Il sinistro della Giustizia
di Marco Travaglio
In uno strepitoso articolo sul Corriere, Luigi Ferrarella racconta tre storie di ordinaria “giustizia” che dovrebbero far riflettere un governo e un ministro seri, quindi non quelli attuali. C’è il procuratore capo di Piacenza che da due anni scrive al ministero perché copra i vuoti d’organico amministrativo (vicini al 50%) e, in mancanza di risposte, chiede a un’associazione di volontariato convenzionata col Comune “l’inserimento del nuovo pensionato L. B. che ha dato disponibilità a prestare attività presso questa Procura 2 o 3 giorni a settimana” per controllare le notifiche degli “avvisi di conclusione delle indagini” al posto di cancellieri e segretari mancanti. C’è la Procura di Milano che ha visto dirottare gli uffici della polizia giudiziaria dal palazzo di giustizia a uno stabile in periferia e, siccome i collegamenti telematici non sono sicuri, sono gli stessi pm a caricarsi in macchina montagne di fascicoli per portarli a destinazione. E c’è la presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna che, a corto di personale, si improvvisa centralinista.
Ma il cosiddetto ministro della Giustizia Nordio non bada a queste faccenduole, cioè dell’unico compito che gli assegna la Costituzione (“l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”)? Lui vola alto. Lui vuole separare le carriere dei magistrati perché non se ne può più di tutti questi pm che diventano giudici e viceversa: ben 21 toghe su 9 mila in un anno, una vera emergenza nazionale. Lui vuole salvare le legioni di italiani messi alla gogna e rovinati dai media con intercettazioni penalmente irrilevanti: il Garante della Privacy ha contato ben 20 casi in 27 anni, di cui quasi nessuno ha rovinato nessuno. Lui vuol tagliare le intercettazioni perché ci costano ben “200 milioni all’anno”. Cioè, per avere un’idea: un ottavo di quanto ci costano i 12 condoni del suo governo (gli unici della storia che, anziché portare soldi allo Stato, lo rapinano); poco più della metà della sola frode fiscale da 368 milioni di dollari dello scandalo Mediaset, costato la condanna definitiva a B.; lo zero-virgola-zero-qualcosa di tutti i miliardi recuperati dallo Stato grazie alle intercettazioni su reati mafiosi, finanziari, fiscali e contro la Pa (solo quelle per Messina Denaro hanno portato a sequestri per 200 milioni, ripagando le intercettazioni di tutte le Procure per un anno intero). Forse il costo delle intercettazioni è fuori controllo? Al contrario: il costo è sceso dai 255 milioni l’anno del 2009 ai 218 milioni del 2021, con un trend in calo costante. Nel 2005 lo Stato spendeva 2.297 euro per “bersaglio”: oggi 1.364. Per questo chiediamo, insieme a già 140 mila lettori, le dimissioni del ministro della Giustizia: per averne uno.
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