mercoledì 31 agosto 2022

Due risa

 Sempre nell'ottica del sano, sanissimo, sfottò sportivo, ecco una lettera immaginaria di Dazn.

Oh  mi raccomando, lo ripeto: è un fake, è finta! Fatta solo per un momento d'ilarità.




Peto nel vento



Questa scora nel vento degli inani, questo esempio lampante di come si possa fare il compagno di un’insana, perché deteriorata,  ideologia deturpata dai comportamenti dei loro sfruttatori, che han sempre campato fingendo di essere a fianco di chi realmente soffre la tremebonda forbice delle differenze sociali, presto potenziate dall’arrivo del “nero perdi sempre”, questo insignificante peto politico festeggia la scomparsa di un gigante del mondo, che trovò un inimmaginabile coraggio nell’assestare colpi, fino a disintegrarlo, a quell’impero stantio e glaciale, illiberale e soppressivo qual era l’Unione Sovietica dei bastardi alla Breznev per intenderci. Questa quisquilia insignificante ora indaffarata a formare un gozzoviglio inutile di aria fritta per adescare altri allocchì, trova il coraggio di mostrare ai pochi che ancora lo prendono in considerazione, la sua felicità per la dipartita del Guastatore Illuminato per antonomasia, grazie al quale vivemmo un periodo di speranza, di rinnovamento che ci fece intravedere, per un piccolo lasso di tempo, la possibilità di vivere in un mondo migliore a servizio dell’umanità. Gorbaciov rimarrà nella storia, al contrario del rutto pelato arzigogolante ad minchiam per la felicità dei pochi emulatori che spasimano per il ritorno delle gelide parate ottobrine di totem senz’anima, prevaricatori del popolo a cui elargivano bugie e ninnoli amorali, nella tetra insensibilità di un comunismo alterato dal dispotismo e dal violento rancore.      

News



Consigliato l’uso dell’ombrello al prossimo concerto a Viareggio di Jovanotti, dettato non tanto dalle condizioni meteo, ma dalla presentazione del suo nuovo singolo “Sussurro sorbendo Sassicaia a Sassari.”

Saluti rivoluzionari



Ha raggiunto il Che, Camillo Guevara March, figlio di uno dei più grandi uomini della storia, tanto che ne basterebbero una ventina simili a lui in giro per il globo per raddrizzare questo mondo palesemente di merda. Camillo ha vissuto per tenere alto il ricordo del Che, del suo pensiero, della sua mai sopita voglia di lottare contro le eclatanti disparità sociali. 
Nell’accomiatarci, lo invitiamo a trasmettere al padre il nostro sos, in previsione dell’ascesa quasi certa, grazie a Ronfletta, del nero perdi sempre.
Hasta la Victoria Siempre Camillo! E salutaci il Che!

Domandina

 


Se l'avesse fatto lui!

 


Che dite di questo Robecchi?

 

Riforme energetiche. Con luce e gas finisce in bolletta pure il mito di Draghi
di Alessandro Robecchi
L’idea che con le mie bollette del gas e della luce io contribuisca a pagare profitti mostruosi a qualche migliaio di aziende che vendono gas e luce mi entusiasma e mi riempie di spirito patriottico. Così si fa! Bravi! Cos’è la sopravvivenza del cittadino, della sua aziendina, del suo negozio, della sua officina, di fronte alle leggi naturali del libero mercato? Non la conoscete la storia della manina del mercato che sistema tutto lei, senza regole e senza affanni? Magari chiedete al Foglio, quelli che non volevano il prezzo calmierato delle mascherine per evitare l’accaparramento da parte dei poveri. Che poi, sono sempre i poveri a rompere i coglioni, diciamolo, non ce ne libereremo mai, e d’altronde è giusto: è l’abbondanza di poveri a garantire l’esistenza dei ricchi (sempre la manina santa del mercato).
Ma insomma, da qualunque parte la si guardi, questa faccenda degli extra-profitti sull’energia è una divertente favola con la morale, tipo Esopo, dove superior stabat il profitto e il panettiere cazzi suoi. Restando all’esempio delle mascherine, è come se tre anni fa le farmacie avessero messo ogni ffp2 a 172 euro l’una e, richieste di una tassazione che colpisse quegli extra-profitti, avessero fatto marameo. Ecco. Lo stesso marameo che fanno oggi le grandi aziende energetiche al fu governo Draghi e a tutti noi. Una tassa del 25 per cento, da cui dovevano arrivare 10 miliardi, subito un anticipo del 40 per cento, che farebbe 4 miliardi, e ne è arrivato 1, perché molte aziende che hanno scritto nella tabella “profitti” un bel più 600, più 700 per cento (e anche molto oltre), si rifiutano di pagare.
Una “rivolta tra gli operatori” (Sole 24 Ore), una “rivolta fiscale” (Repubblica), insomma, il più strepitoso caso di evasione fiscale mai visto in un singolo colpo. Ora la palla passerà al Tar del Lazio e forse poi alla Corte Costituzionale che, apprendiamo con sgomento, dirà la sua nel giro di un anno e mezzo, quando il panettiere di cui sopra si sarà già dato alle rapine a mano armata o alle truffe agli anziani, avviando nel contempo i figli alla prostituzione minorile.
In un simile contesto, si affacciano le “ragioni” di chi dovrebbe pagare e non paga: dicono che la norma sulla tassazione al 25 per cento di utili extra (fino al mille per cento, in certi casi) è scritta male, che non sta in piedi tecnicamente, che colpisce il fatturato, o le dichiarazioni Iva, e non i profitti, che si presta a una grandinata di ricorsi, con il che i soldi incassati adesso (poco e male) tornerebbero a casa dopo raffiche di sentenze. Insomma, sarebbe incostituzionale.
In alto i cuori: non è commovente vedere un così sincero e disinteressato rispetto della nostra Costituzione da parte di gente che vendeva il gas a 100 e ora lo vende a 500? Il risultato è che tutti si sbracciano perché Draghi faccia qualcosa. Il problema è che prima dovrebbe ammettere di aver scritto una norma “senza discernimento”, come disse lui (testuale) nella replica al Senato a proposito di norme scritte da altri (i 5stelle sul bonus 110 per cento). Non lo farà. Insomma con le mie bollette pago gli extraprofitti dei miei fornitori di gas e luce, ma non solo. Pago (caro) anche il dogma dell’infallibilità di Draghi, insieme ad altri dogmi molto gettonati (il default della Russia in due settimane, le sanzioni che uccideranno Putin, eccetera eccetera). Insomma, niente di male: pago per avere la moraletta finale nella fiaba di Mario Esopo, il Migliore di tutti noi.

Un'altra visione

 

Il Supermalus
di Marco Travaglio
E così il Governo dei Migliori, poco prima di passare a miglior vita (la nostra), ha scritto le ennesime norme coi piedi. Una è il dl Aiuti, senza coperture. L’altra il prelievo del 25% degli extraprofitti dalle imprese energetiche che da mesi ingrassano sugli aumenti di gas e petrolio, per finanziare i miserrimi aiuti gentilmente offerti da Draghi&C. alle imprese sull’orlo del fallimento e alle famiglie sull’orlo della miseria. Purtroppo, grazie ai geni di Palazzo Chigi e del Mef, dei 10 miliardi attesi (già pochissimi, perché i Migliori hanno graziato i guadagni da favola dei big farmaceutici e assicurativi grazie alla pandemia), se n’è visto 1. Gli altri 9 sono rimasti nelle casse dei colossi dell’energia, fra cui le partecipate Eni ed Enel, mentre altre aziende (fra cui l’Acea del Comune di Roma) stanno bersagliando l’Arera e i Tar con ricorsi di incostituzionalità. Che la norma nascesse col buco si sapeva da maggio. Ma Er Mejo non poteva ammettere l’ennesimo vulnus al mito della sua infallibilità (come se non bastassero i disastri sul Covid: anche ieri quasi 100 morti) e tirò diritto. Sembra ieri che si presentava in Senato e insultava il centrodestra e poi i 5Stelle, a cui chiedeva la fiducia per farsela negare. Invece era il 20 luglio.
Dopo aver ignorato i nove punti di Conte per far fronte allo tsunami sociale d’autunno, Er Mejo accusava il M5S di non saper scrivere le leggi: “Il problema del Superbonus sono i meccanismi di cessione. Chi li ha disegnati senza discrimine o discernimento? Sono loro i colpevoli di questa situazione per cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti. Ora bisogna riparare al mal fatto”. In realtà quelle migliaia di imprese le aveva cacciate nei guai lui, screditando il Superbonus in Italia e in Europa, incasinando la cessione dei crediti e – quel che è più grave – tradendo il patto fra Stato e cittadini. Le norme tecniche che contestava le avevano scritte gli uffici del Mef, identici sotto Conte e sotto di lui. Ed è stato grazie al Superbonus che l’Italia nel 2021 ha registrato la miglior crescita d’Europa (+6,6%), dato che Draghi non manca mai di vantare come se il merito non fosse dell’ultima Finanziaria di Conte. Non solo: nel primo anno, secondo i calcoli di Nomisma, il Superbonus è costato 38,7 miliardi e ha generato un valore economico di 124,8 (7,5% del Pil); ha fatto risparmiare a ogni beneficiario una media di 500 euro in bolletta; ha ridotto di 979 mila tonnellate le emissioni di CO2; ha immesso in consumo 106 milioni di kW annui di energie rinnovabili; e ha creato 634 mila nuovi occupati. Cose che capitano con le leggi dei Peggiori. L’ultima dei Migliori ci ha fatto perdere 9 miliardi in tre mesi: l’Agenda Draghi, oltre a non esistere, porta pure sfiga.

martedì 30 agosto 2022

Si scherza sempre eh?!

 


Sfottò

 


Con cognizione

 


Come darle torto?

 

Pd, campagna demenziale un po’ alla Wanna Marchi
DI DANIELA RANIERI
Alle famiglie che presto dovranno decidere se mangiare due volte al giorno o scaldarsi, alle imprese che chiudono per il caro-energia, agli albergatori e ristoratori del nord est che avvisano: “Bollette triplicate, o ridurremo gli stipendi o chiuderemo”, risponde solerte un post su Instagram di Debora Serracchiani, capogruppo del Pd alla Camera e avvocato del diritto del Lavoro: “Con frutti di mare, pasta corta o vermicelli?”. Lei, sorridente in foto, ha optato per la pasta corta; ha la forchetta nel piatto, si appresta a mangiare, salvinianamente; la parola d’ordine è sdrammatizzare.
Serracchiani ha deciso di cavalcare il successo della nuova strategia del suo partito, sulla falsariga della esilarante meta-comunicazione del segretario Enrico Letta, che dopo aver “rilasciato” in rete l’ultima trovata dell’agenzia di comunicazione a cui ha affidato il battage mediatico in vista del voto – il manifesto con la scritta “Con Putin o con l’Europa. Scegli” – ha bonariamente rilanciato i meme satirici degli utenti, prendendo poi coraggiosamente posizione in merito alla scottante diatriba “pancetta contro guanciale” (ha scelto guanciale). (A chi pensava che gli slogan pedestri e sciocchi fossero una prerogativa di Renzi, notifichiamo che l’agenzia che cura la campagna di Letta è, per l’appunto, la stessa a cui Renzi affidava il suo storytelling ai tempi della Rignano d’oro, poi amplificato dalla “bestiolina” di discutibili giornalisti-spin doctor e da un esercito di troll). La strategia della campagna elettorale del Pd è: semplificare nella testa degli elettori la scelta che dovranno compiere. Ricorderete quando la “semplificazione” era populista: Salvini respingeva i migranti e faceva cadere il Conte I ballando alticcio con le cubiste, intanto dal Nazareno i pensatori del Pd spiegavano che la situazione era complessa ed escogitavano soluzioni per salvare il Paese. Ultimamente, dalla guerra della Russia in Ucraina in poi, per il mainstream è diventata populista (e putiniana) la “complessità”. Guai a dire che il quadro era “complesso”; al contrario, era tutto molto semplice: chi aveva dubbi sull’imbottire di armi l’Ucraina di Zelensky, coi suoi maschi eroi tatuati con le svastiche, tifava o era pagato da Putin; chi pensava che la Nato non fosse la confraternita dei Buoni voleva che Putin uccidesse i bambini europei e “arrivasse in Portogallo” (copyright Renzi).
Ecco allora i semplicissimi manifesti divisi in due: da una parte, in campo grigio scuro, Putin, il lavoro sottopagato, i novax; dall’altra, in campo scarlatto, la faccia di Letta e il Paese di Bengodi costruito negli anni dal Pd con tanta lena: l’Europa dei diritti, il salario minimo, i vaccini. È un “prima e dopo la cura”, come nelle televendite di Wanna Marchi per rifilare fanghi dietetici o talismani contro il malocchio. Buffo: il Pd è lo stesso partito che (presidente del Consiglio Renzi, ministro degli Esteri Gentiloni) ha venduto armi e blindati a Putin, nonostante l’embargo lo vietasse; varato il Jobs Act; cancellato l’art. 18; legalizzato i contrattini a tutele crescenti (poi respinti come illegittimi dalla Consulta). Ha votato contro il Reddito di cittadinanza, perché i poveri devono soffrire un pochino di più. Quanto ai vaccini, sono arrivati in Italia grazie all’incapace Conte, che ha preso anche i fondi del Pnrr, perciò è indegno di partecipare alla mensa dei Migliori. Il problema sono i novax, non la Sanità pubblica allo stremo: a penalizzarla di più sono stati i governi Letta e Renzi (2014 e 2015), tra tagli e definanziamenti. La campagna elettorale del Pd rispecchia questa ipocrisia e uno spaventoso vuoto di progettualità: è basata su una semiotica elementare, infantile, destinata a una platea di elettori che si suppone altrettanto infantili. “Vuoi più bene a Putin o all’Europa” è il massimo del messaggio politico che il Pd riesce a formulare. (A dire il vero, un’idea Letta ce l’ha: dare il voto ai 16enni ed estendere l’obbligo scolastico ai 18 anni: le creature voteranno durante la ricreazione?)
Quanto all’energia, Letta (che ha imbarcato i Verdi, ma voleva anche Calenda, sviluppista e nuclearista) intima, non si sa bene a chi, un “intervento drastico” per un tetto ai prezzi dell’elettricità. Omette di dire che marzo, mentre lui invocava armi, armi, armi all’Ucraina e “sanzioni durissime a Putin”, Conte chiedeva un piano europeo per proteggere cittadini e imprese dal rincaro dei prezzi dell’energia, prendendosi per ciò del putiniano (come il Papa, del resto).
Bando ai menagramo, c’è da stare allegri: guanciale o pancetta, pasta corta o vermicelli? La bancarotta materiale e morale del Pd si accompagna a “un sorriso”, il marchio di fabbrica dei cialtroni: per dire come stiamo messi, il monopolio della “serietà” (“Italia sul serio”) se lo sono attribuito Renzi e Calenda, il duo comico più spassoso e tragicomico di sempre.

In effetti...

 

La realtà è putiniana
di Marco Travaglio
Se la nostra campagna elettorale non fosse falsata dalle ingerenze americane, i partiti discuterebbero soltanto della questione fondamentale: le sanzioni dell’Europa contro la Russia, che si sono rivelate sanzioni contro l’Europa, mentre alla Russia non fanno un baffo. Tant’è che Putin brucia il metano che non ci vende più (guadagnando più di prima dal boom dei prezzi) e la Von der Leyen ci invita con nonchalance a “prepararci a una potenziale interruzione totale del gas russo“: cioè a una sanzione della Russia contro l’Ue che, diversamente da quelle dell’Ue contro la Russia, farebbe malissimo ai destinatari, cioè a noi che saremo autosufficienti forse fra 3-4 anni. Un disastro di queste proporzioni, causato dall’insipienza delle classi dirigenti europee, inclusi i nostri Migliori, dovrebbe monopolizzare il dibattito elettorale: i partiti dovrebbero chiedersi se non sia il caso di rivedere sanzioni che danneggiano chi le impone, mentre la presunta vittima se la ride. Invece ne parla solo Salvini, che appena pronuncia la parola Russia fa pensare a Savoini al Metropol e agli accordi fra Lega e Russia Unita. Ma il tema è troppo serio – visti i danni incalcolabili che le auto-sanzioni stanno per provocare a migliaia d’imprese che falliranno e a milioni di famiglie che sprofonderanno nella miseria più nera – per lasciarlo al Cazzaro Verde.
Le sanzioni dovevano accelerare il default russo e dissanguare il regime putiniano per levargli i mezzi per la guerra ucraina, scatenargli contro il malcontento popolare e accelerarne la caduta. Invece i russi mantengono il controllo del Sud-Est ucraino, la controffensiva di Kiev esiste solo sui giornali della propaganda atlantista, l’economia russa tiene botta e Putin appare ben saldo. A dissanguarsi è l’Ue, per la gioia degli unici beneficiari di questa follia collettiva: gli Usa. Lo dice il Fmi, smentendo il Consiglio Ue: in Russia il calo del Pil nel 2022 non sarà dell’11%, ma del 6. E siccome l’export di energia supererà di 100 miliardi di dollari quello del 2021, il totale delle esportazioni crescerà, con un’inflazione vicina al 10% dell’Eurozona. Anche l’Economist conferma che l’Ue ha confuso i sogni con la realtà: “L’economia russa continua a battere le attese e la guerra delle sanzioni non va come previsto”; dopo lo choc iniziale “il sistema finanziario s’è stabilizzato e il Paese sta trovando nuovi fornitori, inclusa la Cina. Intanto in Europa la crisi energetica potrebbe innescare una recessione”. Che renderà sempre più impopolare il sostegno militare all’Ucraina, vista la sua conclamata inutilità in assenza di risultati sul campo. Fino a quando i governi europei continueranno a sanzionare i loro popoli, a credere alla loro propaganda e a scambiare la realtà per putinismo?

L'Amaca

 

Fratelli Bianchi quotidiani
DI MICHELE SERRA
Quante immagini dei fratelli Bianchi sono state pubblicate, specie nelle edizioni online dei giornali, dai tempi del loro crimine a oggi?
Sicuramente migliaia, con minuziosi resoconti delle loro abitudini, dei loro discorsi (per così dire), della loro vita personale. Un interminabile viaggio, tuttora in corso, nella brutalità morale e nella tristezza estetica in cui versano strati non piccoli della popolazione occidentale nell’epoca della sua rapida decadenza.
Mi chiedo se fosse possibile evitarlo, e come, ma mi rendo conto che è una domanda ingenua. Presume che l’informazione sia un’attività con ampio margine di scelta. Che, cioè, si possa decidere in piena autonomia che cosa pubblicare, che cosa non. Ma non è più così. Se il campionato mondiale di rutto con la bocca piena ottiene milioni di clic, diventa un obbligo pubblicare i primi piani del vincitore in azione. Idem per i bruti di Gomorra, Suburra e affini, quelli veri e quelli fiction, che inevitabilmente diventano modelli estetici e magari di vita. Idem, passando al genere leggero, per matrimoni e divorzi dei vip, un tempo confinati nel sontuoso ghetto dei rotocalchi “da parrucchiere” (milioni di copie) ma accuratamente ignorati dall’informazione considerata, a ragione o a torto, autorevole.
Fine degli steccati, decidono i clic, tutto si mischia, tutto ha lo stesso valore, anche per le notizie “una vale una”.
E dunque, sotto con i fratelli Bianchi, da sconosciuti e miserevoli tàngheri di periferia promossi a Icone del Male.
Fosse per me, ne tacerei per sempre il nome e ne oscurerei in eterno le facce e i tatuaggi. Censura? Ma no, si chiama scelta. Non è la stessa cosa.

lunedì 29 agosto 2022

Tristezza confermante

 

E' di queste ore l'uscita di due video che ritraggono il Biondino dirigente della Juventus, Pavel Nedved, mentre balla facendo il trenino con delle ragazze, ed in un altro, parrebbe essere lui, mentre s'avvia verso casa barcollando paurosamente causa sbornia. 

Si è vero, sono cavoli suoi, però, però .. essendo personaggio pubblico, a me particolarmente simpatico, perché non agevolare qualche commento su un comportamento abbastanza spinto, soprattutto trattandosi di uno sportivo dirigente di una società di calcio? 

Ed ecco che la tristezza arriva dal commento che potete trovare sulla pagina web di un famosissimo quotidiano e che di seguito vi riporto: 

Pavel Nedved, diffusi su social e web video privati

di Domenico Marchese

In uno l'identità dell'uomo non è chiara, in un altro il dirigente della Juventus è più riconoscibile mentre balla con l'attuale compagna e alcune amiche

Hanno fatto  il giro del web e degli smartphone i video che ritraggono di  spalle un uomo biondo in abito scuro mentre barcolla per le strade del centro di Torino. Sconosciuto il volto del protagonista inconsapevole del video, anche se alcuni dettagli avrebbero convinto una parte di utenti dei social che si tratti di Pavel Nedved, il vicepresidente della Juventus ed ex calciatore bianconero e laziale.

Nel primo video diffuso nella serata di domenica, il soggetto non commette nulla di illegale: cammina per il centro a piedi zigzagando mentre gli autori del video parlano tra di loro commentando la scena. Difficile individuare il personaggio in questione, essendo voltato di schiena: nessun comportamento molesto mentre procede a piedi verso casa. Impossibile stabilire la data, il personaggio, la via in questione.

IL SECONDO VIDEO - Più semplice individuare il volto dell'ex Pallone d'oro nel secondo video in cui balla in un locale insieme all'attuale compagna e alcune amiche sulle note di Bailando di Enrique Iglesias. Un video come tanti che animano i telefonini delle persone risalente a tre anni fa, anche se la presenza di Nedved lo rende appetibile agli appassionati di gossip. Una vicenda che ricorda i video "rubati" alla premier finlandese Sanna Marin e che pongono numerosi interrogativi sulla privacy delle persone. Due feste a  cui hanno partecipato due personaggi famosi diventate  di dominio pubblico attraverso le condivisioni sul web. 

Al di là se sia giusto o non giusto commentare il barcollamento di uno sportivo ora dirigente di calcio, ciò che stona è il tristissimo tentativo di difenderlo da parte di un quotidiano, nella fattispecie Repubblica, ossia Gruppo Gedi, ovvero John Elkann... come è buono lei! 



Verso il degrado assoluto

 

Immaginate di essere su una barca con amici, in partenza per una lunga crociera: ognuno ha portato qualcosa, e, da una ricognizione generale prima della partenza, emerge che in cambusa mancano pasta, pomodori, carne, e vino, perché tutti, senza organizzarsi, hanno portato bicchieri, olio, carta igienica e detersivo, e la settimana in barca si trasformerà in un'odissea. 

Finirà così il 25 settembre! Tutti i partiti propongono chimere irrealizzabili, basta ascoltare la Mummia Puttaniere da sempre impegnato contro il nemico naturale, le tasse; il Cazzaro che al solito bofonchia scelleratezze, la premier in pectore, sai che culo, che un giorno rinfocola il razzismo, mai sopito, e l'altro si scaglia contro i limiti europei frenanti l'ecatombe. Nessuno che ricordi i 2770 miliardi di debito pubblico, una tenaglia alle gonadi nazionali di smodata gravità; nessuno che prometta seriamente di combattere la mai adeguatamente affrontata evasione fiscale. Tutti a raccontarci fiabe invereconde, senza alcun appiglio al reale. Tutti, tranne uno, la Persona per bene da tempo immemore irrisa, accerchiata da giornaloni infausti, da gracchianti peripatetici della penna, da infingardi che fingono di volere il bene della nazione, sfanculando contemporaneamente dignità e ragione. Ebbene si, Giuseppe Conte non ha mai raccontato filastrocche ad uso e consumo di allocchi. Nove punti chiari e limpidi, tra cui il tanto vituperato reddito di cittadinanza che l'Istat ha dichiarato aver salvato dalla povertà assoluta almeno un milione di italiani, ed intendiamoci: i furbi vanno combattuti, e di furbi in giro ce ne è una schiera impressionante, e vanno perseguiti attraverso i controlli che, badabenbadaben, sono ridotti all'osso da decenni, perché è palese che gli evasori votino e portino voti ai loro partiti di riferimento, che sono quasi tutti ad eccezione di pochi.

Ma l'azione dell'ex premier oramai è inficiata dal fuoco incrociato che dal 2019 sta avvolgendo il suo operato, palesemente in contrasto con i desideri della cricca immarcescibile ed ansiosa di incominciare nuovamente un lustro di godimenti ed agi. 

Stiamo correndo speditamente verso il baratro finale, con l'Europa pronta a sminuzzarci, probabilmente in modalità Grecia - Dragone you remember? - e il probabile avvento dell'accozzaglia di nero vestita, non farà che accelerare il tutto. 

PS: sabato sono andato a sentire Travaglio alla Versiliana; in attesa dell'evento ho gironzolato per Forte dei Marmi, acquisendo la sensazione di trovarmi in un altro paese, composto da giovani e meno giovani smodatamente arricchiti, pacchianamente esibenti la ridicolizzazione della parsimonia: ragazze poco più che ventenni con già l'optional del broncio tipico di chi è insoddisfatto, che parcheggiano auto costosissime, tipo Maserati per intenderci, col fare quasi scocciato tipico di chi deve affrontare l'ennesima notte di divertimento a fondo perso, incurante dei problemi che ingombrano cervici di milioni di connazionali. Un esempio eclatante di come si sia ridotta questo paese, saccheggiato culturalmente da decenni di scempi ignobili, alla Mummia per intenderci.           

Anche di lunedì!

 

Adesso confessano
di Marco Travaglio
Mancano soltanto le parrucche incipriate, le gote impomatate e i nei finti per mostrare a tutti la Restaurazione prossima ventura. Ma neppure se i favoriti alle elezioni si mostrassero abbigliati e agghindati come i “codini” che, dopo Napoleone, ripresero il potere nelle corti d’Europa col Congresso di Vienna, la maggioranza degli iitaliani capirebbe l’errore fatale che sta per commettere votando i vecchi partiti travestiti da nuovi. Il trucco c’è e si vede da trent’anni, ma funziona sempre, nell’immediato: poi, con calma, la gente si accorge di avere scambiato i restauratori per rinnovatori e li butta a mare, ma nel giro di pochissimo tempo ricade nell’errore. Da B. a Monti, da Renzi a Salvini, da Draghi a Meloni. Eppure le ricette sono sempre le stesse: le più fallimentari mai viste. A immunizzarci da questa coazione a ripetere lo stesso suicidio di massa non basta neppure la vista delle stesse facce di 20-30 anni fa, che promettono le stesse cose con gli stessi slogan senza che nessuno si domandi perchè non le hanno mai fatte.
Nell’ennesimo remake del Giorno della marmotta, c’è una sola novità: se prima lorsignori nascondevano le loro peggiori intenzioni, adesso le confessano spudoratamente. L’ha fatto il ministro in pectore della Giustizia di FdI, l’ex pm Carlo Nordio che, oltre alla solita sbobba criminal-criminogena (separazione delle carriere, discrezionalità dell’azione penale, limiti alla custodia cautelare, bavaglio ai cronisti giudiziari, ritorno alla prescrizione dei bei tempi), promette bel bello di ripristinare l’immunità parlamentare: il sogno di tutti i farabutti col colletto bianco, ansiosi di trincerarsi dietro lo scudo politico per iniziare o continuare a delinquere indisturbati, oppure di rifugiarsi nelle Camere una volta scoperti (come una volta nelle chiese e nei conventi). Che altro serve all’opinione pubblica per capire che questa destra non è pericolosa perchè fascista o putiniana, ma perchè profondamente, intrinsecamente, geneticamente ladra, collusa e devota solo agli affari e malaffari suoi? Certo, servirebbe che qualcuno -oltre ai soliti “giustizialisti” 5Stelle- reagisse a questi annunci indecenti come meriterebbero. E che l’informazione smettesse di depistare l’attenzione dai veri problemi per inseguire i fantasmi di Mussolini o di Putin, spacciando questa destra per qualcosa di nuovo e facendole il più grande dei favori: perchè non c’è nulla di più vecchio, muffito e stantio di una coalizione che nel 2022 schiera ancora B., Bossi,La Russa, Tremonti, Casellati, Gasparri, Schifani, Fitto, Pera, Crosetto, Urso, Micciché, Santanché, Roccella, Lupi, Binetti (più Gelmini e Carfagna in prestito d’uso al centro, e Casini, Lorenzin e Bonino al Pd). Ma chi vuole può capirlo benissimo da solo.

domenica 28 agosto 2022

Nel poema



“Ei toccò la sfera nel modo riservato agli dei, tant’è che Giove si meravigliò oltremodo di siffatta arte, convocando sott’ordini affannati, et intimandone ricerca di nuove su costui, tanto caparbio da sfidar gravità e leggi che si ritenea intonse, non foss’altro per adeguar l’Olimpo ad abbracciarne leggiadria et straniante maestria.” 
(Milaneide rif II astrum - viginti scudo vv 23-27)

Per riflettere

 

l patto del silenzio sulla guerra
GARA ALL’ATLANTISMO - Il soldato Letta ha sacrificato il Pd, e non solo il suo partito, sull’altare della Nato. Ma gli elettori devono poter scegliere liberamente un governo che non sia succube di Bruxelles e Washington
DI DOMENICO GALLO
L’ingerenza russa (Repubblica), La Russia agita il voto italiano (Corriere della Sera), Ombre russe sul voto (La Stampa).
Il messaggio di Medvedev che invita gli elettori europei a punire quei governi che – a suo dire – hanno fatto delle scelte idiote, applicando alla Russia delle sanzioni che si sono rivelate controproducenti per gli interessi europei, ha scatenato un putiferio di reazioni indignate da Letta a Calenda, da Di Maio a Guerini, e ha provocato una riunione d’emergenza del Copasir per valutare la sussistenza di rischi per la sicurezza nazionale. Quindi fra il polo di destra, il centro e il polo di centrosinistra si è scatenato il rimpallo delle accuse di putinismo agli avversari. Letta ha dichiarato: “Putin ha deposto la scheda nell’urna e vuole cambiare il corso della politica estera italiana che con Draghi è stata molto netta – aggiungendo – dobbiamo confermare questa scelta ed è chiaro che il voto del 25 settembre sarà anche su questo”. Forse Letta non si rende conto che il richiamo alla politica estera di Draghi è un’arma spuntata se usata contro la Meloni, che si è dichiarata più atlantista di Draghi, per cui non si capisce per quale motivo gli elettori di “fede atlantica” dovrebbero votare per Letta piuttosto che per Meloni.
Del resto tutta questa levata di scudi contro l’ingerenza della Russia nelle elezioni italiane è una barriera di fumo destinata a occultare il vero problema: il patto del silenzio fra tutti i partiti sulla gestione della guerra e delle sue conseguenze. Più che dolerci dell’ingerenza russa nelle elezioni italiane, realizzata attraverso un tweet, forse dovremmo dolerci dell’ingerenza Usa sulla formazione dei governi e sulle scelte politiche conseguenti, fondata su elementi molto più robusti. Ingerenza che, a volte, si è manifestata in modo particolarmente violento, basti pensare alle minacce di morte che il Segretario di Stato americano dell’epoca rivolse ad Aldo Moro, il 25 settembre 1974, per farlo desistere dal suo progetto di aprire le porte del governo ai “comunisti”. Ingerenza che non è mai cessata se, il giorno dopo il discorso al Senato di Conte che, esponendo il programma del suo primo governo il 5 giugno 2018, aveva manifestato dei dubbi sul mantenimento delle sanzioni alla Russia, decretate a causa dell’annessione della Crimea, il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg è intervenuto a gamba tesa, dichiarando che le sanzioni non potevano essere rimosse, cioè intimando al governo italiano di non rimuoverle (come in effetti è avvenuto).
In realtà se i partiti italiani hanno cancellato il tema della guerra, questo non significa che la guerra non eserciti una pesante influenza sulla campagna elettorale italiana. L’effetto principale è stato il sacrificio del soldato Letta. Il 22 agosto sono scaduti i termini per la presentazione delle liste ed è divenuto definitivo il quadro delle formazioni politiche che si affronteranno nella competizione elettorale. Dobbiamo constatare con amarezza che sono caduti nel vuoto gli appelli rivolti da più parti per la costruzione di un’alleanza antifascista nei collegi maggioritari per contrastare l’avvento di una destra illiberale, nemica giurata della democrazia costituzionale. Ormai è sicuro che nei collegi uninominali ci sarà un solo candidato su cui si concentreranno i voti della destra, mentre i voti di tutte le altre forze politiche saranno divisi fra il candidato del Pd (con appendici di Più Europa e Sinistra italiana), il candidato dei 5 Stelle, quello di Calenda-Renzi e quello di Unione Popolare. In queste condizioni è altamente probabile che la destra faccia cappotto e conquisti una maggioranza parlamentare che vada ben oltre il 50%, consentendole di realizzare i suoi progetti più pericolosi per la democrazia. Quest’esito largamente prevedibile non è frutto del fato cinico e baro, ma di una precisa scelta politica del segretario del Pd, che ha rotto l’intesa stipulata in precedenza con il Movimento 5 Stelle (il c.d. campo largo), accettando stoicamente la (prevedibile) sconfitta.
Diciamo la verità, una scelta così apparentemente inspiegabile deve avere una ragione profonda e, da un certo punto di vista, nobile. Quando c’è una guerra in corso si richiede alle truppe più fedeli il massimo spirito di sacrificio. Il soldato Letta si è sacrificato sull’altare della Nato, che certamente non avrebbe gradito la partecipazione al governo italiano di una forza politica il cui leader ha avuto l’impudenza di dichiarare che non obbedisce agli ordini di Washington. Peccato che questo sacrificio non riguarda solo il Pd ma, consegnando il Paese nelle mani di questa destra illiberale, a essere sacrificati sono i diritti fondamentali dei cittadini italiani e il bene pubblico della democrazia costituzionale. La guerra, sebbene scomparsa nella campagna elettorale delle principali forze politiche italiane, tuttavia è piombata pesantemente nella campagna elettorale, sconvolgendo gli equilibri fra le forze politiche e orientando i risultati elettorali (sia che vinca la destra, sia che il Pd miracolosamente risalga la china) verso la nascita di un governo di stretta fedeltà atlantica, che non ponga nessun ostacolo al prolungamento della guerra in Ucraina, fin quando vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole.
Tuttavia, memori delle tragedie del passato, testardamente noi continuiamo a pensare che dalla guerra non si esce con la guerra e che la violenza bellica non può essere spenta con una violenza soverchiante di segno opposto, che la sicurezza collettiva non si costruisce con la corsa agli armamenti e con la rincorsa delle minacce.
Per questo chiediamo che sia rotto il patto del silenzio e che il tema della costruzione della pace sia fatto rientrare nella scheda che depositeremo nell’urna.

Un grande Alessandro Bergonzoni


Odiatori, nella vita come nella Rete. L’ondata di cattivismo che sta infestando il dibattito pubblico rischia di sovvertire millenni di etica, con i samaritani del 2000 disprezzati, accusati di salvare vite e occuparsi dei fragili, come fosse una colpa anziché ciò che ci fa uomini. Rigurgiti odierni di “aporofobia” (disgusto verso i poveri), fenomeno mai visto prima... 
Ho finito le guance. Ho già porto anche l’altra, non ne ho più; ormai è uno stato di isteria, una malattia effettiva e affettiva. Rabbia e paura ci hanno drogato, ci hanno alterato quasi chimicamente, fino alla patologia. L’odio nasce da un cortocircuito, avvenuto per poter scaricare una rabbia che è stata preparata accuratamente.
Credevamo di avere gli anticorpi contro tutto questo, che gli errori del passato ci avessero resi irrimediabilmente migliori. Invece assistiamo al trionfo della ci/viltà, l’anonimato è la forza con cui si esprime oggi chi odia: ti insulto tanto io non so chi sei e tu non sai chi sono io. È la ci/viltà dei social, dei media, la viltà da dietro un vetro. Come ha scritto Zamagni su Avvenire, il potere ha paura dei solidali, colpevoli di trovare soluzioni che toglierebbero il dominio alla nuova economia. Allora avalla questo delirio di impotenza, questa fame di diffamare... Mi dai l’inimicizia su Facebook?

Così ci si assuefà a tutto e può anche accadere, a Manduria per esempio, che un anziano debole sia seviziato per mesi da baby bulli, fino alla morte, nel silenzio osceno di tutti. L’anonimo è vile perché è forte della debolezza altrui, macchia la tela bianca e sa che la tela non potrà rispondere. La povertà è invisibilità, se la si vede la nascondiamo, inchiodiamo i ferri sulle panchine per non far sedere i mendicanti, per non farli ri/posare. I Comuni dicono ci pensi lo Stato, ma lo Stato è confusionale e allora chi ci pensa è il terzo settore, il volontariato, quello odiato, che però è all’elemosina, perché il potere non si può permettere un’economia sociale... E allora tocca per esempio all’Elemosiniere ridare non solo quella luce (una vera Illuminazione) che non nasconde più nel buio il bisogno, il disagio e la vita, ridando altra energia a quelli a cui l’abbiamo tolta da troppo tempo e che dobbiamo difendere con ogni costo a tutti i costi per non continuare a vergognarci.

Chi esprime tenerezza diventa quasi un nemico, mai nel passato la Croce Rossa o Medici senza Frontiere o la Caritas erano stati insultati in quanto umanitari... Ci vuole un cambio di frequenza che muova da dentro, da dove parte la tua idea di vergogna: quando parlo di diritti non regge più la sola Costituzione, manca una sana costituzione interiore. I partiti hanno creato questo momento storico, hanno acceso il fuoco perché potesse bruciare, perché si calpestasse il pane purché non andasse ai rom: quando arrivi a questo è già tardi, bisogna agire nelle scuole, raccontare lì il tema della paura che nasce da una mancanza d’amore, e raccontare il mistero degli Interni, il mistero della Giustizia, il mistero della Salute, il mistero dell’Istruzione. La libertà di parola quali condizionamenti può avere? Davvero ognuno può scrivere tutto? Ognuno può offendere? C’è una sproporzione umana che chiede una condizione di sovrumanità, altro che sovranismo! E poi perché vogliono depotenziare la storia a scuola? Questo è lavorare sull’annientamento della memoria, renderci poveri, sì, ma di idee, il potere è malato, teme gli spiriti liberi della solidarietà, perché dimostrano che la povertà può diventare ricchezza. In questo momento c’è un Dna del buio.

Cosa possiamo fare, allora? Cambiare il linguaggio, gridare la tenerezza e la compassione, urlare nei teatri, sui libri, ovunque, contro questa cultura in vitro – il vetro della tivù e dei computer – che non la tocchi e non la annusi, che non ha sensi. Ma c’è una nuda verità che viene prima: essere o essere? Questo mi interessa. Attenzione, il volontariato verso i bisognosi esiste, anche a Bologna ne vedo tanto, ma oggi occorre indossare questa povertà, abitarla, sentirla con un settimo senso, ecco il cambio di frequenza che tocca a noi, non ci sta più solo la denuncia e la manifestazione. C’è un fare l’impossibile e un fare l’impassibile, io devo fare il mio volontariato quotidiano che è lo sguardo, il non avere paura d’avvicinarmi. Il mercato ci ha detto cosa dobbiamo avere per mantenere il nostro benessere e il suo benestare, senza cadere mai sotto la famosa soglia della povertà... Invece no, dobbiamo attraversarla avanti e indietro questa soglia, ognuno come può, lavorare sulla nostra santità, altra parola che fa tanta paura. Invertiamo la rotta, mettiamocela addosso questa santità, per combattere il morbo dell’aporofobia c’è bisogno di uno scatto, un moto a luogo, altrimenti poveri... noi.

Di che cosa si accusa il povero? Mai visto nella storia un accanimento come oggi. Il povero... non ti ha fatto assolutamente nulla. Semplicemente ti accanisci contro questa condizione inerme e sai che non reagirà. E siamo pure arrabbiati perché stiamo male, a differenza di chi sta male: quello che vive sotto i ponti dà fastidio a noi. Penso ai cartoni animati , quelli dei clochard, con dentro degli uomini... Bisognerebbe aprire l’era del risarcimento per togliere l’in/fame nel mondo e restituire il maltolto, invece su questa gente si consuma la fame di fama che ci vede potenti sui social, dove li disprezziamo e così siamo forti. Pensare che social con una “e” in più diventa sociale, cioè terzo settore, pietà, condivisione. Invece il social è vedo e colpisco. I nativi digitali moriranno tra atroci divertimenti, dipendenti dalla Rete non conoscono la concezione tattile, olfattiva, umana dell’altro, è questo il sacrilegio che vedo. Io auspico il cambio di frequenza dal basso all’altro, e non lo lascio solo alle religioni, tutti noi abbiamo una parte divina che non ci è permesso esercitare: siamo stati lavorati sulla stanchezza, sottomessi a spauracchi con mezzi di distrazione di massa. Liberiamo i nostri figli dalla paura! Diciamogli che la persona disagiata è chi guarda, non chi è nel disagio. Che il cibo è spazzatura, ma per molti la spazzatura è il cibo. Liberiamoci dal conflitto di disinteresse. Il cambio dev’essere esistenziale, non di partito: portiamolo nelle scuole, è lì il vero Parlamento.

Alessandro Bergonzoni

Quando ci vuole...

 


Femo du' conti

 


Partono gli sfottò!

 


Mitico

 

Ieri sono andato alla Versiliana per vedere il suo nuovo spettacolo, al solito elettrizzante, illuminante come pochi. Sottile, preciso, inattaccabile, Marco presenta le tristezze della nazione in una maniera speciale, da vero professionista e, soprattuto, Giornalista Libero!




E per non farsi mancare nulla, ecco l'articolo di oggi: 

BarzelLetta
di Marco Travaglio
Non abbiamo mai assistito alle lezioni di Scienza Politica di Enrico Letta a Parigi, ma dovevano essere uno spasso. Almeno a giudicare dai capolavori di scienza politica che partorisce a getto continuo in campagna elettorale. Già l’idea di rompere col M5S in nome di una fantomatica Agenda Draghi per imbarcare il politico più umorale e inaffidabile della storia, Calenda, e di farcisi persino baciare sulla guancia, salvo scoprire che era umorale e inaffidabile mentre lo mollava sull’altare, non era male. Per non parlare della mossa di regalare due rarissimi seggi sicuri a Di Maio e Spadafora in cambio dell’astuta scissione dai 5Stelle che condannò a morte il governo Draghi, facendo incazzare i pochi pidini che gli avevano perdonato Piercasinando e l’esercito di riciclati, inquisiti e dinosauri in lista. Ma il seguito è anche meglio. I primi manifesti della campagna pd sul mantra “Vincono le idee” mancavano proprio di idee e riuscivano a far apparire civettuoli pure quelli dei cassamortari. Così Occhio di Tigre ha licenziato l’agenzia e ne ha assunta un’altra per “una comunicazione brutale per dar la sveglia agli italiani”. Missione temerariamente masochista: se gl’italiani si svegliassero, il Pd non prenderebbe un voto, non facendo che strillare contro la peggior destra del mondo per poi governarci insieme.
La brutalità dei nuovi manifesti è tutta nel contrasto fra nero (destra brutta) e rosso (Pd bello) che, a parte le carrettate di meme sul web, impone una domanda brutale: ma se la destra ti fa così schifo, perché continui a rimpiangere il governo con Salvini&B.? Non potendo cambiare agenzia per la terza volta in un mese, Letta decide di prendersi per il culo da solo col meme su pancetta o guanciale. E lì la gente smette di ridere e inizia a incazzarsi, visto che, mentre lui si diverte come i bimbiminkia, milioni di persone normali devono scegliere se fare la spesa o pagare le bollette. Allora il Barzelletta decide di parlare finalmente di temi più sentiti dalla gente. Cioè l’influenza di Putin nella campagna elettorale, l’ultimo sconvolgente scoop di Repubblica (in Italia c’era una spia russa che telefonava a Mosca) e l’attentato dell’Agcom contro il suo tête-à-tête con Giorgia chez Vespa. Nei bar, nei mercati e sui bus non si parla d’altro. Siccome Conte chiede al governo misure urgenti contro il caro bollette e gli stipendi da fame, Letta lo attacca perché ha fatto cadere il governo: e così gli regala il destro per ricordare che non diede la fiducia proprio perché Draghi non faceva nulla contro il caro bollette e gli stipendi da fame, mentre Baioletta reclamava 15 miliardi in più all’anno per le spese militari. Dal che si deduce che Letta a Parigi insegnava come perdere le elezioni. E l’ha pure imparato.

sabato 27 agosto 2022

Poverino



A furia di schiacciare deve essersi perso tutti i neuroni!

Mio zio




E questo no?

 


Dopo la pasta si può!


 

Dubbi da portiere

 


Evidenza travagliata

 

La prevalenza del Cremlino
di Marco Travaglio
Chiedo per un amico: ma questi russi, precisamente, come fanno a pilotare elezioni in mezzo mondo? Sono anni che non mi perdo un articolo sulla poderosa macchina del Cremlino per truccare le urne in quasi tutto l’orbe terracqueo, nella speranza che qualcuno mi ripaghi dell’immane sforzo e mi spieghi in parole semplici, magari con un disegnino, come avviene concretamente l’infiltrazione della piovra moscovita nelle menti degli elettori, nei seggi e nelle urne. Ma niente: a parte le solite pippe su spie, hacker, troll e fake russi (che esistono, ma come quelli americani, francesi, tedeschi, australiani, persino italiani), appena si entra nel cuore del problema – milioni di italiani indotti a votare per chi vuole Putin – si tengono tutti sul vago, alludono, ammiccano con l’aria di chi la sa lunga ma non può parlare. E il bello è che sono gli stessi che accusano i “populisti” di “complottismo”. Io però continuo a leggere. E a sperare.
Scopro dalla Stampa, grazie al commissario Iacoboni, della “lunga ombra di Medvedev in Italia e il giallo di quella tenuta nel Chianti”, dove il “presunto prestanome” (espressione meravigliosa) dice: “Le polemiche ci han fatto vendere più vino”. Ecco, forse sciolgono nel Chianti qualche polverina sovranista che fa votare come dice Putin, perdendosi però gli astemi. Apprendo dal Messaggero del nuovo “allarme del Copasir”: “Blog, talk show e social, così i russi influenzano la campagna elettorale. Sotto i riflettori dell’intelligence alcuni ‘facilitatori’ che collaborano con Mosca”. Per i nomi dei “facilitatori” occorre attendere le liste di putiniani autunno-inverno su Corriere o Rep. Nell’attesa, resta da capire perché più cresce l’influenza russa, più i partiti filorussi Lega e FI calano nei sondaggi. In compenso un bel facilitatore putiniano l’abbiamo già: papa Francesco, che deplora l’autobomba che ha arrostito e squartato l’inerme figlia del filosofo Dugin, e viene prontamente zittito dal democratico governo ucraino e dal Foglio, increduli perché il Pontefice non benedice il terrorismo. Così chi condanna le ingerenze russe nel voto italiano, senza mai spiegare chi, come, dove e quando, teorizza le ingerenze ucraine e americane nel voto italiano, visto che nessun leader o elettore può contraddire Zelensky o Biden (che poi sono la stessa cosa). Anche perché sennò s’incazza pure Paolo Mieli. L’altro giorno scrive sul Corriere che il clima della nostra campagna elettorale, chissà perché, “piace a Mosca”. Poi Letta accusa Meloni, più atlantista di Biden e dunque anche di lui, di portarci in dote a Putin & Orbán. Allora Mieli dichiara a Libero che “nel Pd comandano ancora i valori della Rivoluzione russa”. E noi ci arrendiamo. O chiamiamo la Croce rossa (attenzione: rossa, non russa).

L'Amaca

 

Il crimine dello spreco
DI MICHELE SERRA
Ci sono sicuramente ragioni tecnico-tattiche (di calcolo economico, di ricatto politico) dietro la scelta russa di bruciare il gas invenduto piuttosto che stoccarlo, o diminuire il prelievo. Ma si rimane ugualmente interdetti di fronte allo spettacolo di quella fiamma che brucia a vuoto, al servizio di nessuna causa se non quella di intossicare un poco di più il cielo sopra l’Artico. È la stessa angosciosa sensazione di dissipazione che ci prende di fronte al latte versato sull’asfalto, ai pomodori e agli agrumi buttati nei fossi, ai pozzi di petrolio incendiati dalle guerre, allo scialo di valore che per gli uomini è una scellerata abitudine.
Valore e prezzo non sono la stessa cosa.
Che il grano costi poco o molto, niente cambia del valore contenuto nel pane, che si valuta in carboidrati, in nutrimento, in sapore, in convivio.
Bruciare energia senza altro scopo che bruciarla, specie adesso che la Terra ci sembra un limone spremuto, finalmente ci appare per quello che è: un delitto.
C’è qualcosa di criminale nello spreco, ce lo dice la ragione e ce lo dice perfino il sentimento antico della parsimonia, che non è tirchieria, è rispetto del valore delle cose. Me lo dice spesso un amico genovese, sorridendo della sua genovesità, che la tirchieria è un vizio e la parsimonia una virtù. Il gas bruciato al vento dai russi, in questi giorni, sarebbe calore per le case e le persone, energia per le fabbriche. Si è sventrata la terra, per estrarlo. Sprecarlo è una bestemmia contro la natura, che a differenza di noi sa fare di conto.
E più presto di quello che crediamo, quel conto, ce lo presenterà.

venerdì 26 agosto 2022

Speranza sparita



Avevo guardato questa foto col sorriso, credendolo un eclatante fake. Poi mi è sorto un piccolissimo dubbio e sono andato nella pagina del segretario appisolato. E lì ho scoperto l’amara, fetida, triste verità: non è un fake! È realmente una pubblicità elettorale! Ma si Ronf Letta! Facciamoci due risate! Tanto la situazione lo consente: non ci sono rincari, gli stipendi sono allineati, l’inflazione è sotto controllo, tra meno di un mese la ciociara nera sarà battuta, i giovani sono tutti al lavoro e l’evasione scomparsa! E allora dai, femo du spaghi cor guanciale e viva l’Italia!

Quesito



Mi chiedo a quale profondità sia il fondo del barile della stupidità umana!

Censura papale

 




Daniele e il Banchiere

 

Il Draghi transformer farà il vigile alla Sordi
DI DANIELA RANIERI
Se chiedete a uno studente delle medie “chi è e che ruolo ricopre Mario Draghi”, egli o ella vi risponderà: “È il presidente del Consiglio italiano, ancora in carica per gli affari correnti da che il suo governo è caduto”. Beata ingenuità. Per i nostri giornali, specie dopo il suo intervento al Meeting di Cl di Rimini, Mario Draghi è molto di più.
Per Repubblica è il “garante della nuova stagione”, ma anche “della politica estera e della linea europeista”. Solo a questo titolo, confermatogli da Stefano Folli, Draghi “ha fatto intendere” che il prossimo governo “non avrà alternative se non quella di camminare lungo il sentiero tracciato nella stagione dell’emergenza”. Perché, sennò? Draghi non riconoscerebbe il governo che non dovesse camminare lungo il suo sentiero? Farà un colpo di Stato? Poche chiacchiere: Draghi ha detto che il prossimo esecutivo confermerà l’impegno a favore dell’Ucraina. “Se il governo si muoverà con prudenza e saggezza, senza cedere alle pressioni russe – che di sicuro ci saranno -, Draghi lo aiuterà in maniera discreta ma efficace ad accreditarsi presso i centri internazionali che contano”, dice Folli. Altrimenti? Draghi parlerà male dell’Italia all’estero? Chiederà alla Nato di bombardarci? Ci farà invadere dal battaglione Azov? Non si capisce. Quel che è certo è che “vigilerà perché il governo non fallisca”. Draghi è anche vigile. Figura inesistente nel nostro ordinamento, ma popolarissima nella commedia all’italiana, quella del vigile è solo una delle maschere del presidente transformer, che è altresì “personalità autorevole”, “elemento di raccordo con il mondo esterno”, “risorsa irrinunciabile”.
Quanto al nostro ordinamento, esso può essere agevolmente piegato per collocare questo leader osannato dalle folle (al cui giudizio elettorale egli si guarda bene dal sottoporsi), per cui si fanno modifiche costituzionali non scritte e in itinere. Si ricorderà quando Giorgetti auspicava che andasse al Quirinale e da lì facesse anche il capo del Governo; o quando un anno fa Sorgi su La Stampa invocava un golpe militare nel caso Draghi fosse costretto a dimettersi. A bordo della Moto Guzzi con indosso la divisa scricchiolante da vigile come Alberto Sordi nel film omonimo, Draghi ha ricevuto regolare investitura dalla platea di Rimini, senza neanche passare il concorso pubblico. Tutti sanno che sarebbe stato applaudito qualunque cosa avesse detto. Nel 2020 proferì colà frasi di assoluta banalità, pinzillacchere anodine, rimedi della nonna: il debito buono è buono, il debito cattivo è cattivo, viva la speranza e la ricostruzione, etc., e il giorno dopo i protodiaconi dei giornali annunciarono l’habemus Papam che diede il via alla stagione dei Migliori.
Per il Corriere, il vigile è soprattutto uno spingitore: ha dato una “spinta” all’Italia che “ce la farà”. Ha detto infatti: “Chiunque verrà eletto saprà conservare lo spirito repubblicano” (cioè non instaurerà la monarchia). Ce l’aveva con Meloni, destinataria il giorno prima di un’ovazione della stessa platea, accreditata di fatto tra gli usatori di forchetta e coltello (il presidenzialismo conserva lo spirito repubblicano?). In questa veste di profeta, garante, motivatore e mental coach di un’Italia di minorenni e minorati, Draghi infonde “ottimismo”, “fiducia”, “capacità di reagire ai momenti difficili”, come confermeranno i milioni di poveri a cui Meloni toglierà il Reddito di cittadinanza, con la sogghignante connivenza di tutti tranne Conte.
Anche sul Corriere Draghi è “la risorsa”. Molto lodata la sua invocazione a quella “coesione nazionale che è stato il tratto del suo governo”. Qui appare chiaro come i nostri editorialisti vedano una realtà parallela: al contrario, s’è visto che le ammucchiate generano mostri e che disinfettare la democrazia commissariando il Parlamento è una buona idea solo per i sedentari politici miracolati, i quali contano sull’anestesia generale di un popolo stremato, che infatti per metà manco va più a votare. Ma Draghi è anche “consigliere”: ha raccomandato a chi verrà dopo di lui di essere autorevole, “perché dall’autorevolezza viene il rispetto” (chi glieli scrive i discorsi, Schopenhauer? Kant?). Nel frattempo la mitologica “agenda Draghi”, incunabolo indecifrato, s’è mutata in “metodo Draghi”; metodo che include “un sorriso sornione e compiaciuto” e “un viso velato di commozione” per i 32 applausi. Nessuno dei laudatores fa cenno a un passaggio del suo discorso: “Mi associo alle parole del Santo Padre, si eviti il disastro nucleare in Ucraina”; avrebbero dovuto dire che viceversa Draghi si dissocia dalle parole del Santo Padre quando questi dice che la Nato ha abbaiato alle porte della Russia e che aumentare le spese militari è da pazzi.
Solidarietà ai colleghi per il lavoro usurante: non era facile far passare questa minestrina di frasi motivazionali e luoghi comuni come il Discorso della Montagna (del sapone)

Sul duetto comico

 

Seriamente
di Marco Travaglio
Amanti come siamo degli ossimori, ci stiamo appassionando al “Polo della serietà”, come lo chiamano Calenda&Renzi da quando hanno scoperto che il presunto “Terzo Polo” ne ha una dozzina davanti. In nome della serietà, lo statista pariolino propone agli altri leader di sospendere la campagna elettorale per il rincaro del gas, come se fosse un fenomeno improvviso e inatteso (se n’erano accorti tutti da mesi, tranne Draghi e le sue agende ambulanti) e come se qualche giorno di silenzio dei politici – peraltro auspicabile – potesse abbatterne il prezzo. Ma è sulle candidature che la sua serietà emerge in tutto il suo fulgore: le liste del Polo della Serietà sono un po’ peggio del bar di Guerre stellari, infatti Carletto declina ogni responsabilità, come se i candidati avessero fatto tutto da soli. Stefania Modestino D’Angelo, capolista a Caserta, dava giustamente del “pinocchio” a Renzi e del “cameriere” a Macron, mentre fra il “traditore” Zelensky e Putin sceglieva senza indugi il secondo. Calenda non fa un plissé: “Non abbiamo controllato i social. La signora resta in lista, ma dovrà limitare le attività: non si occuperà di politica estera”.
Soluzione geniale, ma soprattutto “seria”, applicabile a tutti gli altri candidati di Calenda all’insaputa di Calenda. Tipo Angiolo Di Lena, l’ex leghista che definiva il Covid “grande truffa” e il distanziamento “fascismo”, dunque candidato centrista in Puglia per Calenda, che dice di averlo “appreso dai giornali”: basterà che non si occupi di Covid e di sanità in genere. L’ex FI Giuseppe Castiglione, imputato per corruzione e quindi capolista calendiano a Catania, non dovrà occuparsi di legalità, ma solo di illegalità. Invece Gianni Pittella, passato dal Pd che non l’ha ricandidato a Calenda che l’ha ricandidato, ha due condanne della Corte dei Conti per uso illecito di rimborsi pubblici e un processo in appello per falso e abuso sulle nomine sanitarie: non dovrà occuparsi di rimborsi né di nomine, ma potrà eventualmente affidarli a Castiglione. La capolista in Molise Giuseppina Occhionero, imputata per falso con l’accusa di aver fatto entrare in carcere un radicale che portava messaggi ai boss, non dovrà occuparsi di galere, almeno finché le galere non si occuperanno di lei. Pasquale Del Prete, che in un comizio del ’20 si disse “fiero di essere camorrista” (per giunta millantando credito), ergo candidato in Campania, non dovrà occuparsi di camorra, ma volendo potrà dirsi fiero di essere ’ndranghetista o mafioso. E così, per li rami, si arriverà a Calenda, che dovrà evitare di occuparsi di politica, non essendovi all’evidenza portato. Però potrà sempre tentare con l’agricoltura, o con la pastorizia, o con la catena di montaggio. Hai visto mai.

L'Amaca

 

Il fascino del passato
DI MICHELE SERRA
La campagna elettorale pullula di dichiarazioni, post, tweet degli anni passati che vengono riesumati allo scopo di svergognare i loro autori.
Si tratta, in larga parte, di scemenze giovanili, voci dal sen fuggite sotto l’influsso dell’alcol o della vanità, o ancora di veniali intemperanze delle quali l’autore, puntualmente, si scusa imputandole alla giovane età (viviamo nell’Evo delle Scuse).
Nei casi più gravi (pochi) si viene retrocessi da candidato a ex candidato, e si maledice il giorno nel quale, quindici anni fa, si scrisse qualcosa che, quindici anni dopo, non si riscriverebbe più.
Al di là dell’inevitabile effetto inquisitorio, mai gradevole, la cosa più grave è che il peso complessivo di questo revisionismo da scavo rischia di fare ombra al giudizio sul presente. In parole semplici: una cazzata detta nel 2003 minaccia di fare più clamore di una cazzata detta stamattina. Così che la flat tax, ingiusta nonché insostenibile, amica dei ricchi e però sbandierata da noti amici del popolo come il Salvini e il Berlusconi, fa discutere meno del comportamento del senatore Pavolacci nel 1994, quando alla festa di laurea si presentò vestito da Nerone e appiccò il fuoco al chiosco delle angurie.
Detto e ripetuto che non bisogna mai lasciare tracce (un falò di gran parte dei miei scritti mi accompagnerà, più sereno, alla morte), ci si domanda come mai la confutazione del presente sia meno in voga della confutazione del passato.
Forse è il segno, ulteriore, di una società invecchiata, che non potendo più litigare sul futuro, dato oramai per morto, litiga su quella volta che Tizia rubò il fidanzato a Caia. Come se, disperando di poter fare errori in futuro, ci rimanga solo il gusto remoto di quelli fatti in passato.