mercoledì 4 gennaio 2023

Tanto per dire

 

Armi e petrolio: ecco chi fa affari con quei conflitti

ALTRO CHE CRISI - Svettano Rheinmetall e Saab. Titoli su dal 10% al 126%: nel ‘22 la corsa al riarmo ha spinto molte aziende

DI GIULIO DA SILVA

Grandi affari sotto le bombe e i missili che piovono sull’Ucraina. Nell’anno della guerra i mercati finanziari mondiali sono crollati, l’indice S&P 500 di Wall Street ha perso il 20,6%, l’indice principale della Borsa di Milano (Ftse Mib) è arretrato del 13,3%, i bond hanno sopportato ribassi che vanno dal 15% al 20% e oltre. Ma c’è un numero ristretto di azioni che hanno fatto rialzi stellari. Chi guadagna con la guerra sono soprattutto le aziende che producono armi e le società dell’energia, petrolio, gas e infrastrutture per il settore.

Al primo posto c’è la tedesca Rheinmetall, produce carri armati, blindati, cannoni, gli armamenti che sono il cuore della guerra tra Russia e Ucraina. A fine 2022 le azioni della società di Dusseldorf hanno raggiunto i 186,05 euro, con un guadagno del 126,5% rispetto al valore di fine 2021. Rheinmetall in novembre ha comprato un’azienda di munizioni in Spagna, la Expal, per un valore di 1,2 miliardi, inoltre è interessata all’Oto Melara. Un grosso balzo lo ha fatto un’altra tedesca, Hensoldt, specializzata in elettronica per la difesa. I titoli hanno chiuso l’anno a 22,10 euro, +76,5% in 12 mesi. All’inizio del 2022 è stata perfezionata la compravendita del 25,1% di Hensoldt dal fondo Usa Kkr a Leonardo, per 606 milioni di euro. In Europa si segnalano anche i forti progressi della francese Thales (+79,5%), elettronica e satelliti, e della svedese Saab (+78,3%), che produce il caccia Gripen. Ancora in Francia Dassault Aviation, che costruisce i micidiali caccia Rafale, ha avuto una crescita del 66,5 per cento. La britannica Bae Systems, numero uno in Europa per la difesa, ha guadagnato il 56,3% raggiungendo una capitalizzazione di 26,4 miliardi di sterline (davanti a Thales, 25,5 miliardi di euro). Anche Leonardo, dopo alcuni anni di quotazioni depresse, ha beneficiato parzialmente dell’ondata di rialzi, con un aumento del 27,9% fino a 8,06 euro e una capitalizzazione di 4,67 miliardi. Negli Stati Uniti le aziende militari hanno ricevuto nuove importanti commesse dal Pentagono, anche per forniture all’Ucraina, ma le quotazioni sono cresciute meno che in Europa. Il numero uno mondiale per giro d’affari, Lockheed Martin, produttore degli F-35 e, in joint venture con Raytheon, dei missili Javelin, ha guadagnato il 36,9% e ha chiuso l’anno con una capitalizzazione di 127,5 miliardi di dollari. Per valore di Borsa è superata da Raytheon (148,36 miliardi), il gigante che produce i missili Patriot e Stinger, le sue azioni hanno progredito del 10,5 per cento. Guadagni più consistenti per Northrop Grumman (+40,96%), produttrice dei droni Global Hawk e del bombardiere strategico in sviluppo B 21, e General Dynamics (+19%). In ribasso le azioni di due grandi gruppi aeronautici che hanno attività prevalente nell’aviazione commerciale, Boeing negli Usa (-5,4%) e Airbus in Europa (-1%). Impennata delle azioni dei gruppi petroliferi, soprattutto negli Stati Uniti, per il boom del prezzo del petrolio conseguente alla guerra. Occidental Petroleum è prima con +117,3%, seguita da Hess (+91,5%) e ExxonMobil (+80,3%), gigante con una capitalizzazione di Borsa di 454 miliardi di dollari. Seguono Schlumberger (+78,5%), Halliburton (+72%), Marathon (+64,8%), ConocoPhillips (+63,4%) e Chevron (+52,9%). In Europa è in testa Tenaris (+79,9%), la società con sede in Lussemburgo controllata dalla famiglia Rocca che produce tubi d’acciaio per l’industria petrolifera. Seguono le britanniche Bp (+43,7%) e Shell (+43,4%) e la francese TotalEnergies (+31,4%). Di fronte a questi rialzi impallidisce il timido recupero dell’Eni, 8,6 per cento. Ma a Milano le azioni cresciute di più sono quelle di D’Amico, società di navigazione che ha beneficiato dell’esplosione dei prezzi dei noli marittimi: i tioli sono quasi triplicati da 0,095 a 0,373 euro (+292%).

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