martedì 27 febbraio 2018

Ode Comunale




Lode a te o Sommo Peracchini
che con mano saggia e fatata
hai automatizzato la differenziata,
per la gioia di grandi e piccini 

e il rancor dei "servei" piddini, 
che si credevano inaffondabili, 
superbi nei loro conciliabili
al punto che con spocchia irriverente
deridevano chi, mugugnando sovente,
s'erano scocciati di mirare dall'andron
gli allegri pasti dei satolli tarpon!
Ma tu sindaco pensante
ben comprendesti ove fosse l'accattivante 
e con fare fulmineo, senza tentennamenti 
ci consegni i cassonetti intelligenti 
che manderanno finalmente lontani
i famelici e striduli gabbiani.
Non son vicino alla tua coalizione
ma con una certa emozione
ammetto senza remore e ritrosia
che finalmente nella terra della Pia 
s'è insediato un sindaco sagace
lontano anni luce dalla spocchia rossa ed incapace.

Unici!


Sono veramente i Number One! Di fermarsi manco gli passa per la capa! Ma siamo sicuri che fumare, bere e ... alla fin fine faccia male???


Programma Ludovico



Ragogna



domenica 25 febbraio 2018

Nascondino



L’Ossimoro vivente ha avuto il coraggio di presenziare, nascosto nel retropalco e per ben 24 minuti, alla marcia organizzata dall’Anpi contro il fascismo e i suoi tentativi di riaffiorare, dalla giusta melma storica, nella nostra nazione. Con sguardo truce ed accompagnato dal futuro simbolo delle Nozze con il Delinquente Naturale (cit. Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01/08/2013) l’Ossimoro aveva il giorno prima dichiarato all’incontro con gli industriali fiorentini “Nessun governo ha fatto quello che abbiamo fatto noi per rispondere alle esigenze di Confindustria”, parole queste ben spieganti il perché questo ebetino pur essendo il segretario di un partito con radici nella sinistra più gloriosa, si debba nascondere per evitare pernacchie, sberleffi e fischi ad una manifestazione di chiara matrice riformista. 
Le inquietanti parole pronunciate in un’assise di industriali fotografano appieno la sguaiata decadenza di questo signorotto attorniato da personaggetti (cit.) di ogni risma: dalla Bella Etruriana rifugiatasi sui monti trentini a sorridere tra marmotte e daini, attendendo nuovamente quel potere per lei ragione di vita, al compagno di merenda Lotti sfuggente zoom e click più che la Picierno la biblioteca; da “Control C” Madia allungante il collo ovunque per carpire pensieri e parole di chicchessia, al fine di ottenere una parvenza di normodotata, a Valeria Fedeli, anzi per onestà grammaticale Và Leria Feddeli, altro ossimoro granitico nel partito pro aziendale e finto rosso; dalla Gianna&Pinotti trasformante ogni guerra in missione di pace per i goduriosi fabbricanti di armi&morte, al Martina da accarezzare amorevolmente sulla nuca. 
Quello che principalmente gustiamo qui ad Alloccalia in questa campagna elettorale è un gioco, famoso, apprezzato da molte generazioni: Nascondino. Osservate come tutti coloro già sicuri di essere rieletti, siano essi briganti, inappropriati, idioti, disonesti, se ne stiano in disparte, quasi indifferenti, lontani, accorti a non comparire, evitando guai mediatici, fischi ed improperi. Attendono serenamente la futura e certa nomina parlamentare, pronti all’ennesima scorribanda, grazie ad una legge elettorale studiata ad hoc da lestofanti politici e mai contrastata dal Silente quirinalizio. 
Ogni tanto arrivano degli aiutini europei, pochi giorni fa anche quello di GinTonic Juncker che oltre a non farsi i cazzi propri dovrebbe continuare a pensare ai suoi precedenti misfatti, quando aiutava le multinazionali a non pagare le tasse in Lussemburgo; il tutto pensato e preparato affinché nulla cambi, tutto resti immoto, al fine di far ritornare in tolda un perverso che pagava mensilmente la mafia, intessendo rapporti con boss internazionali. Ed è quello che ci meritiamo, tra un nascondino e l’altro, qui in Ital.. ops, pardon! in Alloccalia!

A proposito di Bonino!


domenica 25/02/2018
L’ANALISI
Una Bonino per ogni stagione. È radicale, Renzi o B. è uguale
PARABOLE - FU LEI AD OTTENERE L’UNICO “POSTO” PER I SUOI IN EUROPA, MENTRE IN AULA I COLLEGHI VOTAVANO QUALUNQUE LEGGE VERGOGNA

di Enzo Marzo

Non ditemi che vi siete meravigliati. La notizia che, prima tra gli alleati di Renzi, Emma Bonino, assieme all’ultraclericale Lorenzin, si è assunta la responsabilità di aprire a un governo con il pregiudicato incandidabile Berlusconi, era scontata. Noi ci avremmo scommesso qualche soldo. I radicali sono animali politici strani ma consuetudinari: spesso si impegnano in qualche battaglia civile sacrosanta, ma se si infilano in parlamento o nelle battaglie partitiche raggiungono vette di trasformismo e di avventurismo che non hanno uguali.

Forse non hanno colpe soggettive, il loro DNA è quello. Nel Novecento, alle epocali svolte reazionarie non sono venuti a mancare mai all’appello. Dopo la marcia su Roma i radicali presero armi e bagagli e, sorprendendo tutti, si vendettero a Mussolini per una manciata di ministeri, all’avvento di Berlusconi si precipitarono ad Arcore col cappello in mano per “aiutare” la nascente Forza Italia a realizzare la “rivoluzione liberale”. Rigonfi di cinismo e di presunzione si svendettero per un mucchietto di quattrini e qualche posto secondario. Ebbero persino la sfacciataggine di entrare in parlamento all’interno del gruppo di Forza Italia e così ebbero l’onore di sedere accanto al fior fiore del malcostume politico italiano. Ma i pannelliani avevano ed hanno stomaci forti. L’unica che ci guadagnò qualcosa fu proprio Emma Bonino, scelta da Berlusconi come commissario europeo dal 1995 al 1999. Avevano l’intento di insegnare a Berlusconi il liberalismo e ovviamente non ci riuscirono, però regalarono, per il mainstream, una patina “ideologica” a chi nel frattempo pensava rigorosamente solo a salvare le sue aziende in crisi, e sé stesso e i suoi accoliti dalle disavventure giudiziarie. Nacque allora il risibile mito del Berlusconi “liberale”. Nacquero allora le leggi ad personam e Raiset, e i radicali con grande in/dignità digerirono tutto. Loro, i presunti massimi difensori della legalità e della libertà di informazione. Non potevano insegnare il liberalismo a Berlusconi, non solo perché l’alunno aveva la testa dura, era disinteressato alla materia e pensava a cose più solide, ma anche perché ormai da tempo i radicali stessi avevano smarrito i principi di base. Non era stato Pannella, durante l’ipocrita predicazione antipartitocratica, a inventare per primo il “partito personale”? Non era stato lui a creare la lista con su, bello scritto, il nome del Capo? Non fu lui a precorrere tutti nell’organizzazione del partito totalitario sotto un padrone, carismatico o finanziario che fosse? Ostentando il disegno di “cambiare” Berlusconi, furono proprio i pannelliani a subire una metamorfosi. Senza vergognarsi neppure un po’, passarono dal liberismo della scuola italiana al neoliberismo selvaggio all’americana. Passarono da Ernesto Rossi al servizio del più disinvolto “padrone del vapore”.

Il loro tradimento non ha attenuanti, perché dopo Tangentopoli, con i comunisti e i socialisti a pezzi, i pannelliani avrebbero potuto costituire davvero il nucleo fondante di una sinistra liberale, democratica e laica. Non lo hanno fatto, anzi si sono intruppati col peggio del peggio dell’Italia d’allora. Tradirono per mettersi con Dell’Utri e Previti. Che conoscevano benissimo. Per qualche poltrona di nessun valore hanno mancato un’occasione storica che non si ripresenterà presto.

Dopo la scomparsa di Pannella, i radicali si sono divisi, e a quanto sembra proprio quelli che hanno seguito Bonino sono i veri prosecutori del trasformismo radicale. Già un segno inquietante quanto risibilmente sfacciato è venuto in occasione delle elezioni comunali di Milano, quando il boniniano Cappato, prima, fa fuoco e fiamme contro il candidato del Pd, Sala, additato come “incandidabile”, e solo dopo pochi giorni – fatto aumentare il prezzo, tra il primo e il secondo turno lo trasforma in santo, la fa diventare per miracolo non solo candidabile ma il migliore sulla piazza. I radicali invitano a votare Sala e incassano un assessorato. (…)

Infine arriviamo ai tempi nostri. I boniniani, nel momento della presentazione della lista si accorgono (solo allora) che la riforma elettorale di Renzi è pessima e li danneggia. Hanno ragione, ma ciò li spinge ad allearsi proprio con Renzi, aiutati da vecchi democristiani. Operazione del solito trasformismo di bassa lega? Certo, ma non solo: Emma Bonino non si accontenta e lancia la possibile alleanza con Berlusconi. Le è indifferente che oggi la mummia di Arcore sia alleato in coalizione, con un programma comune, con i sovranisti e i fascioleghisti. Ma che ci si vuol fare: i vecchi amori non si dimenticano mai. E non conoscono pregiudiziali. I radicali, quando ritornarono in parlamento nel 1976, volevano sedersi in “Montagna”, in alto a sinistra, ora siederanno compiaciuti in quello che Duverger definì “l’éternel marais”, nella palude, tra Giggino ‘a purpetta e Boschi, la costituzionalista.

Bonino, ventriloqua di Renzi, si propone come “pontiera” per le “larghe (quanto?) intese”, quelle che hanno distrutto la sinistra e hanno riabilitato un frodatore dello stato. (…) C’è da rimanere sgomenti di fronte a tanto cinismo. Quando gli storici del futuro dovranno scrivere la storia di questo periodo chissà a quale posto porranno Emma Bonino nella classifica dei politici che hanno la responsabilità della distruzione materiale e morale dell’Italia.

venerdì 23 febbraio 2018

Bastardi!!



Si la foto non è delle migliori, ma vuole testimoniare quello che sta accadendo in questo momento sulla A1 nel tratto Bologna - Modena e viceversa: decine di automobilisti in panne con le gomme scoppiate per enormi buche apertesi nel manto stradale. Quello che sgomenta è che Isoradio, la radio a servizio dei Benetton, non stia dicendo un cazzo al riguardo. Sono comparsi messaggi sui display del tipo “attenzione fondo irregolare” 
Irregolare una sega! Isoradio adesso sta sparando la cagata “rifacimento del manto stradale a seguito di un incidente.”
Falsi e bugiardi!
Avete asfaltato l’autostrada alla cazzo&campana, in modo vergognoso, qui in Italia nel 2018, senza nessuna competenza, neanche una parvenza competenza, se non la solita, consueta: la forsennata ricerca di guadagni mostruosi. Noi paghiamo e questi asfaltano come degli imbelli, degli stolti. 
State attenti se siete sulla A1. Non c’è nessun incidente. C’è solo un manto stradale che si sta aprendo nella più importante autostrada italiana. E a culo tutto il resto! (Cit.)

giovedì 22 febbraio 2018

La fonte della satira



Gli dei benedicano la satira, l'unica in grado di osteggiare questo clima iniquo, mellifluo, insipido e pericoloso che sta abbattendosi sulla nostra nazione già da tempo immemore in mano a bande malavitose camuffate da politici. 
Guardando questa foto arrivata dal web inizialmente si ride, successivamente subentrano sentimenti di paura, fobia, insicurezza. Non riusciamo a levarcelo di torno! Il Delinquente Naturale (cit. Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01.08.2013) è ritornato in campo e, probabilmente, gestirà i nostri prossimi anni per l'assalto finale alla diligenza.
Satiricamente dobbiamo, per esigenze sociali, cercare di contrastare come non mai questo nuovo avvento, deleterio, finale. 
Pullulano segnali in ogni dove per l'abbraccio mefitico tra il Puttaniere e il suo nipote imbelle; avendo preparato questa legge elettorale indegna di una democrazia, non prevedente vincitori né soprattutto vinti, appena chiuse le urne scatterà la solita nenia imbolsente spiriti ed animi: per il bene della nazione occorrerà un governo di solidarietà nazionale. Un macigno già surrogato dal mulino dannoso un tempo al Quirinale, Napolitano, scalpitante ed osannante Gentiloni. Ma sappiamo con certezza che il Pifferaio di Rignano auspica follemente un suo ritorno a Palazzo Chigi e per questo è pronto a tutto. 
Al Delinquente Naturale (cit. Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01.08.2013) questo progetto va bene, come altri. A lui infatti appassiona solo un evento: proteggere le sue ricchezze ed il suo potere mediatico. La prossima settimana annuncerà il suo presidente del Consiglio: Tajani? Gianni Letta? Non fa nessuna differenza. Il designato opererà sotto il suo stressante controllo, per il bene del portafogli di famiglia. 
Tutto è dunque scritto? 
Forse ancora no! Sabato uscirà il libro di Travaglio "B. come Basta!" una raccolta di tutte le scorribande del riccastro, un ottimo compendio che speriamo risulti fondamentale per la cacciata definitiva del piccolo imprenditore meneghino. 
E se il popolo sovrano nel segreto dell'urna deciderà di sfanculare partiti per allocchi, minuscoli meandri di impresentabili a sostegno dell'infausta causa affondatrice di speranze e risollevamenti culturali e sociali, allora vorrà dire che il 5 marzo non ci ritroveremo, mesti e maigolanti, a leccarci le ferite prevedendo un futuro di mestizie ed ingloriosa disfatta. 

mercoledì 21 febbraio 2018

Serve altro?



Senza più remore


Ogni persona normodotata, amante della verità dovrebbe andare su www.fanpage.it e guardarsi le tre puntate, al momento, della grande inchiesta Bloody Money, una delle più grandi mai fatte giornalisticamente parlando. 
Quello che a parole noi semplici, comuni cittadini a volte immaginiamo si concretizza, si rende palpabile: il sottobosco del malaffare emerge in uno dei campi più redditizi mai pensato da mente criminale: la gestione dei rifiuti. Vengono a galla "personaggetti" (cit.) pregni di mafiosità, di corruttela, esenti da parole oramai messe in soffitta da troppo tempo quali dignità, politica intesa come servizio alla comunità. Emergono nomi storici, tra tutti i De Mita, da oltre trent'anni al centro di inghippi nevralgici mai scalfiti da nessuna indagine, da nessun controllo, da nulla che potesse e possa rallentare una macchina talmente oliata da sgomentare cuori e menti.
Emerge un fastidio culturale, un ossimoro raggelante: a questi signori della società, del loro incarico, delle aspettative riposte da molti comuni cittadini non frega assolutamente una faraonica ceppa. La batteria energetica che li muove nei meandri della loro politica è una ed una sola: portare nuove risorse ai loro mulini, accalappiare denari da spartirsi come una qualsiasi banda della Magliana, molto ma molto più organizzata. Se muoiono bimbi, anziani a loro non frega nulla. Questo è il terrificante resoconto emerso dalla visione delle prime tre puntate. Attorno a questo enorme scoop emergono prese di posizioni di chi ha le mani ancora unte di marmellata che, arrampicandosi su specchi viscidi come le loro coscienze, tendono a sminuire, inficiare, ridicolizzare un'inchiesta tanto sofferta e pericolosa portata avanti da Giornalisti degni di questo nome, un tempo popolanti anche giornali e media trasformatisi nel tempo in giullari al servizio del potente di turno.
Per questo e per altro sciolgo dubbi e vele, affidando il mio prossimo voto, senza alcuna remora, al Movimento 5 Stelle. E a culo tutto il resto! (cit.)

martedì 20 febbraio 2018

Stoop!



Dialoghi



Prontuario travagliato


Un prontuario bignamicamente perfetto!

Istruzioni per il voto

di Marco Travaglio

Lo sanno tutti, perché chi comanda nell’ombra ha già deciso così, ma nessuno lo dice: la sera del 4 marzo i maggiori partiti che hanno sgovernato l’Italia negli ultimi 24 anni, cioè FI, Pd e i centrini loro alleati rinnegheranno le solenni promesse “larghe intese mai” e daranno vita (si fa per dire) a un governo di larghe intese guidato da Paolo Gentiloni, noto frequentatore di se stesso. Che però, verosimilmente, non avrà la maggioranza né alla Camera né al Senato. Quindi si provvederà a ingaggiare l’ala maroniana della Lega (in cambio di un ministero a Maroni, che ha appositamente rinunciato al bis di governatore in Lombardia) e ad acquistare i 5 o 6 eletti nei 5Stelle espulsi per storie di massoneria o di mancate donazioni dai propri stipendi (che, da putribondi figuri in campagna elettorale, diventeranno insigni statisti “responsabili” e “moderati” per il governissimo che fa benissimo). Si spiegano così due fatti accaduti domenica: l’assenza di B. e Salvini alla manifestazione anti-inciucio indetta da Giorgia Meloni; e la risposta di Renzi a Massimo Giletti sulle larghe intese: “Nessuna alleanza con gli estremisti”, cioè “con i 5Stelle e con un centrodestra a trazione leghista”.

Dunque con FI sì, perché sarebbe “moderata”, così come i leghisti maroniani e i vecchi democristiani di centrodestra che si fanno chiamare Noi con l’Italia: personcine ammodo come Cesa, Fitto e Formigoni. Naturalmente saranno della partita gli ex berlusconiani candidati nel Pd e nelle liste fiancheggiatrici. Cioè +Europa di Emma Bonino, che nel ’94 non si fece problemi a convivere con B., Dell’Utri e Previti, anzi ne sposò sempre le posizioni anti-magistrati, anti-Statuto dei lavoratori e pro-guerre in Afghanistan e in Iraq (ovviamente in nome di Gandhi). E Civica Popolare di Lorenzin&Casini che, dopo una vita trascorsa con B., non avranno problemi a tornare all’ovile di Arcore. Questa orrenda ammucchiata sarebbe, per l’Italia, il peggio del peggio. Peggio persino di un governo di centrodestra, che avrebbe almeno il pregio di premiare chi ha vinto e non chi ha perso le elezioni; di risparmiarci il quinto governo consecutivo non legittimato dalle urne, con conseguente lacerazione democratica e sociale; di far nascere una sinistra moderna dalle ceneri del fu Pd; e di rinfrescare la memoria agli italiani, vaccinandoli per sempre dall’eterno ritorno del Caimano frodatore e puttaniere travestito da nonnino buono e rassicurante, tutto canile e famiglia.
Ormai l’establishment si muove come se le Larghissime Intese, per tener fuori anche stavolta chi vince le elezioni, fossero cosa fatta.

Gentiloni rassicura la Merkel che, dopo il voto, l’Italia avrà un “governo stabile e non populista”, cioè uguale a quelli di prima: per lui il fonte battesimale del Parlamento non sono gli elettori, ma qualche terrazza romana, un paio di banche tedesche e un pugno di fondi d’investimento inglesi. Intanto i politicanti e gli opinionisti al seguito passano il tempo a dissuadere noi elettori dall’idea malsana che il nostro voto conti qualcosa e che il nuovo governo dipenda dal risultato delle elezioni. Lo fanno per scoraggiarci dal votare per chi si opporrebbe all’inciucio, cioè i 5Stelle, Fratelli d’Italia e forse Liberi e Uguali (ma D’Alema ha scriteriatamente evocato un “governo del Presidente”). E per farci intruppare tra le file dell’astensionismo, che tutti deplorano a parole ma fomentano nei fatti, nella speranza che alle urne vadano solo gli elettori comprati, controllati, ricattati e quelli liberi se ne stiano a casa. 
Il resto lo fanno le tv e i giornaloni, con tre mosse a tenaglia. 1) Nobilitano i voltagabbana (dei 350 che hanno cambiato casacca nell’ultima legislatura, i partiti ne ricandidano 100), elogiando preventivamente i prossimi tradimenti degli elettori per sostenere l’inciucione. 2) Ingigantiscono le pagliuzze di chi non ci sta (la decina di parlamentari 5Stelle che si sono tenuti lo stipendio diventano peggio dei ladri e dei mafiosi) e rimpiccioliscono le travi di chi ci sta (silenzio sugli 81 indagati o imputati, quasi tutti nelle liste Pd, FI e centriste, molti per aver rubato rimborsi pubblici per spese private; zero tituli in prima pagina su Repubblica, Stampa e Messaggero per lo scandalo delle tangenti in Campania, la fuga di De Luca jr. e l’aggressione alla cronista di Fanpage). 3) Vista l’impopolarità di Renzi & C., creano il mito di Emma Bonino, facendo credere agli antirenziani di centrosinistra che votare Emma sia un dispetto a Matteo, mentre è l’opposto: se +Europa non supera il 3%, tutti i suoi voti vanno al Pd, cioè a Renzi; se +Europa supera il 3%, porta in Parlamento una pattuglia di radical-berlusconian-democristiani (c’è pure Tabacci) prontissimi al governissimo. L’ha detto la stessa Bonino a Radio Capital: “Larghe intese? Dopo il voto si vedrà cosa si può fare. Con Berlusconi ho già governato. Purché non ci sia Salvini”. Ma fior di intellettuali “di sinistra” ci sono già cascati: voteranno Bonino contro Renzi. Più che un voto, un ossimoro.


Ma, anche se è tutto già deciso alle nostre spalle, non è detto che la Banda Larga abbia i numeri per l’ennesimo golpe. Per strano che possa sembrare, dipende proprio da noi elettori. Purché conosciamo le conseguenze del nostro voto, che tutti si sforzano di spacciare per inutile e invece non è mai stato così utile. Chi non vota aiuta l’inciucio. Chi vota una delle liste di centrosinistra (Pd, +Europa, CP e Insieme) sceglie l’inciucio. Così come chi vota FI, NcI e Lega. Chi non vuole le larghissime intese ha quattro opzioni: M5S, LeU (sperando che Grasso non ceda alle sirene mattarelliane), Potere al Popolo (che però difficilmente supererà il 3%, dunque i suoi voti, senza alleati, andranno dispersi) e, a destra, FdI. Tutto il resto è Renzusconi.

lunedì 19 febbraio 2018

Oltre ogni limite



Eccolo!


Eccolo qui, Alexander Krushelnitskiy, sospettato di aver assunto una sostanza proibita, il meldonium, alle olimpiadi invernali in svolgimento nella Corea del Sud.
Doparsi, pare, per giocare a curling, per strofinare sul ghiaccio quella specie di scopetta davanti all’aggeggio scivolante sul ghiaccio verso la zona punti! Ma dai! Non voglio sminuire sport, né ridicolizzarli. Certamente tra il curling e lo sci alpino o quello di fondo, una differenza apparentemente esiste! E se qualcuno pensa di non reggere stress e fatica, ammesso che ve ne sia, di massaggiare il ghiaccio con la scopa per aumentare il percorso dello scivolante attrezzo-boccia, tutto questo ci da la percezione di quanto all’agonismo necessiti il supporto del doping, senza generalizzare, ci mancherebbe! 
La buona prestazione oramai, in ogni campo, è direttamente proporzionale al ricorso a tecniche di risveglio ormonale, di riflessi, di scatti veloci, di pedalate forsennate, di resistenza, di progressione, la cui esplosione nell’individuo passa attraverso l’uso di sostanze illecite. Addirittura nel curling. Mah!

domenica 18 febbraio 2018

Nel ricordo


“Se, insieme ai nostri ricordi personali, conserviamo anche il ricordo del giorno in cui Giulio Cesare fu assassinato, o della Battaglia di Waterloo, e persino del giorno immaginario in cui morirono Romeo e Giulietta, e se ricordiamo, come un ricordo personale, il viaggio su Hispaniola con Jim, il dottor Livesey, il capitato Smollett, Lord Trelawney e Long John Silver - alla fine della nostra esistenza dovremmo avere l’impressione di aver vissuto molto, non solo decenni, ma persino secoli.”

(Umberto Eco) 
Nel secondo anniversario della sua scomparsa

Ribrezzo


Vicenda vomitevole. E poi a volte i nomi, prendete ad esempio quello dell’AD di Novartis, Georg Schrockenfuchs, sembrerebbero svelarci molto, mancando in effetti soltanto i nitriti dei cavalli, alla Frau Bruckner!

domenica 18/02/2018
LO SCANDALO
Lo Stato pagava mille euro il farmaco che ne costava 80
IL CARTELLO ROCHE-NOVARTIS - SONDAGGI FINTI E “AVVERTIMENTI”: COSÌ I DUE COLOSSI, SECONDO L’ACCUSA DEI PM, IMBROGLIAVANO MEDICI E PAZIENTI

di Antonio Massari e Valeria Pacelli

Questa è la storia dell’uso di una molecola – il bevacizumav – che ha portato prima i due colossi farmaceutici Roche e Novartis a risarcire le casse pubbliche italiane per un danno da 180 milioni di euro. E poi i loro rappresentanti legali a essere indagati dalla procura di Roma. La stessa molecola, secondo le accuse, veniva utilizzata in due diversi farmaci, perfettamente sovrapponibili – l’Avastin della Roche e il Lucentis della Novartis – a prezzi enormemente diversi tra loro. Le due multinazionali avrebbero spinto l’Aifa a scegliere, per il mercato del servizio sanitario nazionale, quello più costoso: Lucentis. Il punto è che i medici oculisti avevano scoperto, da parecchi anni, che l’Avastin, inizialmente utilizzato solo per le malattie del colon, aveva un’ottima resa per le malattie oftalmiche. Un affare enorme, poiché la maculopatia colpisce un anziano su tre, sopra i 70 anni.

MANOVRE FRAUDOLENTE

Indagati per rialzo e ribasso di prezzi gli ad De Cicco e Schrockenfuchs
Secondo le accuse, così, i due colossi s’accordano per spingere il costosissimo Lucentis al posto del più economico Avastin. La differenza di prezzo tra i due è abissale: dai circa 80 euro dell’Avastin, si passa ai circa 900 del Lucentis. Nella vicenda, come vedremo, avrà un ruolo persino la Federanziani, che attiva un call center e che, secondo gli investigatori, finisce per taroccare i dati sull’Avastin a vantaggio della politica sul Lucentis.

L’intervento dell’Aifa sugli ospedali

L’intervento dell’Aifa, che nei fatti obbliga gli ospedali a utilizzare il Lucentis al posto di Avastin, arriva nel 2012. Due anni dopo l’Antitrust punisce Roche e Novartis multandoli per 180 milioni di euro: secondo il garante della concorrenza, “i due gruppi si sono accordati illecitamente per ostacolare la diffusione” di Avastin “nella cura della più diffusa patologia della vista tra gli anziani e di altre gravi malattie oculistiche, a vantaggio del più costoso Lucentis, differenziando artificiosamente i due prodotti”. In che modo? Presentando “il primo come più pericoloso del secondo e condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari”. L’intesa tra Roche e Novartis secondo l’Antitrust è costata, nel solo 2012, un esborso aggiuntivo per il Servizio sanitario nazionale di oltre 45 milioni di euro, “con possibili maggiori costi futuri fino a oltre 600 milioni l’anno”.

Il caso finisce anche sotto la lente della magistratura. Nel settembre 2017 la procura di Roma chiude l’inchiesta (atto che di norma prelude a una richiesta di rinvio a giudizio) nei confronti degli amministratori delegati di Roche e Novartis Farma Spa, Maurizio De Cicco e Georg Schrockenfuchs, accusati di rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato, per aver messo in atto “manovre fraudolente” finalizzate, secondo il pm Stefano Pesci, a turbare il mercato e realizzare ingiusti profitti patrimoniali. “Tale manovra anticoncorrenziale – è scritto nel capo di imputazione – portava all’ingiustificata esclusione del prodotto (Avastin, ndr) dall’elenco dei farmaci rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale”, influenzando le scelte dell’Aifa e degli oculisti. De Cicco ha chiesto di farsi interrogare la prossima settimana. Poi la procura deciderà se chiedere il processo o archiviare.

Tra Palazzo Chigi e Consiglio di Stato

Nella vicenda, dopo la multa dell’Antitrust, viene coinvolto anche il governo. In un’informativa del Noe, del giugno 2015, si legge che gli uffici legali di Novartis contattano l’entourage del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti, per informarlo che “Palazzo Chigi potrebbe essere interpellato dalla Commissione europea”. “Contatti normali”, spiegano al Fatto dallo staff di Lotti, “per chi svolge il ruolo di sottosegretario. In ballo c’era la multa che le case farmaceutiche hanno pagato. In quel momento la presidenza del consiglio doveva gestire la questione”.

Agli atti però ci sono anche alcuni incontri del legale della Novartis, Ovidio D’Ovidio (non indagato), con Antonio Catricalà, ex sottosegretario ed ex consigliere di Stato che, per questa inchiesta, finirà indagato, in un filone a parte, per corruzione in atti giudiziari. I pm volevano verificare se vi fossero state influenze sul Consiglio di Stato che doveva emettere una sentenza sul caso. Non è stata trovata alcuna prova e per Catricalà è stata chiesta l’archiviazione.

Le mail dell’ad e i comunicati falsi

Intanto in Roche si raccolgono dati sui problemi che l’Avastin sta registrando, secondo i suoi dirigenti, nelle cure oftalmiche: “Caro Maurizio, stiamo parlando di una ventina di casi – scrive Andrea Lanza all’ad De Cicco – (…) Dire se venti casi siano pochi o tanti è difficile perché il problema è che non conosciamo la popolazione esposta, quindi non abbiamo il dato di incidenza”. Nella mail si legge che Roche due anni prima ha “avvisato” gli oculisti italiani “dei pericoli associati all’utilizzo di Bavacizumap nella maculopatia degenerativa dell’anziano”.

In sostanza, a giudicare dalla lettera, è come se Roche avesse informato gli oculisti sui presunti pericoli dell’Avastin nelle cure oftalmiche. Eppure, stando alle accuse, Lucentis e Avastin sarebbero sovrapponibili. La tesi dei problemi creati da Avastin viene sposata anche dalla Federanziani. La Guardia di finanza s’insospettisce dopo aver letto il comunicato dell’associazione dell’8 ottobre 2014. Federanziani ha messo in piedi un call center che, da luglio a novembre del 2014, riceve 1523 telefonate da malati di maculopatie. Nel comunicato si affermava, scrive la Finanza, che “in soli 40 giorni sono arrivate oltre 245 chiamate con il 46% di questionari completi. Sul totale dei rispondenti si è riscontrato che ben il 17,8 per cento ha dichiarato di aver avuto reazioni avverse, tra cui gravissime emorragie per il 25%, perdita della vista per il 15% e infine reazioni avverse non gravi di cui rossore, bruciore e fastidio sino al 60% dei casi”. Gli investigatori però rilevano delle incongruità in questi dati che potrebbero non esser state riportate correttamente. Vengono così interrogate alcune persone che si sono rivolte al call center. Si scopre che i signori Del Pesce e Brunzo, ad esempio, “sono stati curati sia con iniezioni di Avastin che Lucentis”. E che ai signori Esposito e Marinelli sono state “somministrate iniezioni di Lucentis”. Il signor Collella è “stato sottoposto a un ciclo di iniezioni di Macugen e successivamente a uno di Lucentis”. Eppure nel comunicato della Federanziani, scrive la Finanza, “non è mai stato fatto alcun riferimento a Lucentis e Macugen”. Inoltre, “nessuna delle persone” interrogate “ha avuto dei reali effetti collaterali” tali “da considerarli gravi a seguito delle cure con Avastin”. La Gdf sospetta che il tutto sia stato creato ad hoc per “avvalorare la tesi della scarsa sicurezza dell’uso oftalmico dell’Avastin”. Il comunicato sembra sortire il suo effetto. Roberto Messina (non indagato), presidente della Federanziani, viene intercettato mentre ne parla direttamente con l’ex direttore generale dell’Aifa Luca Pani (estraneo alle indagini): quest’ultimo lo consiglia sulla futura diffusione dei dati. Di lì a poco, l’Aifa autorizzerà il servizio sanitario nazionale a utilizzare il Lucentis per le malattie oftalmiche. Revocando la possibilità di acquistare l’Avastin. Il che crea enormi problemi di budget nelle casse sanitarie regionali.

“Io intimidita dalle case farmaceutiche”

Dagli atti si scopre anche altro. Gli investigatori sentono come persona informata sui fatti Emilia Chiò, all’epoca funzionario del settore acquisti della Regione Piemonte, nell’Assessorato Tutela e Salute. La Chiò nel 2011 prende parte a un gruppo di lavoro che si occupa delle “linee di indirizzo” per “i trattamenti farmacologici” sulle maculopatie. Manca un anno al documento di Aifa. Ormai sul mercato, Lucentis, in base alla legge Di Bella, dovrebbe essere utilizzato in quanto farmaco specifico per le maculopatie, ma le Regioni possono in alcuni casi preferirgli l’Avastin. “L’utilizzo del Lucentis in luogo dell’Avastin – dice Chio – a livello regionale, nel primo semestre 2011, aveva determinato una maggiore spesa di circa 0,67 milioni”. Il gruppo aveva cercato di studiare gli “eventi avversi di Avastin” ma un dirigente della Novartis (non indagato) non è d’accordo. L’uomo, racconta la Chiò, “mi riferiva di non procedere allo studio di Avastin perché la Novartis non gradiva questa iniziativa. (…) Il suo atteggiamento era perentorio a tratti intimidatorio”.

Incomprensibile


Ora io capisco tutto; ma farsi trovare positivo nel curling!! Come doparsi per schiacciare un pisolo o prendere degli ansiolitici per un pomeriggio sull’amaca! Ma porcaccia miseria!

Estratto



Occhiatina


Se vi capita, dateci un'occhiatina. Così, tanto per fare qualcosa...

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venerdì 16 febbraio 2018

Epico




Che aggiungere? 
"L’incarnato scamosciato lo fa sembrare appena uscito da una bottega di tassidermia." è da Hall of Fame!

L’ambasciatore del Catonga, ovvero Silvio al pomeriggio

di Daniela Ranieri

Il mistero o il segreto di Pulcinella di questa campagna elettorale è: chissà cosa ha combinato stavolta B. per riscendere in campo nelle condizioni psicofisiche in cui si trova, e chissà quanto deve averla fatta grossa, se i congiunti lasciano che scorrazzi su e giù per l’Italia facendosi le sette chiese per ripetere biascicando le solite squinternate quattro idee in croce, sempre che sia possibile salvarsi per via politica a questo punto della famigerata carriera. Ieri pomeriggio, nell’ora in cui si rassetta la cucina e nelle cliniche si fa il riposino, è apparso a Tagadà su La7. Reduce dalla replica del contratto con gli italiani nel Porta a Porta della sera prima, sempre più uguale a Mao Tse-tung, esordisce: “Sono l’usato sicuro e garantito, io sono un uomo vero!”. In studio scende all’istante quell’aria tesa tipica di quando c’è lui: sospesa tra imbarazzo e sgomento, riso e terrore, come quando al circo entra un clown in piedi sul dorso di una tigre.

La conduttrice Panella gli fa domande a cui lui non risponde. Pare che dorma. Il fondotinta mattone sopra la concia chirurgica vuole citare il sé stesso del ’94 ma finisce per ricordare Nino Taranto ambasciatore del Catonga. “Sono sceso in campo” dichiara “per non lasciare che i Cinquestelle andassero al governo”. Per lui si è già votato e il vincitore è lui. “Ho spostato Forza Italia dal 14 al 18%, la coalizione è al 40%”. Il sorriso Chlorodont accecante, le fotocopie anti-tremore strette nella mano destra, delira: “Porterò la crescita del Pil al 3%”. Brandisce la risma di fogli: “Io sono il Mago Silvio!”. Il pubblico ride, sollevato di ritrovare il solito pagliaccio. L’incarnato scamosciato lo fa sembrare appena uscito da una bottega di tassidermia. Millanta di un fantomatico candidato premier di cui non rivela l’identità perché “prima ha dei problemi da risolvere”. E se è chi pensiamo noi, il problema è bello grosso (perciò bisogna sempre ricordare che sotto il clown c’è la tigre).

giovedì 15 febbraio 2018

Grande Scanzi!



di Andrea Scanzi

A Renzusconi ho dedicato un libro e dedico uno spettacolo, entrambi (e spero a lungo ancora) di successo grazie ai consigli editoriali di andrearomano e al supporto del poro anzaldi. Di renzusconismo è purtroppo pieno il mondo della politica. Per esempio: il Diversamente Statista di Rignano attacca sempre sotto la cintura il M5S, al punto che persino il suo portavoce gli ha dato stamani più o meno del coglione, ma quando cita il maestro Berlusconi gli attacchi diventano assai più tenui. Chissà perché. Ci sono però tanti altri esempi. Per esempio questo. Cito da Repubblica: “Giacomo Mancini è il candidato del Pd nel collegio uninominale di Cosenza alla Camera. Ma è anche il primo dei non eletti in Regione Calabria per Forza Italia dopo le elezioni del 2014. Così, il prossimo 4 marzo Mancini potrebbe ritrovarsi deputato con Matteo Renzi o consigliere regionale con Silvio Berlusconi, prendendo il posto dell'ex compagno di partito Fausto Orsomarso, oggi capolista per Fratelli d'Italia”. È torcida inesausta.
Pd(R) e Forza Italia, temi etici a parte, sono più o meno la stessa cosa. Ma per gli Staino il Pd è ancora la derivazione del Pci. Gli sia lieve l’inciucio.


Rimedi


L’unico rimedio valido per la deriva culturale scatenatasi qui in Alloccalia. (Foto W. Campbell)


Bang Bang!



Ecco qua!



mercoledì 14 febbraio 2018

Ci vorrebbe una carezza!



Guardate questo video: non ci vorrebbe una carezza amorevole sulla testa? Se non fosse quella del Delinquente Naturale (cit. Sentenza Corte di Cassazione nr 35279/13 del 01/08/2013) verrebbe da dir di si! Trattandosi però di una cervice bitumata, forse è meglio soprassedere. 
Pensioni a mille "lire" e non "euro", clamorosi sbagli contabili (l'evasione fiscale secondo lui ammanta a soli 800mila euro, il doppio del pil emerso che è di 1600euro, cifre di un condominio e non di una nazione, infatti pur essendo sbagliati i dati si riferiscono a miliardi di euro, ma lui, ahimè, essendo alla frutta non riesce più a distinguere grandezze monetarie), la storia della mezza bottiglia di olio bevuta e poi il gran finale con la questione cagnolini, gattini e percentuali inventate o trasmesse da qualche burlone strapagato da questo riccone senza più storia. Dategli un camino, qualche gnocca attorno e lasciatelo sbizzarrirsi in favole pietose di un viale già da molto oramai arrivato al tramonto! 
Ma lui non può uscir di scena! Lo pretende la sua forsennata smania di ammassare ricchezze, di difendere potere mediatico smisurato e protetto da vent'anni da un'opposizione al borotalco e da leggi fatte a misura per i suoi interessi. 
Questo vecchietto, nemmeno più arzillo, continua ad avere un 15% di consensi, un'incredibile anomalia mai riscontrata in un paese civile e, solo sulla carta, democratico. 
Chi continua a votare costui, pregno di canizie? 
La stragrande maggioranza degli innumerevoli evasori che vedono in lui un riparo sicuro, un albero ombroso nel deserto, un baluardo roccioso proteggente dalla giustizia sociale che vorrebbe, ai loro occhi grave infingarda, un'equa distribuzione dei balzelli, delle imposte perché da che mondo è mondo ogni persona ragionevole e dignitosa dovrebbe percepire l'umano dovere di mettere a disposizione della comunità denari in percentuale ai propri guadagni, destinati alle spese comuni, quali la sanità, i lampioni del parco, le panchine, l'asfaltatura delle strade e l'istruzione dei giovani cittadini. Ma molti ignobili connazionali ritengono tutto questo un sopruso, un male, una calamità e si sottraggono ai loro doveri lasciando il salato conto nelle mani di chi, avendo il prelievo forzato alla fonte, non possono dir nulla in proposito, pagando più del dovuto per far tornare i conti. 
E questo signorotto canuto, arrivato al capolinea, è garante di queste infingarde necessità evasive, essendo lui stato pizzicato più volte ad occultare capitali in paradisi fiscali esentasse. 
A questa banda di evasori s'aggiungono gli allocchi, ammaliati e rimbambiti dalle tv di proprietà che, mediante spettacoli inverecondi, ledenti ragione e cultura, hanno perso la cognizione, la ragionevolezza di un normodotato, cedendo alle brame di questo Puttaniere al fine di votarlo il prossimo 4 marzo. 
Tutto questo, sommato al razzismo cavalcato dal partito bevitore di ampolle del Po e dai fascisti rancorosi e vogliosi di potere, porterà la coalizione di centrodestra a lambire la maggioranza assoluta. E se questo non avverrà, ecco scattare pronto, con fregnacce al seguito, il Bomba Toscano già distruttore di un partito e di un ideale storico, per delle nozze mefitiche, sfanculanti buonsenso, ragione e, soprattutto, ideali di convivenza democratica.  

Oh Daniela!


mercoledì 14/02/2018
Matteo&B. Senti chi parla (ai 5stelle)

di Daniela Ranieri

Ci convinciamo vieppiù che questa campagna elettorale è stata sceneggiata da Steno, e che gli attori coinvolti, non valendo un’unghia di giganti come Totò e Aldo Fabrizi, ne siano comparse di secondo livello.

B., che un paio di anni fa provò a vendersi come paladino dei diritti dei gay, lui che i gay li ha sempre derisi e usati come macchiette del suo teatrino machista (al battutista da crociera bastava una toccatina all’orecchio durante un summit per alimentare la sua leggenda da latin lover), oggi si dice difensore della famiglia tradizionale. Sissignore. Lui che rispose con “almeno non vado con gli uomini” a chi gli rimproverava la mignottocrazia o il fatto che Palazzo Grazioli, alle cui finestre sventolava la bandiera italiana, era stato ridotto al retro di una discoteca di Gabicce mare da un bisnonno finito dentro giri strani di finte marocchine minorenni e vere brasiliane mezze spacciatrici e pure ladre. Lui che, familydaysta opportunista, sposato due volte, se la faceva con le peggio scappate di casa tra Bari e Milano 2, che faceva arruolare da un pappone e da una igienista dentale che pagavamo noi come consigliera regionale. Lui che s’è messo in casa una più giovane di lui di 50 anni more uxorio, fino a che alla first-girlfriend kennedyzzata cadde sul capo l’“accusa” di essere lesbica da parte della regista Bonev, vicenda che diede agio al grande amatore e comunicatore di dire “potevi dirmelo, così mi divertivo”. Poi ci prese gusto e invitò ad Arcore la prima deputata trans nonché vincitrice dell’Isola dei famosi Vladimir Luxuria, che si prestò per selfie cafonali col padrone di casa e la di lui signora.

Adesso lui, di cui nostro malgrado conosciamo tutte le vicende urologiche (dopo il tumore alla prostata protagonista di vent’anni di campagne elettorali siamo edotti circa leggendari impianti idraulici penieni, iniezioni, pillole e sindromi priapistiche indomabili, col Cavaliere metafora vivente di un Paese mai soddisfatto perché impotente), per mostrarsi morigerato all’Europa che del resto finge di credere anche alla sua indole antipopulista, è contro le unioni civili, lui che ne ha avute di barbare. È anche contro l’evasione fiscale, oltre che condannato a 4 anni di galera per frode fiscale. Hai visto mai c’è ancora qualcuno disposto a credere a una sola parola di quelle che dice, o a ritenere che lui sia come il prete: bisogna fare quel che dice e non quel che fa.

Questa da sepolcro imbiancato è la stessa strategia dell’altro argine contro i populismi: Renzi. Che davanti alla brutta faccenda di quei parlamentari del M5S che fingevano di rinunciare ai rimborsi elettorali mentre se li tenevano, rispolvera a uso elettorale la questione morale di Berlinguer. Lui, che ancora non ha restituito i 15 mila euro elargiti da Salvatore Buzzi, al tempo solo pregiudicato per omicidio e sodale del Nar Massimo Carminati, al suo turbo-partito renziano in una cena di finanziamento (oltre ai 5 mila dati alla fondazione Open), né, pare, quelli di Alfredo Romeo, arrestato nell’ambito dell’inchiesta che vede indagati il babbo Renzi per aver approfittato di essere figlio del presidente del Consiglio per trafficare sugli appalti Consip e l’amico del cuore Luca Lotti, ministro della Repubblica, per aver spifferato ai vertici Consip che avevano microspie in ufficio. Lui che voleva cambiare la Costituzione con Verdini, candida plotoni di impresentabili e a ogni nuovo indagato del Pd se la cava con un “chi ha sbagliato pagherà”, come se fosse lui a decidere. E ora, con la faccia che gli conosciamo, dà del “mariuolo” craxiano a chi, dei 5S, non ha girato parte dello stipendio al fondo delle piccole e medie imprese come volontariamente promesso e come hanno fatto gli altri, mentendo agli elettori ma non rubando o pagando tangenti. Così il bue dice cornuto all’asino ostentando pure la posa sufficiente del “noi siamo garantisti” (e ti credo, sennò gli si decima il partito come sotto la peste del 1630).

Nondimeno esiste una differenza abissale tra i due soci parrucchieri che ci governeranno. Che non è solo una differenza tra fedine penali (quella di B. è inarrivabile in una vita sola), ma di profondità drammaturgica.

Il mix tra il destino da Don Giovanni e la condanna a un’assoluta mancanza di saggezza fa di B. un personaggio tragico. Egli è pura energia senza pensiero. È affetto da una sorta di autofagia, una dissoluzione della personalità in cui sono del tutto scisse prassi e aspirazioni. Lui crede veramente a quello che dice, nel momento in cui lo dice; se due minuti dopo afferma il contrario, crede anche a quello. Renzi, invece, non crede nemmeno lui a sé stesso; egli è pura parola (ma “le parole senza pensieri non arrivano al cielo”, Amleto). È irrimediabilmente un personaggio della commedia all’italiana, uno la cui furbizia è motivo del suo successo almeno quanto sarà causa della sua sventura.

Buongiorno travagliati!


mercoledì 14/02/2018
Il sorpasso

di Marco Travaglio

Ieri facevo i conti degli inquisiti nelle liste e ho scoperto un fatto davvero avvincente: il Pd ha superato Forza Italia. Se c’era una certezza, fino alle scorse elezioni del 2013, era che il Pd, per quanti sforzi facesse, non sarebbe mai riuscito a eguagliare le quote marron dei berluscones. Renzi ce l’ha fatta: nelle liste del Pd troneggiano 27 fra indagati e imputati (senza contare i 3 nelle liste alleate: 2 in Civica Popolare della Lorenzin e 1 in Insieme), mentre in quella di FI sono appena 22 (ampiamente rimpinguati dai 6 della Lega, dai 6 di FdI e dagli 8 di Noi con l’Italia). Poi ci sono LeU a quota 3 e i 5Stelle a quota zero. Lo storico sorpasso è tutto merito di Matteo Renzi, che ha nominato tutti i candidati, senza neppure l’alibi delle primarie (“ce lo chiedono gli elettori”). Ora, uno che riesce a candidare più inquisiti del primatista mondiale B., tutto dovrebbe fare fuorché parlare di impresentabili altrui. Dovrebbe starsene schiscio, parlar d’altro e sperare che i giornaloni continuino a nascondere i suoi. Invece non so se avete visto il suo minuetto dell’altra sera con Alessandro Sallusti a Otto e mezzo. Se ve lo siete perso, recuperatelo: ne vale la pena. Il capocomico era Matteo, il direttore del Giornale faceva la spalla. Parlavano, pensate un po’, di questione morale. Quella di babbo Tiziano o di Luca Lotti per Consip, o magari quella di Pier Luigi & Maria Elena Boschi? Quella del padrone B. pregiudicato per frode, indagato per strage e prescritto per corruzioni e falsi in bilancio vari e assortiti?

No, quella dei 5Stelle, che danno la caccia ai loro parlamentari che non hanno restituito parte dello stipendio: cioè che hanno fatto quello che hanno sempre fatto tutti i deputati e i senatori della storia della Repubblica dal 1948 a oggi. Ogni tanto Renzi esagerava col giustizialismo a casa d’altri. Tipo quando, in evidente stato confusionale, ha tuonato: “I 5Stelle ci fanno la morale, ci accusano di avere impresentabili, ma, se guardiamo la storia dei rimborsi che cresce ogni giorno, vediamo che sono diventati l’arca di Noè, dove stanno salendo truffatori, scrocconi, riciclati di altri partiti politici e massoni… Stanno eleggendo i Scilipoti (sic: non ‘gli’, ma ‘i’, ndr) e i Razzi della nuova generazione”. Sallusti, imbarazzatissimo, si faceva piccolo piccolo e pigolava frasi di circostanza, perché ogni categoria evocata da Renzi gli rammentava o al padrone (“massoni”, “truffatori”) o qualcuno del suo giro (“riciclati di altri partiti”, “i Scilipoti e i Razzi”). Ma il primo a cui avrebbero dovuto fischiare le orecchie era proprio Renzi.

Alla parola “rimborsi”, dovrebbe spiegare perché ha messo in lista una decina di indagati nelle varie inchieste sulle Rimborsopoli regionali: non per essersi tenuti lo stipendio previsto dalla legge, ma per avere rubato sui rimborsi istituzionali per le proprie spese private. Alla parola “restituzioni”, dovrebbe spiegare perché il Pd non ha ancora restituito i 15 mila euro di finanziamenti che gli ammollò il compagno Salvatore Buzzi, quello di Mafia Capitale. Alla parola “massoni”, dovrebbe avere un po’ di rispetto per il suo amico Denis Verdini, imputato per la loggia segreta “P3”. E per gli amici di papà Tiziano e di babbo Boschi: tipo il massone sardo-toscano Emiliano Mureddu (poi arrestato per bancarotta), vicino di casa del primo e accompagnatore del secondo al famoso vertice romano con Flavio Carboni, bancarottiere con condanna definitiva, per il famoso salvataggio di Banca Etruria. Alle parole “Scilipoti”, “Razzi” e “riciclati di altri partiti”, dovrebbe portare un po’ di riconoscenza per tutti gli ex berlusconiani di Ncd e di Ala che hanno sorretto per tre anni il suo governo e poi quello di Gentiloni. E magari spiegare perché ha candidato nel Pd 20 ex eletti in Forza Italia, gente che per anni ha votato le leggi vergogna di B. e addirittura la celeberrima mozione su Ruby nipote di Mubarak. Oppure sono riciclati come Razzi e Scilipoti solo quelli che abbandonano il Pd per altri lidi, e non quelli che compiono il percorso inverso?

Ma il meglio Renzi l’ha dato quando ha paragonato Di Maio a Craxi, facendo rischiare un colpo apoplettico al povero Sallusti e costringendo il suo portavoce a una frettolosa quanto imbarazzata rettifica: “Di Maio dice che farà fuori le mele marce dal movimento? Veramente è un’ortofrutta più che mele marce. Questa frase mi ricorda Bettino Craxi con Mario Chiesa e ‘il mariuolo’. Ma di cosa stiamo parlando?”. Ecco, appunto, di cosa stiamo parlando? Craxi e Mario Chiesa furono condannati per tangenti miliardarie, grazie alle indagini del pm Antonio Di Pietro che lui ha appena rifiutato di ricandidare e del pool Mani Pulite che lui tre anni fa accusò di “barbarie giustizialista”, senza neppure versare il copyright a Craxi e a B. I parlamentari del caso 5Stelle non hanno violato alcuna legge, ma il codice etico del loro movimento sulla “restituzione”, cioè sul taglio dei loro stipendi. Un codice che suscita comprensibilmente l’ilarità del leader Pd: “Lasciamo da parte i rimborsi, anche se per me è una presa in giro nei confronti degli italiani questa continua evocazione dei 20 milioni di euro, visto che il Fondo per le piccole e medie imprese vale 20 miliardi di euro di prestiti”. Certo, 23 milioni sono pochi. Potrebbero essere almeno il triplo se anche i parlamentari del Pd si fossero tagliati lo stipendio per cinque anni. Perché Renzi, prima di parlare, non chiede anche ai suoi di tagliarsi la paghetta e “restituire” le eccedenze? Sarebbe uno splendido spettacolo, in un partito che è riuscito a bocciare la sua stessa legge Richetti sui tagli ai vitalizi. Poi, però, bisognerebbe raddoppiargli la scorta.

No?


Bomba, do you remember Buzzi, Mafia Capitale?


martedì 13 febbraio 2018

Una persona per bene


Signori io mi sono alzato in piedi. Ed applaudo. Attorno a noi gli allocchi si fanno sviare dall’abominevole campagna denigratoria nei confronti di chi ha rinunciato ad emolumenti presi da tutti gli altri, versando per le piccole imprese quasi 26 milioni di euro. 
Leggete cosa scrive Luigi Di Maio, che sbaglierà i congiuntivi, ma è una persona onesta.


“Oggi ho incontrato Filippo Roma de Le Iene. Come promesso l'ultima volta che ci siamo incontrati, abbiamo verificato tutti i bonifici che ho effettuato al fondo del Microcredito per un totale di oltre 150.000 euro, certificato dal direttore della banca. Ho anche rinunciato alle indennità aggiuntive da vice presidente della Camera. In tutto ho restituito o rinunciato in 5 anni di legislatura a più di 370.000 euro. Alcuni portavoce hanno violato le nostre regole e non hanno donato tutto quello che avrebbero dovuto. Un tradimento dei nostri principi e della fiducia dei nostri iscritti. Per questo saranno cacciati dal MoVimento e si sono impegnati a rinunciare all'elezione. La stragrande maggioranza dei nostri portavoce hanno ottemperato gli impegni presi e infatti nel fondo per il microcredito ci sono oltre 23 milioni di euro. Abbiamo chiesto al MEF l'elenco completo dei bonifici e chi non risulterà in regola per me è già fuori. Non facciamo sconti a nessuno, tantomeno a noi stessi e pubblicheremo la lista completa. 

Chi pensa di farci la morale abbia la dignità di starsene zitto e andarsi a nascondere. Renzi, che non conosce la Storia italiana, ci ha paragonato a Craxi e al mariuolo Chiesa. Mario Chiesa venne colto in flagrante mentre accettava una tangente di sette milioni di lire, in seguito vennero scoperti suoi conti in Svizzera di miliardi di lire. Chiesa non era uno che restituiva poco, era uno che si fotteva tanto. Non mi stupisce che Renzi non comprenda la differenza. I suoi parlamentari non hanno restituito un centesimo. Si sono intascati milioni e milioni di euro a sbafo. Tutti i soldi che noi abbiamo messo lì dentro permettendo la creazione di oltre 7.000 imprese, loro se li sono messi in tasca. Ognuno di loro mentre milioni di italiani stanno in condizioni di povertà ha preso una media di 145.000 euro a testa a cui avrebbero potuto fare a meno. Ingordi! Senza considerare il vitalizio, le auto blu, l'aereo blu, l'elicottero blu e tutti i loro osceni privilegi. 

Hanno arraffato il più possibile L'unica cosa che Renzi ha restituito agli italiani è il traditore della Patria Silvio Berlusconi. Renzi come livello di promesse mancate è ben al di sotto delle nostre mele marce: aveva detto che se perdeva il referendum che aboliva il Senato si sarebbe ritirato dalla vita politica e oggi è candidato al Senato. E' partito da rottamatore e si è ridotto a macchietta della politica. Da Renzi a Razzi il passo è breve.”

Luigi Di Maio

Dixit



Senza nessun ritegno



Un insuperabile Travaglio!


Il vizio della memoria

di Marco Travaglio

Aveva ragione Gherardo Colombo: la memoria è un vizio. Perché, al contrario del potere secondo Andreotti, logora chi ce l’ha. Chi non ce l’ha vive felice e sereno. Può ricadere continuamente negli stessi errori ed, essendosi dimenticato i precedenti, non farsi schifo neppure un po’. Me ne sto rendendo conto mentre termino in tutta fretta un libro che uscirà fra una decina di giorni: un promemoria sintetico ma completo del berlusconismo dimenticato, anzi rimosso. Nessuno dice qual è il vero scandalo di questa campagna elettorale. Non che i partiti facciano promesse irrealizzabili (l’hanno sempre fatto). Ma che i poteri marci e gattopardeschi si aggrappino per l’ennesima volta (la settima in 24 anni) a un vecchio malvissuto, pregiudicato e pluriprescritto, definito da una sentenza definitiva “delinquente naturale”, che dal 1994 ha devastato l’Italia governandola per 9 anni da solo e per altri 3 in condominio col centrosinistra, con l’unico obiettivo – peraltro centrato – di non finire in galera, salvare le sue aziende dalla bancarotta e guadagnare sempre più soldi a spese nostre. Tutto dimenticato, un po’ per la congenita smemoratezza dei milioni di italiani, un po’ perché chi dovrebbe rinfrescarci la memoria parla d’altro e gli regge il sacco.
L’altra sera, a Che tempo che fa, Alessandro Di Battista ha fatto sbiancare Fabio Fazio ricordando ciò che alla Rai (e ovviamente su Mediaset) è severamente vietato rammentare: “Siamo un Paese abbastanza ipocrita. Se io dicessi: ‘Cazzo, Berlusconi ha pagato Cosa Nostra’, c’è qualcuno che si potrebbe addirittura scandalizzare per il ‘cazzo’”. Fazio, ritrovata per una volta la verve del virile contraddittore, l’ha interrotto: “Intanto lui l’ha querelata”. E Di Battista: “E vabbè, querelerà la Cassazione, che ha scritto che lui pagava Cosa Nostra e che Dell’Utri fece da intermediario tra lui e Cosa Nostra. Non lo dico io, ma una sentenza definitiva”. Poi, provvidenziale, è arrivata la pubblicità. Dieci giorni fa l’Espresso è uscito in copertina con uno scoop di Lirio Abbate sui diari segreti di Yasser Arafat. Il quale racconta che nel 1998 Berlusconi volle incontrarlo per chiedergli una cortesia: dichiarare che un bonifico del 1991 dalla sua All Iberian a uno dei tre conti svizzeri a Bettino Craxi era, in realtà, un contributo non al segretario Psi che aveva appena imposto la legge Mammì, ma all’Olp per la causa palestinese. Arafat dichiarò il falso a un giornale israeliano, anche se non aveva mai visto un euro dalla Fininvest, e in cambio gli arrivò un bonifico estero su estero. Avete sentito questa notizia ripresa da tg e talk show? Mai.
Chi ha memoria sa che negli stessi mesi il Caimano era impegnatissimo a comprarsi anche un’altra falsa testimonianza, per salvarsi da due processi: oltre a quello sulle tangenti da 23 miliardi di lire a Craxi, quello sulle quattro mazzette pagate fra il 1989 e il ’94 dai suoi manager alla Guardia di Finanza per ammorbidire quattro verifiche fiscali a Videotime, Mediolanum, Mondadori e Telepiù. Il testimone era David Mills, l’avvocato inglese che negli anni 80 aveva creato il comparto B della Fininvest, con 64 società (da All Iberian in giù) nei paradisi fiscali, sconosciute ai bilanci consolidati. Se Mills avesse detto ai giudici tutto ciò che sapeva, a B. la condanna come mandante delle mazzette ai finanzieri non l’avrebbe levata nessuno. Invece fu corrotto con 600 mila dollari e disse poco o nulla. Poi scrisse al suo commercialista Bob Drennan per confessare la mazzetta e spiegare di avere “risparmiato a Mr.B un mare di guai”. Risultato: condannato in primo grado per tutte e quattro le tangenti alle Fiamme Gialle, il Caimano si vide assolvere in appello per insufficienza di prove sull’ultima, la più recente, quella del ’94 per Telepiù: così le altre tre caddero in prescrizione. La Cassazione fece di più, assolvendolo per insufficienza di prove su tutto il fronte. Cosa che difficilmente avrebbe fatto, se Mills avesse detto la verità: in quel caso, B. sarebbe stato con ogni probabilità condannato in via definitiva, risultando pregiudicato fin dal 2000 (non solo dal 2014).
E tutte le sentenze successive avrebbero dovuto tener conto del suo status: niente attenuanti generiche (ben otto), niente prescrizione dimezzata, ma condanne à gogo. Insomma, sarebbe finito in galera senza uscirne più. Non solo: Mills sapeva bene che i fondi esteri erano serviti alla Fininvest per pagare le quote di Telepiù 1, 2 e 3 che B. aveva finto di cedere ad altri soci, ma che in realtà aveva continuato a possedere finanziando vari prestanome per simularne l’acquisto e così aggirare la Mammì, che gli consentiva di detenere solo il 10% della pay tv. Pena la perdita delle concessioni alle tv in chiaro. Se insomma fosse emerso perché la Fininvest corruppe i finanzieri affinché chiudessero un occhio sul vero proprietario di Telepiù, subito Canale5, Rete4 e Italia1 sarebbero state spente. E B. sarebbe stato rovinato. Invece, complice il centrosinistra, poté quotare Mediaset in Borsa nel ’96, scaricando sul mercato le sue montagne di debiti e salvando la baracca.

È per quella raffica di tangenti e per il suo monopolio mediatico in grado di ricattare e condizionare tutto e tutti, non certo per la sua abilità politica, che nel 2018 l’ottantunenne “delinquente naturale” è ancora sulla breccia e si appresta, se non a vincere le elezioni, a dare le carte pure del prossimo governo. Il fatto che nessuno, nel Pd e nella sinistra “radicale”, pronunci mai una parola su questi 24 anni di vergogne, la dice lunga sul livello di compromissione dei presunti avversari del Caimano. Se è vero che torna protagonista, costoro non hanno alcun diritto di lamentarsene. Noi sì. Con lui e soprattutto con loro.

lunedì 12 febbraio 2018

Perché ...


...lei ha sempre conosciuto le tradizioni della Bassa Atesina!


Anni d'oro


Senza alcuna invidia ecco i numeri dei pensionati storici, ossia quelli che hanno smesso di lavorare prima del 1980 e che, giustamente, si godono i frutti della loro attività anche se, spiace comunicarlo, l'INPS gli ha già corrisposto importi superiori di ben tre volte a quanto da loro versato come contributi.
La cifra dei pensionati baby aumenta fino a 700mila unità se si considerano le persone in pensione da almeno 35 anni. 

Era il periodo in cui con 20-25 anni di contributi si poteva salutare il lavoro, ricordandosi però in cabina elettorale di votare sempre per "loro", i grandi benefattori, i quali infischiandosene di conti e di futuro, preferivano assicurarsi il consenso elettorale alla faccia della matematica e dell'economia.
In pensione dal 1980: non c'erano ancora i cellulari e papa Woitijla era stato appena eletto... (fonte Secolo XIX)

domenica 11 febbraio 2018

Guarda guarda...



Guarda guarda che c’è scritto dentro Palazzo Vecchio, il municipio di Firenze... e chi fu sindaco qui?

Arte attuale



Un’opera del Botticelli del 1500 attualissima: la Calunnia. A consigliare Re Mida con le orecchie da asino, il Sospetto e l’Ignoranza. Al centro la Calunnia che tira per i capelli il calunniato, attorniato pure dalla Frode, l’Insidia e il Livore. Cavolo! M’aspetto da un momento all’altro la comparsa del Delinquente Naturale, di Anzaldi, di Salvini e del giornalista vampiro per eccellenza...

Fumento



Oggi fumento di storia, arte, gloria, cultura. Indispensabile.

sabato 10 febbraio 2018

Travaglio!


sabato 10/02/2018
Salvate il soldato Rosato

di Marco Travaglio

Lo dicevo che prima o poi, per Ettore Rosato, ci sarebbe voluta la scorta. Non per difenderlo dai terroristi, ma dai pidini. Più le elezioni si avvicinano, più il pericolo del fuoco, anzi del linciaggio amico, si fa probabile. Tutti ricordano come e perché nacque il Rosatellum: siccome i 5Stelle sono sempre primi nei sondaggi e il Pd e Forza Italia sono secondo e terzo, bisognava trovare il modo di far perdere i primi e far vincere i secondi e i terzi. Non esistendo al mondo, nemmeno nell’Africa nera, un sistema elettorale che arrivasse a tanto, i cervelloni renzusconiani si spaccavano la testa alla ricerca di un’ideona originale. Mettere fuorilegge il M5S? Troppo forte, poi la gente se ne accorge. Assegnare l’incarico per il nuovo governo in base all’ordine alfabetico, ignorando i voti? B. è perfetto, ma Renzi no perché la R viene dopo la Di di Di Maio. Andare in ordine di anzianità? Gli 81 anni di B. sommati ai 43 di Renzi fanno 124, esattamente il quadruplo dei 31 di Di Maio, ma c’è il rischio che la Consulta bocci tutto. A quel punto saltò su Rosato con un’idea meravigliosa per la testa, meglio di quella di Cesare Ragazzi: una legge che sottrae i voti ai 5Stelle e li moltiplica a Pd e FI, grazie a finte coalizioni valevoli fino al 4 marzo, ma solubili e biodegradabili la sera stessa. Il pregiudicato prende i voti con Salvini e Meloni e li porta a Renzi. Renzi, a sua volta, prende i voti con la Bonacci (un mostriciattolo nato dall’unione fra Bonino e Tabacci), la Lorenzin e tale Santagata, e li porta al pregiudicato.

Tanto gli italiani – pensavano lorsignori in perfetta sintonia con Di Battista – sono rincoglioniti e ci cascano. Anzi, siccome la legge è fatta apposta per creare ingovernabilità, sondaggisti e politologi lanceranno l’allarme ingovernabilità, come se non fosse un effetto studiato, ma un accidente causato dalle condizioni climatiche sfavorevoli. E si potrà ricattare la gente col solito “voto utile”, che però stavolta non deve andare al partito maggiore (chiamato M5S). Intanto si riabilita il pregiudicato ineleggibile e incandidabile come “argine” e “baluardo” contro il “populismo antieuropeo” (essendo il più grande populista antieuropeo dell’orbe terracqueo). Gli si fa scrivere sulla scheda “Forza Italia Berlusconi Presidente” (come “acqua asciutta”, “zucchero salato”, “vegetariano carnivoro”). Si tace sulle sue corruzioni, frodi fiscali, regali alla mafia, conflitti d’interessi e si spera che gli elettori si bevano pure questo. Il Pd, in un eccesso di generosità, candida nei collegi una ventina di ex berlusconiani travestiti da seguaci della Lorenzin, coi petali di peonia in testa.

Già, perché B. è in overbooking e non può farli eleggere tutti. Quel volpone di Renzi invece sì, al posto della sinistra Pd, rasa al suolo per buttar via un altro po’ di voti.

Poi purtroppo Frankenstein sfugge al controllo dei suoi creatori. I sondaggi danno il finto centrodestra sempre più vicino al 40%, soglia di autosufficienza, il finto centrosinistra sempre più prossimo al 25 e dunque il Renzusconi sempre più impossibile. Tant’è che B. inizia a domandarsi se non sia meglio andare al governo con gli alleati della campagna elettorale, che hanno i voti, anziché con Renzi che non li ha. È l’eterogenesi dei fini, tipica delle leggi elettorali incostituzionali che: studiate per fregare l’avversario, finiscono per fottere l’autore. Era accaduto nel 2006 col Porcellum: B. lo impose per far perdere Prodi, invece lo fece vincere grazie agl’italiani all’estero (col vecchio Mattarellum avrebbe rivinto B.). E riaccade ora col Rosatellum. È vero, al centrodestra potrebbe mancare una ventina di seggi. Ma, come nota Diego Pretini sul nostro sito, a riempire quel vuoto in nome della governabilità potrebbero essere proprio i 20 ex berlusconiani, cuffariani e lombardiani (nel senso di Raffaele) candidati da Renzi. Gente a cui basta un fischio, ma soprattutto una poltrona sfusa, per sentire il richiamo della foresta, scattare sull’attenti e votare qualunque governo pur di conservare il seggio, l’immunità e il vitalizio.

Ed eccoli, i potenziali “responsabili”, come lui chiama chi passa dal centrosinistra al centrodestra (da non confondere con i ladri di voti, traditori, voltagabbana e ribaltonisti che fanno il percorso inverso) Beatrice Lorenzin, Pierferdy Casini, Sergio Pizzolante (tre volte deputato Pdl), i ciellini Gabriele Toccafondi, Angelo Capelli e Paolo Alli (già braccio destro di Formigoni), Maurizio Bernardo (forzista dal ’94), Nico D’Ascola (socio di Ghedini), Guido Viceconte (ex eurodeputato FI e sottosegretario in due governi B.), Gioacchino Alfano (tre volte parlamentare Pdl), Federica Chiavaroli (ex Pdl), Giuseppe De Mita (ex Udc), Giacomo Mancini jr. (primo dei non eletti FdI in Regione Calabria); Paolo Ruggirello (già luogotenente del governatore siciliano Lombardo), Nicola D’Agostino (ex capogruppo regionale del partito di Lombardo), Valeria Sudano (ex deputata regionale col forzista Saverio Romano), Salvo Lo Giudice (già eletto con la lista Musumeci), Giuseppe Sodano (figlio dell’ex sindaco di Agrigento e senatore di destra), Leopoldo Piampiano (ex Pdl), Luca Sammartino (ex Udc), Franco Manniello (ex Udc), Francesco Spina (ex FI e Udc), Benedetto Della Vedova (ex FI), Valentina Castaldini (ex Ncd), Cosimo Ferri (ex pm, sottosegretario con Letta in quota FI e lì rimasto con Renzi e Gentiloni fino alla candidatura nel Pd).

Molti nel 2011 votarono festosi la leggendaria mozione “Ruby nipote di Mubarak”. Quindi hanno uno stomaco abbastanza forte per digerire di tutto. Anche un governo B.-Salvini. Nel caso, ragazzi, ricordatevi dell’amico Rosato e dei pericoli che corre. E fatelo ministro, ad honorem.

venerdì 9 febbraio 2018

Leggete e mortificatevi!


venerdì 09/02/2018

Siamo rincoglioniti?

di Marco Travaglio

È una vergogna che Alessandro Di Battista, non contento di non ricandidarsi al Parlamento per imbarazzare chi ci fa la muffa dagli anni 50, osi pure insultare il valoroso popolo italiano definendolo “strano e rincoglionito”. Come se, per dire, noi italiani fossimo male informati e di memoria corta. O addirittura portati ad affidare la soluzione dei nostri problemi a chi li ha creati. Questi sono luoghi comuni qualunquisti da bar sport che nessun politico, nemmeno di opposizione, deve permettersi di rilanciare nei comizi. Se no poi la gente ci pensa su e magari li prende sul serio. Se 5 milioni di italiani, secondo i sondaggi che lo danno sopra il 15%, non vedono l’ora di rivotare B., mica vorremo insinuare che siano delinquenti o rintronati almeno quanto lui. Sono persone serie e lucide, invece, che vedono in lui l’ultimo epigono della destra storica dei Cavour, Ricasoli, Quintino Sella, Sonnino, Giolitti, Einaudi e De Gasperi. Qualcuno insinua che non sanno o non ricordano, sennò non voterebbero mai per lui, visto che in qualunque Paese basterebbe uno solo dei suoi mille misfatti per catapultarlo fuori dalla vita politica e dal consorzio civile, ma soprattutto in galera. Ma il segreto è proprio quello: l’accumulo. I delitti sono come i debiti: se ne fai pochi e lievi, sei rovinato; se ne fai tanti e gravi, sei uno statista.

Infatti ora le prime pagine dei giornali sono tutte dedicate alle pagliuzze rinvenute col microscopio negli occhi dei suoi avversari (quelli veri, M5S, LeU e persino i suoi rivali nel centrodestra), anziché alle travi che troneggiano stabilmente da decenni negli occhietti del Caimano. Decine di sentenze, tutte disponibili sul web, ci dicono quanto segue (in estrema sintesi, si capisce, perché la biografia criminale integrale del personaggio occuperebbe un paio di Treccani). Nel 1973 B. comprò la sua prima villa, quella di Arcore, raggirando Annamaria Casati Stampa, una povera orfana per giunta assistita da Cesare Previti, pagandole una cifra ridicola, per giunta in azioni di una immobiliare non quotata che non valeva una cicca. Nel 1974 strinse un patto con Cosa Nostra tramite Marcello Dell’Utri e ingaggiò un mafioso doc, Vittorio Mangano, per travestirlo da stalliere e portarselo in casa come guardaspalle e tenerlo lì anche dopo che i carabinieri vennero due volte ad arrestarlo. Nel 1978 si iscrisse a una loggia massonica segreta deviata, la P2, poi sciolta dal Parlamento. Negli anni 80 accumulò un monopolio fuorilegge nella tv commerciale, facendosi poi legalizzare l’illegalità da due decreti Craxi, appena i pretori tentarono di fargli rispettare le regole.

Intanto mise in piedi un intero comparto riservato della Fininvest all’estero, accumulando centinaia di miliardi di lire di fondi neri esentasse su 64 società nei paradisi fiscali, con la consulenza dell’avvocato inglese David Mills. Con quei fondi teneva a libro paga svariati politici (al solo Craxi e solo nel 1991 girò 23 miliardi di lire in Svizzera) e diversi giudici romani che gli garantivano impunità e sentenze à la carte. Nel 1991 scippò a De Benedetti la Mondadori, il primo gruppo editoriale che controllava Repubblica, Espresso, Epoca, Panorama e vari giornali locali, grazie a una sentenza comprata dagli appositi Previti&C.. Nei primi anni 90 la Guardia di Finanza stava per scoprire i suoi reati fiscal-contabili e i suoi manager – ispirati chissà da chi – pagarono quattro mazzette a ufficiali e sottufficiali perché chiudessero un occhio. Poi andò al governo e, siccome stavano per arrestargli il fratello e vari manager per le mazzette alle Fiamme Gialle, varò il decreto Biondi per vietare le manette per corruzione. Siccome poi Mills doveva testimoniare ai processi All Iberian e Gdf, nel 1999 gli ammollò 600 mila dollari in nero perché mentisse ai giudici e – come scrisse lo stesso legale al suo commercialista – lo salvasse “da un mare di guai”.

Dal 2001 al 2006 tornò al governo per farsi solo i cazzi suoi, con una raffica di leggi anti-giudici e pro Mediaset. Ma qualche processo sopravvisse e allora lui, perse le elezioni del 2006, cominciò a comprare senatori (il dipietrista De Gregorio venne via per 3 milioni, di cui 2 in nero cash) per far cadere il secondo governo Prodi, tornare al governo e liquidare le ultime pendenze. Nel 2008 andò al governo per la terza volta e ricominciò. Poi saltò fuori il fiorente import-escort nelle sue varie ville e lui finì nei guai perché almeno una delle bungabunga-girl, Ruby, era minorenne, e lui aveva chiamato in Questura per farla rilasciare dopo un fermo per furto, spacciandola per la nipote di Mubarak. Condannato in tribunale, trovò in appello e in Cassazione giudici abbastanza spiritosi per assolverlo, complice anche la legge Severino che aveva cambiato la concussione. Intanto era così sicuro di essere innocente che iniziò a pagare una trentina di ragazze, temendo che dicessero la verità (di qui i nuovi processi per corruzione giudiziaria). Purtroppo gli andò male con la frode fiscale sui diritti Mediaset (7,2 milioni di euro, a fronte della mega-evasione di 368 milioni di dollari prescritta dalla sua Cirielli). Così, dopo 8 prescrizioni e 5 assoluzioni perché s’era abolito i reati, nel 2013 arrivò la prima condanna definitiva.

Pregiudicato, espulso dal Senato e affidato ai servizi sociali nell’ospizio di Cesano Boscone, col braccio destro Dell’Utri in galera per mafia al posto suo e il braccio sinistro Previti condannato per corruzione giudiziaria e radiato dai pubblici uffici al posto suo, pensava di essere finito. Ma aveva sottovalutato gli odiati “comunisti”, sempre pronti a resuscitarlo. E anche la generosità di centinaia di giornalisti e milioni di italiani, che non sono affatto rincoglioniti. Anzi: sono come lui, o almeno vorrebbero tanto.