Intervista a Virginia Raggi
“I dem sono ambigui sulle armi. E Meloni governa per le élite”
DI LUCA DE CAROLIS
Per lei la parola chiave è una, e la ripete più volte: temi. “Se il Movimento ora appare in salute è perché è tornato a parlare dei temi, cioè dei problemi della gente” sostiene l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi. Convinta che quello sia il discrimine per eventuali alleanze: “Vanno trovati prima punti in comune con altri partiti, da tradurre in azione politica”.
Sono tempi difficili, dove si discute e si tratta su guerra e armi. Temi che dividono la politica, trasversalmente.
Non si possono adottare mezze misure quando se ne parla. O si è a favore, o si è contro la guerra. E il Movimento, coerentemente, si oppone, perché il concetto stesso di guerra è contrario alla Costituzione e all’idea fondativa della Ue.
Il M5S deve insistere?
Il M5S si oppone all’invio di armi in Ucraina senza se e senza ma. Aveva ragione Conte ad attaccare chi ci chiamava “pacifinti”: eravamo e siamo una forza politica che ha una posizione coerente.
Schlein si è esposta contro il piano di riarmo europeo, sfidando le correnti. Non lo trova un buon segnale?
Non basta, deve avere più coraggio. E il fatto che il Pd sia ambiguo sul tema e che si sia spaccato in Europa la dice lunga sulla distanza con noi.
Dovrebbero essere vostri alleati, anche a livello locale.
Alla gente non interessa nulla di alleanze o beghe di palazzo. Vuole risposte su temi come lavoro, sanità e pace. E poi un argomento come quello della guerra è dirimente.
Ma da soli non si amministra, e non si governa. Il M5S dovrebbe correre da solo?
Innanzitutto, io ricordo che una legge elettorale non è per forza immutabile. Quella attuale, il Rosatellum, fu fatta nel 2018 per fermare il M5S. Ma vincemmo lo stesso.
Lei come la modificherebbe? Con le preferenze?
Per noi 5Stelle le preferenze sono sempre state un punto fermo, certo.
Ma resta il nodo di fondo: la volontà o meno di costruire una coalizione.
Per farlo bisogna partire da punti di programma condivisi. Le alleanze si fanno per realizzare progetti, non contro qualcuno o qualcosa.
Anche a Roma, dove il sindaco dem Roberto Gualtieri si ricandiderà? Lei è consigliera comunale per il M5S, all’opposizione, ed è sempre critica con lui. Non vede spazi di dialogo?
Premetto che non sono sempre critica, ma quando necessario. La vicenda della piazza per l’Europa pagata con 350mila euro dei cittadini romani, senza un atto di giunta che riconoscesse l’interesse pubblico, non è di certo il miglior viatico per discutere. Anche noi presenteremo un esposto alla Corte di Conti. Sarà la magistratura a esprimersi, ma questa storia è un problema politico.
Come sta governando Giorgia Meloni?
Lei e i suoi in campagna elettorale si erano presentati come gli anti-sistema. Una volta eletti, sono diventati il sistema, ossia il governo delle elite. Il lavoro è sempre più precario e la sanità funziona sempre peggio, mentre si tenta di privatizzarla sempre di più, peraltro in continuità con governi di centrosinistra. Hanno accusato noi 5Stelle di essere populisti, ma io non la ritengo una brutta parola. Sono loro a non avere rispetto del popolo e degli ultimi.
Si parla molto dell’attacco della premier al Manifesto di Ventotene. L’anti-fascismo è un argomento con cui incalzarla?
L’anti-fascismo, usato in questo modo, è un tema di distrazione di massa. I cittadini non parlano del Manifesto di Ventotene, ma del lavoro che manca e della sanità che non funziona.
Come sta il M5S dopo la Costituente? È soddisfatta dell’esito?
I sondaggi dicono che siamo in salute. Grazie alla Costituente siamo tornati a confrontarci su argomenti concreti che riguardano la vita quotidiana delle persone e i nostri valori.
È stato cancellato il garante, cioè di Beppe Grillo, a cui lei è molto legata.
È un grande peccato.
Come sono i rapporti tra lei e Conte?
Buoni, glielo assicuro.
Lei lo rivorrebbe Alessandro Di Battista nel M5S?
Alessandro sarebbe un valore aggiunto: per portare avanti le nostre idee servono i migliori, e lui è tra questi. In questi anni abbiamo collaborato su tanti temi, da Assange al riconoscimento dello Stato di Palestina.
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