domenica 21 novembre 2021

L'Amaca

 

La droga dei partiti
di Michele Serra
L’effetto della Rai sui partiti è devastante. Droga pesante.
Li sconvolge, li sovreccita, disposti a qualunque scenata, ricatto, patteggiamento pur di avere la propria dose di Rai, anche se in modica quantità: un direttore o un vicedirettore di fiducia al quale telefonare ogni tanto.
La crisi di nervi di Conte è stata l’ennesima pagina di una storia eterna, immutabile, che vede tutti i partiti, senza eccezione, legislatura dopo legislatura, bivaccare in quelle stanze con il pretesto (comico, alla luce dei fatti) di garantire “il pluralismo dell’informazione”, nome elegante per una lottizzazione desolante, il cui risultato più evidente sono quelle orride fettine di telegiornale assegnate ai portavoce di partito, una frasetta insulsa cadauno solo per piantare una bandierina nel palinsesto, non certo per dire qualcosa di utile e interessante.
L’informazione sarebbe l’esatto contrario: dire solo ciò che è utile e interessante.
L’occupazione stabile dei telegiornali da parte dei dichiaratori di partito è dunque, per l’informazione, la morte in diretta. Per non dire dei continui cazziatoni sulla qualità dei programmi da parte di deputati e senatori che non saprebbero nemmeno dire “signore e signori buonasera”.
Non si vede traccia di disintossicazione, anche i cinquestelle, sedicenti eversori della partitocrazia, hanno fatto, sulla Rai, la loro mesta figura. Andassero in Parlamento gli unni, i marziani, le amazzoni, chiederebbero comunque di avere almeno un vicedirettore di rete. Prima, seconda, terza, ottava Repubblica, non c’è scampo, quando si parla di Rai l’occhio del politico si accende come quello del bisonte di Yellowstone quando carica gli altri maschi.

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