sabato 22 marzo 2025

Grande lezione

 

Anche la piazza pro-Europa venera la proprietà privata
DI DANIELA RANIERI
Uno degli aspetti al contempo più drammatici e ridicoli di tutta la questione “Meloni contro Manifesto di Ventotene con indignazione della sinistra”, oltre all’evidente fatto che la presidente del Consiglio usa un testo del 1941 per colpire la “sinistra” di adesso e occultare i casini del suo governo, e la “sinistra” di adesso ci casca con tutte le scarpe occultando di fatto i casini del governo Meloni, è che il passaggio del Manifesto contro la proprietà privata letto dalla Meloni è in realtà altrettanto urticante e assolutamente irrealizzabile per gli stessi manifestanti pro-Europa che si infervorano contro la Meloni.
A Giorgia Meloni è bastata la furbizia: siccome il mio governo fa porcate riconosciute da tutti, compresi miei elettori, giudici di destra e forze dell’ordine, da ultima quella sulle intercettazioni che si possono fare solo per 45 giorni perché il ministro per così dire competente Nordio ritiene che dal 46esimo giorno sarebbe accanimento giudiziario se non persecuzione di innocente, allora devo inventarmi qualche trucchetto. Potrei toccare i totem della sinistra attuale (cioè di questa scialba acquetta conformista, europeista a prescindere e atlantista solo quando governano i Buoni, che della vera sinistra non ha manco il sentore) e farla imbufalire più di quanto facciano le misure del mio governo. Ora: la proprietà privata di cui auspicavano l’abolizione Spinelli, Rossi e Colorni non era quella della casa, dell’automobile, della argenteria di famiglia e degli oggetti di consumo; bensì quella dei mezzi di produzione. Abbiamo dei dubbi che la parte più agiata della piazza per “l’Europa di Ventotene” sarebbe d’accordo. Quell’Europa ideale di Ventotene in cui Meloni non vorrebbe assolutamente vivere perché biecamente sovietica, è la stessa in cui non vorrebbero vivere i nostri migliori liberali sedicenti di sinistra. Spinelli, Rossi e Colorni (tra l’altro l’autore della parte sulla riforma della società è Rossi, che era un liberale, non un comunista) volevano che fosse abolita la proprietà degli strumenti materiali e immateriali attraverso i quali si producono beni o servizi, non solo fabbriche, ma anche terre, risorse, materie prime. In un contesto del tutto diverso, oggi ciò vorrebbe dire nazionalizzare l’energia, svincolarci dalla sudditanza economica agli Usa, togliere ai privati la proprietà delle autostrade o delle sorgenti d’acqua, che un referendum (tradito) del 2011 ha voluto fosse pubblica. Oggi mezzi di produzione sono i server della Rete, nonché i dati che essi contengono. Quel che il Manifesto voleva fosse combattuto erano i monopoli, che devono essere aboliti o limitati se si trovano nella “condizione di sfruttare la massa dei consumatori”. E hai voglia quanti ne abbiamo oggi. Voi ce li vedete i partecipanti alla piazza pro-Europa, cioè pro-ReArm Europe, a lottare per l’abolizione dei monopoli, l’abbattimento dei privilegi sociali, la fine dello sfruttamento del lavoro? Sono i capisaldi del neoliberismo che hanno appoggiato e propagandato per anni!
A occhio, il 90% di quelli che sabato scorso erano in piazza, compresi dirigenti ed elettori del diversamente pacifista Pd, era tutta gente a cui è meglio non toccare i privilegi di casta e per la quale i mezzi di produzione stanno bene nelle mani in cui stanno, quelle dei padroni. Nella nostra Europa ideale, per dire, la produzione di armi dovrebbe essere nazionalizzata in ogni singolo Paese e la libera stampa e l’informazione non dovrebbero giammai essere collegate a chi le armi le fabbrica. E sapete chi è uno degli azionisti di rilievo di un semi-monopolio della produzione italiana di armi pesanti insieme a Fincantieri? È un privato, si chiama Exor, ed è azionista di Iveco, che a sua volta sta (forse) per essere comprata da Leonardo – colosso italiano e mondiale di produzione di ordigni e veicoli militari – oltre che l’editore del giornale che ha promosso la manifestazione.

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