martedì 17 gennaio 2023

Arresto travagliato

 

Ma il bello viene ora
di Marco Travaglio
La cattura di Matteo Messina Denaro è un’ottima notizia, anche se ce ne ricorda una pessima: i 30 anni di latitanza, con le complicità istituzionali che possiamo immaginare. E che inevitabilmente, visti i precedenti, suscitano domande sul suo arresto: l’hanno davvero colto di sorpresa, o si (è o l’hanno) consegnato, o semplicemente aveva abbassato la guardia? Lo capiremo nelle prossime ore, quando si saprà di più del covo dove verosimilmente teneva la “roba”: le sue armi di ricatto, ereditate da Riina, Bagarella e Provenzano (il papello e le altre carte del covo di Riina, non perquisito né sorvegliato dal Ros). E nei prossimi mesi, quando, dalle sue risposte ai pm e dalle politiche del governo su 41-bis ed ergastolo ostativo, si capirà se la sua cattura è stata preceduta da trattative con chi ha più interesse al suo silenzio: i referenti istituzionali. La profezia di Baiardo, legatissimo ai Graviano, nell’intervista a Giletti di due mesi fa somiglia a un avviso ai naviganti, interno ed esterno a Cosa Nostra. Del tipo: “Non pensate di farvi belli con l’ennesimo arresto eccellente e dimenticare in galera chi, come i Graviano, è lì sepolto da 30 anni”. Fa riflettere anche l’uscita di Piantedosi che una settimana fa auspicava (o annunciava?) la cattura del superlatitante. Vaticinio che ricorda quello del predecessore Mancino su Riina quattro giorni prima del suo arresto.
Ora il rischio peggiore è il relax perché, preso “l’ultimo boss”, “la mafia è sconfitta” e “la guerra è finita”. In realtà l’ultimo boss è sempre il penultimo: a quell’età e in quelle condizioni (con un arresto sempre più probabile), ogni capomafia si premunisce per tempo nominando il successore e passando tutte le consegne per garantire continuità all’organizzazione. Ma quel clima di irresponsabile rilassamento lo sta già alimentando il cosiddetto ministro della Giustizia Nordio, dichiarando guerra alle intercettazioni perché “costano troppo” (160 milioni l’anno: un quinto del costo dell’ultimo condono fiscale) e perché “un mafioso vero non parla al telefono, né al cellulare perché sa che dentro c’è un trojan, non parla neanche in aperta campagna perché sa che ci sono i direzionali”, e “il trojan va tolto, è una porcheria”. Ma non ha fatto in tempo: ieri gli inquirenti hanno spiegato che Messina Denaro è stato preso grazie alle intercettazioni di una miriade di parenti e fiancheggiatori del boss. Evidentemente i “mafiosi veri” non danno ascolto a Nordio e continuano a telefonarsi e a parlarsi. O magari non sono “mafiosi veri”. In un paese civile Nordio si scuserebbe scusa per quegli sproloqui da incompetente e non parlerebbe più di intercettazioni per il resto dei suoi giorni. Ma è pur vero che, in un paese civile, Nordio non farebbe il ministro della Giustizia.

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