domenica 23 marzo 2025

A Martusce'!

 

Onta su onta
DI MARCO TRAVAGLIO
Tra le tante notizie incomprensibili di questi tempi tragicomici, una svetta su tutte: la decisione di Fulvio Martusciello, coordinatore di Forza Italia in Campania e capodelegazione al Parlamento europeo, di ritirare la sua candidatura a presidente della Regione. Il motivo è che il suo nome è emerso, malgrado non risulti indagato, nell’inchiesta su presunti regali e mazzette dal colosso cinese Huawei per l’affare del 5G. E che la sua assistente Lucia Luciana Simeone è stata arrestata per ipotetiche tangenti da 46 mila euro. “Ho costruito in questi anni – ha spiegato Martusciello – un partito al di sopra di ogni sospetto e in una fase in cui è giusto che ogni contesto venga chiarito senza interferenze ritengo doveroso contribuire a preservare FI da ogni possibile elemento di attacco o strumentalizzazione”. Sul partito “al di sopra di ogni sospetto” ci sarebbe magari qualcosina da eccepire, vista la sfilza di forzisti campani arrestati e/o indagati, anche per storie di camorra, come Giggino ’a Purpetta Cesaro, alcuni poi condannati in via definitiva come Nicola Cosentino (10 anni come referente del clan dei Casalesi). Senza dimenticare il fondatore Silvio B., che proprio a Napoli si comprò il senatore Sergio De Gregorio e fu condannato e poi salvato dalla prescrizione. Ma proprio questo è il punto. Da 31 anni esatti in FI l’avviso di garanzia fa curriculum, il rinvio a giudizio è uno status symbol, l’arresto è una medaglia al valore, la condanna una causa di beatificazione. Se uno è indagato e poi assolto, è la prova che i pm lo perseguitavano. Se invece è condannato, è la prova che i giudici lo perseguitano.
Ora, consolidato il teorema del complotto perfetto, non si vede come, all’improvviso, l’arresto di un’assistente possa stroncare una candidatura. Qui si rompe una lunga tradizione e si getta una luce sinistra su tanti valorosi pregiudicati venerati nel calendario azzurro e nel martirologio “garantista”. Non si era detto che, quando tocca un berlusconiano (e, per estensione, di tutto il centrodestra), la giustizia è accanimento a orologeria, persecuzione politica, congiura di toghe rosse, invasione di campo e gogna mediatica? Non si era detto che, per ipotizzare eventualmente dimissioni o altri passi indietro, bisogna attendere la sentenza definitiva della Cassazione e poi, quando arriva, se è di condanna, si passa direttamente a dedicare al pregiudicato l’aeroporto di Linate e il francobollo commemorativo? E, se è di prescrizione, la si gabella per assoluzione? Qui si rischia di gettare nel più cupo sconforto un’intera comunità. A meno che Martusciello non si affretti a confessare alla base disorientata la vera onta infamante che lo spinge a ritirarsi col capo cosparso di cenere: non essere indagato.

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