giovedì 6 novembre 2025

M'inchino!

 

Provaci ancora, Nordio
DI MARCO TRAVAGLIO
Quando Totò e Peppino, al secolo Nordio e Piantedosi, liberarono l’ex capo della polizia giudiziaria libica Almasri che la magistratura e la polizia italiane avevano arrestato su ordine della Corte penale internazionale per torture, stupri e traffico di migranti e lo caricarono su un aereo di Stato per pagargli pure il viaggio di ritorno in Libia, ci scappò una battuta: “Ora manca soltanto che lo arrestino i libici”. Mai fare battute: rischiano di avverarsi. E infatti. Ascoltando Peppino Piantedosi chiedere in Parlamento un bell’applauso alla polizia che l’aveva arrestato perché era pericoloso e Totò Nordio spiegare di averlo liberato perché era pericoloso, la magistratura libica ha avuto come il sospetto che Almasri fosse pericoloso. E, priva com’è della nostra cultura garantista e riformista, ha reagito con l’impulsività tipica dei cavernicoli giustizialisti e manettari: l’ha arrestato. E, badate bene, il mandato di cattura non è partito da un giudice terzo, ma dalla Procura generale di Tripoli. Cioè dagli orridi magistrati requirenti: mica dai giudicanti, neppure interpellati. Un pm che arresta un tizio, non so se mi spiego. E non un tizio qualunque: un superpoliziotto, malauguratamente sprovvisto dello scudo penale che il governo Meloni sta approntando per le forze dell’ordine italiane. E, quel che è più grave, l’hanno arrestato su due piedi, a sorpresa, senza neppure avvertirlo cinque giorni prima e convocarlo per chiedergli che ne pensava, come prescritto dal Diritto Nordiano, dove infatti gli arrestandi con un minimo di sale in zucca se la danno a gambe levate. Niente. In Libia, quando devi arrestare qualcuno, non glielo dici in anticipo: lo vai a prendere e basta.
Ora manca solo di scoprire che l’hanno pure intercettato (pratica che il nostro Guardagingilli reputa “una barbarie medievale”) e magari financo perquisito, quasi certamente senza avvertire i suoi avvocati due ore prima, come prescritto dalla prossima riforma Nordio per dare tempo e modo ai perquisendi di far sparire tutto. Tutte barbarie da toghe rosse africane. Ce n’è abbastanza perché l’Italia si faccia sentire nelle sedi opportune per sottrarre il torturatore (presunto, si capisce) alle torture della giustizia libica e rivendicare la primigenia competenza sul caso. Non era forse l’Italia il Paese incaricato dalla Cpi di arrestare Almasri? Bene: ora a Nordio non rimane che sollevare un conflitto di competenza con la Procura generale di Tripoli, chiedere l’immediata estradizione di Almasri, mandarlo a prendere dall’apposita zarina Bartolozzi con lo stesso aereo dei Servizi che l’aveva portato lì e, appena atterrato a Ciampino, liberarlo di nuovo. Oppure, in alternativa, ordinare a Tripoli di separare le carriere dei pm e dei giudici libici.

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