giovedì 12 giugno 2025

Contro il mainstream

 

La cassa bellica scusa di guerra
DI FABIO MINI
La Nato e i volenterosi ripetono di dover spendere centinaia di miliardi per riarmarsi e prevenire l’immaginario assalto di Mosca. Più uomini e più mezzi necessari a riempire le solite tasche
Il merito di aver ideato e proposto il Piano di riarmo europeo va senz’altro all’ineffabile presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che con la sua capacità d’interloquire e interagire con le grandi lobby ha recepito le esigenze delle industrie multinazionali.
Il pretesto è la urgente necessità di ristabilire la sicurezza europea, lo strumento è la guerra contro la Russia. Una guerra che tutti gli Stati europei si dicono pronti a combattere, almeno a parole. Una guerra che è già alle porte di casa, come dice il segretario generale della Nato Mark Rutte o che è addirittura in casa secondo altri. In realtà la preparazione della guerra è appena cominciata e la situazione di partenza è per lo meno confusa. Si afferma di dover elevare lo stato di prontezza delle forze armate di tutti i paesi europei e allo stesso tempo rafforzare (o meglio ricominciare quasi da zero) la preparazione della loro ‘economia di guerra’. Siccome la guerra che dobbiamo affrontare non è generica, ma diretta contro l’avversario ben individuato nella Russia, la preparazione dovrebbe essere alquanto semplice da pensare. Della Russia infatti sappiamo quasi tutto e quello che non sappiamo o che fingiamo di non sapere ce lo inventiamo. Sappiamo che la Russia non ha né la voglia né la forza convenzionale per attaccare l’Europa e comunque non ha nemmeno mai accennato a volerla conquistare. Se attaccata o minacciata avrebbe comunque la dottrina militare (il software) e la forza militare (l’hardware) per rispondere con mezzi convenzionali e nucleari. Quindi, per semplificare la nostra pianificazione di guerra, ci siamo inventati la minaccia russa immanente e imminente. Non abbiamo fatto caso al fatto che l’Europa non ha né risorse, né piani, né strutture e neppure il tempo per organizzarsi in maniera razionale. È infatti evidente che se la minaccia è così catastrofica e immediata non ci sono tre o dieci anni di tempo per affrontarla. A meno che il tempo non dipenda dall’avversario ma da noi. Ovvero, che non dobbiamo prepararci per l’attacco nemico ma per il nostro, quando saremo pronti. In effetti questo è esattamente ciò che ha detto il Comandante supremo della Nato (“dobbiamo neutralizzare la Russia al primo colpo”) e quanto condividono i capi di governo dei “volenterosi” con in testa la Gran Bretagna, la Francia e la Germania. 

Tra la concezione (che non può essere fantasiosa) e l’esecuzione ci dovrebbero essere la pianificazione e l’approntamento sulla cui base si dovrebbero calcolare le risorse e le capacità di gestirle. Sfortunatamente l’Europa sta saltando a piè pari dalla concezione onirica all’esecuzione che non può che essere caotica. La cifra record di 800 miliardi è essenzialmente un nuovo debito e servirà soprattutto a pompare soldi (che non ci sono o sono simulacri di denaro come obbligazioni, derivati e derivati dei derivati) nelle tasche dei soliti speculatori di guerra. Ai debiti per le esigenze comuni occorre poi aggiungere i debiti che ciascun paese deve accollarsi per le proprie esigenze difensive. Si è messa così in moto una diligenza con un carico di profitti facili da assaltare, senza scrupoli e alla svelta perché questa pazza popolazione europea potrebbe anche accorgersi del tranello. La Germania che si riarma come ai tempi di von Schlieffen e di Hitler ha scoperto che in guerra serve anche la difesa civile che è diversa dalla protezione civile ma concomitante. I tedeschi oltre ai soldi per le centinaia di carri armati, missili, munizioni e i milioni di giovani da mobilitare stanno chiedendo risorse per i bunker da costruire (oltre un milione), per la conversione di ripari in shelter a prova di bomba, per la sopravvivenza della popolazione, per le scorte di viveri ed energia, per i centri di raccolta per le evacuazioni, l’emergenza sanitaria e così via. In fretta perché il nemico avanza. La Gran Bretagna ha già avviato la mobilitazione delle coscienze ripetendo la retorica churchilliana del “we shall fight” con l’enfasi sugli attacchi cyber che “stati ostili” hanno condotto contro la Gran Bretagna per un totale di 90.000 fino ad ora. Visto che non si hanno notizie dei risultati catastrofici di tali attacchi, il numero probabilmente comprende gli spam della posta elettronica e i falsi attacchi che gli stessi inglesi lanciano all’esterno e all’interno tanto per vedere “l’effetto che fa”. In ogni paese d’Europa si lanciano allarmi e si scoprono nuove forme di difesa attiva o passiva da finanziare e la diligenza inizia a traballare cercando di rimpinguare il bottino con altri salassi a carico dei cittadini e delle attività di sostegno interno e cooperazione estera. 

Gli Stati s’indebitano e i cittadini impoveriscono: due condizioni che portano alla sconfitta in qualsiasi guerra. Anche la Nato è in difficoltà. È l’unica ad avere una pianificazione per la guerra e per il riarmo. Il Comando supremo ha già delineato quello che serve per la difesa collettiva oltre a ciò che serve per la difesa di ogni Stato membro in termini di uomini, sistemi d’arma ed equipaggiamenti. E anche in termini di tempo e ripartizione dei compiti. Purtroppo le iniziative estemporanee europee e dei “volenterosi” non duplicano le capacità, ma distolgono dalla pianificazione Nato enormi risorse. Abbiamo quindi due bacini entrambi diseconomici e fatalmente inefficienti. L’impegno finanziario per il piano Nato eccede ogni capacità di risorse e sostegno economico e industriale dell’attuale Europa. Il 2% del Pil è già obsoleto e i costi dei soli materiali sono aumentati vertiginosamente. Il 5% del Pil è ancora una base di partenza e non un punto di arrivo. Tra l’altro il punto di arrivo è mobile perché da un lato il presunto nemico si arma più velocemente e dall’altro i nostri Pil in termini reali diminuiscono. La Gran Bretagna ha stanziato una decina di miliardi per la nuova flotta di sommergibili, per la gioia della cantieristica, e altri paesi invidiosi si accodano alla fila dei pretendenti. Ma né essa né gli altri sanno dove trovare i fondi. La Gran Bretagna ha lo scopo preciso di riprendere il dominio dei mari del Nord e la Nato vuole occupare il Mar Nero. La nostra Marina militare ha invece bisogno di uscire dal Mediterraneo ormai troppo e male frequentato. E mentre la diligenza muove lentamente un piccolo raid può riuscire a fruttare quanto basta per un’altra portaerei da crociera perenne contro le minacce dei pirati, degli Houthi, dei pescatori di frodo, per la protezione del traffico mercantile o dei cavi sottomarini. Impegni che costringono il personale a turni massacranti e quindi non sarebbe male se fosse aumentato almeno a 40.000 unità come Francia e Gran Bretagna. In tutto questo l’Ucraina c’entra poco. Anzi è meglio che resista il più a lungo possibile, ma senza altri aiuti di cui non ha più bisogno visto che sta vincendo e che sono un aggravio ulteriore al nostro approntamento.

Dall’Ucraina vengono però lezioni per un cambio di prospettiva anche in campo navale: il problema sono i droni. La Russia ne produce a milioni e l’Ucraina con quelli che ha minaccia gli equilibri internazionali. Il Capo di Stato Maggiore della nostra Marina in una recente intervista ha messo in evidenza che nel Mediterraneo la presenza russa è diminuita e che quella nel Mar Nero non rappresenta “un pericolo diretto” per l’Italia. Le nostre navi hanno notato nuova ostilità russa? “Apertamente ostili no. Però adesso con tante navi da guerra in un bacino così ristretto e trafficato come il Mediterraneo l’incidente è sempre possibile”. In ogni caso gli Usa “esigevano le nostre Frem” per proteggere le loro portaerei dai 3 sommergibili russi presenti nel Mediterraneo. Che non avrebbero mai attaccato una nave americana. “Abbiamo la guerra in casa” ha aggiunto l’ammiraglio, evidentemente non da parte russa. “Nel Mar Rosso siamo in guerra.. Le nostre navi in tutto hanno abbattuto 8 droni Houthi: 3 con le artiglierie di bordo e 5 con i missili… Ci siamo trovati a utilizzare missili da milioni di euro per abbattere oggetti che costano meno di 50.000 euro: insostenibile”. Ma una portaerei in più non fa mai male e la diligenza potrebbe non passare più.

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