La manovrina Giorgia “tira dritto” come il camerata Gavazza di Risi
di Alessandro Robecchi
Che il Signore ci mantenga il ricordo indelebile del genio Tognazzi Ugo, e del maestro che lo diresse ne La marcia su Roma (Dino Risi, era il 1962), perché di quel personaggio – camerata Umberto Gavazza, presente! – è lastricata l’italianità grottesca dell’oggi, il melonismo del “noi tireremo dritto” e del “non ci faremo intimidire”. Figurarsi.
A ogni curva della sua marcia su Roma, il Gavazza tirava una riga su un punto del programma del fascio: via questo, via quello, e questo lo cancelliamo, e questo ce lo scordiamo, eccetera eccetera. Esattamente come fanno le truppe meloniane giorno dopo giorno nelle ore che ci separano dalla fiducia sulla famosa manovra che doveva cambiare tutto e che invece porrà qualche ritocchino qui e là – draghismo dell’obbligo – mentre le bandiere e i labari identitari tornano nel sottoscala, con la naftalina e i busti del Puzzone, chissà, ci saranno momenti migliori per tirarli fuori di nuovo. Insomma, contrordine camerati, perché il Pos torna quel che era, la pacchia (sic) non è finita, il fatto che uno possa avere in casa dei contanti per mille motivi, come disse il/la premier e che quindi possa diventare un delinquente se li spende era un tristo arrampicarsi sugli specchi insaponati e adesso, mestamente, il/la Giorgia deve fare marcia indietro. Come il sempre più smarrito e deluso camerata Umberto Gavazza, anche Giorgia tira una riga sulle sue belle teorie e punti del programma: cava di tasca il foglietto delle promesse e cancella il punto del Pos, del contante, del “li spendo come voglio”.
Peggio mi sento con le pensioni minime di Silvio buonanima. Anche lì era glorioso un “pane e figa per tutti”, le minime a mille euro, senza contare quelle (sempre a mille euro) per le “nostre mamme e le nostre nonne”, hurrà, arriva Silvio con la sua cornucopia di dané. Macché, porca miseria, Gavazza Umberto in marcia verso Roma, vestito d’orbace e stivalato a dovere, cancella anche quello. Seicento euro, ed è già cara grazia, e solo per chi ha più di 75 anni, e solo per il 2023. Cioè un bonus, alla fine, uno di quei tanti odiati bonus che il programma voleva eliminare e oplà, altra riga tirata su una voce dell’elenco, altra promessa cancellata strada facendo.
E del resto anche il/la Meloni che prometteva “mille euro agli italiani che ne hanno bisogno con una semplice domanda”, si sentirà un po’ ridicola, pensando a quella sua promessa populista, di cui circola impietoso il video in cui lei guarda dritto in camera, pancia in dentro, petto in fuori: mille euro per tutti… e lì il camerata Gavazza la riga l’aveva già tirata da un pezzo, tanto era cretina e peregrina la promessa.
E poi altra riga sulle famose multe annullate, che insomma è vero sì ed è vero no, perché decideranno i comuni e non è detto che le abbuonino, forse si limiteranno a limare gli interessi.
E poi riga definitiva, tirata forever a cancellare la famosa flat tax, che al momento è un regalo agli autonomi fino a 85.000 euro, mentre nel foglietto degli impegni solenni del gerarca bacia-salami, alla vigilia, era la madre di tutte le promesse: il 15 per cento di Irpef per tutti. Risate in sottofondo e il camerata Gavazza che ancora una volta estrae il foglietto dalla tasca e una matita dall’altra e dice: “E anche questa… cancelliamo”. Ecco, niente male per quelli che erano arrivati per fargliela vedere, ai burocrati di Bruxelles!, e che poi, andati per menare, erano stati menati loro, al grido poco littorio del “Forse che ci lasceremo intimidire?”. Risposta: sì.
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