martedì 13 dicembre 2022

I furbi

 

Stadi, Doha da inferno a paradiso degli operai: “6mila morti? Falsità”
DI MARCO PASCIUTI E ILARIA PROIETTI
Sui diritti “il Qatar è in movimento verso la giusta direzione”. Parola di Antonio Panzeri, eurodeputato del Pd finito nei guai con l’accusa di aver preso tangenti dall’emirato che, almeno secondo i sospetti degli inquirenti, avrebbe conquistato a suon di munifiche mazzette anche il cuore di Eva Kaili, la vicepresidente del Parlamento Ue. “Il Paese è all’avanguardia nei diritti con l’introduzione del salario minimo” giurava pochi giorni nell’emiciclo di Bruxelles. Prodigo di riconoscimenti anche l’eurodeputato italo belga Marc Tarabella: il Qatar “è l’unico Paese che ha abolito la kafala”. E pace se un tempo pensava che fossero “un insulto all’etica i Mondiali in Qatar”. Conversioni sulla via di Doha speculari a quelle dell’Ituc il più grande sindacato mondiale dei lavoratori che fino a una manciata di anni fa descriveva il Paese come “patria della schiavitù” salvo poi dipingerlo come un quasi Bengodi.
A rileggere le note ufficiali dell’Ituc (Luca Visentini, neo-segretario generale eletto appena il 21 novembre, è stato rilasciato due giorni fa dopo il fermo ordinato dalla magistratura belga) il Qatar ha avuto una provvidenziale e speditissima redenzione che sa di miracolo. Nel 2013 Sharan Burrow che ne è stata segretaria fino a pochi mesi fa, aveva addirittura affermato che nella costruzione degli stadi del Mondiale 2022 sarebbero morte “almeno 4mila persone”. Due anni dopo, nel 2015, aveva confermato la bocciatura definendo il Qatar “un paese senza coscienza con un modello di sviluppo basato sulla schiavitù”. Poi, nel 2017, la certificazione della “svolta” ché erano in arrivo riforme. Tutte leggi-circolari-disciplinari entrate in vigore tra il 2020 e il 2021 e chissà con quali risultati, ma già di per sé sufficienti a Ituc per cantare le lodi di Doha. Benedette al solo annuncio, come nel caso dell’abolizione della kafala, meccanismo di necessario asservimento per non dire schiavitù a un tutore qatariota per i lavoratori stranieri: “Il Qatar sta cambiando. La nuova riforma pone fine a questa forma di schiavitù moderna”. Ecco nel 2020 salutare con il medesimo entusiasmo l’annuncio di un’altra riforma: “I lavoratori migranti sono ora liberi di lasciare il loro posto di lavoro e cercare un’occupazione alternativa dopo un periodo di preavviso”. E che dire del salario minimo varato nel 2021? “È una nuova alba per i lavoratori migranti”. Meglio: una “nuova era di trasparenza” in vista di “una Coppa del mondo che rispetta i diritti dei lavoratori”. Fino alla consacrazione quest’anno.
Nel report sui diritti globali del 2022, l’Ituc ha inserito il Qatar in alta classifica, ossia nel “gruppo 4” dove compaiono Paesi come Usa e Australia, pochi gradini più sotto dell’eccellenza. Insomma il Qatar paradiso dei lavoratori e pace per le denunce di Amnesty International o le inchieste, come da ultimo quella della Reuters sugli operai stranieri sfrattati e costretti ad arrangiarsi in baracche improvvisate per far posto ai tifosi attesi al Mondiale. Bollate come spazzatura invece le inchieste sui morti nei cantieri: per Burrow che nel 2013 aveva previsto una ecatombe tra gli operai dei Mondiali, i 6 mila morti di cui aveva riferito nel 2021 The Guardian, erano “solo un mito”. Del resto Eva Kaili, poche settimane prima di essere pizzicata con le mani nella marmellata, aveva accusato di ipocrisia i nemici di Doha: “Maltrattano e accusano di corruzione chiunque parli o si impegni con loro, ma consumano il loro gas e lì hanno le loro aziende che guadagnano miliardi”. Di recente era stata pure in Qatar per dare il giusto riconoscimento ai progressi fatti sul campo dei diritti. Un assist impagabile. O quasi.

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