Due burocrati senza politica
DI MICHELE SERRA
Ho ascoltato parola per parola gli interventi in aula del ministro della Giustizia Nordio e del ministro degli Interni Piantedosi. La cosa che mi ha più colpito è la totale, dico totale assenza di qualunque valutazione etica o giudizio politico sull’accaduto — non fosse, nel caso di Nordio, un breve riferimento polemico alla magistratura, della quale, almeno in teoria, è il ministro referente.
Trattandosi di un caso esploso unicamente per ragioni etiche e politiche (il rilascio e il rimpatrio con volo di Stato di una persona accusata di crimini contro l’umanità), forse almeno un paio di frasette di circostanza, nel merito, erano attese. Nemmeno l’ombra. I due hanno parlato come burocrati che si riparano dietro le loro scartoffie, per giunta non così eloquenti da mettere la parola fine alla vicenda. Non un caso politico, dunque, ma un caso burocratico, dentro il quale non era possibile trovare traccia alcuna della carne e del sangue degli esseri umani coinvolti; né della gravità delle accuse che pendono su quel capobranco ricondotto a casa sua con tutti i comfort, lungo una rotta che centinaia di migliaia di altri esseri umani percorrono in senso contrario in condizioni di indicibile sofferenza e pericolo.
Nordio, a tratti beffardo, non è sembrato in condizioni di capire di che cosa si stava parlando. Piantedosi anche, ma perlomeno non è stato beffardo. La speranza è che, almeno lui, fosse imbarazzato, a differenza di Nordio che appariva di ottimo umore, come chi gongola per avere sventato l’attacco di un manipolo di rompiballe (mezzo Paese così è visto da questo governo: un manipolo di rompiballe).
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