mercoledì 10 dicembre 2025

Robecchi

 

Follia. Hind Rajab come Anna Frank: un paragone che sarà vietato per legge
DI ALESSANDRO ROBECCHI
Si può regolare (cioè: vietare) per legge un paragone storico? Una similitudine tra epoche e attori della tragedia umana, un’analogia operativa o ideologica, una riflessione storica? Il ddl Delrio, cosiddetto “sull’antisemitismo”, tra le altre cosette, contiene anche questa prelibatezza censoria, costruita ad hoc, una vera “legge ad paesem”, applicabile solo e soltanto allo Stato di Israele. Si sa che l’accezione di “antisemitismo” su cui poggia il ddl è quella di Ihra (International Holocaust Remembrance Alliance), benedetta da Israele e accolta come base da qualche istituzione, e che quella definizione punta essenzialmente a una cosa: far coincidere ogni critica allo Stato di Israele, alle sue azioni, alla sua politica di sterminio e pulizia etnica, con un sentimento antisemita. Molti studiosi e storici, anche ebrei, contestano quella definizione, dicendo che può essere strumentalmente usata per limitare la libertà di opinione e di critica, e la cosa è evidente, dato che si accetta la storica politica dello Stato israeliano, e di molti fiancheggiatori, di coprire vergognosamente le proprie disumane malefatte con l’ombrello dell’Olocausto. Un vecchio trucco che funziona sempre meno e che non a caso si vuole trasformare in legge.
“Fare paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei nazisti” è uno dei punti di quella definizione. Cioè: se dite che quel che sta succedendo a Gaza ricorda quel che successe nei campi di sterminio nazisti, o se notate che un campo profughi palestinese somiglia al ghetto di Varsavia, o se certe affermazioni di ministri e politici e cittadini israeliani ricordano i deliri suprematisti dei gerarchi nazisti (come la definizione di “non umani” riferita ai palestinesi), o se pensate che deportazioni, torture, uccisioni deliberate di donne e bambini per mano di Idf ricordino certe imprese agghiaccianti delle SS, potreste incorrere in censura o sanzioni in quanto antisemiti. È una norma che non vale per nessuno Stato, solo per Israele, e colpisce che la definizione fu elaborata dieci anni fa: l’analogia tra Tel Aviv e il Terzo Reich non nasce con Gaza, insomma.
Si sa che i paragoni storici non sono mai in scala uno a uno, che sono più similitudini e suggestioni che ripetizioni meccaniche di fatti e modalità. Eppure le analogie tra le azioni di Idf e quelle delle truppe di occupazione naziste sono innegabili, a partire dalla “scientificità” dell’oppressione del popolo palestinese nei territori occupati e a Gaza, per arrivare a molte modalità operative (i molti medici che riferiscono di bambini uccisi con un colpo singolo alla testa sono solo uno di quei casi, la fame usata come arma è un altro esempio). Vietare di dirlo per legge non è solo un’assurdità, è anche una specie di lasciapassare perché certi crimini contro l’umanità vengano normalizzati, almeno se li commette Israele. In pratica, si tenta di vietare ogni critica allo Stato di Israele, accusato di genocidio e i cui crimini di guerra e contro l’umanità sono abbondantemente provati (anche da evidenze fornite sui social degli stessi carnefici). La storia di Hind Rajab, la bambina (5 anni) assassinata insieme ai membri della sua famiglia e ai soccorritori dai militari israeliani, sarà per sempre un simbolo per il popolo palestinese e per chi vuole giustizia. Hind sarà per sempre una piccola Anna Frank, legge o non legge, perché se non vuoi farti paragonare ai nazisti la prima mossa è non comportarti come i nazisti. Ecco, per Israele è un po’ tardi: già fatto.

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