I buoni e i cattivi
DI MARCO TRAVAGLIO
Giovedì, mentre attendevamo col cuore in gola l’attacco americano all’Iran, usciva la notizia che Steve Bannon aveva pranzato con Trump alla Casa Bianca. E abbiamo esultato, subito prima di vergognarcene. Perché Bannon è un noto farabutto, fascista, razzista, coinvolto in loschi traffici, condannato per oltraggio al Congresso e scaricato perfino da Trump. Ma è anche il più occhiuto cerbero dell’ortodossia Maga isolazionista, convinto che Israele può fare ciò che vuole, ma gli Usa no: “Distruggeremmo l’Iran, non possiamo creare un altro Iraq”. La nostra speranza era che Trump desse retta a lui e non ai rigurgiti neocon che infestano il deep state e l’avevano spinto a rinnegare se stesso. Pochi minuti dopo la Casa Bianca informava che l’attacco è sospeso per 14 giorni e si punta di nuovo sui negoziati. Al momento e al netto della volubilità di Trump, che ha la fermezza di un budino, hanno vinto i Bannon e ha perso chi voleva trascinare gli Usa e l’Ue in un altro pezzo di guerra mondiale. Un’ottima notizia per tutti.
Come dice Lucio Caracciolo: “Se alla Casa Bianca ci fossero Biden e Harris, avrebbero già ordinato l’attacco all’Iran al fianco di Israele”. Perciò la vittoria di Trump ci era parsa un po’ meno peggiore di quella della Harris. Perché noi saremmo ben felici di tifare per i “buoni”, i progressisti americani ed europei. Ma purtroppo sono molto più guerrafondai dei cattivi (e senza mai un ripensamento). Vogliono tutti il folle riarmo al 5% del Pil e dirottano i fondi del Pnrr sulle armi. Starmer e Macron armano l’aggressore Israele per difenderlo dall’Iran aggredito. Merz ringrazia l’amico Bibi che “fa il lavoro sporco per tutti noi”, salvandoci dall’imminente attacco iraniano all’Europa (probabile almeno quanto quello russo). Poi tutti e tre invitano l’Iran a negoziare a Ginevra, ma sul presupposto che Teheran non può avere l’atomica, diversamente dai primi due. Macron minacciava di riconoscere la Palestina per lo sterminio a Gaza, ma se n’è già scordato. Cambia idea più velocemente di Trump: ieri pro escalation, oggi anti, domani chissà. Von der Leyen e Kallas fino a due settimane fa valutavano la revoca dell’accordo di associazione Ue-Israele: ora difendono il “diritto all’autodifesa” di Tel Aviv che attacca tutti su sette fronti. Però la Kallas è “frustrata”: fosse per lei, sanzionerebbe Israele, ma “non c’è unanimità fra i 27 e, se lo proponessi, mostrerei le nostre divisioni”. Che anima delicata: neppure sulle sanzioni alla Russia e le armi all’Ucraina c’è unanimità, però lei le propone eccome e le ottiene pure, ricattando i riottosi tipo Ungheria e Slovacchia. Quindi, a doversi vergognare, non siamo noi che tifiamo per i “cattivi”. Sono i “buoni” che ci hanno ridotti alla disperazione.
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