Raggi e dei 5Stelle con Marra e Lanzalone, dovrebbe spiegare ai cittadini i propri criteri di selezione. Che non sono neppure casuali come quelli pentastellati: sono molto peggio, perché sono scientifici. Come quelli del bar di Guerre stellari. Lasciamo perdere il centrodestra, che s’è appena visto condannare il suo ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, a 6 anni, per tacere di tutti gli altri arraffoni del giro Buzzi&Carminati.

Ma Walter Veltroni? È una brava persona ed è stato un buon sindaco: ma come fu che, al suo fianco, spuntò Luca Odevaine, che rubò per anni a man bassa con quelli di Mafia Capitale? E Beppe Sala? Da tutti additato come un sindaco modello, non ha quasi mai azzeccato un collaboratore. Quando dirigeva Expo 2015, si vide portar via uno dopo l’altro tutti i suoi fedelissimi, senza mai accorgersi di nulla: il suo braccio destro Angelo Paris, arrestato con la cupola degli appalti; il suo subcommissario Antonio Acerbo, responsabile del Padiglione Italia e delle vie d’acqua, arrestato con Andrea Castellotti, facility manager di Palazzo Italia; Antonio Rognoni, capo di Infrastrutture Lombarde, arrestato; Pietro Galli, promosso a direttore generale vendite e marketing malgrado una condanna per bancarotta (poi segnalata, invano, da Cantone); Christian Malangone, dg di Expo, condannato. Siccome il talento va premiato, Sala divenne sindaco di Milano e anche lì si dimostrò un talent scout da far impallidire dieci Raggi: nominò assessore al Bilancio e Demanio il suo socio in affari Roberto Tasca; promosse segretario generale Antonella Petrocelli, imputata per turbativa d’asta, poi in cinque giorni fu costretto a revocarla; come capo di gabinetto, chiamò senza gara l’avvocato Mario Vanni, tesoriere del Pd milanese, con stipendio da dirigente, poi purtroppo si scoprì che non aveva i requisiti dirigenziali richiesti dalla legge Madia per ricoprire l’incarico (poco male: il supersindaco si tiene anche il vecchio capo di gabinetto di Pisapia, col compito di firmare gli atti che Vanni non può firmare).

A Roma, poi, non c’è solo “il modello Raggi a pezzi” (il titolo di Repubblica sull’arresto dell’acerrimo nemico della Raggi). Ci sarebbe pure, anche se nessuno se n’è accorto, il governatore del Lazio e neo segretario del Pd Nicola Zingaretti indagato per finanziamento illecito e ancora in attesa di archiviazione per falsa testimonianza al processo Mafia Capitale. E nel caso Parnasi-Lanzalone, gli unici politici imputati sono due di FI (l’ex vicepresidente del Consiglio regionale Adriano Palozzi e il capogruppo in Comune Davide Bordoni) e uno del Pd (l’ex assessore regionale Michele Civita), mentre sono indagati il tesoriere della Lega, Giulio Centemero, e quello del Pd renziano Francesco Bonifazi. Nessuno dei quali, diversamente da De Vito, risulta espulso dal suo partito. Né tantomeno arrestato, ci mancherebbe. Intanto il dibattito sulla classe dirigente 5Stelle prosegue. Dal bar di Guerre stellari.

Ps. Ieri il sito de La Stampa apriva l’homepage sull’assessore Daniele Frongia indagato perché Parnasi gli chiese consiglio su un giornalista capace per il suo ufficio stampa e lui glielo diede, con questo titolo: “Mazzette a Roma: indagato l’assessore Frongia, fedelissimo della sindaca Raggi. Le intercettazioni: ‘Due anni per far soldi’” (né Frongia, né tantomeno la Raggi, c’entrano nulla con storie di mazzette e di soldi). È la stessa Stampa che mercoledì aveva nascosto la notizia di Zingaretti indagato in un francobollino a pagina 10. Vergogniamoci per loro.

giovedì 21 marzo 2019

In effetti...




Scorre ma si rifanno!



Ma come faccio?

Perozzi:
suvvia non ci pensare
vuoi venire a prendere una boccata d’aria? Eh?

Melandri
No

Mascetti
Vuoi che ti portiamo a far pipì?

Melandri
No

Perozzi
Che si potrebbe fare per fargli passare… lo so!
Si va alla stazione

Tutti:
giusto!
Buona idea!

Mascetti
È quello che ci vuole

Sassaroli:
a far che alla stazione?

Perozzi
Te un ti preoccupare
Piuttosto dacci una mano a convincere il melandri

Sassaroli
E che ci vuole a convincerlo?
Caro melandri, ascolta bene il parere di un clinico:
(lo prende sottobraccio e lo aiuta ad alzarsi)
Diagnosi: una donna così tu non la reggi

Melandri
No

Sassaroli
Ora:
scaricala!

Melandri
Ma come faccio

Sassaroli
Te ne vai
Piano piano
(e lo spinge fuori)

Tutti
Ma certo

Sassaroli
Passo passo

Mascetti
Il soprabito?

Melandri
È su in camera

Sassaroli
Lascialo stare
Andiamo sccccc

Melandri
Ma come la affronto?

Mascetti
Ma che te ne frega?

Melandri
Che le dico?

Mascetti
Niente, te ne vai e non ti fai più vedere

Melandri
Ma loro come fanno?

Perozzi
Viaa, bella com’è un altro bischero lo ritrova subito

Melandri
(mentre attraversa la porta si ferma si volta)
Ma io l’amoooo

Tutti
Sccccccccc

Necchi
Zitto ti sente

Mascetti
Queste sono cose secondarie senza importanza
Necchi

Ma poi ti passa
Sassaroli

Anch’io ho sofferto
Ho sofferto come un cane per quasi tre quarti d’ora!!
Cammina!

Mi è entrata in cervice questa maestosa scena di "Amici miei", e sento che sta macerando, offuscando quello che forse con troppa megalomani battezzai come ideale. 
Non è certo l'arresto di quel poveretto a capo del parlamentino romano ad avermi insufflato l'insana, per ora, voglia di andarmene, lasciando pure il cappotto, dal movimento. 
Questa scena è entrata prepotentemente allorché a Taranto con l'accordo con quella società indiana, la fucina dei tumori, soprattuto nei bimbi, che chiamiamo comunemente Ilva ha continuato e continuerà ad assassinare la popolazione. 
Sono infatti vicinissimo a Rita Corvace, splendido e fulgido esempio di correttezza, di ortodossia con il pensiero comune. Rita ha annunciato che il M5S non avrà più nessuno nel comune di Taranto; le sue parole costituiscono un architrave su cui sperare un rapido e perentorio cambiamento, un'inversione prima che il baratro inghiottisca chicchessia: 
"Taranto - dice la Corvace - è la città in cui mi sono ammalata di cancro, causato dall'inquinamento industriale. Per questo ho voluto impegnarmi per migliorarla. Ho creduto che il M5S fosse la strada giusta, ma ora non rappresenta più le istanze dei cittadini".
Queste parole mi hanno fatto sentire la mano del Sassaroli spingermi verso l'uscita, piano piano, silenziosamente lasciando pure il soprabito al piano di sopra.
E il nobile gesto di ieri delle senatrici Nugnes, Fattori e La Mura, votanti contro la negazione al processo del Cazzaro Verde, suggellano, alimentano questa spasmodica voglia di dar retta al prof, abbandonando quella speranza oramai sopita, devastata dal patto scellerato con i restitutori dei milioni trafugati in settant'anni.
Sassaroli però una cosa te la devo dire: ammesso che esca sono fermamente convinto di non andare da nessun'altra parte. Basta con questo interessamento all'azienda politica, fulgido esempio di come le supercazzole possano permettere a molti di vivere nell'agio, inchiappettando la massa, che siamo noi. 
D'altronde le strade sono, per fortuna due: quella violenta, giammai, e una specie di anarchia domestica, un disinteressamento satirico, un rifiuto a partecipare a quelle comiche annuali chiamate elezioni. 
Disinteressarsi perché i giochi, i sotterfugi, gli accordi, le manovre, i laidi occhieggianti abbracci, sono e saranno sempre già fatti, conclusi. 
Se riesci infatti a togliere il lardo, l'occlusione mediatica, lo spesso velo avvolgente l'attuale modo di far politica, t'appare ovunque un modus operandi da staterello dittatoriale: un professionismo di pochi sempre pronti a cambiar casacca, carro, amicizie, concetti solo ed esclusivamente per fini personali e di casta. Un sistema perfezionato fin dai tempi del "gobbaccio" di stampo delinquenziale dove il tornaconto la fa sempre da padrone, con sceneggiate a supporto levigate e manipolate per l'evenienza (ad esempio: profughi, Tav, ambiente (le parole sdolcinate nei riguardi di quella ragazzina da parte di chi con traffici di rifiuti e discariche ha accantonato gruzzoli d'oro) - lotta alla disoccupazione (con leggi edificanti uno schiavismo 2.0) - preoccupazione per le future generazioni (detta da chi finge di fare il politico da più di trent'anni) solo per attaccare un provvedimento rivolto ai disagiati. E ancora: l'arte di inculcare fregnacce in allocchi modello acqua Lete, disinformando con mezzi e tecniche molto vicine a quelli della Tass sovietica. 
Il Movimento avrebbe dovuto necessariamente porsi con "il culo a paratia" attraverso una sana, scrupolosa e minuziosa informazione. Non l'ha fatto, impreparato com'era. Ed è stato fagocitato dai soliti noti, gente esperta, leucociti pronti ad assalire chiunque tenti di alterare il perfetto equilibrio di questa malsana democrazia, una tecno-rapto-finanziaria. 
Se li sono mangiati, lentamente, a fuoco lento, l'esca ha funzionato, l'abbocco è già storia. 

Caro Sassaroli, ci sto veramente pensando, le attrazioni non mi mancano: un sano disinteresse anarco-satirico al momento m'aggrada molto. Intanto però qualcuno informi il Zinga che è indagato, magari glielo faccia dire da Fassino. Lui si che rimane.