martedì 9 aprile 2024

Torino e dintorni

 

Jurassic Pork
di Marco Travaglio
Con quel che emerge dall’inchiesta sui voti mafiosi e/o comprati nel Pd torinese, vien da chiedersi perché il governo di destra non pensi neppure a sciogliere il Comune di Torino, anziché quello di Bari. Dove di infiltrazioni mafiose se ne vedono poche (Decaro ed Emiliano peccano di trasformismo, ma la mafia la combattono). A Torino, parecchie. Ma Torino è come Pompei: una città pietrificata non dalla lava, ma da un sistema di potere trasversale e consociativo che si autoperpetua da 50 anni con gli stessi uomini (o, se proprio muoiono, coi loro figli e figliocci). Non c’è bisogno di passare da destra a sinistra, o viceversa, perché governano tutti insieme a maggior gloria di chi comanda davvero: casa Agnelli, fondazioni bancarie, logge “progressiste”, collegio costruttori con tentacoli tecnocratici e politecnici, concessionari e appaltatori. “Quella che a Palermo si chiama omertà – diceva il procuratore Marcello Maddalena – qui si chiama riservatezza”. Lo scontro politico disturba gli affari. Infatti – a parte il miracolo Appendino – destra e sinistra si sono sempre spartite Comune e Regione d’amore e d’accordo. La Lega non attecchì neppure negli anni d’oro (l’ex “governatore” Cota è un democristiano). E nessuno avvertì mai la minima discontinuità fra i pidini Chiamparino (due volte sindaco, poi presidente della Compagnia di San Paolo, infine in Regione), Fassino (una volta sindaco) e Lo Russo, e i forzisti Ghigo e Cirio (in Regione).
Roberto Fantini, ex dirigente Sitaf (autostrada Torino-Bardonecchia), è del Pd, ma Cirio l’ha nominato all’Osservatorio sulla legalità degli appalti: ora è agli arresti per concorso esterno in mafia per aver aiutato imprese ’ndranghetiste a fare man bassa di lavori autostradali. La Sitaf, fin dal ras socialista Franco Froio, chiedeva e faceva favori a tutti, ma elargiva incarichi e stipendi anche ai big della sinistra Calce & Martello: Quagliotti, Revelli, Ardito, Virano (poi regista del Tav), giù giù fino a Fantini e “Sasà” Gallo. Quest’ultimo ha ereditato i livelli più bassi del sistema Froio, è passato da Craxi a Fassino e, a furia di favori e voti scambiati, controlla a 85 anni una bella fetta del Pd, piazzando figli e amici dappertutto. Ma dall’inchiesta affiorano, senza profili penali, altri revenant del Jurassic Park subalpino, dove la Prima Repubblica non è mai morta: il solito Quagliotti (già condannato con Greganti per mazzette Fiat, ma sempre al fianco di Fassino), Antonio Esposito (citato nei processi Froio e Moggi), Beppe Garesio (ex Psi condannato nella Tangentopoli Fiat) e Ignazio Moncada (ex agente dei servizi, ex Psi legatissimo ad Amato e al giro Finmeccanica). Età media: 80-90 anni. Ma tutti in formissima, grazie a un elisir di eterna vita chiamato Torino.

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