domenica 22 giugno 2025

Che coraggio!

 

Renzi difensore dei giornalisti è quello che li ha sempre attaccati e querelati?
DI DANIELA RANIERI
Paladino dei media su Paragon, ma dimentica la sue guerre alla libertà di stampa
Ma: il Matteo Renzi che l’altra sera da Lilli Gruber si sgolava per difendere il sacrosanto “diritto dei giornalisti a scrivere quello che vogliono, sennò non è più democrazia”, alludendo all’eventualità che il governo Meloni abbia spiato o non abbia impedito che fossero spiati i giornalisti Cancellato e D’Agostino con un software israeliano, è lo stesso Matteo Renzi che voleva affidare la cybersecurity italiana all’amico Carrai, che è in stretti rapporti d’affari con aziende israeliane? Lo stesso Renzi che fece fare una interrogazione parlamentare sbraitando contro Report per aver mostrato le immagini di lui che confabulava all’autogrill di Fiano Romano con Marco Mancini, uomo dei Servizi segreti, poco prima demolire il governo Conte-2?
Lo stesso che ha intentato contro il Fatto svariate cause, quasi tutte civili (per racimolare un po’ di soldini: del resto economicamente non se la passa bene), e non da privato cittadino, ma da influente uomo politico? E colui che ora nega di aver mai pensato di fare querele da presidente del Consiglio, è lo stesso che già nel 2016, ancora a Palazzo Chigi, minacciava di querela chiunque dicesse che usava soldi del governo per mandare lettere per il Sì al referendum?
Lo stesso che alla Leopolda 2015 lanciò il contest, votabile anche da casa, Scegli il peggior titolo di giornale, perché in Italia era rimasto un 1% di giornali “gufi” che non credevano al potere taumaturgico del suo Jobs Act, mettendo alla gogna i giornali (il Fatto 8 volte su 11) che scrivevano la verità, e cioè che erano sì diminuiti i disoccupati, ma anche aumentati i precari e gli inattivi, ossia coloro che non risultavano disoccupati perché il lavoro nemmeno lo cercavano più (dati Istat)? Lo stesso Renzi la cui sodale Boschi, da vicepresidente della Vigilanza Rai, voleva applicare ai giornalisti le stesse regole sulla par condicio cui sono soggetti i politici, così che, metti, se un talk invita un giornalista a parlare dei soldi che Renzi prende dal regime saudita, in studio deve essere presente anche un sicario di Bin Salman? È il Renzi che si vanta di essersi rifatto le aiuole della villa con le querele ai giornalisti, e che a Otto e mezzo ha ribadito di aver “vinto contro Marco Travaglio”, riferendosi forse a quella volta che i giudici hanno dato torto al direttore del Fatto che gli aveva dato del “bullo” (ma non per la parola in sé, ritenuta legittima, bensì perché il termine ricorreva troppe volte, cioè Travaglio aveva ecceduto nel numero di bulli), tacendo furbescamente quella volta che il tribunale di Firenze lo ha condannato a risarcire Travaglio con 42mila euro per la causa contro il rotolo di carta igienica con la sua faccia sulla libreria di Travaglio, spiegandogli che “solo nei regimi totalitari la satira è vietata” (e un’altra giudice di Firenze, chiamata a giudicare su una querela di Renzi al Corriere, gli ha spiegato che “non deve usare i tribunali come bancomat”)? Lo stesso che ha epurato la Rai dai giornalisti che lo criticavano? Lo stesso a cui il suo staff mandò un dettagliato piano per distruggere la reputazione dei giornalisti nemici sui social (“merda su tutti”, così Carrai a Renzi)? Lo stesso che asserisce di querelare solo le falsità, quando invece ha sempre querelato opinioni, critiche, epiteti e addirittura oggetti (la carta igienica)?
È lo stesso Renzi che definisce Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi, “la vera ombra nera di ‘sta vicenda”, alludendo a oscure trame anti-democratiche, mentre prende soldi da un regime che i giornalisti sgraditi li fa direttamente a pezzi? Ma chi glielo fa fare? E con che faccia? Ma che domande: la sua.

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