Resistere alla tempesta
DI MICHELE SERRA
Un branco di radicali lunatici” secondo Trump, “un verminaio” secondo Musk. Si riferiscono a Usaid, l’agenzia americana fondata nel 1961 da John Kennedy per aiutare i Paesi poveri. “Usaid deve morire”, ha twittato il presidente con il suo gergo da gangster (lui parla spiccio: è ora di essere spicci anche parlando di lui). Usaid è uno dei tanti rami da tagliare, ramo particolarmente odioso per i nuovi padroni d’America perché ha il dna del solidarismo e della cooperazione internazionale.
Sicurezza interna, Difesa e poco altro, questo rimarrà di pubblico e di finanziato nel paese di Trump: uno Stato armato, e al resto — sanità e istruzione in primo luogo — ci pensano le carte di credito di chi può, e chi non può si arrangi perché è finita la pacchia, come direbbe il trumpetto di casa nostra.
Ho pensato ai funzionari di Usaid, che per metà saranno burocrati impigriti, per metà gente appassionata e competente che cerca di aiutare il prossimo. Immagino i loro sentimenti quando il loro presidente, come un imperatore che mostra il pollice verso, annuncia la morte non solo e non tanto del loro lavoro, quanto del loro impegno, delle loro idee, della loro storia, che è anche uno dei tanti pezzi nobili della storia americana.
Trump e Musk vogliono radere al suolo qualunque istituzione, nazionale e internazionale, che cerchi di tenere vive parole e opere di cooperazione e di pace. Oms, Fao, Unesco, le ogm di ogni ordine e grado, il solidarismo cristiano, il volontariato laico, qualunque cosa puzzi di gentilezza, di sovranazionalità, di operativo esercizio di fratellanza, è il loro nemico. In molte stanze, arredate molto diversamente da Mar-a-Lago, donne e uomini di buona volontà stanno cercando di capire come resistere alla tempesta. Sono loro, per ora, la sola vera opposizione a Trump.
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