Le minacce alla Meloni? È tutta colpa di Conte
DI DANIELA RANIERI
È stato identificato il responsabile delle minacce di morte a Giorgia Meloni e alla sua figlioletta: è Giuseppe Conte. Cioè, l’esecutore materiale è un utente dei social, ma il mandante è chiaramente il capo dei 5Stelle. Lo dice compatta la maggioranza di governo: c’è un “clima d’odio” alimentato da Conte per “lucrare facili consensi” e “condizionare l’azione di questo governo con la violenza” (Piantedosi, Fazzolari e Tajani in copia carbone), ma una vibrante condanna del reo si leva tanto dalla stampa governativa (Libero: “Questo Conte è pericoloso”, Il Giornale: “Odio di cittadinanza”) che da quella mainstream. Su entrambe va molto la metafora pirica: Conte “appicca incendi qua e là” (Giornale), “soffia sul fuoco della rivolta” (Libero), e in quanto piromane “chi si occuperà” di lui, “e non intendo quali magistrati bensì quale psichiatra? Ha mollato la pochette e ha imbracciato il mitra” (Sallusti). Repubblica lo inchioda alla sbarra: Conte va “dove si accende la protesta”, per esempio a Scampia (invece che al Rotary, a cercare di capire come migliorare le condizioni dei miliardari), ergo fa “divampare gli incendi”, getta “benzina” sul fuoco, cioè scatena la rivolta sociale, la quale rivolta sociale consiste al momento in qualche riga di testo digitata da uno squilibrato a 860 chilometri di distanza da Palazzo Chigi (va da sé che quando Meloni dava a Conte del “criminale” per le misure anti-Covid, non fomentava affatto complottisti e novax, gente peraltro notoriamente equilibrata).
Il vile attentato alla sicurezza di Meloni tiene banco sui media, dove dal 2019 veniamo avvisati che i percettori di Rdc, oltre che ladri e parassiti, sono delle pericolose micce che aspettano solo il “la” di Conte per prendere fuoco. Adesso è successo il fattaccio (a vantaggio della trama, il violento digitatore è un 27enne di Siracusa; fosse stato un disoccupato di Bergamo o un muratore di Brescia, sarebbe stato un bel casino), il che dà agio a Libero di fare una crasi dadaista: “Il giovane fannullone minaccia di morte Meloni e sua figlia”. Attenzione alla catena di eventi: Meloni taglia il Rdc a 830 mila cittadini poveri (con relative famiglie) per il motivo che non sono affatto disoccupati o pagati poco, ma “occupabili”; si tratta di persone che dalla fine del 2023 non avranno da mangiare, da vestirsi e da curarsi, e che in questi anni si sono prese gli insulti della Meloni stessa, che gli dava dei dipendenti da metadone, di tutto l’arco parlamentare (Renzi li chiamava percettori di “Reddito di criminalità”, Salvini gli dava degli immorali), di Confindustria (“Sussidistan”) e dei giornali (“Divano di cittadinanza”), molto empatici invece coi datori di lavoro schiavisti. Un giorno uno di questi cittadini (affetto da problemi psichici, quindi peraltro difficilmente occupabile) scrive commenti violenti all’indirizzo di Meloni, da cui, ipso facto, non solo la conferma che tagliare il Rdc è sacrosanto, ma anche che l’opposizione è responsabile di qualunque atto disperato dovesse esser perpetrato da chi teme di morire di fame.
Sono gli stessi giornali che dopo le elezioni hanno alluso a un patto illecito tra il M5S, che ha varato la misura di contrasto alla povertà, e i poveri stessi, sposando la cretinissima idea (renziana) del Reddito come “voto di scambio” (un reato di tipo mafioso punibile con la reclusione da 10 a 15 anni), basata sull’evidenza che al Sud, dov’è maggiore la percentuale di disoccupati per una lunga serie di motivi storici, il M5S ha preso molti voti.
Per i media padronali la sicurezza nazionale non è minacciata da misure inique, ma da chi denuncia quelle misure (giorni fa un manifestante al corteo per il Superbonus aveva detto che non si strapperà i capelli se lo scontento dovesse tradursi in violenza ai danni di Crosetto, e Crosetto aveva dato la colpa a Conte) e sta passando l’idea che l’opposizione a questo governo debba essere fatta coi guanti, perché la gente misera, sfinita e sfruttata è muta e nessuno deve darle voce; dove ogni arbitrio è legale, come dice Silone, solo la protesta dei cafoni è illegale. Da ciò discende che Conte, invece di “titillare le peggiori intenzioni degli italiani e farle crescere negli incubatori digitali” (Il Giornale), deve perlustrare il web in cerca di commenti negativi o minacciosi rivolti al governo e, dopo attenta analisi del contenuto, astenersi dal portare avanti battaglie che possano anche lontanamente avvicinarsi a quei contenuti, per non fomentarli.
Per ogni spostato che minaccia un componente del governo, si sospende ogni critica fino alla fine della legislatura. Non disturbare chi vuole lavorare, ha detto la “premier”. Del resto, si sa che un governo cade solo se chi lo guida mette le mani nelle tasche dei ricchi, o limita le aberrazioni grazie alle quali i potenti sono tali, o non permette più a costoro di delinquere. Finché non lo fa, può dormire sonni tranquilli.
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