Processo alla Juve? Il big match di serie A si giocherà venerdì 20 in Procura federale
di Paolo Ziliani
È vero, venerdì c’è stato lo snodo tanto atteso di Napoli-Juventus, ma con tutto il rispetto per Spalletti e Allegri, Osimhen e Di Maria, Kvaratskhelia e Chiesa, il venerdì che inciderà di più sui destini della stagione calcistica in corso è il prossimo. E sì, avete ragione, venerdì 20 non è in programma alcuna partita; ma la partita che davvero conta è quella che si aprirà (anzi, si riaprirà) alle 12:30 a Roma presso la Corte d’Appello Federale convocata su ricorso della Procura per revocare la sentenza di assoluzione della Juventus emessa dalla stessa Corte ad aprile sul caso delle “plusvalenze fittizie”. Motivo: l’indagine Prisma della Procura di Torino ha scoperchiato – non proprio a sorpresa – il pentolone maleodorante di una serie di illeciti di carattere finanziario oltre che sportivo commessi negli anni dai dirigenti juventini in un “contesto criminale di allarmante gravità”, reati “pianificati e reiterati” commessi in “partnership con società terze” ponendo “in pericolo la lealtà della competizione sportiva” ( virgolettati dei pm). Poiché è di giustizia sportiva che parliamo, in attesa che quella penale faccia il suo corso (il rinvio a giudizio dei dirigenti del Cda dimissionario è atteso a giorni) è a venerdì 20 che tutti guardiamo. E poiché le evidenze di reato emerse dalle indagini appaiono lampanti, le possibilità che il “processo plusvalenze” non venga riaperto sono pari a zero. La prima a saperlo è la Juventus: che infatti ha già provveduto a far cadere tutte le teste del vecchio Cda.
Questa è la partita più importante perché, anche se nessuno ve lo dice, il campionato che la Juventus sta disputando è pro forma, portato avanti per pura formalità; un po’ come successe nel 2005-06 quando il club di Moggi e Giraudo affrontò le due ultime partite, Juventus-Palermo 2-1 e Reggina-Juventus 0-2, all’indomani dell’uscita delle prime intercettazioni di Calciopoli: era chiaro a tutti che i risultati di Madama sarebbero valsi, da lì in avanti, meno di zero. E smisero di valere anche quelli fatti prima. E infatti i 91 punti finali si tramutarono in 20° e ultimo posto, lo scudetto divenne retrocessione in serie B, i dirigenti Moggi e Giraudo vennero radiati e fine della farsa. L’avevano fatta troppo sporca. Far finta di niente avrebbe ucciso, definitivamente, il calcio in Italia.
La domanda che tutti ci poniamo, oggi, e parlo di chi ha a cuore le sorti di questo malandato calcio italiano, è: si userà il cerotto (per nascondere) o il bisturi (per estirpare)? Le intercettazioni ci parlano di un presidente, Agnelli, già forte di 12 mesi d’inibizione (rapporti con ultrà malavitosi, 2017) che dice papale papale di aver usato il Covid come scusa per giustificare bilanci “riempiti di merda” e che si fa perquisire in ufficio la madre di tutte le prove, la finta rinuncia agli stipendi firmata da lui e dal capitano Chiellini; di un direttore generale, Paratici, che afferma di fare “da una vita” il calciomercato per Genoa, Atalanta e Sassuolo e che invita Bonucci ad aderire alla finta rinuncia agli stipendi tanto “la Juve è della famiglia Agnelli, che vuoi che succeda per due stipendi?”; di un direttore sportivo, Cherubini, che parla di “partnership” e “relazione decennale” con il Sassuolo e altri club sodali; di dirigenti rivali, si fa per dire, disposti a tutto, persino al falso in bilancio (Luca Percassi, Atalanta) pur di correre in soccorso a mamma Juve. Uno schifo peggio di prima.
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