Salta che ti passa
DI MARCO TRAVAGLIO
La lunga partita delle sei Regionali del 2025 si chiude col 2-1 per il centrosinistra in Campania, Puglia e Veneto. Che, col precedente 2-1 per il centrodestra in Calabria, Marche e Toscana, porta il risultato finale sul 3-3 (l’autonomista Val d’Aosta fa storia a sé). Ogni schieramento mantiene le posizioni. Con una novità e una sorpresa: il centrosinistra in Campania vince con un candidato 5Stelle, Fico, dopo il lungo regno del pidino sui generis De Luca; e il centrodestra in Veneto vince col salviniano Stefani dopo il lungo regno del leghista sui generis Zaia, ma la Lega data in caduta libera doppia FdI (che va malissimo anche in Campania). Trarre da questo quadro una “lezione nazionale” sul governo Meloni e i suoi oppositori è arduo, ma soprattutto inutile. I distacchi sono così abissali, anche nell’unica regione – la Campania – che i Melones ritenevano contendibile, da rendere ancor più ridicolo del solito l’agitarsi delle mosche cocchiere centriste per accreditarsi come decisive. Gli elettori (quei pochi che continuano a esserlo) cambiano testa a seconda che sia in ballo il Comune, la Regione o il Parlamento. E chi – in questo caso la Meloni in Campania – prova a nazionalizzare il voto con sei condoni edilizi per comprare voti last minute e di politicizzarlo con imbarazzanti balletti al grido di “chi non salta è comunista” e ridicole campagne sulla barchetta di Fico, ne esce scornato. Per il resto, i veneti confermano in gran parte il centrodestra per il buon ricordo che (almeno loro) hanno di Zaia. E la maggioranza dei pugliesi premia l’ex sindaco Decaro e anche il presidente uscente Emiliano.
Più interessante è l’esperimento campano: sia dal lato etico-antropologico, perché Fico è l’antitesi di De Luca; sia dal lato politico, perché lì il M5S era sempre stato all’opposizione del Pd deluchiano, mentre ora s’è alleato con quel che ne resta. Si pensava che avrebbe pagato un prezzo altissimo sia per i sì sia per i no detti da Fico, e certo diversi voti li ha persi, soprattutto verso l’astensione. Ma, fra lista M5S e lista Fico, resta sopra il 15% in una delle regioni più “grilline” d’Italia. E la lista De Luca esce ridimensionata rispetto alle attese, confermando una regola aurea dell’italico trasformismo: quando il ras esce di scena, i topi ballano e si cercano altri ras. Ora starà a Fico selezionare i topi capaci e perbene da tenere con sé e quelli incapaci e permale da mandare a casa. Ma è indubbio che il nuovo presidente, grillino della prima ora, parta rafforzato: molti dei voti della coalizione li ha portati lui, con i suoi sì e i suoi no, e adesso sarà più difficile per chiunque prenderlo in ostaggio. Se c’è un elemento che può tornare utile per le Politiche, è questo: per battere Meloni&C. servirà dire dei sì, ma anche dei no.
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