Una pistola alla tempia
di MICHELE SERRA
Niente è più distopico, niente più destabilizzante, che immaginare un’America non più democratica, dunque non più americana. Capisco chi dice, fiducioso, “non succederà mai”: lo dice perché gli risulta incredibile e insopportabile l’idea. Generazioni di europei sono cresciute con la certezza che l’America, per quanto contraddittoria, per quanto violenta, per quanto “gendarme del mondo”, fosse libera.
Un luogo vasto e disponibile agli uomini, aperto al futuro, allo spirito di avventura, alla libertà di parola.
L’America di Trump è invece arcigna, brutale, chiusa, sopraffattrice. Taglia i fondi a qualunque ente sgradito, censura le università, azzoppa il welfare, punisce i disobbedienti, ringhia ai deboli e ai diversi, fino all’inaudito proclama del suo presidente che definisce «illegali» gli organi di informazione che lo criticano. Illegali! Con incredibile flemma, ancora si discute, in America e nel mondo, se la democrazia americana sia in pericolo. Non solo lo è, ma in alcuni suoi fondamenti (la libertà di opinione, la libertà di ricerca, la libertà di non riconoscersi nella “famiglia tradizionale” e nella religione tradizionale) è già adesso sotto schiaffo.
Trump è una pistola alla tempia della democrazia americana, è l’assalto al Parlamento, è l’asservimento dell’istruzione al conformismo religioso, è l’odio per i deboli, è il suprematismo bianco al potere: che cosa serve, ancora, per prenderne atto?
Riguardatevi l’ultima scena di Easy Rider .
Con i due farmer che incrociano i due hippy sui loro chopper e risolvono la questione con due colpi di fucile. È solo un film, ma nell’ultimo paio di mesi mi torna in testa quasi ogni giorno.
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