venerdì 27 giugno 2025

L'Amaca

 

Quanto è maschio lo sport italiano
di MICHELE SERRA
Lo sport femminile italiano, soprattutto negli ultimi anni, spicca per risultati e popolarità. Che il nuovo presidente del Coni sia un maschio anziano, scelto tra sei maschi anziani, età media 71 anni (tra loro il fantastico Franco Carraro, già autorevole dirigente sportivo ai tempi di Cavour), potrebbe dunque sollevare qualche domanda. Non ideologica; banalmente numerica.
Non esistono donne in grado di fare il dirigente sportivo ai massimi livelli? Ci sono, ma considerano troppo noioso doversi confrontare con assemblee di soli maschi, spesso anche litigiosi e suscettibili? È forse ancora in vigore l’antico pregiudizio secondo il quale l’agonismo è un campo di attività soprattutto maschile, pur essendo assodato che le femmine, risultati alla mano, dispongono di vigore e destrezza in misura almeno pari? Il fatto che 48 presidenti di federazione siano uomini, e solamente due le donne, dipende dall’arbitrio del caso o è il ritratto di un ambiente nel quale le donne possono tirare di fioretto, fare un tuffo carpiato, fare schiacciate, vincere a Wimbledon, nuotare come motoscafi, ma giammai comandare? Infine: la disciplina sportiva più diffusa e praticata, il potere, non ha ancora aperto i battenti alle donne?
Oppure li ha aperti, ma il campo di gioco è gremito di maschi che non saprebbero dove altro andare, e non rimane mezzo metro quadrato libero per le femmine?
Da qualche anno abbiamo preso confidenza con il termine “manel”, fusione tra “man” e “panel”. Vuol dire un insieme costituito da soli maschi. È anche capitato che qualche maschio se ne sia accorto e abbia detto: grazie, preferisco non farne parte. Al Coni non è capitato.
Chissà, forse alla prossima elezione, comunque con Franco Carraro tra i favoriti.

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