E il famoso cambio di regime?
di MICHELE SERRA
Più sicurezza, meno libertà. Mettiamocelo bene in testa, questo è il futuro del mondo secondo i croupier che danno le carte e conducono il gioco. Del ventilato “cambio di regime in Iran”, che sarebbe stato l’unico evidente salto di qualità democratico e umanitario in grado di giustificare l’ingiustificato attacco israeliano e americano, non importa nulla a nessuno. Non a Trump, non a Netanyahu, men che meno a Putin che appoggia quella tirannia di vecchi maschi misogini perché tutto ciò che declassa i diritti umani a inutile illusione gli è familiare.
Ayatollah e pasdaran festeggiano in piazza l’ennesima finta vittoria e ne approfittano per stringere i ceppi ai polsi e alle caviglie dell’opposizione, ovviamente (come in tutti i regimi autoritari) accusata di intelligenza con il nemico. Le iraniane fuggite, non si sa in quale ordine, alle bombe esterne e all’oppressione interna, sorridono allo scampato pericolo e piangono per chi è rimasto in quella galera. Nelle loro parole e nei loro volti, la felicità di essere al sicuro non riesce a prevalere sulla pena per chi è rimasto.
Dell’atomica iraniana si parlerà tra poco tempo, non appena il regime si sarà riorganizzato: fu Trump, del resto, durante il suo primo mandato, a espellere l’Iran da ogni possibile concertazione sul nucleare, con quale faccia può lamentare la situazione attuale, della quale egli stesso fu artefice? Dei dissidenti in galera, delle donne perseguitate e picchiate perché osano pensarsi libere, si parlerà con comodo ma senza esagerare, perché la libertà e l’incolumità dei popoli non è certo ai primi posti dell’agenda politica mondiale. Vedi Gaza. Al primo posto c’è il dominio, e i dominatori solo di quello si preoccupano.
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