martedì 20 maggio 2025

Pino sul libro Ranieri - Bomba

 

Le bugie pirotecniche del Renzi non-pensiero
DI PINO CORRIAS
A ogni nuovo incarico ha svuotato il discorso politico di ogni riflessione e ideale per piazzare un non-concetto erratico, solubile, che dura il tempo di un tweet, uno slogan, un salto della quaglia
Il radar e l’inchiostro: Daniela Ranieri impiega 729 pagine per circumnavigare il narcisismo di Matteo Renzi che da una ventina d’anni ingombra le correnti della politica italiana, con ciurma di guastatori al seguito e un progetto destinato per metà al naufragio della sinistra, per l’altra alla spettacolare risacca della farsa. Un eroe del nostro tempo garrulo, ambizioso, colonizzato da Drive in e dalla Ruota della fortuna, cresciuto nella piccola provincia toscana con il profumo della ribollita in cucina, le furbizie contabili del babbo, la dopamina della Playstation in cameretta, una giovinezza pastorizzata Boy scout.
Letta per intero la mappa disegnata da Ranieri intorno al “Rottamato”, fa molta rabbia, ma fa anche molto ridere. A cominciare dalla camminata del nostro protagonista che già racconta il suo carattere e il soprannome, il Bomba, che avanza spavaldo con le mani in tasca, arrogante, ultimativo con la sinistra che detesta: “Loro scelgono il fango, noi la prateria”.
Per tre anni è diventato il più giovane presidente del Consiglio italiano. Che ripensandoci oggi sembra fantascienza tascabile, invece è stato tutto vero, referente del jet set riccastro, quello che si sente di gran lunga il più spregiudicato. Ammirato per come pascola a sinistra della destra, assaltando lo Stato sociale, facendo la guerra agli ultimi e ai magistrati. Con i giornali impegnati a issarne un monumento, fingendo di non accorgersi che da quell’apogeo – il triennio 2014-2016 passato dentro le stanze di Palazzo Chigi – “andava rimpicciolendosi” di promessa in promessa, di sconfitta in sconfitta. Fino al buco nero del referendum perso con tutta la bigiotteria al seguito. E da quel momento, bravissimo nei panni della vittima, appena dismessi quelli del fenomeno.
Il nostro “saltatore di quaglie” compare al mondo nei panni di sindaco di Firenze, dopo un passaggio alla Provincia. A Palazzo Vecchio opera con pragmatismo aziendale, eloquio da convention, un tocco di ecologismo da scuola dell’obbligo. Ha l’appartamentino di fronte all’ufficio che gli ha prestato l’amico ricco, Marco Carrai, per il dopolavoro con relax. Ha la fedelissima Maria Elena Boschi al suo fianco, detta Meb, la Giaguara, che sarà la sua futura ministra delle Riforme, un’altra specializzata in vittimismo: “Voglio essere giudicata dalle riforme e non dalle forme”.
Ma Firenze gli sta stretta. Punta al partito con eloquio contundente: “Bisogna rottamare i vecchi, gli zombi buoni a nulla”. Diventa il sicario dei lungodegenti del Pd, che si sono affannati da anni a fare la finta opposizione a un Cavaliere che in realtà ammirano e al suo regno foderato di leggi ad personam, avvocati e ragazzine a tassametro. Vince il secondo giro di primarie, 8 dicembre 2013, imbracciando la lotta alla corruzione, alla evasione fiscale, alla burocrazia, raccontandosi come il lieto fine di una favola: “L’Italia non è un Paese finito, ma infinito”.
Diventa segretario. A suo uso inaugura il raduno neo carismatico della Leopolda, dove sfilano lo scrittore Baricco (“Renzi è riassuntivo”), il cuoco Bottura, e Oscar Farinetti, il filosofo della gazzosa Lurisia. Li manda sul palco circondati dalle sue parole d’ordine: “La svolta buona”, “Ci divertiremo insieme”, “Avanti tutta”. “Il futuro è una cosa bellissima”. Quelli che Landini chiama “I suoi slogan del cazzo”.
Intanto sgomma ai Box. Promette: “Non andrò mai al governo senza passare dal voto”. Poi il tempo di scrivere in Rete “Enrico-stai-sereno”, fa fuori il bimbo Letta e va al governo senza passare dal voto. Evolve dall’abbigliamento Tecnocasa al grigio Mediolanum. Promette “tagli alle poltrone e agli stipendi”. Ma dopo essersi assicurato il proprio, diventa “il Paganini della cazzata”: mille asili in mille giorni; le “tre P” pensioni, periferie, povertà; il dipartimento mamme; l’abolizione del Cnel; fuori i partiti dalla Rai; il concorso “vinci un pranzo con Matteo Renzi”. Palleggia con parole come amore, famiglia, speranza. Promette il Green Act, la riforma della legge elettorale, del fisco, della giustizia civile e del lavoro. Il tutto nel tempo di una slide. Che brilla per i gonzi mentre i suoi uffici tagliano i fondi alla Sanità e i diritti dei lavoratori con il Jobs Act. Con gli 80 euro regalati agli italiani, vince le Europee. Scala il 40 per cento dei voti. Dice: “Siamo alla svolta buona”, che vuol dire scavare la fossa alla sinistra con il Patto del Nazareno in compagnia dei suoi tre mentori: Berlusconi, il sovrano, Gianni Letta, il ciambellano, Denis Verdini, il macellaio.
Cavalca il suo Referendum costituzionale, intitolato “Se perdo me ne vado”, sostenuto da giornali e Quirinale: “Se vince il no, vince la casta”, “Sale lo Spread”, “Trionfa la burocrazia”, ”L’Italia esce dall’euro”, “A rischio le banche”, “Crollerà il Pil”.
Invece crolla lui, 6 dicembre 2016, 16 milioni di italiani che dicono vai a casa, come hai promesso. Ma niente: scherzava, imbrogliava. Un’ora dopo era già a fare il bullo dentro la tv del nulla, prima da Maria De Filippi, poi davanti agli occhioni di Barbara D’Urso che lo ascolta “inclinata in avanti, come fosse sul water”.
Dieci anni dopo è ancora qui. Con Calenda, senza Calenda. Galoppino di Draghi. Fiancheggiatore di Meloni. Molestatore di Schlein. Insonne tra una conferenza a pagamento e un inchino al Rinascimento saudita che sgocciola sangue e petrodollari. Un tempo si vantava della sua vocazione disinteressata, esibiva il suo estratto conto di 15 mila euro, dicendo: “Se volete fare i soldi non fate politica”. Ma da bugiardo pirotecnico – oggi che è titolare di un reddito da 3 milioni di euro – voleva dire il contrario. Scrive Ranieri: “Ha eroso ogni riflessione, per non dire ogni ideale, dal discorso politico per installare al suo posto un non-pensiero erratico, solubile, che dura il tempo di un tweet, di uno slogan”. Imperdibile la mappa per starne alla larga.

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