Il bancomat più grande del mondo
DI MICHELE SERRA
Si legge che nel corso di quest’anno il signor Musk, in seguito a sommovimenti di Borsa, avrebbe perso cento miliardi di dollari, che sono centomila milioni di dollari.
Gliene resterebbero circa altri centomila milioni, che dovrebbero bastargli almeno per le piccole spese.
Anche in seguito a questo piccolo infortunio Musk sarebbe stato scalzato dal signor Bernard Arnault dal trono di uomo più ricco della Terra.
Sappiamo bene che questi numeri stratosferici, questo stupefacente convoglio di zeri, non corrispondono al denaro così come lo consideriamo noi.
Musk, anche se volesse compiacere il suo acceso fan Salvini, non potrebbe ritirare al bancomat centomila milioni di dollari.
Tradotto in banconote, ci vorrebbe una nave cargo per trasportarle tutte: e le navi cargo non trasportano banconote.
Tutto quel denaro è soprattutto un segnaposto nella mappa di potere del pianeta Terra, indica quanti Consigli di amministrazione si controllano e quanti altri se ne potranno comperare. La vera valuta di cui dispongono quei signori è, dunque, il potere. Uno smisurato potere economico che, tradotto nella vita materiale, è potere di dare lavoro a decine di migliaia di persone e potere di toglierlo ad altrettante, potere di decidere quali sono le urgenze tecnologiche e quali no, di che cosa si deve occupare la ricerca scientifica e che cosa debba invece trascurare. Potere di dispensare benefici e potere di corrompere.
Per tradurre in termini politici il significato di questo potere, potremmo farci una delle domande più comuni degli ultimi tempi: ma chi li ha eletti, questi padroni della Terra? Una risposta forse retorica, ma neanche troppo, è che li abbiamo eletti noi nel momento in cui abbiamo deciso che essere consumatori è più comodo, e molto meno faticoso, che essere cittadini.
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