La violenza è conformista
di MICHELE SERRA
«È necessario, nel contesto globale attuale, immaginare e costruire un modo di vivere diverso e dunque un mondo radicalmente differente. Davanti a genocidi, guerre, riarmo, politiche razziste, deportazioni e attacco costante e quotidiano a tutte le persone ai margini, non bianche e ricche, noi rispondiamo tessendo relazioni internazionali che valicano i confini imposti, praticando solidarietà e cura, costruendo comunità resistenti, transfemministe e antirazziste».
Bello, no? Sono parole dette, nero su bianco, dai promotori della manifestazione “antagonista” di ieri, a Milano, contro l’abominevole Remigration Day, ovvero contro il razzismo e il fascismo. Poi tutto si è risolto con i passamontagna calati sulla faccia e gli scontri con la polizia. Così che viene naturale chiedere: che cosa accidenti c’entrano con la solidarietà e la cura, con l’antirazzismo e il transfemminismo, gli scontri di piazza, che sono la cosa più risaputa, monotona, conformista che il decrepito estremismo di sinistra riesca a mettere in campo? Alla faccia di «un modo di vivere diverso»!
Diversa, in questo mondo di sopraffazione e di violenza, è la non violenza, sono le pratiche del pacifismo attivo, del soccorso in mare, dei medici di Emergency a Gaza e ovunque non serva chiedere ai feriti e ai malati “da che parte stai”, delle monache e dei frati pacifisti, delle comunità di incontro e di dialogo. Il passamontagna sul volto è la cosa meno “differente” che si possa concepire. Chiunque se lo cali, anche se ha vent’anni, è un vecchio reazionario, nemico giurato dell’unica vera novità di cui disporre, che è il rispetto degli altri. Il violento di piazza (e sui social) vuole che nulla cambi, perché, come Vannacci, il cambiamento lo annichilisce.
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