venerdì 6 gennaio 2023

Epifania Travagliata

 

Lagnini
di Marco Travaglio
In spudorata concorrenza con i funerali del Papa Emerito, gli emeriti giornaloni lacrimano da giorni per la dipartita di alcuni irrinunciabili fenomeni del Deep State (in italiano: il Sistema di potere dei soliti noti), vittime inermi del cruento spoils system (lottizzazione) del governo Meloni. Di cui noi, com’è noto, pensiamo tutto il peggio. Ma non fino al punto di berci le lagne del Pd e dei suoi gazzettieri per una pratica che tutti i governi hanno sempre attuato da che mondo è mondo. Inclusi quelli del Pd, che è uso governare e lottizzare senza mai vincere un’elezione. Del resto è la legge Bassanini (non un fascista meloniano, ma un sincero democratico pidino) a stabilire che gli “incarichi di funzione dirigenziale cessano decorsi 90 giorni dal voto di fiducia”, cioè il 24 gennaio. Le lacrime più copiose sono per l’uscita di Alessandro Rivera dalla direzione generale del Tesoro, dove il boiardo dal cognome francamente eccessivo regna da vent’anni con i bei risultati a tutti noti (vedi alle voci Mps, Etruria e altre banche in splendida forma, giù giù fino a Ita). Ma è – assicura Repubblica – il “pupillo di Draghi”, quindi un “civil servant”, ergo guai a orbarcene, perché “poi chi parla con l’Ue?” (domanda ridicola che Rep attribuisce a fonti anonime, perché nessuno oserebbe mai firmarla col suo nome). Provate con Mazzola.
Ma fosse solo Rivera. La destra ha pure rimosso il dg dell’Aifa Nicola Magrini. Per metterci chi? La cantante Madame o un altro putribondo No Vax? Un terrapiattista che cura il Covid con clisteri di candeggina? No, si parla del presidente dell’Aifa, il virologo Giorgio Palù, o della presidente della commissione tecnico- scientifica dell’Aifa, Patrizia Popoli. Però per il Pd, è “una scelta di discontinuità grave e sbagliata, un segnale pericoloso” perché Palù o Popoli sarebbero nominati dalla Meloni, mentre Magrini, capitato lì nel 2020 sotto Speranza, l’aveva portato la cicogna, ispirata dallo Spirito Santo.
Ma fosse solo Magrini. Ci levano pure Giovanni Legnini, l’ex senatore Pd, sottosegretario di Letta e di Renzi, poi vicepresidente del Csm in quota Pd, che nel 2020 era in astinenza da cadreghe e il Pd lo promosse a commissario per la ricostruzione post-terremoto, ma solo per la squisita indipendenza politica: cosa che non si può dire del nuovo commissario, che è di FdI. Infatti il Pd strilla come un ossesso per le nomine, mentre pigola e balbetta sulle vere porcherie che il governo fa o annuncia ogni giorno, anzi minuto. Anche perché contro l’abuso d’ufficio e le intercettazioni è d’accordo, al presidenzialismo oppone intrepido il semipresidenzialismo e l’autonomia differenziata la vuole pure Bonaccini. Toccategli tutto, tranne ciò che ha di più caro: le poltrone.

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