Il telegiornale dei miei sogni
di Michele Serra
Modello classico di telegiornale Rai. Titolo: il governo ha approvato la manovra economica. Dieci secondi. Davanti a Montecitorio l’inviato conferma (altri venti secondi): è stata approvata la manovra economica. Seguono tre minuti nei quali esponenti del governo, inquadrati come figurine Panini, dicono a pappagallo: la manovra è ottima e favorisce i più deboli. Poi due minuti nei quali esponenti dell’opposizione, inquadrati come sopra, dicono a pappagallo: la manovra fa schifo e danneggia i più deboli.
Contenti loro (cioè, contenti quei politici di essere figurine Panini; e contenti della irrimediabile prevedibilità e inutilità delle loro parole), chi non è contento è il pubblico. Che si domanda: ma come è possibile che la stessa identica legge, con gli stessi identici numeri, possa essere definita in modo opposto? Chi ha ragione? Oppure: chi ha un po’ meno torto?
Possibile che un tigì del servizio pubblico (servizio pubblico!!) non si senta in obbligo di dire la sua e fare giornalismo, fact-checking, analisi dei dati? Va bene che l’approfondimento, almeno in teoria, si fa nei talk-show: ma come si fa a mandare in onda, tutti i santi giorni, la stessa pantomima governo/opposizione e non sentire l’urgenza, per dignità professionale, di dire: adesso che hanno parlato questi signori faziosi, vi diciamo che cosa abbiamo capito noi, che di mestiere facciamo i giornalisti?
Il tigì dei miei sogni funziona così: è stata approvata la manovra economica. Lungo servizio sui contenuti della manovra, cifre alla mano. In coda, ma solo dopo che hanno parlato economisti autorevoli, pochi secondi per il coretto folkloristico dei partiti governativi: “viva la manovra!”. E per il coretto dei partiti di opposizione: “Abbasso la manovra!”.
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