C’era una volta l’America
di MICHELE SERRA
Le professioni di “atlantismo”, con la ricorrente invocazione della indissolubile alleanza tra Europa e Stati Uniti, cominciano a sembrare quasi surreali mano a mano che dal governo americano arrivano segni di disprezzo e insofferenza nei confronti degli europei.
Fossero solo parole, si potrebbe fingere di non sentirle, sacrificando la dignità alla convenienza. Ma sono gli atti politici a dirci che le cose stanno cambiando molto rapidamente, tanto da far dubitare che i famosi “valori comuni dell’Occidente” siano ancora tali da cementare l’alleanza geopolitica nata dopo la Seconda guerra.
La stretta dell’amministrazione Trump sui diritti, sulle politiche di inclusione, sulla libertà di insegnamento, sull’amministrazione pubblica e dunque sul Welfare, sul diritto di manifestare (vedi l’epurazione dalle università degli attivisti filopalestinesi, e l’incredibile arresto per la strada di una di loro, prelevata da agenti in borghese), sulla sopravvivenza delle istituzioni governative destinate alla solidarietà internazionale, su tutto ciò che puzza di solidarietà e dunque puzza di sinistra, parla di un secondo maccartismo che non si prende nemmeno la briga di travestire la caccia alle streghe allestendo commissioni di indagine e pseudo-procedimenti contro i presunti “traditori”. Basta firmare un decreto, bypassare ogni autorità di controllo, ogni voce terza che parli nel nome della Costituzione e non nel nome del governo, e il traditore è liquidato.
Non sappiamo con quanta inquietudine oppure quanta indifferenza i governi europei valutino questo cambiamento di scena, così manifesto, così brutale. Ci basterebbe sapere che “atlantismo”, così come ci avevano detto, non è solo mera convenienza militare, è anche condivisione di un orizzonte di valori. Che fare, dunque, nel caso i valori non fossero più gli stessi?
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