venerdì 30 giugno 2017

Dikiarazione


Angela Merkel contraria ai matrimoni omosessuali approvati oggi in Germania:"Per me il matrimonio è fondamentalmente un'unione tra uomo e donna. Anche mia moglie è d'accordo con me."

Clapclapclapclap!!!

Si, e l'Akragras in Champions! 
Da notare che hanno posizionato i loro amichetti di Forza Italia prima della Lega pur con percentuale inferiore! Si volaaaa!



Articolo illuminante


venerdì 30/06/2017
Emergenza politicanti

di Marco Travaglio

Parole, parole, soltanto parole. Parole del governo sull’immigrazione: sulla Libia finalmente stabile e in grado di fermare gli sbarchi, ospitare centri di controllo e smistamento; sul raddoppio dei rimpatrii degli irregolari (inesistenti sia prima sia dopo il “raddoppio”); sull’Europa che “deve aiutarci”, anche se i trattati che abbiamo beotamente firmato e ratificato prevedono il contrario. Parole dell’Europa sull’aiuto all’Italia e l’accoglienza condivisa per quote fra gli Stati. Parole anche ieri, dopo i 20 mila nuovi arrivi in Sicilia negli ultimi tre giorni. La Merkel, che in casa sua almeno il suo dovere l’ha fatto accogliendo un milione di siriani, afghani e limitrofi in due anni, dice “aiuteremo l’Italia, ci sta proprio a cuore questa necessità”. Il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker, a un’ora pericolosamente tarda del mattino, assicura che “Italia e Grecia sono eroiche e non possiamo abbandonarle”. Il premier spagnolo Mariano Rajoy promette “qualsiasi aiuto possibile all’Italia”. Ma il migliore è Emmanuel Macron, il gattopardo parigino creato in laboratorio per fingere di cambiare tutto lasciando tutto com’è, ultimo idolo dei nostri pidini che s’erano bevuti le promesse di un’Europa a tre teste Germania-Francia-Italia, anzi di un “asse Roma-Parigi”, che ci rispedisce al mittente 400 migranti a Ventimiglia e ci fa pure la supercazzola: “Noi sosteniamo l’Italia”, ma solo ai profughi con diritto d’asilo, mentre “l’80% sono migranti economici” e per loro non è previsto nulla, salvo la solita pacca sulla spalla e la solita mancetta per smazzarceli da soli.

Parole, parole soltanto parole che la dicono lunga su quanto conta in Europa il governo italiano, quello che ogni due per tre finge di “battere i pugni” come Fantozzi: zero. E di quanto vuote suonino le ennesime giaculatorie delle nostre cosiddette autorità. “Così l’immigrazione non è più gestibile”, scopre Mattarella nel suo periodico risveglio dal letargo. “Chiuderemo i porti alle navi non battenti bandiera italiana”, minaccia il Viminale, ma tutti sanno che la pistola è scarica: la regola o la prassi che abbiamo sempre accettato è che le navi private delle Ong che “salvano” cioè prelevano i migranti anche in acque libiche devono fare rotta sui porti più “sicuri”: non certo quelli maltesi, tunisini, spagnoli o francesi, ma i soliti, quelli siciliani. Basterebbe una sola nave respinta dall’Italia che vaga, carica di disperati, donne incinte e bambini allo stremo, per destare il giusto scandalo internazionale, come quella del film Exodus carica di ebrei scampati ai campi di sterminio e rifiutati da tutti.

Finché dura il trattato di Dublino-2, spensieratamente accettato dai governi di destra e sinistra, è il paese di primo approdo che deve farsi carico dell’accoglienza. Siamo prigionieri di una gabbia che noi stessi (anzi, i nostri sciagurati governi) abbiamo contribuito a costruire e nessuno ha interesse a scardinare. Il nostro peso specifico nella presunta Unione è quello di una piuma, vista l’incapacità dei nostri politici di fare politiche europee, dopo mille vertici con l’“emergenza immigrazione” all’ordine del giorno: arraffiamo posti, poltrone e strapuntini (la Mogherini-Moscerini responsabile della politica estera di un’Europa senza politica estera; Tajani presidente dell’Europarlamento) e continuiamo a contare come il due di coppe, salvo per la flessibilità sui nostri conti sfasciati e le nostre banche sbancate: elemosine elargite per arginare l’orda dei barbari populisti e tenere in piedi questa classe politica di incapaci. Che, dietro il comodo alibi dell’Europa matrigna, possono continuare a riempirsi la bocca di “solidarietà” e “accoglienza”, a scaricare i migranti sui sindaci affamati dai tagli, a demonizzare Lega e 5Stelle salvo poi parlare la loro stessa lingua. E se il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro segnala che qualcosa non va nella privatizzazione dei soccorsi delle Ong, negli sconfinamenti in acque libiche, nell’inspiegabile scelta dei soli porti italiani per gli sbarchi di natanti con bandiera del Belize, della Spagna, di Malta, e chiede che lo Stato sia presente sulle navi con la polizia giudiziaria per evitare che qualcuno faccia il furbo, ma anche per riuscire a beccare gli scafisti piantati sulle spiagge libiche e lieti di subappaltare gratis il lavoro alle benemerite organizzazioni, allora si attacca lui: zitto tu, certe cose non si dicono, se no la gente capisce.

E non si cambia nulla neppure sull’accoglienza, anch’essa privatizzata e in mano a enti caritatevoli, ma anche alle coop modello Buzzi & Carminati. La marea dei migranti viene stipata in centri provvisori per visite e impronte, poi chi non è già fuggito viene spedito nei comuni, e lì i più si danno alla macchia perché sanno di non aver diritto all’asilo e di dover essere rimpatriati. Milena Gabanelli aveva proposto di ricondurre l’accoglienza sotto lo Stato: usare i tanti mega-edifici pubblici vuoti (caserme ecc.), senza ingrassare i privati con affitti da strozzo. E lì identificare i migranti e, in attesa di espellere chi dev’essere espulso e di inviare ai comuni chi ha diritto a restare, insegnar loro la lingua e un mestiere, come in Germania, anziché lasciarli bighellonare e talvolta delinquere nei quartieri popolari, addosso agli italiani più poveri e spaventati alimentandone l’intolleranza e la rabbia. Il ministro-sceriffo Minniti le rispose che era una soluzione “razionale, ma troppo costosa”. Così continuiamo con le soluzioni irrazionali che sembrano a buon mercato, ma in realtà sono infinitamente più care: come in tutte le altre emergenze (terremoti, frane, incendi), intervenire dopo costa il triplo che farlo prima. Forse l’emergenza migranti è irrisolvibile. Ma l’emergenza politicanti è risolvibilissima. Alle prossime elezioni.

Fondo senza fine


Vivono tra noi. E noi accettiamo che continuino a farlo.

giovedì 29/06/2017
TUMORI
Oncologia palliativa, grandi affari e “pezzi di polmone venduti”
NELLE INTERCETTAZIONI FANELLI, EX PRIMARIO DI PARMA AI DOMICILIARI, ILLUSTRA IL BUSINESS ALLE MULTINAZIONALI: “NON BATTERE LA MALATTIA, MA PRESCRIVERE SOLO FARMACI PER IL DOLORE INTENSO”

di Davide Milosa

“A te interessa il giovane che sta sul territorio, che lavora e prescrive”. Questa la regola che deve prevalere anche quando l’argomento è il cancro. Guido Fanelli non si fa scrupoli, l’importante è il guadagno. L’ex primario di anestesia all’ospedale di Parma travolto dall’inchiesta dei Nas e finito ai domiciliari l’8 maggio scorso, ne parla spesso. Le nuove intercettazioni emergono da un’informativa depositata nei giorni scorsi alle parti. L’obiettivo è favorire la ditta farmaceutica Angelini e il medicinale Vellofent a base di Ossicodone (sostanza oppiacea), utilizzato per la cura del dolore in pazienti affetti da patologie oncologiche.

Ecco allora come Fanelli spiega il discorso fatto a un manager dell’Angelini: “Gli ho fatto la distinzione e l’ho inculato (…). Lui ha abboccato e ho messo a bordo il tonno. Gli ho detto: ma tu vuoi oncologi o oncologi palliativisti. Lui è ignorante non ha capito (…). Perché l’oncologo fa la specialità per vincere il cancro, perciò si occupa delle cose virali, della Pet, della leucemia, della madonna…”. Invece “fare l’oncologo palliativista è una sconfitta, perché loro si specializzano per battere il cancro (…) ma muoiono tutti con il cancro”. La conclusione: “Gli oncologi palliativisti sono quelli che curano il dolore episodico intenso. (…) Che è il loro farmaco”. Ecco allora la necessità di avere una rete sul territorio. Fanelli ne parla con il direttore marketing dell’Angelini. Dice: “Noi li diamo (…) poi Angelini va a fare il fishing”. In che modo? Ai convegni medici occultamente sponsorizzati dalle case farmaceutiche. Dice: “Se vengono questi trenta (medici, ndr) possiamo metterli tre ore in albergo dove loro fanno la presentazione di pentole e compagnia”. I convegni ai quali poi saranno spiegate le caratteristiche del farmaco devono avere i nomi giusti. Spiega Fanelli. “Le aziende mettono se vedono un titolo loro, altrimenti non mettono un cazzo (…) . Bisogna vendere il progetto con il titolo che aggrada allo sponsor non con il titolo che aggrada la comunità scientifica”. Fanelli non ha remore davanti a malattie così devastanti per il paziente e per le famiglie. Spiega: “Io prendo soldi dall’una e dall’altra. Sono bravo a tenere il piede in cinque scarpe!”. Il paziente è l’ultimo pensiero. Non si ferma nemmeno davanti agli allarmi del ministero della Salute sull’abuso di Ossicodone.

Al manager Angelini preoccupato, Fanelli spiega: “Facciamo due eventi sull’appropriatezza dell’uso degli oppioidi e la comunichiamo al mondo attraverso Expo”. L’intercettazione è dell’aprile 2015. Il punto è sempre lo stesso: favorire le case farmaceutiche, facendo sperimentazioni su pazienti ignari. Tutto sembra valere per Fanelli. Anche “un integratore che funziona bene (…) volevamo mettere su un pilotino con 20 pazienti”. Non c’è tregua. Per Fanelli e per il suo entourage. Tra questi, Giuseppe Vannucci che ha un ruolo di raccordo tra l’ex primario e le aziende. Scrivono i carabinieri: “Vannucci ammetterà di aver venduto pezzi di cadaveri a studenti di Medicina”. Dirà: “Facevo il tirocinio in anatomia patologica, vendevamo pezzi di polmone”.

giovedì 29 giugno 2017

Entità


Esiste un mondo superiore (cit.) popolato da entità annoiate, dedite al divertimento attraverso l’inoculazione di situazioni aberranti su soggetti rispondenti a determinate caratteristiche demoscopiche?
Penserei di si, visto quanto accadutomi ieri.
Verso mezzogiorno sono andato al centro commerciale le Terrazze per la classica svaccata travestita da spesa generale, in realtà una godereccia visione d’insieme di una tipologia, quantitativamente elevata, di razza aliena sbarcata non si sa da dove (taglio corto: gnoccaaa a babordo e in ogni dove!)
Dopo aver girovagato con fare interessato nei negozi dando l’impressione ai commessi di acquistare ipoteticamente ogni cosa, facendo domande specifiche e simil interessate su tendaggi, pentole in rame, creme, scatole profumate, candele all’anice, frullati e frullatori, vista l’ora, mi son deciso ad entrare nel supermercato, superando col carrello la frontiera dove perdo la cognizione intellettiva, già impercettibile di suo, per acquistare incautamente del pacchiano superfluo senza dignità (a questo giro: un set di mollette in plastica azzurra da un euro, tre accendini bic da aggiungere alla mia collezione degna di un piromane incallito, un appendicenci adesivo da cucina con foto di cane annoiato che, in seconda analisi, ha il pomello così grosso che dovrò forare i grembiuli e gli strofinacci per appenderveli, deliziando così l’animale ritratto ed assopito, confidando nella sua compassione visto che, avendolo già applicato alla piastrella, ho notato che la colla è cosi potente che se lo togliessi mi resterebbe in mano pure il mattone e la pulsantiera dell’ascensore che vi passa dietro).

Mentre oltrepassavo la Porta Consumistica, ho notato lo sguardo Bignami onnicomprensivo con cui l’addetta alla plastificazione degli acquisti effettuati nei negozi adiacenti, ha trasmesso, in un battito di ciglia, a una signora di mezza età, che pareva aver scassinato la rivendita di asciugamani, con il seguente messaggio:
“cazzo entri con così tanta roba che nel carrello hai ancora posto solo per un’acciuga e una nocciola, costringendomi ad impacchettarti tutta questa cianfrusaglia con una quantità di plastica simile a quella che userei per incellofanare Adinolfi (e questo sarebbe un bene, visto che significherebbe togliercelo dai coglioni via aerea), con un calore necessario per saldare la plastica simile a quella di un barbecue a casa Cannavacciuolo?”

Ma le entità si stavano annoiando ed io rappresentavo il temporaneo loro divertimento: dopo aver quasi terminato il tour nella zona alimentare, avendo acquistato anche yogurt e stracchino, dando il via al classico countdown per salvarli dal certo decadimento molecolare, visto l’inaudito sbalzo di temperatura (una volta mi ricordo di una confezione Muller da un kg che, dopo averla dimenticata ad agosto in macchina, ha ritrovato vita propria ed alcuni fermenti lattici sono addirittura riusciti a laurearsi), il che tutte le volte mi porta a venerare i sacchetti azzurri termoisolanti, di cui possiedo una delle più vaste collezioni mondiali…a casa e, visto il mio storico e smodato acquisto degli stessi, soltanto il presunto sospetto da parte della direzione Coop di trafficarne loscamente in nero la rivendita a prezzi da bagarino, mi manleva ad acquistarne altri per via del divieto inflittomi; dopo tutto ciò ecco che, avvicinandomi alla zona della frutta, m’investe il Segnale inequivocabile: roboate interne in crescendo sulla falsariga della Settima del grande Ludovico (cit.), perlinatura in fronte e zona tempie, leggera forma di panico mascherata da imbelle propensione a far finta di nulla, auto scherzando con me stesso sul tempo e le indicazioni dei tiggì a stare all’ombra, bevendo molto quando fuori ci sono quaranta gradi (mavaffanculo!), foschi presagi simili a quelli che può avere uno di casapound smarritosi a Maiduguri, analisi delle possibilità, in puro stile Ethan Hunt, evitanti la sempre più probabile evacuazione addosso (ho il carrello pieno: 
1: se rimetto le cose a posto e corro in bagno, mi notano e domani sono in cerchio a raccontare la mia vita davanti ad altri svitati. 
2:se vado in coda alla cassa a quella dietro di me gli vengono i capelli come Wanna Marchi. 
3-se lascio il carrello incustodito, esco e vado in bagno, al mio ritorno trovo il robottino telecomandato dagli artificieri che mi spacca lo yogurt Muller e uno della digos qualcos’altro a me. 
4-se vado a casa faccio una riedizione di Pollicino ma non con la mollica.)
Dado tratto, decisione presa, casse automatiche, con il terrore dell’andare in sorte al riconteggio che, vista la mia ansia e i miei sudori, avrebbe dato adito alla commessa di sospettare di furto leggendario di una lavatrice occultata non si sa dove, anzi a dire il vero si!
Espletato il rito del pagamento, il canovaccio prevedeva di portare la spesa in macchina per fiondarmi subitaneamente nei bagni pubblici, sperando nel fato. E così, con una particolarissima andatura, un moto ondivago, a tratti veloce, costellato da stop improvvisi, da raggelanti espressioni facciali simili a rimirar il plotone d'esecuzione, mi sono accostato all'auto per svuotare il carrello, con una rapidità inusuale scoprendo, tra l'altro, di aver acquistato nella fretta un'insalata mai vista prima, forse una forma di ectoplasma dannosa per l'umanità! Sparando tutto nel bagagliaio per riconquistare la via mi sono catapultato sulla scala mobile, chiedendo strada quasi fossi stato un milanese cultore del poco tempo a disposizione, aberrante l'ozio e il fancazzismo, cultore dell'indaffarato quale stile di vita, di status symbol per un'affermazione societaria senza finalità umane. Arrivato nei bagni, a cui assegno un bel 8,5 (a proposito è quasi pronta la mia CessoPlanet, una guida ragionata sui gabinetti di alberghi e ristoranti), ho finalmente risolto il problema, pur con qualche problematica legata al silenzio, visto le poche persone presenti, e alla scarsità di accensione del supersonico asciugamani tipo aeroporto, che avrebbe evitato l'ascolto di imbarazzanti ed inequivocabili ruggiti. 
Quel che conta però è che le entità insonnolite alla fin fine credo si siano divertite, pronte a solleticare il prossimo prescelto, a cui consiglio fraternamente d'imbracarsi.

mercoledì 28 giugno 2017

Click!



Nella foto un rapinatore seriale di banche, nonché banchiere, il depauperante Zonin, che ha prestato allegramente soldi ad amici e conoscenti creando un terribile crack nella Banca Popolare di Vicenza, qui immortalato a far shopping allegramente in via Montenapoleone a Milano. Chi berrà ancora del suo vino, diarrea lo colga!

Parole sante


Senti un po' Bomba cosa ha detto stamani Papa Francesco alla Cisl:

" E' una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti".

"un nuovo patto sociale, che riduca le ore di lavoro di chi è nell'ultima stagione lavorativa, per  permettere ai giovani, che ne hanno il diritto-dovere, di lavorare" 

"le pensioni d`oro sono un`offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perchè fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni."

"Ma il sindacato col passare del tempo ha finito per somigliare troppo ai partiti politici, al loro stile. E invece, se manca questa tipica e diversa dimensione, anche l'azione dentro le imprese perde forza ed efficacia."

Capito? Basterebbe pensare, parlare e credere in queste parole per risalire la china. Invece correte dietro alle banche e ai signorotti! 
Che grande Papa e che minuscolo segretario!


iii ooo!


Ultimi ragli estivi di chi avendo mire internazionali non pensa che alle ore 10 del 28 giugno, restringere ad una sola corsia, una delle due uniche arterie cittadine, non possa che provocare code bibliche ed consequenziali improperi epici rivolti a chi con insufficienza abnorme è finalmente al capolinea! iiii ooo! iii ooo!


Dare a Cesare quel...


Avranno pure salvato le banche con una ventina di miliardi di soldi nostri, però si sono anche prodigati nell'aumento dei salari dei metalmeccanici! Quel che è giusto è giusto! Resta solo il problema di come spenderli...


Liscivia


Ci dev'essere necessariamente uno scadenzario, aggiornato, curato, coccolato, perché ogni qualvolta ricorre un anniversario di tragedie irrisolte, partono dichiarazioni altisonanti, rimbrottanti un sistema in cui i principali attori sono gli stessi che stigmatizzano enfaticamente, quasi, gridando alla luna. Par quasi di udire "Segretario! Cosa scrissi lo scorso anno?", "Pensa che questo concetto possa innervosire qualcuno?" e via andare, anno dopo anno, sino a completare l'opera con l'agognato Dimenticatoio, idealizzato con i lavatoi pubblici ove con liscivia le donne di un tempo detergevano i panni.
Se chiediamo infatti alle nuove generazioni, stordite da palmari ed affini, cosa ricordino loro parole come Italicus, Ustica, Emanuela Orlandi, Mirella Gregori, piazza della Loggia, via D'Amelio, Capaci, Aldo Moro, via dei Georgofili, il Papello e la Trattativa, Ilaria Alpi, non otterremo probabilmente risposte, forse impercettibili sorrisi, facce stranite, ondivaghi dinieghi.
Si dirà che Piazza della Loggia parrebbe essere stata risolta, con le condanne definitive di due bastardi neppure nominabili, di cui uno, visto che non gli avevano neppure sequestrato il passaporto, pur se condannato da due processi, era a Fatima a non si sa che cazzo fare. Può essere. Di sicuro il burattinaio è, come tutti gli altri, a sghignazzare in qualche aureo luogo, a meno che sorella morte non vi abbia messo una decorosa pezza.
Ieri, 27 giugno, per la trentasettesima volta, i vertici dello stato hanno ricordato l'anniversario della strage di Ustica in cui 81 persone furono probabilmente assassinate, non si sa da chi e per cosa, tra documenti con firme falsificate e tracce d'esplosivo.
Al solito e secondo Canovaccio, è partito il ricordo istituzionale, flebile per non disturbare i manovratori da noi eletti, non tutti, impegnati come sono a delineare nuove forme evolute, per loro, di accordi politici intricati, tra una sinistra tendente al centrodestra, ed un centrodestra proteso a un'emarginazione, quasi un'estrusione umanitaria, con il contorno di movimenti di babbei agognanti l'unicità, la deificazione del loro pensiero e la smania a non accordarsi con nulla, anche con se stessi: 
"Alla domanda di giustizia le Istituzioni hanno il dovere di dare risposta, percorrendo fino in fondo la strada della verità e facendo onore alla professionalità e alla dedizione di uomini dello Stato che sono riusciti ad aprire questo cammino superando ostacoli e difficoltà".
"Resta impressa nella coscienza del Paese come un evento tragico e come una ferita sempre aperta, per le vite spezzate, per le indicibili sofferenze dei familiari, e per il vulnus alla sensibilità civile e democratica del nostro Popolo".

lunedì 26 giugno 2017

Esito elezioni


 

Tronfio indomabile


Esiste un premio Nobel per le smargiassate, per il ridicolo, per la sicumera, per i tronfi riempiti solo di elio?

 

Perché



Perché non si può continuare in eterno a usare ideali di facciata, agendo poi nel senso opposto, cedendo consequenzialmente identità e valori in cambio della chimera dell'inamovibilità, del potere fine a se stesso.

Perché il messaggio era chiaro, anche il Clown lo doveva capire: il mescolamento di ideali alla Napolitano avrebbe scollato lo zoccolo duro di un partito oramai a distanza siderale da quello fondante la democrazia in Italia. E quando a Roma durante le amministrative il partito vinse nei seggi dei Parioli, qualcuno con qualche grano di sale in zucca, ammesso che ve ne siano ancora stati, avrebbe dovuto esternare, quasi gridare "ma dove cazzo stiamo andando?"

Perché l'alternanza è necessaria in ogni dove si voglia anteporre il bene comune alle necessità di clan, di caste e di gruppuscoli di ectoplasmi.

Perché non si devono sfanculare le reali necessità delle persone, inventandosi canovacci di panzane e credendo che alla fine l'ignoranza porti il popolino a votarti lo stesso, abbacinato da qualche foto, da qualche sesterzio, da qualche buffetto.

Perché tra razzismo ed accoglienza alla Cara di Mineo, senza una parvenza di formazione per un'ineludibile integrazione, nel rispetto delle regole, non vi è nessuna differenza.

Perché perdere Genova, il baluardo, la fortezza, la coriacea e Sesto San Giovanni, la rossa per antonomasia, fa meno male che averle viste in tutti questi anni trascurate, quasi irrise da lotte intestine senza dignità, da proclami al vento, da promesse di aria fritta, preferendo sinergie nei mondi finanziari e bancari, tanti anni fa al centro della lotta sociale dello stesso partito.

Perché La Spezia non ne poteva più di tanti cialtroni gonfiati all'ombra di ciarlate indegne, figlie di un canovaccio obsoleto per cui si è andati per anni a braccetto con gli avversari politici, prediligendo scelte stridenti il bene comune e, soprattutto, distogliendo l'attenzione cittadina dai gravi scempi ambientali e sanitari, dalle losche costruzioni mai utilizzate ed abbattute assieme alla giustizia, generando un consociativismo esasperato, opificio e laboratorio per il probabile accordo politico a livello nazionale con il sovrano dell'Era del Puttanesimo, rinato grazie all'insana azione del Clown e del suo entourage.

Perché se esistesse ancora la dignità, oggi stesso il Bomba e la sua corte presenterebbero le dimissioni irrevocabili vista l'enorme sconfitta politica avvenuta ieri, visto che questa è una sconfitta politica, pur se la claque del Comico rignanese, oltre a scomparire, ad evaporare, non avendo avuto neppure il coraggio e la dignità di metterci la faccia, sia in campagna elettorale, dove non si sono visti né a Genova, né in altri luoghi, quasi a voler sottolineare l'estraneità al momento, né dopo la debacle, risulta essere impegnata a teorizzare, a formare un partito quasi di centro destra, da amalgamare con quello del Puttaniere, per una nuova era di accozzaglie, trangugianti il bene pubblico.

Perché ora se ne devono andare tutte le muffe generatesi negli anfratti, nei meandri di oltre quarant'anni di statico immobilismo, di inefficienza travestita da operosità, di scelte di pochi senza il beneplacito di molti.


Perché deve tornare la lotta d'opposizione, con nuovi volti, con nuovi spiriti verso una destra infarcita di razzismo, molte volte però simile a questi neo-sconfitti, divenuti carburante per la tanto agognata alternanza, dea riparatrice e rigenerante.

domenica 25 giugno 2017

Articolo di fondo


domenica 25/06/2017
Giornalismo innovativo

di Marco Travaglio

Siamo sempre così a corto di buone notizie che, quando ne arriva una, è meglio sottolinearla con la solennità che merita: “Giornalismo innovativo: ‘La Stampa’ sul podio”. Di chi questo titolo? Della Stampa, che ieri ha chiuso in bellezza le celebrazioni per i suoi 150 anni di storia comunicando di essere arrivata addirittura terza col suo “team” ai “campionati mondiali di giornalismo innovativo”, tenutisi a Vienna per premiare “le redazioni per soluzioni nuove, creative ed efficaci a specifici problemi editoriali”. Gonfi di orgoglio per l’ennesimo successo internazionale del quotidiano della Fiat, e ora anche di De Benedetti (non più Carlo: Marco), ingiustamente sbertulato dalla vox populi come “La Busiarda”, ci siamo inoltrati nella lettura di quello che da sempre è uno dei nostri quotidiani preferiti. Cercavamo notizie – lo confessiamo, siamo un po’ pervertiti - sulla chiusura-indagini a carico del sindaco pd di Milano Giuseppe Sala, svelata il giorno prima in esclusiva dal Corriere. Siccome due giorni prima era giunta una chiusura -indagini gemella, quella a carico della sindaca grillina di Roma Virginia Raggi e La Stampa le aveva dedicato l’apertura della prima pagina (“Abuso d’ufficio e falso: Raggi verso il processo”), eravamo certi che il celebre team, dal podio viennese del giornalismo innovativo, avrebbe confermato anche stavolta la sua proverbiale imparzialità.

Grande è stato il nostro stupore nel non trovare l’atteso titolo di apertura: “Due falsi in atto pubblico e una turbativa d’asta: Sala verso il processo”. Anzi, di non trovare la parola Sala in tutta la prima pagina. È vero, la giornata era pregna di notizie ben più clamorose e imprescindibili, tipo “Oggi l’allarme ondate di calore”, “Caldo e look, due mondi inconciliabili”, “Le balene pedinate col Gps”, “Nell’oasi dove i frati fanno marmellate”, “Sorel: che noia essere bello, ora farò l’odioso”, “New York, cambia lo shopping tra vintage e outlet”. E niente, mancava proprio lo spazio per il sindaco di Milano. Che - lo ricordiamo, non essendo per nulla innovativi - rischia il processo non per i fatti gravissimi della Raggi (una nomina convalidata da Cantone e una frase detta su un’altra nomina), ma solo per aver truccato l’appalto più grande di Expo per favorire un’impresa al posto di un’altra. Una non-notizia, giustamente confinata a pag. 11 in basso a destra. Un quarto dello spazio dedicato ai veri fatti del giorno: “I veleni di Marra al telefono: ‘Virginia non ha le palle’” (accusa che costerà presto alla Raggi una nuova imputazione per millantata virilità) e “Allarme caldo in 10 città”.

Si badi bene, solo in 10 città: in tutte le altre o fa un freddo porco, oppure si dà irresponsabilmente per scontato che d’estate faccia caldo. È una vera sfiga che i mondiali di giornalismo innovativo fossero appena finiti: ancora 24 ore e, con questa prima pagina, La Stampa non arrivava terza, ma prima. Come minimo.

Non che il giornalismo innovativo sia un’esclusiva della Stampa, anzi. Da quando Elkann e De Benedetti sono saliti all’altare malgrado la differenza di età (come Macron e Brigitte), con affettuosi scambi di quote e di direttori, anche Repubblica ne risente per contagio. Infatti mercoledì apriva con uno squillante: “Falso e abuso, Raggi verso il processo”. Ieri avrebbe potuto fare altrettanto col sindaco di Milano. Ma sarebbe stato giornalismo antico e pure monotono: non innovativo, ecco. Così Repubblica ha deciso di non scrivere una riga in prima pagina su Sala. Poi però deve avere scoperto che lo faceva anche La Stampa, e allora ecco un surplus di innovazione: zero tituli su Sala e ben due sulla Raggi. Massì, abbondiamo, abbondantis abbondandum! “Marra: ‘Raggi più principessa che sindaca’” (presto la nuova accusa di millantato credito) e “Il falso mito del dilettantismo” (vibrante intemerata contro il M5S incapace di governare: mica come gli altri, capacissimi di indebitare Roma per 15 miliardi, Torino per 3, l’Italia per 2.270).

Ma, si sa, a far a gara a fare l’innovativo, troverai sempre uno più innovativo che ti innova. Tipo il Messaggero: nessun titolo in prima su Sala e due sulla Raggi, come Repubblica. Ma con un quid d’innovazione in più: uno dei due titoli è falso. “‘Marra gestì la nomina del fratello’. Così Romeo smentisce la Raggi”. In realtà Romeo non smentisce una cippa: la Raggi rivendica a sé e all’assessore Meloni la valutazione e la scelta di Raffaele Marra alla direzione Turismo; Romeo dice che Raffaele Marra, “da direttore Risorse umane, diede concreta attuazione a tutta la procedura di interpello voluta da Virginia Raggi che ha portato, tra l’altro, alla nomina di Renato Marra sotto Meloni”. L’interpello riguardava la rotazione-promozione di decine di dirigenti disposta dalla Raggi: Marra eseguiva e forniva i pareri normativi e tecnici, come tutti i capi del Personale del mondo. Fantastico poi il titolo del Messaggero a pag. 7, innovativissimo: “L’avvocato di Grillo: ‘Se Virginia patteggia, M5S le toglie il simbolo’”. Siccome la Raggi ha già smentito propositi di patteggiamento, con la stessa logica si potrebbe titolare: “L’avvocato di Renzi: ‘Se Sala svaligiasse una banca, il Pd sarebbe perplesso’”. Per fortuna, oltre al Fatto, anche il Giornale e Libero, ben poco innovativi, sbattono Sala in prima pagina. Ma solo per assolverlo. Sallusti: “Sala non è la Raggi e l’efficienza non è reato”. Giusto: truccare appalti non è reato, è efficienza. Senaldi (Libero): “Indagano Sala perché ha fatto l’Expo”. Come dire, per il medico che squarta i pazienti: “Lo indagano perché fa il chirurgo”. O, per il marito che ammazza la moglie: “Lo indagano perché s’è sposato”. L’Unità è momentaneamente in ferie: la sostituiscono il Giornale e Libero.

Lecita domanda


 

Ancora!



Urgenza


 

Articolo commemorativo


- Sempre dalla parte giusta, quindi sempre fuori da tutto -
Un signore e un amico. Da tempestare ogni giorno per interviste, pareri, consigli. E lui faceva i salti mortali per non farci mai mancare la sua voce

di Marco Travaglio | 24 giugno 2017

“Marco, come sta tua figlia? Dammi notizie!”. Stava già malissimo, il 5 giugno. Eppure, appena lesse che la mia Elisa era rimasta schiacciata nella ressa di piazza San Carlo, mi telefonò per avere notizie, con la solita voce squillante e calma, cantilenante e ottimista. Come se stesse benissimo.
Stefano Rodotà era anche questo: un vero signore e un amico caro. Mio e del Fatto. Uno di famiglia, da tempestare ogni giorno per interviste, pareri, consigli. E lui ogni volta faceva i salti mortali, tra una conferenza e una galleria (era spesso in treno), per non farci mai mancare la sua voce. Fino all’ultimo, il 23 maggio, quando ci spiegò perché era giusto e doveroso mettere in pagina l’intercettazione dei due Renzi su Consip perché “di assoluto rilievo pubblico”.
Trovava sempre le parole, i toni, gli argomenti giusti. Quando immaginiamo a chi vorremmo somigliare, il primo che ci viene in mente è lui: un hombre vertical intransigente ma pacato, combattivo ma sereno, politico ma etico tanto da non sembrare nemmeno italiano. E quando sentiamo proprio il bisogno di invidiare qualcuno, pensiamo ancora a lui.
Un uomo sempre dalla parte giusta: quella della Costituzione (contro Craxi e gli altri corrotti di Tangentopoli, contro B. loro degno epigono, contro la Bicamerale di D’Alema&B., contro le presunte riforme scassa-Costituzione di B. e poi di Renzi) e dunque della laicità, della legalità e dei diritti.
E dunque, nel Paese più bigotto, corrotto e autoritario d’Europa, sempre fuori da tutto. Non credete ai politici e ai tromboni del cordoglio automatico e del lutto posticcio: a quelli Rodotà non piaceva, e ricambiava.
Il vuoto della sua scomparsa lo avvertiranno molti cittadini, ma i politici e gl’intellettuali da riporto sentiranno solo un grande sollievo: una spina nel fianco in meno. Quand’era presidente del Pds e nel 1992 fu candidato alla presidenza della Camera, a sbarrargli la strada per conto della peggior partitocrazia fu Giorgio Napolitano.
Lo stesso che gli fu naturalmente preferito nel 2013, quando il popolo della Rete votò Rodotà fra i tre presidenti della Repubblica preferiti alle Quirinarie dei 5Stelle e, dopo le rinunce di Gabanelli e Strada, Grillo lo candidò al Colle con l’appoggio di Sel e della base del Pd.
Un gesto che, se anche fosse l’unica cosa fatta dai 5Stelle in tutta la loro storia, potrebbe già bastare e avanzare per non renderla vana. Per qualche giorno gli eterni padroni d’Italia furono pervasi da un brivido di terrore: ma come, un uomo colto e perbene che non si può né comprare né ricattare, un nemico dei compromessi al ribasso, un cultore dei beni comuni, un innamorato della Costituzione e del popolo sovrano, insomma un “moralista” e “giustizialista” (lui, vero garantista a 24 carati) sul Colle? Ma siamo matti?
Quanti di noi, in questi quattro anni, hanno provato a immaginare come sarebbe l’Italia se il Parlamento avesse eletto lui: forse avremmo conosciuto la nostra prima rivoluzione, quella della Costituzione.
Certo non avremmo rivisto al governo B., Alfano, Verdini e altre sconcezze. 
Certo non avremmo questa Rai di regime. 
Certo avremmo ancora lo Statuto dei Lavoratori. 
Certo il governo non avrebbe potuto truffare 3,3 milioni di cittadini col trucco dei voucher.
L’ultima battaglia referendaria in difesa della Carta fu un onore e un privilegio, anche perché ci consentì di combattere al suo fianco e, tanto per cambiare un po’, vincere.
La sera del 2 dicembre, al teatro Italia di Roma, eravamo tutti insieme per dire che “La Costituzione è Nostra”. Stefano si alzò nel teatro gremito e fu sommerso dai cori “Presidente! Presidente!”. Sarebbe stato un perfetto capo dello Stato, ma anche un ottimo premier, ministro, giudice costituzionale.
Tutte cariche dovute, dunque mai ottenute. Grazie, Stefano: sarai sempre il Presidente che non ci siamo meritati.

Dissero


 

Ballottaggi


Dal nostro inviato a Consociativy City

Giornata di ballottaggi qui a Consociatiy City dove l'opposizione mai come negli ultimi 42 anni è vicina alla presa del palazzo di Piazza Dondolo. Comunque sarebbe solo un cambio di casacche e nulla più. Al massimo si farebbe decadere il Fratello custode da decenni del portafogli per sostituirlo con uno dei perdenti, al fine di proseguire nella fratellanza. Il dato più strano qui a Consociativy City è che il capo nazionale dell'opposizione, Ribaldon de Ribaldoni, un riccastro fagocito senza pari dedito all'illegalità sfociante in un personale arricchimento con risorse di tutti, spera nella vittoria dell'attuale ed eterna maggioranza, perché a livello nazionale la salita al potere della sua coalizione metterebbe a rischio l'accordo con suo nipote, Egoriferito de Bombis, un insano politico sempre a promettere panzane, rinnovabili ogniqualvolta in scadenza con altre tendenti all'infinito. 
C'è un clima soporifero a Consociativy City. Dopo le promesse elettorali, alcune un pochetto strambe come il camminar sui mari con allargamenti cementiferi o il parco giochi nel luogo dove attualmente c'è una centrale a carbone, prossima alla dismissione, che finge di andare a metano sparando in cielo merda nel silenzio della notte, con il terreno così tanto inquinato da essere chiamata la Chernobyl Mesciua, e che non si potrà più occultare con un nuovo centro commerciale visto che l'ultimo ha già coperto le nefandezze chimiche degli sversamenti di una vecchia ed obsoleta raffineria, si cerca quindi di ritrovar unità d'intenti e di vedute come in questi lustri. Il centro di Recitazione politica, permettente ai politici locali di ambo le parti di fingere di litigare, resterà aperto anche con la prossima amministrazione. Anche la chimera del nuovo ospedale di Consociativy City, deciso da tutti solo per abbattere quello vecchio che aveva l'ultimo piano, costato più di tre milioni e costruito qualche anno fa, pericolante, sarà rinnovata. Quel piano mai aperto del vecchio ospedale, non è mai stato sfiorato da indagini della magistratura locale particolarmente attratta, vedasi la discarica di Pitelliland, dalla tecnica rilassante del posizionamento di fette di suino sui bulbi oculari. La possibile alternanza politica, dogma della democrazia, qui a Consociativy City viene vissuta con spirito pacioso anche se per alcuni ectoplasmi nascosti dentro le pieghe della politica locale, la vita si farà dura. Nella città del record dell'enorme debito vendendo acqua, cosa questa impossibile a chiunque sulla Terra, persino alle comunità diversamente tribali della Papuasia, si cerca di responsabilizzare chiunque all'importanza di andare a votare, affinché questo spettacolo indegno, per pochi, possa continuare nella semplicità e nell'unione d'intenti, i loro. Unica nota fuori dal coro è quella dell'AGT (Associazione Gabbiani & Topi) che temono l'arrivo dell'altra sponda la quale potrebbe modificare la metodologia della raccolta differenziata, e la loro conseguente alimentazione quotidiana. 
Infine, l'Intellighenzia di Consociativy City è preoccupata più per il look da ostentare durante le feste nel porticciolo dei ricchi, che per l'esito del ballottaggio. Per loro infatti, capalbiamente, non cambierà nulla, se non il colore dei temperamatite da distribuire negli anfratti, costruiti ad hoc, ove i prescelti trascorreranno sereni le loro giornate lavorative, sempre intenti a ribadire, in ogni caso, che a Consociativy City, si riesce a vivere decorosamente. Basta avere un posto in spiaggia con vaporetto incluso.

sabato 24 giugno 2017

Mare!

 

Borotalco


Soffice, evanescente, spumoso, mai sopra le righe, batuffolo di borotalco mai irriguardoso verso il potere, con un'aria mite celante uno spasmo accumulatorio tipico di personaggi della sua caratura, fermo restando che nel mercato delle vacche grasse sia giusto corrispondere mercede adeguata a chi, come lui, traina e fa audience, il ragazzo oramai canuto noto per la sua avarizia tipicamente ligure, inscenò una personale rimostranza allorché un limite di 240mila euro parve tarpargli le ali, impegnate da sempre a raccogliere denari. Si sentì schiaffeggiato da una tale ed insana norma, sfanculante liberi mercati, cachet milionari che stanno ad una tv pubblica come Andrea Romano all'unicità dei propri ideali. Insorse con quella vocina da soprano raffreddato, supportato da una comica al tramonto, tirando in ballo argomentazioni e concetti forse più consoni a chi continua ad essere depredato alla fonte e compie acrobazie circensi per sbarcare il lunario. 
A proposito di circhi: Mario "Circo" Orfeo, delegato dal Bomba a imbavagliare nuovamente la televisione pubblica in vista della nuova discesa in campo per un'ennesima era di favole e promesse rinnovabili all'infinito, ha subito accontentato il Batuffolino di Bortalco, innalzandogli lo stipendio e garantendogli in quattro anni una dozzina di milioni di euro, affinché nessuno rimembri che il servizio pubblico non solo non dovrebbe correre dietro all'auditel, alla pubblicità, al dolore acchiappa lacrime, allo stordimento rimbambente che in anni passati ha permesso ad un riccone pervertito, supportato da poteri occulti, di regnare sulle nostre terre per succhiarne risorse per la sua Famiglia, e che grazie alle tv pubbliche e di sua proprietà, è ancora lì a romperci i coglioni e che grazie ad un suo comico nipotino toscano, probabilmente nel prossimo quinquennio continuerà a scorrazzare sulla penisola, ingigantendo ulteriormente le sue sconfinate ricchezze, ma soprattutto, in un paese cosiddetto democratico, la televisione di stato dovrebbe essere indipendente e simbolo di un'integerrima e leale equidistanza da capi e capetti. Ideali più simili a chimere che a speranze. 
Vero Fabio Fazio?   

venerdì 23 giugno 2017

Tanto per dire


Articolo



venerdì 23/06/2017
Mai rubare formaggio

di Marco Travaglio

La giustizia italiana ha appena sgominato un pericoloso manigoldo che aveva addirittura rubato un pezzo di parmigiano in un supermercato di Mondello (Palermo): 1 anno e 4 mesi di reclusione. Galera vera, non finta come per i colletti bianchi, incensurati per definizione (plurirecidivi, ma sempre prescritti): il giudice infatti non gli ha concesso la sospensione condizionale perché ha la fedina penale sporca. E gli è pure andata bene, perché il pm aveva chiesto 2 anni. Malagiustizia? No, tutto regolare. Le pene massime e minime non le fissano i giudici, ma il “legislatore”, cioè il Parlamento, popolato da gente che per i furti ordinari non fa sconti. Anzi, non fa che aumentare le sanzioni per presentarsi dinanzi agli elettori come garante della sicurezza. È sui furti in guanti gialli – la specialità della casa – che il “legislatore” fissa pene sempre più ridicole, quindi niente intercettazioni né manette, prescrizione-lampo e impunità garantita a quelli del “giro”; o pene inesistenti, perché le condotte più sono gravi e più vengono depenalizzate. Un giudice munito di retta coscienza e buona memoria, in grado di ricordare cosa prevedono la Costituzione e la giurisprudenza della Consulta sulla proporzionalità fra pena e gravità del reato, dovrebbe vomitare ogni volta che queste norme infami lo costringono a stangare innocui poveracci e a lasciare a piede libero a norma di legge riccastri e potentastri che, per i danni che fanno, dovrebbero stare all’ergastolo.
Purtroppo sono in continuo aumento i magistrati che non si pongono neppure il problema e danno per scontato che i tribunali e le galere sono roba da sfigati, non da signori. Un tempo, per ottenere una giustizia debole coi forti e forte coi deboli, bisognava almeno corrompere qualche giudice. Oggi si risparmia: fanno tutto da soli, col pilota automatico, e soprattutto gratis. È bastato bombardarli per 25 anni dai palazzi del potere e dai sottostanti giornaloni e tv sul dovere di “tener conto” delle “conseguenze” delle indagini e dei processi su politica ed economia. L’ha ripetuto per nove anni Napolitano, rovinando intere generazioni di neomagistrati, con moniti lanciati fin nelle scuole per giovani toghe sull’esigenza di un’amorevole “collaborazione” fra potere giudiziario, politico ed economico. Ora, provate voi a rubare del formaggio e poi a invitare il giudice a collaborare: immaginate le risate. Se invece un ministro o un top manager inquisito per aver rubato l’equivalente di qualche milione o miliardo di pezzi di parmigiano piagnucola per gli effetti del processo sul governo o l’azienda, funziona alla grande.
Nel caso Consip, per dire, c’era una combriccola che brigava per truccare un appalto da 2,7 miliardi in cambio di mazzette: appena scoperta, uno stuolo di generaloni, ministri e dirigenti pubblici si sono precipitati ad avvertirla di non parlare e non incassare più, visto che nell’allegra brigata c’era pure il padre di Renzi. Immaginate la stessa scena per una rapinuccia da 2,7 milioni: un carabiniere amico avverte il rapinatore che lo stanno pedinando e gli consiglia di far sparire tutto. Li ficcherebbero entrambi in galera e getterebbero la chiave. Invece per la rapina da signori restano tutti al loro posto, santificati in Parlamento: ministro, generaloni, dirigenti pubblici. Tranne uno: il testimone che li ha denunciati. Il governo caccia Luigi Marroni da Consip perché – confessa il deputato Pd Emanuele Fiano – ha confermato le accuse a Lotti, Del Sette, Saltalamacchia e Tiziano Renzi, ergo “conferma di non avere più alcun rapporto di fiducia col governo che l’ha espresso”. E ora, se tutto va bene, cacciano pure i pm di Napoli che hanno scoperto lo scandalo: Celeste Carrano ed Henry Woodcock (sul quale già pende un processo disciplinare del Pg della Cassazione per un’intervista mai rilasciata). Neanche loro godono della fiducia del governo che non li ha espressi: dunque si impapocchiano accuse fumose su altre indagini per avviare al Csm l’iter del trasferimento d’ufficio per “incompatibilità ambientale”. Con quale ambiente? Quello di Napoli o quello del governo?

Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, per la prima volta nella storia, arrivò direttamente dal governo Renzi. E il presidente della commissione-traslochi è Giuseppe Fanfani, amico della famiglia Boschi ed ex legale di banca Etruria (su cui indaga il procuratore di Arezzo, già consulente del governo Renzi). Se si mettono d’impegno, forse riescono a cacciare Woodcock e Carrano prima di nominare il nuovo procuratore di Napoli, sede vacante da appena sei mesi, quindi c’è tempo. Il 26 aprile, in un’intervista al Fatto, il ministro della Giustizia Andrea Orlando fece capire che la banda Renzi voleva una bella ispezione contro i pm di Napoli, alla maniera berlusconiana, ma lui aveva rifiutato. Poi, in un dibattito organizzato dal Foglio, fu molto più preciso: “Mi ha dato fastidio che… miei compagni di partito… mi chiedessero perché non avessi mandato gli ispettori a bloccare le inchieste”. Domanda: chi gliel’ha chiesto? Risposta: “Il vicepresidente della commissione Giustizia (Franco Vazio, ndr) e il vicedirettore dell’Unità (Andrea Romano, ndr)”. È accaduto qualcosa? Niente, a parte il fatto che, indisponibile il ministro, a sistemare i pm di Napoli hanno provveduto il Pg della Cassazione (a cui il governo aveva appena prorogato il pensionamento) e il Csm. Dal che si intuiscono almeno due cose. 1) Perché i ladri, per farla franca, devono rubare molto: se si accontentano di un pezzo di formaggio, sono spacciati. 2) Perché B. ha detto che, in caso di un governo a 5 Stelle, opterebbe per l’espatrio. Che poi, tecnicamente, si chiamerebbe latitanza.

Articolo


CHI PAGA IL CONTO DEL SACCO BANCARIO

MASSIMO GIANNINI

È INUTILE sdottoreggiare di bail in e di burden sharing.
Il grande Sacco Bancario di questi anni, alla fine, lo stiamo pagando noi. Montepaschi, Etruria e le altre tre “banchette”, fino ad arrivare alle due popolari venete: cosa resta del mesto Carnevale inscenato dai Signori del Credito, se non la maschera di Pantalone che apre il portafoglio e copre i buchi con il denaro pubblico? In queste ore politica e mercati brindano al presunto “salvataggio” della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Nel deserto della finanza tricolore incede fiero il tanto agognato Cavaliere Bianco. Banca Intesa, si prende le due venete ed evita la temuta procedura di “risoluzione” che avrebbe scaricato i costi del default non solo sugli azionisti, ma anche sugli obbligazionisti senior e (pro quota) i depositanti oltre i 100 mila euro.
Ma è qui la festa? Banca Intesa compra al prezzo simbolico di un euro la good bank, cioè il “tesoretto” residuo che rimane nei caveau di Vicenza e Montebelluna (i crediti “buoni”, gli sportelli, la struttura commerciale e persino le spettanze fiscali). Tutto il “marcio” (gli Npl, gli altri crediti deteriorati, persino i prestiti in bonis ma a rating più scadente) finirà nella bad bank di cui si dovrà occupare l’Erario. Come nella migliore tradizione italiana, ripetiamo uno schema che somiglia alla solita privatizzazione dei profitti e pubblicizzazione delle perdite. Non solo. Banca Intesa “compra” solo a condizione che l’acquisto sia “neutrale” sotto il profilo del patrimonio. Cioè che l’innesto dei cespiti delle due venete non obblighino Ca de Sass a modificare le proprie strategie di copertura dei “ratios” e di distribuzione dei dividendi. Come hanno detto il ceo Carlo Messina e il patron della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti: l’affare si fa solo se ci garantisce l’intangibilità del capitale e delle cedole. In caso contrario, tanti saluti. Chiaro, lineare, legittimo: gli chiedono un intervento di emergenza, e l’emergenza si gestisce a certe condizioni. Io privato mi siedo al tavolo, ma solo se il mio cip è un euro. Tutto il resto, cioè la bellezza di 10 miliardi, ce lo metti tu, caro Stato.

Parafrasando il famoso spot pubblicitario: ti piace salvare facile, eh? Ma va tutto bene, per carità. Escluse le rovinose “missioni patriottiche” in stile Alitalia, non c’erano più alternative. Banca Intesa tutela i suoi interessi. È lo Stato che cura male i nostri. Si dica la verità ai cittadini. Si ammetta che tra le “quattro banchette”, il Montepaschi e adesso le due venete, il costo dei salvataggi a carico del bilancio pubblico (cioè a carico nostro) supera abbondantemente i 20 miliardi stanziati dal governo con il decreto di fine 2016. Si riconosca che, attraverso questi complicati arabeschi finanziari, è come se tutti noi contribuenti fossimo diventati azionisti e correntisti “virtuali” delle banche salvate, chiamati a coprire pro-quota il costo dei dissesti che altrimenti sarebbero stati interamente a carico dei soci e dei clienti “reali” di quelle stesse banche. Senza dirlo all’Europa, abbiamo subdolamente disinnescato il bail in, e surrettiziamente replicato il bail out. La politica è arte del possibile. Tanto più in un Paese in campagna elettorale permanente, dove i crac creditizi diventano armi di distrazione di massa. Si evocano paragoni bugiardi, tipo il “Tarp” americano di otto anni fa, o il salvataggio spagnolo del Banco Popular di una settimana fa. Nel primo caso l’Amministazione Usa (al contrario del governo italiano) sborsò preventivamente 750 miliardi di dollari, mettendo in sicurezza l’intero sistema bancario e cacciando tutti i manager incapaci. Nel secondo caso il Banco Santander (al contrario di Banca Intesa) ha scucito 7 miliardi di aumento di capitale.


E qualcuno, prima o poi, ci dovrà anche spiegare perché, com’era già successo ad Arezzo o Macerata prima e a Siena poi, anche sulle due banche venete si è sprecato tanto tempo, prima di turare la falla gigantesca aperta nel fianco del mitico Nord-Est. Tra il 2012 e il 2015 la banca del cavalier Zonin ha bruciato 6,2 miliardi di valore, lasciando sul lastrico 118 mila azionisti e cumulando 1,6 miliardi di perdite. Nello stesso periodo la banca del ragionier Consoli ha distrutto 5 miliardi di valore, rovinato 90mila risparmiatori e totalizzato 1,8 miliardi di passivo. Il bagno di sangue è stato sotto gli occhi di tutti per anni, come già era successo per Mps. Nessuno ha mosso un dito. Lunghi conclavi, e rituali fumate nere. Nel frattempo, l’emorragia è dilagata. Altri 3,5 miliardi sprecati con il Fondo Atlante, e la bellezza di 65 miliardi di depositi totali fuggiti solo dai forzieri di Siena, Vicenza e Montebelluna. Cosa ci sia da celebrare, in tanta macelleria bancaria, non lo capiremo mai.

giovedì 22 giugno 2017

A volte...


A pochi mesi distanza dalla tragedia di Rigopiano l'università di Teramo ha avuto un'idea tutto sommato apprezzabile: organizzare un convegno finalizzato allo studio delle valanghe. 
Tutto sarebbe filato liscio se un black out delle cervici, probabilmente offuscate dalla calura, non abbia ideato il seguente manifesto pubblicizzante l'evento:


  
Ora, lasciando stare l'idiota ideatore del titolo, l'imprimatur alla stampa del volantino lo avrà autorizzato qualcuno che, solo in apparenza, avrebbe dovuto avere la mente libera e limpida. 
Una valanga di opportunità... è stato così grande il disgusto scatenatosi attorno a questa ciofeca, che il Rettore ha annullato il convegno con la seguente dichiarazione: 

Nella assoluta certezza che gli organizzatori del convegno mai avrebbero voluto mancare di doveroso rispetto alle vittime dei recenti eventi calamitosi, consapevole che il titolo erroneamente assegnato all’iniziativa lascia spazio a equivoci irriguardosi, il Rettore, su richiesta dei responsabili dell’iniziativa, ha disposto l’annullamento della giornata di studi, giornata sin dall’inizio finalizzata esclusivamente alla presentazione di una ricerca sul fenomeno valanghe nell’intera area del Gran Sasso attraverso la mappatura degli eventi verificatisi lo scorso inverno.

Lo spirito dell’iniziativa era, per questo motivo, opposto a quello desumibile dalla infelice titolazione, essendo orientato a evitare il ripetersi di eventi calamitosi attraverso una migliore conoscenza del contesto in cui questi possono verificarsi.

In ogni caso, il Rettore, alla luce dell’incolpevole equivoco che vede coinvolta suo malgrado l’Università degli Studi di Teramo, si scusa per quanto accaduto.

Al di là delle scuse e dell'annullamento dell'incontro, a quando la creazione nell'università di Teramo di un corso di laurea in "Pressappochismo" ?

Italia


Nel paese mediatico illiberale-tecno-rapto-finanziario qual è il nostro, gli avvenimenti che si succedono nell'indifferenza generale, confermano la prostrazione quasi circense nei confronti di amoralità e senso alterato dello stato tendente all'abbattimento di principi fondamento di legalità.

Alcuni esempi:
E' stato fatto dimettere il direttore generale Rai Antonio Campo Dall'Orto, reo di aver permesso una seppur minima indipendenza mediatica alla tv pubblica, elargente conseguentemente visibilità a voci fuori dal coro, per nominare al suo posto il direttore del Tg1, Mario "Circo" Orfeo il quale avrà l'ingrato, non per lui, compito di portare il paese alle elezioni, occultando, pare, notizie scomode, preparando incensazioni tipo Minzo, al Bomba di loro altri. 

E' stato fatto dimettere l'amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, reo di aver dichiarato di essere stato informato dal ministro Lotti (che risulta indagato per rivelazione di segreto d'ufficio) e dal generale dei carabinieri Saltalamacchia, di essere stato intercettato. Marroni tra l'altro ha fatto risparmiare allo stato circa tre miliardi di euro su contratti stipulati centralmente da Consip. Ma non è bastato. Come ha confermato ieri a La7 il grande politico del PD Emanuele Fiano "le accuse nei confronti di Lotti confermano che Marroni non ha più un rapporto di fiducia con il governo." 
Quindi chi accusa di presunte negligenze uomini di potere rignanese gigliato, finisce per scomparire senza aspettare neppure l'accertamento della verità. E chi è accusato salva il posto come se nulla fosse. 

Ieri si è recato a Palazzo Chigi, il cardinale del Puttanesimo, il potentissimo Gianni Letta per cercare di cambiare una legge in procinto di essere approvata dal Senato, il Codice Antimafia, che prevede tra l'altro il sequestro dei beni per i corrotti come per i mafiosi. Pare quindi che Letta si sia fatto ambasciatore per quel mondo occulto, con grembiuli e compassi, ove la legalità è puramente un optional; la richiesta è stata fatta propria anche da altri partiti nobili, primo tra tutti il gruppo Ala del plurinquisito Denis Verdini, che per un soffio e per l'intelligenza del popolo italiano ha mancato l'obbiettivo di divenire padre costituente. 
Viene da domandarsi come sia possibile non aver visto una sollevazione popolare in merito a questi fatti realmente accaduti. Ma si torna all'inizio, alla consapevolezza di vivere in un paese alterato nei propri valori, mentre sullo sfondo si staglia il probabile accordo tra l'Egoriferito e lo zio Puttaniere, il cui partito, vale ricordarlo, fu fondato da un signore attualmente in carcere a Parma per concorso esterno in associazione mafiosa, al secolo Marcello Dell'Utri.

Parere



mercoledì 21 giugno 2017

Che meraviglia!



Guardate questa foto, scattata durante una pausa delle riprese del film "Il Buono, il Brutto e il Cattivo" 
Il grande Eli Wallach si riposa con il cappio al collo leggendo un giornale che non c'è più "Paese Sera"
E il titolo? 
Assolti! 
Una foto fantastica. Unica ed inimitabile!

Buona estate!


Oramai è nella tradizione, una specie di panettone natalizio, il miglior modo per augurarvi una buona e sana estate!

Nelle sere azzurre d'estate, andrò per i sentieri,
Punzecchiato dal grano, a calpestare erba fina:
Trasognato, ne sentirò la freschezza ai piedi.
Lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.

Non parlerò, non penserò a niente:
Ma l'amore infinito mi salirà nell'anima,
E andrò lontano, molto lontano, come uno zingaro,
Nella Natura, - felice come con una donna.

(Sensazione - A.Rimbaud)

Zoom


Il problema non sono gli uomini, molti dei quali capaci e meritevoli di lode. Il nocciolo sta nella mancanza di Alternanza Politica, pilastro della democrazia, evitante la calcificazione di anomali substrati di figuri dediti alla mercificazione del pensiero per un'inamovibilità sfociante nel dannoso ed illiberale consociativismo. (Caspita! Bella frase! D'altronde l'ispirazione è proprio grande! Sono lì dal 1972! A quei tempi l'appena cresimato Buren giocava ancora con ARCHI e frecce!)


Auguri illuminanti



martedì 20 giugno 2017

Articolo


Ne uccide più la solitudine del caldo

di Massimo Fini 

L’estate si avvicina minacciosamente. “La vecchiaia inizia quando l’estate invece che una promessa di felicità diventa una preoccupazione” ho scritto nel mio libro Il ribelle. Per me, quando ero ragazzo, l’estate e il mare hanno sempre coniugato la parola proibita: felicità. E questo sentimento era comune ai miei coetanei. Sto rimettendo a posto i miei ‘45 giri’ (vinile purissimo). Quasi tutte le canzoni d’amore dell’epoca sono ambientate d’estate al mare (Sapore di sale di Gino Paoli, Una rotonda sul mare di Fred Bongusto, Abbronzatissima di Edoardo Vianello) oppure la rimpiangono o l’attendono con ansia (“Come un giorno di sole fa dire a dicembre/l’estate è già qui” canta Patty Pravo).
Per i vecchi l’estate cambia completamente di segno. Le passioni d’amore, con i loro struggimenti, sono ormai alle spalle o se qualche traccia ne rimane è talmente affievolita da non avere più nulla a che vedere con l’età in cui le slacciavamo, con dita tremanti, i bottoni della camicetta. Ma la questione non è questa. Sta nel fatto che l’estate acuisce tutti i problemi, drammatici, anche se occultati da una Scienza e da una pubblicistica ingannevoli e non innocenti, della tetra vecchiaia e al cui centro, almeno in Occidente, sta la solitudine.
In Europa solo il 3,5% dei vecchi vive con i propri figli e i nipoti. Però d’inverno, e nelle stagioni contigue, i figli rimangono in città, ti restano in qualche modo vicini, qualche volta ti permettono di portare i nipotini ai giardini e di non stare perennemente a guardare, come un babbeo, con le mani incrociate dietro la schiena, i ‘lavori in corso’. Ma d’estate i figli e i nipoti se la filano in vacanza. Anche i vicini se ne vanno. E la tua casa piomba in un silenzio tombale. Rotto solo dalle sirene delle autoambulanze che si fanno più acute perché anche la città, con meno macchine, è più silenziosa. E i vecchi rabbrividiscono. Perché, per un singolare paradosso, non sentono il caldo, si disidratano e a ogni suono di sirena pensano: la prossima volta potrebbe toccare a me. Ma il killer più pericoloso resta la solitudine. Secondo una recente ricerca la solitudine uccide più di 15 sigarette al giorno. Non si tratta naturalmente della solitudine per scelta che è quella che puoi fare da giovane, traendone anzi un sottile piacere anche perché sai che puoi interromperla in ogni momento. Ma la solitudine dei vecchi non è una scelta, è una condizione sociale. Ed ecco che allora bisogna darsi da fare, trovare qualcuno, uno qualsiasi, con cui passare e “ammazzare il tempo” essendo consapevoli che è il Tempo che sta ammazzando noi e che stiamo spendendo malamente gli ultimi spiccioli che ci restano. Terribile, veramente terribile, è la condizione del vecchio nella società moderna. Un tempo viveva in una famiglia allargata, circondato dall’affetto dei numerosi figli e degli ancora più numerosi nipoti, delle zie rimaste nubili che non mancavano mai e accudito dalle donne di casa per il tempo, fortunatamente breve (la medicina tecnologica non si era ancora inventata l’accanimento terapeutico) in cui non era più in grado di badare a se stesso. Nella società contadina, a prevalente tradizione orale, il vecchio era il detentore del sapere, rimaneva fino all’ultimo il capo della famiglia, conservava un ruolo e la sua vita un senso. Nella società agricola il vecchio è il saggio, in quella industriale e ancor più in quella digitale è un relitto.
E il suo avvilimento è aggravato da quell’istituto crudele che solo la razionalità moderna poteva creare, la pensione (“E adesso vai a curare le gardenie, povero, vecchio e inutile stronzo”). Perso da un giorno all’altro il ruolo sociale, per quanto modesto, che aveva avuto nella vita non gli resta che attendere la morte e sollevare così la società da un peso divenuto intollerabile. L’estate provvederà a un salutare sfoltimento dei ranghi.

Appunti


Vademecum per domenica 25 giugno 

-medita sulla parola Alternanza, pilastro della democrazia, callifugo ripulente le decennali incrostazioni frutto di un'inamovibilità da Guinness.

-medita su come si possano accumulare enormi debiti vendendo acqua.

-medita su come si possa fare un ospedale solo per abbattere quello già esistente al fine di distruggerne anche l'ultimo piano, costato circa tre milioni di euro e mai messo in funzione perché non strutturalmente a norma.

-medita sul rifacimento di piazza Dondolo (ex Europa) andando a vedere le strane ed eccentriche posture di coloro che vi si siedono, non essendo cestisti.

-medita sul rifacimento di piazza Autan e sulla più alta concentrazione di zanzare italiana, sfanculante l'Oltrepò Pavese.

-medita su come viva e vegeti alle tue spalle un'intellighenzia snobista benpensante, appoggiatasi in questi lustri all'immarcescibile potere locale, divenuta faro per chi nella vita non ha fatto mai un cazzo, se non puppare fingendosi compartecipe delle disparità sociali.

-medita su come sei riuscito a vivere così a lungo senza impazzire nel regno del Consociativismo Perfetto, dove il potere locale è stato di proprietà della simil sinistra ed il borsellino posizionato saldamente nelle mani dell'altra sponda, per un'intesa perfetta travalicante ideali e decoro.

-medita e vai al mare (come ai tempi del referendum sulle trivelle) lasciando che i consociativisti seppelliscano i consociativisti.

Dixit


"Il Partito Democratico voterà NO perché vuole lo stadio della Roma; sembrerà una contraddizione, ma non lo è perché questa delibera purtroppo bloccherà la procedura."
(Giulio Pelonzi - consigliere PD Comune di Roma)

P.S. Alle prossime elezioni NON voterò il Bomba perché lo vorrei di nuovo sulla tolda!

lunedì 19 giugno 2017

Alla Carta!


La normalità è la consigliera più cattiva, l'abitudine inficia il sano ragionamento, scoraggia i fuori dalle righe a dir la loro, per il bene del giusto. 
Perché dico ciò? 

Andate su questo link: Ristorante di Bottura

Stiamo parlando dell'Osteria Francescana dello chef stellato Massimo Bottura, che ha vinto lo scorso anno il titolo di miglior ristorante al mondo. 
Premetto che non infarcirò il post di sdolcinature populistiche. Scorrendo il menù di Bottura deduco che se scelgo il menù degustazione a 9 portate pagherò 220+130 di vini per un totale di 350 euro.
Se scelgo il menù completo 420 euro.
Se vado a la carte vedo antipasti a 60 euro, un primo risotto con caviale a 90 euro, i secondi a 80 euro ed i dolci a 30 euro.

Che dire? D'accordo che sei in uno dei migliori ristoranti del globo, d'accordo tutto. Ma il fatto che per mangiare lì devi sborsare queste cifre, dona al tutto per l'ennesima volta, un esotico e particolarissimo senso di dabbenaggine. Abbiamo assimilato il concetto, simile alla moda, che il bello non deve contenere sensi di onestà intellettuale. Siamo caduti nelle mani di predoni, predoni stellati.
Come fa un primo piatto a costare 90 euro? 
Come è possibile? Perché nessuno osa criticare? 
Se cercate di prenotarvi, io l'ho fatto, l'attesa supera i tre mesi!!! Vuole dire che nei prossimi 90 giorni lo chef Bottura avrà il locale stracolmo! 
Si d'accordo! L'arte, la fragranza, l'originalità, la libertà di andarvici. Tutte cazzate, a mio parere al confronto del sublimale inserito in cervice, spazzante l'ovvietà di dire un vaffanculo a tre stelle! 
I limiti sono crollati, il decoro pure. I medi innalzano questi chef nell'olimpo. Per noi che restiamo in questo brodo di giuggiole, insapore, non resta che accondiscendere senza a questa farsa rimbambente, a questi piatti quasi vuoti proponenti si bellezze papillari, che però necessitano denari in quantità smisurata rispetto al valore intrinseco. 
Se però paghiamo centinaia di euro jeans strappati, forse è inutile protestare. Non resta che sedersi al desco, scientemente apparecchiato e sviante psiche ed amor proprio.  

Trambusto


E ora che Lassù è arrivato anche Stephen Furst, che ne sarà della pace, dell'ordine celestiale? Buon viaggio Sogliola!

 

sabato 17 giugno 2017

Articolo


sabato 17/06/2017
Salvini brutto, B. bello
di Marco Travaglio
Avevamo deciso di catalogare la polemica sul presunto incontro Casaleggio-Salvini nell’ampio file “Chissenefrega”, visto che quasi tutti i politici parlano con quasi tutti e che molti giornali raccontano un sacco di balle (si attendono ancora le scuse di Repubblica a Di Maio per il famoso messaggio tagliuzzato dalla sua chat con la Raggi). Poi però abbiamo notato che la decisiva questione continua ad appassionare chi non ha di meglio da fare e l’altra notte ne discutevano impettite su Rainews24 Claudia Fusani della fu Unità e una giornalista del “servizio pubblico”. Venivano trasmessi una videodichiarazione a Rainews24 del direttore di Repubblica Mario Calabresi, che confermava il tête-à-tête Casaleggio-Salvini in base a “due fonti” che – com’è giusto – non rivelava; e un videomessaggio su Facebook di Davide Casaleggio, che giurava di non aver mai parlato col leader leghista in vita sua e sfidava il direttore di Repubblica a precisare il luogo, il giorno e l’ora del presunto incontro (dettagli che non è difficile chiedere alle fonti, senza svelarne l’identità), così da poter dimostrare dov’era e che faceva in quel mentre. La Fusani sosteneva che: non c’è motivo per dubitare di Repubblica (da cui fu allontanata per i suoi legami col Sisde); è molto più credibile un direttore che parla a Rainews24 che un Casaleggio che parla su Facebook; e i 5Stelle non possono credere a De Bortoli sulla telefonata della Boschi a Ghizzoni di Unicredit per salvare banca Etruria e smentire Repubblica sul summit Casaleggio-Salvini.
Se la memoria non ci inganna, un mese fa la Fusani andava per tv a intimare a De Bortoli di esibire le prove della telefonata Ghizzoni-Boschi, mentre di Repubblica si fida sulla parola: affari suoi. Ma, per quanti sforzi facciano lei e gli altri avvocati d’ufficio del Pd, i due casi non sono paragonabili. La telefonata Boschi-Ghizzoni è stata smentita solo dalla Boschi, ma non da Ghizzoni. Il quale non solo non l’ha negata, ma ha detto che i banchieri sono abituati alle telefonate dei ministri e che (essendo vincolato da un patto di riservatezza con la sua ex banca) potrà parlare della faccenda (che dunque esiste, sennò di che parlerebbe?) solo a un magistrato (o a una commissione parlamentare con poteri giudiziari). Cosa che potrebbe accadere solo se la Boschi querelasse De Bortoli, come ha promesso di fare e non ha fatto (intanto la strombazzatissima commissione d’inchiesta sulle banche langue sul binario morto). Nel presunto caso Casaleggio-Salvini, invece, entrambi i protagonisti smentiscono categoricamente di essersi mai visti né sentiti.
E Casaleggio e Di Maio annunciano querela (anche se, di per sé, non c’è nulla di diffamatorio nel fatto attribuito a Casaleggio, vero o falso che sia). Quindi potrebbero mentire sia Repubblica, sia Casaleggio e Salvini. Ciascuno, in mancanza di prove e in presenza di sole smentite, è libero di credere a chi vuole. Noi, al momento, pensiamo che l’incontro non ci sia stato: Casaleggio è tipo ancor più prudente e riservato di suo padre, a malapena dice buonasera a chi conosce, e ben difficilmente fa vertici clandestini con leader sconosciuti; per prendere accordi sulla legge elettorale, gli bastavano e avanzavano Di Maio e Toninelli; e soprattutto incontrare un chiacchierone come Salvini, che col M5S cerca contatti e alleanze da anni (invano), vorrebbe dire mettersi nelle sue mani, visto che sarebbe stato l’unico interessato a divulgare la notizia, diversamente dal leader di un Movimento che fa della trasparenza e delle non-alleanze le sue bandiere.
Chi non ha l’anello al naso capisce bene a che servono le continue voci sulle prossime nozze Lega-M5S: a intaccare la trasversalità dei grillini, che finora pescano voti dappertutto perché non fanno accordi con nessuno (salvo su singoli provvedimenti in Parlamento: testamento biologico, legge elettorale “tedesca”, giudici della Consulta e membri laici del Csm). Ora, in aggiunta, si crea un alone di mistero e di scandalo su “Casaleggio che incontra Salvini” (sottinteso: “ma solo perché Hitler è morto”). Ora, tutti sanno quanto siamo vicini a Salvini (che infatti ci querela un giorno sì e l’altro pure). Ma non siamo affatto certi che nessuno sia peggiore di lui. Un nome a caso: Silvio B., il pregiudicato pluriprescritto. L’uomo delle leggi vergogna e dei conflitti d’interessi che hanno devastato l’Italia per quasi 20 anni. L’uomo che pagò Cosa Nostra per quasi 30 anni. L’uomo che sedeva fra Previti e Dell’Utri. L’uomo che tuttoggi riceve messaggi cifrati da Giuseppe Graviano. Bene, quest’uomo nel 2013 fu ricevuto al Quirinale dal bispresidente Giorgio Napolitano per entrare nel governo di Enrico Letta. E il 18 gennaio 2014 incontrò al Nazareno, sede del Pd, Matteo Renzi per scrivere con lui la legge elettorale, la riforma costituzionale e chissà cos’altro (“profonda sintonia”, disse Renzi all’uscita); dopodiché lo rivide altre 12 volte in un anno. E di recente l’ha risentito per l’ennesima legge elettorale e, tramite Gianni Letta, per il nuovo dg Rai Mario Orfeo. In che senso Salvini sarebbe infrequentabile e B. no? E perché (non) incontrare Salvini sarebbe più scandaloso che votare con Salvini e B. i voucher-truffa, dopo aver finto di abolirli per mandare in fumo i referendum, 3,3 milioni di firme e alla Costituzione?
Ah, dimenticavo: l’altroieri a Otto e mezzo, mentre smentiva la notizia di Repubblica, Salvini ne ha data una fresca fresca: “Con Casaleggio non ho mai parlato, ma con Renzi sì”. Abbiamo atteso la smentita e la querela di Renzi e cercato la notizia su Repubblica: invano. A quando una bella prima pagina sul “patto occulto Renzi-Salvini” e la “doppia morale” del Pd? Attendiamo a pie’ fermo.

Per fortuna non siamo calciatori


Il mondo del pallone è la sintesi di quanto sta accadendo in quest'epoca oramai quasi totalmente devota al fruscio del soldo. 
Prendete ad esempio il giovanissimo Gigio Donnarumma: diciotto anni, fino ad oggi prendeva 150mila euro all'anno. Briciole nel calcio. Quisquilie, brezze leggere. Durante quest'anno di esplosione atletica, questo fenomeno ha addirittura baciato la maglia della sua, e mia, squadra, il Milan, promettendo fedeltà, amore, devozione ai colori sociali. Ma si è scelto come procuratore l'antitesi a tutto ciò, il balenottero Raiola, tanto avido quanto lardoso. Il Milan ha offerto il rinnovo di contratto portandolo a 4,5 milioni all'anno, cinque con bonus e premi. 
Cinque milioni di euro per un diciottenne! 416mila euro al mese! Eppure questo poveretto, questo figlio di una becera e vuota cultura degenerante ha rifiutato, perché Raiola ha in mente per lui altri progetti che riempiano ulteriormente le sue tasche. 
Uno scempio, nauseante, infangante tutti coloro che si alzano presto per un piatto di lenticchie, che per una mensilità di Gigio dovranno lavorare tutta una vita. 
E sono sorte, immediatamente le satire sul web: 



Te lo meriti, ex giovane bandiera, te lo meriti!

Ma c'è un altro avvenimento molto più nauseante arrivato da quel mondo di diversamente pensanti:



No, questa donna non è un islamica in burqa. E' la neo signora Belotti, moglie del calciatore soprannominato il Gallo, attaccante del Torino, convolata ieri a Palermo. 
E' uscita così dalla chiesa perché le foto del matrimonio sono state vendute ad un settimanale per una cifra non ancora rivelata. 
Ci rendiamo conto della bassezza, dell'inconsistenza intellettiva di questi signori, e signore, del Calcio? 
Per qualche euro in più esci dal tuo matrimonio ridotta in questo stato per ossequiare un contratto, come se non avessi già da star bene per altre cento vite! 
Nauseante, di una rozzezza unica. 
Non c'è nessuna invidia nel vedere certe scene di una volgarità da lasciar basiti i normodotati. 
C'è solo da ringraziare il fato di non essere ridotti in questi modi. Ed avere tanta compassione nei loro confronti.