mercoledì 19 novembre 2025

Robecchi

 

Conflitti globali. Se uniamo i puntini troviamo un disegno di barbarie
DI ALESSANDRO ROBECCHI
Unire i puntini sta diventando un gioco pericoloso, anche perché i puntini, a seguire le cronache, riguardano soprattutto morte e distruzione. Basta leggere le prime pagine: Zelensky si fa gentilmente consegnare da Macron cento aerei da caccia Rafale, più droni, missili e altro, tra gli applausi della sinistra liberal-militare europea (italiana in particolare, gente a cui non prestereste la macchina per manifesta stupidità) che si rammarica di non dargliene di più. La Gran Bretagna annuncia che la sua mega-portaerei HMS Prince of Wales è finalmente operativa e pronta alla guerra (stavamo in ansia). La premier giapponese Takaichi dice che è un po’ stufa della Costituzione pacifista che prevede il principio di “non introduzione” di armi nucleari sul suo territorio, vorrebbe qualche bombetta anche lei, insomma, e come negarglielo visto che ad oggi sono gli unici ad averne ricevute due (americane) in testa.
Trump dice che in qualche modo ricomincerà a fare esperimenti nucleari perché non è bello stare con le mani in mano. Putin annuncia siluri pazzeschi e sottomarini in grado di lanciarli ovunque. Metteteci il famoso Sudan, una carneficina che prosegue da anni, diventata ultimamente famosa perché i negazionisti del genocidio palestinese ne hanno fatto un grande uso dialettico: e il Sudan allora? Perché non fate una flottiglia che va in Sudan? Eh? Astuti come faine: pur di difendere e negare un genocidio a opera dei loro amici israeliani (una lobby che paga bene) è andata in onda la grande riscoperta del Sudan. Eh, già il Sudan, dove sono all’opera milizie armate e sostenute dagli Emirati Arabi a cui – sia detto en passant – vendiamo parecchie armi (è il settimo Paese sulla lista delle nostre autorizzazioni alle esportazioni di armamenti). Dunque diciamo che facciamo il nostro anche in Sudan, come del resto facciamo il nostro anche in Yemen, dove c’è una notevole emergenza umanitaria a causa di massicci bombardamenti dell’Arabia Saudita a cui… indovinato, vendiamo il nostro prestigioso made in Italy esplosivo.
Dunque non c’è angolo di mondo in cui non si faccia, o non si prepari, o non si auspichi più guerra, non meno guerra; più morti, non meno morti. Il tutto mentre il ministro della Difesa italiano – quello che fino a tre anni fa lavorava per i produttori di armi, cioè le vendeva, invece ora le compra – continua a dirci che serve prepararci alla guerra perché saremo invasi, la Germania rispolvera la leva (semi) obbligatoria e tutti insieme – tutti – si dilettano nel malmenare, perseguire e censurare i pacifisti (filo-Hamas, filo-russi, filo-cinesi, scegliete voi).
In tutto questo, siccome la neolingua non è un’invenzione di Orwell, si usa chiamare “pace” la prosecuzione della guerra. Israele continua, in modalità basso volume, il suo genocidio in Palestina, costruisce muri in Libano che sottraggono territorio ai libanesi, e spara ai soldati Onu che osano denunciarlo. Intanto perfeziona il suo apartheid (pena di morte, ma solo per i palestinesi) e migliora il suo Reich “democratico” votando leggi che permettono di silenziare media stranieri, social e comunicazioni elettroniche, dopo aver assassinato quasi 300 giornalisti a Gaza. E, ovviamente, continua a proteggere con il suo esercito genocida i terroristi in Cisgiordania, amabilmente chiamati “coloni”. Questo è lo stato delle cose, qui, oggi, e non c’è molto da aggiungere, se non – forse – il vecchio detto “socialismo o barbarie” dove il socialismo non è mai pervenuto e resta invece parecchia barbarie. Una prece.

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