mercoledì 26 marzo 2025

Grande Alessandro!

 

Lessico e bombe. Pronti al Rearm Ue: marketing delle parole per (non) dirlo
DI ALESSANDRO ROBECCHI
Io me la vedo la riunione ristretta, segreta e riservata, in una stanzetta nei grandi palazzi d’Europa, dove le più lucide menti del gabinetto Von der Leyen hanno cambiato nome al grande piano di debiti denominato ReArm Europe. Ci sono riunioni analoghe in ogni azienda, quando bisogna decidere come chiamare dei biscotti, o un detersivo per piatti, o scegliere il nome di un’automobile. Si cercano nomignoli accattivanti, positivi, allegri, che rimangano in mente e che richiamino con una certa precisione il prodotto che si vuole vendere: il marketing è una scienza.
In quella riunione c’era un problema in più, però: bisognava trovare un nome che non dicesse il prodotto, che lo nascondesse, che spiegasse a centinaia di milioni di europei – evidentemente considerati scemi – che servono sì 800 miliardi sottratti a cose utili e giuste per comprare armi, ma che fingesse di essere qualcos’altro. Tipo chiamare un gas letale “vapore del riposo”, o ribattezzare la sedia elettrica “sistema di seduta energetico”. La riunione è andata maluccio, poca fantasia, nel senso che il piano “ReArm Europe” è diventato “Readiness 2030”, che vuol dire “prontezza”, che già acquista, nella traduzione in italiano, un suono vagamente posticcio. Ma insomma, scomparsa la parola “Arm”, che aveva turbato Giorgia Meloni e altri leader europei, il problema pare risolto, perlomeno per quanto riguarda il nome, perché invece il problema vero, cioè trovare 800 miliardi, si rivela un po’ più complicato. Quasi tutti quelli che dovrebbero cacciare il grano e indebitarsi fino al collo fanno marameo alla signora, ognuno si riarma da solo, la Germania più di tutti, e noi tapini continuiamo a comprare a peso d’oro aerei da caccia come gli F-35, che potremo usare solo con l’approvazione di quelli che ce li vendono, gli Stati Uniti, e che senza il loro ok non potremo nemmeno far decollare. Alla faccia della prontezza.
Del resto, questa faccenda dei nomi digeribili (tipo l’“Operazione militare speciale” di Putin) è vecchia come il mondo, e stupisce che ci siano parole ricorrenti (altro segnale che quelli del marketing lavorano maluccio). La parola “volenterosi” è un caso di scuola. La usò l’America di Bush per aggredire l’Iraq, per esempio, e noi – noi Italia – fummo parecchio volenterosi, partecipando al massacro di un milione di civili iracheni. Ora la si adopera per fare l’appello di quelli che vorrebbero andare a fare la guerra in Ucraina. Mai che si siano sentiti dei volenterosi applicare la loro volontà che so, alla giustizia sociale, o al rafforzamento dei servizi sanitari, no, niente “volenterosi” per quello. Del resto, il sistema dei media occidentali – che oggi gridano giustamente al diritto internazionale violato – ha mostrato in passato di credere di buon grado ad altre formule retoriche un po’ ridicole, una su tutte: le “bombe intelligenti”.
Sono gli stessi politici e gli stessi media, del resto, che davanti a una lista con nomi, cognomi e date di nascita di oltre 50 mila palestinesi assassinati da Israele (nelle prime 27 pagine ci sono bambini tra 0 e 1 anno, cioè neonati), ancora parlano di “Diritto alla difesa” di uno Stato suprematista che punta alla soluzione finale di un intero popolo. La parola giusta – genocidio – è considerata sconveniente. Anche perché, se la si usasse, si dovrebbe ammettere che la famosa Europa – quella della Prontezza e degli 800 miliardi – è complice silente di uno sterminio deliberato. Non sta bene, non si fa, è più comodo adottare le parole degli sterminatori.

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