Renzi-Calenda: bandiere per Israele, ma a teatro
DI DANIELA RANIERI
Nel momento in cui l’opposizione decide di fare una manifestazione il più possibile partecipata per indurre il governo Meloni a condannare almeno a parole lo sterminatore di bambini Netanyahu, e sperabilmente a smettere di inviargli armi e solidarietà, era proprio il caso di mettersi a fare dei distinguo pro-Israele. E chi poteva incaricarsi di un compito così ingrato, indicendo una manifestazione alternativa il giorno prima della piazza di Roma del 7 giugno indetta da Pd, M5S e Avs? (Diciamo manifestazione per modo di dire, visto che di solito le manifestazioni si tengono nelle piazze o consistono in cortei, mentre qui stiamo parlando di un ritrovo in un teatro di Milano in una sala da 500 posti, per cui sarebbe meglio chiamarlo meeting).
Ovvio: i due politici più scrausi su piazza, cioè Renzi e Calenda. Insieme a loro, i cosiddetti riformisti del Pd, tipo Quartapelle, Delrio, Fassino, Guerini, Picierno, gente molto a suo agio con le bombe (in Ucraina) e per la quale l’organizzazione terroristica Hamas, che ha ucciso 1295 israeliani il 7 ottobre 2023, è comunque più cattiva di un governo “democratico” che abbatte (almeno) 55mila innocenti. E sì che a Roma ci sarà anche chi fino a ieri ha negato lo sterminio; bisogna essere proprio più likudisti di Netanyahu, per mettersi a fare i capziosi. Ma perché distinguersi?
Calenda vabbè, lo conosciamo: siccome si è intestato su X il ruolo di difensore biblico del popolo eletto d’Israele, deve tenere il punto: la situazione a Gaza è indecente, sì, ma l’antisemitismo pure non scherza. Sui principi morali di Renzi è lecito dubitare dopo la lunga frequentazione tra lui e il Paese: infatti la piattaforma del ritrovo a teatro, ha detto a Piazzapulita, consiste nel “portare le bandiere israeliana e palestinese insieme al teatro Parenti; se uno viene con la bandiera israeliana, noi gli diamo quella palestinese, e viceversa”. È una questione di merchandising, insomma. Peserà, nel suo cerchiobottismo contro il carnefice ma anche un po’ pro, il fatto che il suo amico Marco Carrai sia console onorario di Israele e vanti importanti relazioni con aziende israeliane nel campo della cybersecurity (il cui comando nazionale Matteo voleva affidargli quand’era al governo)? Chissà.
La motivazione ufficiale della “manifestazione” scismatica è che nella piattaforma di Roma non c’è la condanna all’antisemitismo, un’urgenza tale da far riavvicinare Renzi e Calenda, due che forse si odiano più di quanto si odino israeliani e palestinesi. Questo, casomai avessimo qualche dubbio, vuol dire non capire niente; vuol dire non comprendere che la piaga dell’antisemitismo viene ogni giorno infettata da Netanyahu in tutto il mondo con la sua diuturna strage degli innocenti, e che il peggior nemico degli ebrei è al momento questo criminale che fa sfollare la popolazione palestinese e poi la bombarda nel luogo in cui si rifugia; che dichiara non esserci nessuna carestia a Gaza perché lui i palestinesi li ha visti nudi e semmai erano poco allenati (scappare dalle sue bombe non li mantiene abbastanza in forma); del resto l’associazione inglese “Avvocati per Israele” dice che la guerra aiuta a ridurre l’obesità nella Striscia. Lo spazio mediatico di cui gode la reunion dei due politici del 2-3% è come di consueto esorbitante, e va di pari passo col fremito che si è impossessato delle redazioni appena si è saputo che a Genova aveva vinto la candidata di Pd, M5S e Avs sostenuta pure dalla lista Riformiamo Genova, dentro cui si erano infrattati Italia Viva e Azione. Ciò è bastato per inneggiare alle proprietà salvifiche del “Centro” o “Terzo Polo”, la creatura fantasy che fa sognare i nostri editorialisti quasi quanto la chimerica Agenda Draghi. Fa niente se l’Istituto Cattaneo ha rilevato che il sostegno di Renzi e Calenda non ha spostato un voto a favore di Salis (direte voi: è già tanto che Renzi non le abbia fatto perdere cataste di voti, e pure questo è vero); e può darsi che più che un’improvvisa resipiscenza campolarghiana abbia pesato il fatto che Matteo sia amico del marito di Salis, il regista Fausto Brizzi, nel cui loft a San Lorenzo Matteo si “rifugiava” (L’Espresso) ai tempi della discesa su Roma. Ma non roviniamo un sogno.
Quanto a Calenda, il 20 febbraio disse al Corriere che siccome sulla guerra in Ucraina Conte a suo avviso è russofilo, lui avrebbe posto un ultimatum al Pd: “Io non farò più alleanze, nemmeno a livello locale, con il Movimento 5Stelle”, infatti il giorno prima aveva annunciato che avrebbe appoggiato Salis alleandosi col M5S; poi ha raddoppiato a Lamezia Terme, sostenendo la candidata di Pd e M5S. Forte di questa specchiata coerenza, l’altro ieri è andato a Tagadà a insultare gli elettori che non votano per lui, cioè il 97% degli italiani. Non tutti possono portare con disinvoltura la bandiera di uno Stato il cui governo bombarda case, ospedali, rifugi: ci vogliono due così.
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