giovedì 11 aprile 2024

Attorno al forziere

 

Che bel cambiamento
di Marco Travaglio
A parte il Codice etico che raccomanda ai candidati di fare i bravi, il Pd ha pronta un’altra infallibile soluzione contro gli scandali tipo Bari e Torino: ripristinare il finanziamento pubblico ai partiti. Cosa c’entri coi capibastone beccati a comprar voti mafiosi e non, non è dato sapere. Ma ormai non passa giorno senza che il “nuovo” Pd faccia qualcosa per apparire uguale o peggiore di quello “vecchio” sul tema cruciale della legalità. Ieri, per dire, il Senato votava la schiforma Bongiorno-Zanettin che rende ancor più difficili i sequestri di smartphone, pc e tablet nelle indagini: oggi il pm può acquisirli all’istante per estrarne documenti che provano il reato; domani serviranno ben due autorizzazioni del gip, una per il sequestro e un’altra per l’estrazione, entrambe impugnabili al Riesame e in Cassazione, con in mezzo un’udienza con avvocati e consulenti (intanto l’indagato cancellerà tutto da un altro device). Le destre (quindi anche Renzi e Azione) han votato sì, il M5S no e il Pd ha pensato bene di astenersi. Intanto salvava Renzi, Boschi&C. dai giudici su chat e mail del processo Open (i 5S unici contrari). Probabilmente non pagherà pegno nelle urne, per la tecnicità del tema. Ma il ritorno al finanziamento pubblico lo capiscono tutti.
L’idea del finanziamento pubblico per evitare le mazzette poteva reggere quando nacque, nel 1974, dopo lo scandalo petroli (tutti i partiti, maggioranza e opposizione, a libro paga dell’Unione petrolifera in cambio di sconti fiscali). Poi i partiti iniziarono a incassare soldi dallo Stato e continuarono a prendere mazzette dai privati. Tante Tangentopoli locali fino a quella nazionale del ’92. Perciò nel ’93 gl’italiani corsero al referendum per abolire il finanziamento pubblico. Questo però rientrò dalla finestra come “rimborso elettorale”. Che, calcolato a forfait e senza ricevute, copriva 4-5 volte le spese. E saliva di anno in anno con voti bipartisan, fino a diventare una tassa-monstre di 10 euro l’anno per ogni elettore (contro 1,1 del ’93). Nel 2009 i partiti avevano già rapinato le nostre tasche per 2,2 miliardi. Senza rinunciare alle mazzette. E piangevano pure miseria. Nel 2013, per frenare l’avanzata dei 5Stelle e di Renzi (ancora in versione grillina di “rottamatore”), il governo Letta introdusse il finanziamento pubblico indiretto e volontario col 2xmille delle tasse. Ma, siccome la credibilità dei partiti è rimasta sottozero, devolvono in pochi: 16 milioni di euro in tutto all’anno. Di qui l’ideona di rimetterci le mani in tasca senza che ce ne accorgiamo. Con un’altra scusa: “Senza finanziamento pubblico fanno politica solo i ricchi”. Infatti, appena fu ripristinato sotto mentite spoglie, arrivò il miliardario B.. E, appena fu abolito, vinse il M5S senza un soldo.

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