giovedì 18 dicembre 2025

Trappola svelata

 

Atreju, gli ospiti e il trappolone
DI PINO CORRIAS
A proposito del trappolone Atreju. In questi tempi calamitosi di guerre vere e guerriglie politiche, governi che diventano sempre più autoritari, propagande che sfruttano le tensioni sociali per avvelenarle, panzane a schiovere, sarebbe bastato togliere il sipario della buona educazione, per scoprire che invitare i partiti avversari alla propria festa – com’è appena accaduto al raduno rituale dei Fratelli d’Italia – vuol dire fargliela la festa. Allestendo uno spettacolo a maggior gloria di chi convoca, non di chi è convocato. E il comiziaccio finale di Giorgia Meloni si è esattamente nutrito di quella (finta) cortesia, per accrescere il rancore contro il Pd, lo scherno contro i 5 Stelle, il livore contro tutti gli altri. Strillando specialmente contro Elly Schlein che ha giustamente rifiutato l’invito, anche se per la ragione sbagliata, il narcisismo. La stessa che ha spinto Giuseppe Conte a fare il contrario, presentandosi sul palco, ma al rendiconto pronunciando una sola frase, quel “non sono alleato di nessuno”, lietamente accolta dalla platea.
L’invito – specialmente ora che il governo si prepara alle battaglie del nuovo anno – non serviva a onorare l’ospite, ma a disinnescarlo. Chi accetta viene inglobato nella scena altrui. E chi rifiuta diventa settario, impaurito, prigioniero della morettiana sindrome del “vengo-non vengo” che è adolescenza in purezza, utile a occultare il “vuoto di contenuti”. Non per nulla Meloni ha incoronato i suoi 61 minuti, gridando “siamo noi il campo largo, non loro!”; “Noi governiamo, loro litigano!”. E ancora: “Parlano male di Atreju ed è l’edizione migliore di sempre, parlano male del governo e il governo sale nei sondaggi, si portano sfiga da soli”. È il bel risultato della tenaglia narrativa: se l’avversario non viene è perché ci odia anche quando lo invitiamo. Se viene, risulta utile allo scopo: non interferisce con la festa, la anima, diventando parte del palinsesto. Perché chi controlla il contesto, finisce sempre per controllare il testo.

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