martedì 10 giugno 2025

Al solito non fa una piega!

 

L’asticelly
DI MARCO TRAVAGLIO
Fra i tanti errori commessi da chi ha promosso i cinque referendum miseramente falliti ieri, non c’è quello di averli promossi. Quando nacque l’idea, i cinque quesiti furono pensati come vagoni da agganciare alla locomotiva dell’Autonomia differenziata: la secessione dei ricchi che avrebbe mobilitato la maggioranza degli elettori, anche al Sud. Rottamata la motrice, per la bocciatura della Consulta alla legge Calderoli, le carrozze sono rimaste senza traino. Ma non si potevano più ritirare i quesiti superstiti: tutti importanti, soprattutto sul lavoro, ma per un numero troppo esiguo di elettori. Che a votare vanno ancora, anche ai referendum, ma solo quando si riesce a mobilitarli su temi cruciali e con campagne chiare: per tagliare i parlamentari (anche se non c’era quorum) nel 2019 votò il 51,1%, contro la privatizzazione dell’acqua e il nucleare nel 2011 il 54,8. Ma il mondo del lavoro è troppo frastagliato per trascinare alle urne un italiano su due contro l’ignobile Jobs Act. E la cittadinanza breve agli immigrati interessa perlopiù ai soliti radicali fuori dal mondo. Però la sconfitta, pur scontata, poteva essere un blasone da anime nobili. Invece è diventata una farsa quando la Schlein e i suoi han cominciato a vaneggiare di “asticelle” per trasformarla in una vittoria e persino in una spallata al governo Meloni (che non c’entra nulla con le norme che si volevano abrogare). Un penoso tentativo di nascondere la tragicomica contraddizione del Pd che chiedeva di abrogare una legge fatta dal Pd.
L’idea malata era che, superando i 12 milioni di Sì, si sarebbe sorpassata la Meloni. Quindi, siccome hanno votato in 15 milioni (quasi tutti per il Sì, salvo sulla cittadinanza), è stato un trionfo. Peccato che da oggi anche questo referendum sarà archiviato come un flop, mentre tutti rideranno all’idea che Pd, M5S, Avs, +Europa, ma anche Iv e Azione (che invitavano comunque a votare un po’ Sì un po’ No), dati da Ipsos al 49,6%, esultino per il 30. È la solita follia di sommare le mele, le pere e le patate, dimenticando che ogni elezione fa storia a sé. Nel 2016 Renzi invitò all’astensione sulle trivelle, poi votò il 31,1 e lui tra un ciaone e l’altro si illuse che il 68,9 rimasto a casa fosse tutta roba sua: infatti due anni dopo il suo Pd precipitò al minimo storico del 18,7. Ora è ancor più ridicolo appropriarsi di un misero 30% di votanti, dando l’idea che il centrosinistra sia tutto lì. O riattaccare la pippa del “si vince al centro” cara alla destra Pd, ai renziani e ai calendiani, peli superflui che non sarebbero decisivi neppure nei rispettivi condomini. Così com’è una barzelletta la destra che si appropria del 70% di astenuti solo perché Meloni, La Russa&C. spingevano il non voto. Ma questa gente ci è, ci fa, o si droga?

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