martedì 4 febbraio 2025

Topper


Il trend
Il lusso casalingo che ti fa sentire come negli hotel di chef Barbieri
DI MAURIZIO CROSETTI
La setta del topper, quella congregazione di maniaci che quando entrano in una camera d’albergo vanno immediatamente a controllare se sul materasso c’è la mitica imbottitura supplementare, sarà felice: l’accessorio reso famoso in tivù da Bruno Barbieri fa ingresso nel paniere dell’Istat insieme allo speck, ai pantaloncini corti e al cono gelato. Ma se l’affettato, il pistacchio/cioccolato e le braghette fanno parte da sempre delle nostre vite, del topper ignoravamo l’esistenza fino all’avvento di “4 Hotel” nel 2018. Ora, pare non se ne possa fare a meno. Ma è poi vero? Ci sarà un motivo se per millenni il genere umano ha riposato più o meno bene anche senza il materassino (e comunque, il medico non ha sempre detto che per la schiena è meglio il letto un po’ duro?). Potenza delle mode e degli influencer. Se si fa un giro sul web, si scopre che alla non tanto modica cifra di euro 205,54 è possibile farsi portare a casa il Topper Bruno Barbieri, “selezionato dal massimo esperto di buon riposo”, un tipo che peraltro nella vita farebbe lo chef ed è diventato personaggio cazziando aspiranti cuochi che scuocevano la pasta. Adesso, furbacchione, fattura le tendenze da lui stesso indotte, i bisogni inesistenti che bucano lo schermo.
Quanta nostalgia per le televendite dei materassi di Mastrota e Gabriella Golia, o per l’antico spot di Carosello con i bimbi che saltavano sopra il letto (“Bidibodibù/Bidibodiè”). Siamo passati dal neorealismo dei materassai che li squartavano, ne risistemavano l’imbottitura di lana, li ricucivano e li consegnavano come nuovi alle massaie, al famigerato topper (dall’inglese, “cosa che sta sopra”).
A occhio non ci abbiamo guadagnato un granché, a parte Barbieri.
Forse è solo suggestione, un guasto nell’immaginario collettivo. Un oggetto familiare e casalingo come il materasso, luogo dove si nasce e dove si muore, dove ci si rigira nelle notti insonni e dove si fa l’amore, è diventato oggetto del desiderio. Ci sono i topper da 39 euro e quelli in seta da 500, imbottiture in schiuma che memorizzano le forme del corpo (ma vogliamo davvero essere memorizzati proprio lì, povere membra che non siamo altro?) e in piuma d’oca, sì, addirittura quelle, a dispetto di un’epoca che giustamente rispetta gli animali. Perché, scusate, pelliccia di visone no e topper di papera sì? Dove sta scritto?
A Madrid c’è persino una nobile squadra di calcio, l’Atlético, chiamata “colchoneros”, cioè materassai, perché i colori sociali bianchi e rossi ricordano le righe delle tele che rivestivano, appunto, i materassi (senza topper). Qualcosa di popolare e popolaresco sul letto che narra i destini dell’umanità, le sue gioie e le sue pene, le sue malattie e il suo ardore, e comunque dormiamo per un terzo della vita, con o senza imbottitura.

Si dice “letto di dolore”, “dormire tra due guanciali”: il linguaggio racconta sempre chi siamo. Ma adesso, cosa dirà di noi? Forse, che siamo diventati gente che lecca un cono gelato in braghette, distesa sul topper.

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