Le oasi di Fulco
DI MICHELE SERRA
Quando se ne vanno quelli come Fulco Pratesi la tristezza è compensata dalla gratitudine, e dalla felicità di sapere che persone come lui sono esistite, esistono, esisteranno. Dire pioniere è dire ancora poco.
Ha letteralmente inventato, quasi dal nulla, il naturalismo nel nostro Paese, gli ha dato forma, passione, cultura. Gli ha dato intelligenza.
Nel 1966, quando Pratesi fondò il Wwf in Italia (il World Wildlife Fund era nato in Svizzera cinque anni prima) ecologia e ambientalismo erano parole sconosciute. Il boom economico pareva un galoppo trionfale e irriflessivo, e figurati quanto poteva pesare il punto di vista di un giovane architetto che amava disegnare gli uccellini.
L’idea di concepire “oasi” dove proteggere la fauna e la flora selvatica è sua: oggi le oasi del Wwf sono più di cento e anche a questa lunga e tenace lotta si deve la salvaguardia della biodiversità italiana, che grazie alla varietà climatica (dalle Alpi a Lampedusa) è tra le più rilevanti del pianeta.
Dire che l’orso e il lupo erano un bene da proteggere poteva sembrare, oltre mezzo secolo fa, una stravaganza, il lussuoso passatempo di una minoranza che non aveva altre urgenze da risolvere. Era, invece, un atto di amore per la natura, per la sua completezza, per la sua magnificenza e dunque per noi stessi, che ne siamo parte integrante. Se oggi lo abbiamo capito in tanti è anche per merito di Fulco, della sua gentile ostinazione, del suo irremovibile agire dentro princìpi non negoziabili.
Quanto all’idea di oasi, cosa c’è di più moderno?
Dentro lo squasso del mondo, creare zone di rispetto, di convivenza, di sicurezza, di silenzio. Vale anche per noi uomini, non solo per l’edredone e il falco pecchiaiolo.
Nessun commento:
Posta un commento