Al mercato delle balle
DI MICHELE SERRA
Per quanto nessuno abbia una visione edificante del mondo dei media, quanto sta emergendo nel processo americano Dvs versus Fox è impressionante. Il contenzioso è noto: Fox, la rete tivù ventriloqua di Trump e della destra complottista, rilanciò con entusiasmo la bufala “ho perso per colpa dei brogli”, contribuendo a infiammare gli animi. La compagnia informatica Dvs, responsabile del voto elettronico, non l’ha presa bene e ha portato Fox davanti ai giudici.
Ora, a partire da quanto il padrone di Fox (e di tante altre cose) Murdoch ha dichiarato, sotto giuramento, in quel processo, a Fox nessuno credeva nella lettura paranoica che Trump dava dell’esito elettorale. Tutti, a partire dal conduttore Tucker Carlson, sapevano che le accuse di brogli erano insensate. Ma sapevano anche che il pubblico della rete, “drogato” da anni di propaganda trumpiana, preferiva pensare di avere perso le elezioni in modo fraudolento. E dunque diffusero quella grossa e pericolosa balla (erano i giorni dell’assalto al Campidoglio) senza farsi mezzo scrupolo: non contava la realtà delle cose, contava accontentare e mantenere un’audience già addestrata, in anni di propaganda, a una lettura puerilmente faziosa della politica. Opinione pubblica e tifoseria non sono la stessa cosa.
Dalle intercettazioni di Carlson emerge, per sovrammercato, il suo solido disprezzo per Trump. È dunque trumpiano, costui, non per convinzione ma perché quella è la parte in commedia per la quale viene pagato. In uno dei tanti dialoghi celebri di Prima pagina di Billy Wilder, Lemmon dice a Matthau: «O vinci il premio Pulitzer o vai in galera per un anno». Nel caso di Fox e del signor Carlson la prima ipotesi è da escludere.
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